Lo spettacolo itinerante della March Madness è in città gente. E tende a catalizzare l’attenzione di un intero paese, gli Stati Uniti d’America, che sono il grande specchio della civiltà occidentale.
Esplosioni di articoli su siti sportivi e non, SBNation che ci delizia associando squadre a navi da guerra, a piatti piccanti. E ancora Grantland, geniale come sempre, crea un bracket a eliminazione diretta per i giocatori più odiati della storia del College Basket.
Con Duke che merita una regione a parte, e Laettner che passeggia in agilità fino alla finale contro uno Psyco-T Hansbrough che mette cuore e maniacalismo ma nulla può contro quel gran figlio di buona donna bianca.
Madness quindi oramai mediatica, prima di tutto. Possiamo seguirla online, aggiornarci con mille mezzi tra streaming, ESPN America, report puntualissimi, curiosità, le GIF che (Grazie Internet!) sono tornate alla ribalta.
E per una volta noi italiani siamo più fortunati degli appassionati a stelle e strisce. Perdereste il vostro lavoro per una partita di basket NCAA? Ok, non rispondetemi. Non correrete questo rischio nel Nuovo Mondo se fate cristiani orari di ufficio. Male male che vada la moglie vi pianterà in asso mentre la mid-major di turno upsetta alle 2 di notte la favorita del torneo.
Sento FFFIUU! sollevarsi da qualche casa con le imposte chiuse mentre Dellavedova conclude con un airball lacrimante la sua carriera collegiale ma, – se Dio esiste ed è magnanimo – ne inizia una professionistica.
E’ proprio così, se siete disposti a rinunciare ai vostri caldi letti per qualche ora la diretta sul canale 214 di Sky va ininterrotta tra speciali e approfondimenti dalle 17 pomeridiane alle 4 di notte (grosso modo). Dieci ore di paura e delirio mentre dalla finestra la primavera fiorisce allegra sotto ai primi raggi di sole!
Ad Aprile saremo bianchicci, sovrappeso, stralunati con le occhiaia di centinaia di ore di sonno andate perdute ma testimoni della – a mio parere – più bella esperienza sportiva dell’intero globo terracqueo.
Cinderellas, upsets, la JIMMERMANIA che si reincarnerà in qualche ignaro tiratore bianco, Dick Vitale, improbabili mascots. E poi cuore, coraggio, gioie, dolori, lacrime, botte, retina tagliata, ultimo canto di seniors che forse non toccheranno mai più un pallone di cuoio nella loro vita.. La Madness è tutto questo. E’ la pura essenza del basket senza appello. E ci piace così com’è.
SOUTH REGION, SECONDO TURNO: I MASSACRI DI AUBURN HILLS, MICHIGAN
#4 MICHIGAN WOLVERINES – #13 SOUTH DAKOTA STATE JACKRABBITS 71-58
Vincenti e fortunati.
La seed #4 che gli esperti giudicavano più propensa all’upset incontrano al primo turno l’insidia Nate Wolters, senior da 23-6-6. Tiratore mortifero, scorer fantasioso. Prototipo della minaccia bianca da Madness. Michigan arrivava al grande appuntamento in forte flessione. In particolare la stella, probabile Player of The Year, Trey Burke che con questa partita non fa risalire le sue quotazioni. Complice la classica lieve distorsione alla caviglia chiude con 6 punti ma 7 assist.
Al Palazzo dei Pistons, così incredibilmente vicino a casa, i Wolverines vincono una partita semplice, giocata alla pari solo nel primo tempo. Il grande merito è della difesa dei favoriti, non sempre così impeccabile. Wolters tenuto a 10 punti con un terribile 3 su 14 dal campo. I Rabbits presentano una rotazione di 6 uomini e riescono a sorprendere gli avversari sulle prime battute, con un parziale di 16-10.
Nel secondo tempo prende fuoco Glenn Robinson III che con la sua giocate e tirando fuori dal cilindro un arma per lui non così usuale c0me il tiro da 3 porta i suoi sul 41-30. Da quel momento non ci si guarda più indietro. Tim Hardaway Jr. (proprio il figlio del creatore dello UTEP Step) ne aggiunge 21 tenendo a galla i suoi in un primo tempo in cui la squadra non riesce a trovare il fondo della retina. McGary dalla panchina prende 8 rimbalzi a cui aggiunge 13 punti. A fine partita il migliore dei JackRabbits risulta essere Carlson che mette su un ventello.
