Quel Ritorno al futuro, capitolo primo, prossimamente trentacinquenne – giusto a ricordare l’età allo scrivente- portava in dote un aspetto rivoluzionario benché silente, a chiusura dello sceneggiato, capace di scaldare i cuori ancor più di quanto l’azione cinematografica fosse riuscita a fare: to be continued.
Queste tre parole, riproposizione stilistica del titolo, creavano quell’indispensabile attesa – che oggi figamente chiameremo hype– che accompagnava lo spettatore dalla poltrona al parcheggio e da lì fino casa, ronzando in testa per i giorni a venire. Ci fosse stato l’internet democratico, Ritorno al futuro 2 quando? sarebbe risultata trending search per le settimane – mesi oppure anni, visto che ce ne vollero quattro- a venire.
Di capitolo quattro, almeno cinematograficamente, non se ne parla. Tra vecchiaia e malattia i protagonisti si sono persi e di diversi non ne vorremmo, più o meno come accaduto con la serie dei Mamma ho perso l’aereo poi declinata a inconvenienti e malattie varie: posticci, forse inetti, agonizzanti conclusioni di un prodotto perfetto.
A che ci è dato sapere Christopher Lloyd – tardo 2019, l’altro ieri per intenderci- auspica un crossover con la serie animata Rick e Morty.
Accontentarsi, consolarsi.
Che è un po’ quello che devono fare gli accademici footballistici del mondo contemporaneo all’alba dell’avanguardia montante trionfalmente in questi primi scampoli di postseason. Brees piuttosto che Brady a lasciare il passo ai vari Mahomes, Jackson e Watson, permettendo comunque una confort zone di transizione rappresentata dal granitico presente dei Wilson e Rodgers, contemplando parallelamente ma in modo distaccato la presenza di dei minori quali Garoppolo, Cousins o Tannehill, meritevole di stare in gruppo.
Ed è, quindi, su di una DeLorean DMC-12 alimentata a spazzatura che arriviamo all’Arrowhead di Kansas City pronti a gustarci un futuro sempre più prossimo confondibile con il presente verso il quale, poi, non ci sarà ritorno.
Le ufficiali statistiche e curiosità riportate da nflcommunication – su cui, val la pena ripetere, questa testata è accreditata- ci dicono sostanzialmente quanto già anticipato: siamo di fronte ad una nuova era. E’ infatti appena la terza volta in cui nel contesto di un divisional si scontrano due quarterbacks di età inferiore a 25 anni: Watson, 24 anni e 120 giorni, Mahomes di tre giorni appena più giovane, 24 anni e 117 lune.
I precedenti, guardando ai risultati, fanno ben sperare: i matchup tra Dan Marino e Bernie Kosar – 1985, Dolphins-Browns- e Daunte Culpepper opposto a Aaron Brooks – 2000, Vikings-Saints- hanno regalato partite intense terminate con un punteggio globale medio che si attesta a 47,5 punti ad incontro. La vittoria, da ultimo, è sempre andata all’home team.
La tentazione di immaginare questo round come un rematch della sesta di regular è forte, ma val la pena frenare: indipendentemente dal fatto che – all’italiana – ogni partita fa storia a sè, diversi e molteplici sono i punti d’analisi cui val la pena guardare.
Eccoli.
Stato dell’arte.
Houston ama le partite tirate: in 12 dei 17 incontri – comprendendo in questi anche l’ultimo wild card, tranquilli- il risultato è stato deciso da uno scarto minore o uguale a sette punti. Il migliore risultato è arrivato contro Atlanta, la sconfitta più sonora contro Baltimore. Il passato più recente ci ha provato nuovamente la natura bifacciale della squadra di Bill O’Brien: dopo aver sostanzialmente dormito per tre quarti, è riuscita a mettere a referto 19 punti unanswered costringendo Buffalo a rincorrere per poi raggiungere, salvo vincere all’overtime.
Kansas City ha goduto di una fondamentale bye week. La stagione terminata con un record 12-4 è iniziata allo stesso modo in cui era finita la precedente regular: dominio sui Jaguars e Raiders, due vittorie risicate su Ravens e Lions. La parte centrale della stagione un up and down che ha segnato, tra le altre, la sconfitta contro i Texans. Da ringraziare – tra le altre- anche Ryan Fitzpatrick per aver permesso di evitare la wild card.
L’arte della guerra: attacco e difesa.
La certezza – mista a speranza- è che assisteremo ad un high scoring game: se l’attacco di Houston pare attuare una guerra di logoramento contro le difese avversarie, l’offense di Kansas City è più propensa a blitz improvvisi e devastanti, big plays per intenderci.
Brevemente, quindi, val la pena considerare i vari aspetti del gameplan – running offense opposta alla running defense piuttosto che passing offense contro la passing defense – delle rispettive squadre.
Running Game
Aver perso prematuramente Lamar Miller non lasciava presagire niente di buono per il backfield offensivo dei Texans. Niente di più sbagliato: alti, infatti, sono stati i dividendi pagati dai nuovi Carlos Hyde e Duke Johnson. In dodici delle sedici partite giocate, i texani sono riusciti a mettere a referto un totale maggiore o uguale alle 100 yards su corsa, massimo stagionale contro Jacksonville al London Game. Nella recente vittoria contro Buffalo, 33 corse per 141 yards: Watson a guidare con 14 carries per 55 iarde e un touchdown.
La difesa di Kansas City ha faticato molto a contenere il gioco su corsa così come avvenuto nel 2018: in tredici delle sedici stagionali hanno consentito un guadagno medio di almeno 4 yards a portata cui seguono 10 partite in cui hanno concesso un totale di almeno 100 e 3 match in cui hanno limitato gli avversari a 93.
Volendo metterla in numeri: Houston figura decima per run plays in stagione e nona per rushing yards a partita, dodicesima infine per scores su corsa. Kansas City risponde con numeri non troppo gloriosi: la difesa dei Chiefs è ventiseiesima per yards su corsa concesse, ventinovesima per portata permessa e nuovamente ventiseiesima per touchdowns subiti.
Il confronto inverso – attacco via terra di Kansas City contro difesa terrestre di Houston- porta ad una considerazione scontata e quindi per nulla sorprendente: per i Chiefs la running offense è sempre stata una scelta secondaria, utile solamente per asciugare l’orologio ovvero nei momenti in cui c’è stata la necessità di far scorrere velocemente il tempo. A riprova di tutto ciò, numeri: LaSean McCoy 101 portate per appena 465 iarde di poco dietro a Damien Williams che si attesta il ruolo di leading runningback con 111 carries per misere 498 yards.
La difesa di Houston non ha brillato contro il running game: le statistiche attestano la franchigia texana al ventitreesimo posto per yards/game concesse e ventisettesima per tentativi su corsa subiti. A fronte di ciò, comunque, i danni sono stati limitati: tredicesima per scores permessi.
In soldoni. Il gioco di corsa texano può fare danni contro la difesa di Kansas City e molto probabilmente il ricorso alla RPO sarà un aspetto fondamentale della strategia di O’Brien. I Chiefs non la fanno correre spesso ma la tentazione – Houston ha permesso una portata media di 5.6 yards per tentativo contro Buffalo- potrebbe essere forte. L’ago della bilancia, seppur di poco, è spostato verso i Texans.
Passing Game
Di primo acchito, pare non esserci storia. Analizziamo, comunque.
Solamente in tre partite Houston ha portato a casa un match da almeno 300 passing yards: il risultato migliore, ancora una volta, contro Atlanta. La linea offensiva – comunque migliorata ma ancora molto distante dall’elite– ha permesso 44 sacks ai danni di Watson capace di completare 333 passaggi per 26 touchdowns e 12 intercetti. In termini prettamente economici,a pagare di più in termini di segnature sono stati DeAndre Hopkins e Darren Fells entrambe con sette scores. Importante l’arrivo di Stills capace di andare a segno quattro volte ma fondamentale – soprattutto in vista di questo divisional– la presenza di Will Fuller V: il fulmineo ricevitore è capace di rivoluzionare l’attacco di Houston aumentando esponenzialmente i margini di successo.
La difesa dei Chiefs si è fatta valere anche se in misura inferiore a quanto accaduto lo scorso anno: solo tre le partite in cui ha concesso più di 300 yards aeree ma appena quattro le partite in cui è riuscita a mettere a segno almeno 4 sacks. Le statistiche attestano Kansas City all’ottavo posto per quanto riguarda le passing yards/game concesse e ottima quarta per percentuale di completi permessi (60.5%). Meno gratificante il fatto di essere diciottesima per touchdowns subiti e sedicesima per passer rating.
A termini inversi, come sopra.
La scelta aerea, o meglio, l’aggressiva predisposizione al gioco via aria è dato incontrovertibile dalle parti dell’Arrowhead: nelle prime cinque stagionali, i guadagni della passing offense sono sempre stati superiori alle 300 yards. A ciò, di riflesso, corrisponde il fatto che solamente due volte nelle ultime nove partite siano riusciti ad eguagliare quel traguardo: molto è dipeso dall’infortunio a Patrick Mahomes che ha regalato brividi generalizzati a tutti gli amanti dello spettacolo dell’NFL. Per l’MVP della scorsa stagione: 319 completi per 4031 yards, 26 touchdowns e 5 intercetti. Il raffronto numerico con i dati di Watson mettono in lampante risalto la predisposizione alle big plays. Solo 17 i sacks subiti a testimonianza della bontà dell’offensive line. Quasi superfluo: occhi aperti su Travis Kelce – 97 ricezioni, a guidare il comparto offensivo, per oltre 1200 yards e 5 touchdowns- e Tyreek Hill migliore tra i widereceivers dove comunque non ha interpretato il ruolo di primadonna: ottime prestazioni anche per Sammy Watkins e Mecole Hardman. Attenzione, attenzione: 59 le pass plays da almeno 20 yards messe a segno dai Chiefs.