Note a margine della partita. La tifoseria di SDSU ha trovato terreno facile tra gli agguerriti Spartans, che, caso vuole erano impegnati nello stesso palazzetto dei cugini. Merchandising della squadra ospite quadruplicato dagli occasionali giunti a gufare bellamente. Chapeau.
#5 VCU RAMS – #12 AKRON ZIPS 88-42
Non bellissimi giorni per lo sport nell’Ohio. Oh un momento, quando mai sono bei giorni per lo sport in Ohio? Diciamo che ieri sera abbiamo raggiunto un inquietante punto di minimo.
L’armata di Shaka Smart, architetto ed ingegnere di una squadra che solo due anni fa raggiunse le Final Four smantella un record. Vincita con lo scarto più alto di una seed 5 su una 12. 46 punti.
Sarebbe stato anche record di seed superiori alle 3, ma Syracuse l’ha arrotondato di un punto qualche ora dopo. Akron commette più turnovers che canestri dal campo, si fa cancellare dal campo dalla fisicità e dalla pressione sul pallone generata dal sistema Smart (l’havoc, che riprende elementi dalla filosofia di Donovan e dei Gators, di cui è stato assistente). Si corre, tanto, e non si molla mai il piede dall’acceleratore.
Spietate macchine da guerra, il Coach dei Rams non concede ai suoi di marcare a zona nemmeno quando la partita sembra virtualmente chiusa. Forse per tenere la concentrazione alta, in fondo siamo solo all’inizio. O forse ci teneva a fare bella figura davanti a un suo fratello di sangue cestistico.
E qui la storia si complica perché, come piace ricordare a Buffa, gli Dei del Basket sono i più bizzosi dell’Olimpo. Dambrot, ora capo allenatore ad Akron, prima assistente -insieme a Shaka, ovviamente – ad Akron, ha avuto strettamente a che fare con un giocatore di basket che nella stessa città (ma dai!) ha passato la sua adolescenza. Diciamo St.Vincent-St.Mary’s.
Diciamo che tale Dambrot era il coach degli Irish fino al 2001. Oh come si intrecciano queste storie è davvero incredibile. Il grande filo rosso della pallacanestro non smette mai di srotolarsi. In questo caso ha voluto un assassinio brutale tra fratelli di quelli che non si vedevano dai tempi di Caino e Abele. Tosti questi Rams. Tosta questa Atlantic-10. Vediamo se i Wolverines possono fermare la squadra del destino. Unica seed 5 a farcela.
KANSAS CITY TALES: CROCEVIA DI RICORDI
#1 KANSAS JAYHAWKS – #16 WESTERN KENTUCKY UNIVERSITY HILLTOPPERS 64-57
Premessa. WKU come mascotte presenta una figura nota a noi amanti di Striscia. Il GABIBBO! Mediaset è stata persino citata in giudizio dal college. Come non simpatizzarli? E in un pazzo Venerdì come non poter sperare nel primo upset della storia di una 16 su una 1?
L’esperta squadra di Bill Self se l’è vista brutta di fronte allo spauracchio rosso finché non è riuscita a creare un cuscino di 11 punti nel secondo tempo. 17 punti del centro di Kansas, Jeff Withey a cui aggiunge 7 stopponi, la specialità della casa -recentemente ha battuto il record ogni epoca della BIG12. Eh facile signori, quando giocava Wilt nessuno le metteva a tabellino.
Nemmeno una tripla a referto, McLemore appannato e 17 palle perse. Johnson quasi inesistente ma il gap di talento e fisicità tra le due formazioni non ha impedito che le supernova della March Madness facessero il loro normale corso, almeno non a Kansas City. Gli Hilltoppers sul finale non sono riusciti a segnare il fatidico canestro per riavvicinarsi e i Jayhawks l’hanno messa in ghiaccio con qualche tiro libero.
Coach Self non nasconde l’amarezza nel post-partita ma in fin dei conti “win is all that matters”.
#8 NORTH CAROLINA TAR HEELS – #9 VILLANOVA WILDCATS 78-71
ACC contro Big East. Chapel Hill-Philadelphia. Un classico per la storia. E la vittoria numero 700 di Roy Williams.
UNC gira e gira eccome da quando il Coach si è convertito alla filosofia dominante del momento, la Small Ball.