La difesa di Houston è stata pessima contro l’attacco aereo. Pessima. In otto partite ha concesso più di 300 yards, L’assenza di una consistente pass rush ha complicato le cose per i Texans: la partenza di Clowney e l’infortunio di Watt hanno costretto Mercilus e Reader agli straordinari. La partita contro Buffalo ha svoltato quando il front seven difensivo ha cominciato ad ingranare: il sack del numero 99 ha dato la scossa ai texani. Statisticamente, comunque, Houston ha finito la stagione con questi numeri: ventinovesima in yards aeree concesse per partita, ventottesima per touchdowns su ricezione permessi, ventinovesima per passer rating e ventesima per percentuale di completi ammessi.
In soldoni. I Chiefs sono tra i migliori interpreti del gioco aereo, la difesa dei Texans può cercare di limitare i danni se e solo se la pass rush inizia da subito a mettere pressione al quarterback avversario. Specchiando il tutto, l’attacco di Houston ha margini di successo con il ritorno – quasi certo- di Fuller, fermo restando una prova almeno dignitosa della OLine.
In the end.
Come detto, per molti è forte la tentazione di definire questo Divisional come un rematch di ciò che è stato alcuni mesi fa. Sostanzialmente, invece, è tutta un’altra storia: a quei Chiefs mancavano cinque titolari e Mahomes era ancora sofferente a causa di un problema alla caviglia. Ancor più importante, la pass rush non riuscì a portare a referto nemmeno un sack ai danni di Watson.
Molto dipenderà da come si comporterà la linea offensiva di Houston: a condizioni paritetiche ed in termini puramente teorici, i terminali offensivi dei Texans eguagliano e quasi superano quelli di Kansas City. Le abilità da playmaker di Watson paiono superiori a quelle di Mahomes indipendentemente dal fatto che uno abbia vinto l’mvp lo scorso anno: se nel 2017 non ci fosse stato l’infortunio season ending, il vanto sarebbe stato condiviso.
Aumentando l’hype: Houston ha concluso la stagione al quattordicesimo posto in termini di scoring offense con 23.6 punti di media a partita, tredicesima per yards offensive totali e dodicesima per guadagno – 5.7 yards- medio a giocata. A ciò corrispondono i miseri numeri difensivi già analizzati. Nella redzone è offensivamente al settimo posto nella lega con una percentuale di realizzo pari al 64%. Di converso trentaduesima per percentuale di segnature permesse agli avversari nello stesso contesto: oltre il 72%.
I Chiefs sono stati il quarto miglior attacco – oltre 28 punti a partita- della Lega, sesto per yards totali guadagnate e secondo per quanto riguarda la media di realizzo a portata, 6.2 per snap. Nel contesto della redzone, Kansas City è appena ventesima in termini di realizzo anche se a ciò corrisponde una impressionante efficacia difensiva nella stessa area: appena 50.88% le possibilità di successo permesse agli avversari sulle yards più prossime alla endzone.
Verdetto
Due aspetti sono fondamentali per i Texans: pressione dal front seven difensivo e tenuta della linea offensiva. Qualora le condizioni si realizzassero non è impossibile predire una vittoria della squadra di O’Brien.
Ritenendo quanto sopra fortemente irrealizzabile – almeno contemporaneamente e contestualmente- per – più che altro– una mancanza di mentalità vincente, i Chiefs partono favoriti.
Risultato godurioso.
Texans 30 – Chiefs 34
Usi, costumi, storie, miti e leggende, sportivi e non, della terra di Dio, l’America. Che per me fa rima con Libertà. Così come Dio fa rima con Amore.
Mi definisco uno storyteller, amo più le emozioni che le azioni, gestisco un profilo Instagram dedicato al Fantasy Football, @afantasyfootballgenius
Si, lo so, pecco di umiltà.
Sono i playoff: faranno meno di 50 punti complessivi.
Difesa Chiefs rivedibile ma Houston non ha l’attacco (Uàzzon deve fare le magie per segnare e far segnare, INT-prone).
Dall’altra parte pirotecnia mahomesiana contro una difesa niente male se Watt è sano.
Ovvio che vinceranno quelli riposati, altrimenti è un enorme ‘upset’.
Faranno meno di 50 punti complessivi….
Azz, ho sbagliato solo di 30!
Posso giusto fare il coach dei Texans…
Solo un suicidio sportivo può nn permettere ai chiefs di passare. La reputo la squadra migliore della conference
Analisi completa. Aggiungo un fattore.
I Chiefs sono 2-3 nei match con team da playoff. Hanno battuto solo Baltimore e New England (out) e hanno perso contro Packers Titans e Texans
Nella partita di week 6 in casa i Texans hanno vinto nonostante un pessimo avvio di gara (un fumble nel primo snap sotto 17-3) e 2 altri turnover (intercetti di DW4).
Io dico (e tifo per ovvi motivi) Texans