Con Bullock da 4 sottodimensionato la squadra ha trovato un equilibrio offensivo, riesce ad allargare il campo e a creare minacce multiple dal perimetro. Contro la fisica Villanova non hanno sofferto più di tanto a rimbalzo (differenziale di -9) e in compenso ha tirato un impressionante 11-21 da 3.
Wildcats durissimi a morire, entrano ed escono dalla partita a folate difensive che portano a parziali ottimi (11-3 per aprire il secondo tempo) salvo poi spegnersi come in occasione di un parziale subito da 0-15 a cavallo del primo tempo. Guidati da Pinkston (20 punti) e Hiliard (18) e grazie a due liberi del play Arcidiacono i ‘Cats si portano fino a un incredibile -1. Una tripla di Paige e un gioco da 3 di Hairston spengono le velleità di ‘Nova.
Ora Roy Williams trova il suo passato al crocevia di Kansas City, in un match di Round of 32 tra i più attesi del torneo.
UCLA: PROGETTO ALLA DERIVA NEL DESERTO TEXANO. LA PROVA DI AUSTIN
#8 UCLA BRUINS – #9 MINNESOTA GOLDEN GOPHERS 83-63
Fallimento non è la prima cosa quando pensate a UCLA, il college più vincente della storia.
In un anno che segna la ripresa parziale di una assopita PAC12, che ricorda amareggiata e nostalgica i tempi di John Wooden, Kareem e Bill Walton (prima che vestisse orribili polo floreali) Ben Howland ha fallito, ancora.
Dopo gli scandali, dopo la decisione – sbagliata, a mio parere – di riaffidargli le chiavi della squadra i Bruins incorrono nell’ennesima disfatta. Non basta Shabazz, il freshman fenomenale. Anzi, un piccolo caso è uscito alle luci della cronaca (leggi qui) proprio recentemente.
Per anni il padre ha mentito sull’età del figlio, che è nato nel ’92 e non nel ’93 come finora si è pensato. Potrebbe essere un brutto colpo in vista draft ma nell’immediato UCLA ha pagato sopratutto il season-ending injury a Jordan Adams, star della squadra. In un matchup tra due allenatori criticatissimi come il sopracitato Howland e Tubby Smith a prevalere sono stati i Gophers, fisicamente dominanti dall’inizio alla fine. Andre Hollins, play di Minnesota chiude con 28 un match in cui nessun giocatore giallo-azzurro è riuscito a contenerlo.
Shabazz ha chiuso con un 0-7 dal campo il primo tempo mentre ‘Sota sembra aver ritrovato al momento giusto le motivazioni e le tracce offensive che hanno permesso loro di partire 15-1 in stagione. Due squadre in flessione, ha prevalso la più meritevole. Che ne sarà di UCLA? Ma sopratutto, siamo sicuri che meritasse una seed così alta?
#3 FLORIDA GATORS – #14 NORTHWESTERN STATE DEMONS 79-47
Billy Donovan è un vincente, poco da dire. Non sono mai stato convinto del suo sistema di gioco, non mi piace se volete, ma quest’uomo ha profetizzato con qualche anno di anticipo una tendenza ora dominante a tutti i livelli di questo sport. E sopratutto ha un progetto chiaro e definito, sceglie i giocatori con raziocinio e vince. E sa farlo come nessuno negli anni.
Siamo onesti.. gli avversari non erano di primo livello. Ma quando i Gators iniziano a farla piovere da 3, non c’è rimedio. Quando persino il tuo centro, Eric Murphy, ne mette 2 facciamo partita conclusa. E se a rimbalzo chiudi con un 43-26 riesci a capire quanto sia difficile difendere contro questi Gators. D’altro canto la full-court pressure non lascia respiro agli avversari.
L’unico grosso dubbio che rimane è.. nei finali punto a punto sapranno reggere la pressione? (per ora 0-6 nelle partite concluse a distacco in cifra singola).
Contro Minnesota troveranno una squadra che si accoppia bene con loro, sulla carta un match facile.
WELLS FARGO, PHILADELPHIA. CITTA’ DELL’UPSET NON FRATERNO
#7 SAN DIEGO STATE AZTECS – #10 OKLAHOMA SOONERS 70-55
Jamal Franklin smentisce gli scettici e salva l’onore di una decaduta Mountain West Conference. Dalla California hanno attraversato gli interi Stati Uniti d’America per questo appuntamento e ne è valsa la pena.
Partita decisamente piatta, vinta grazie a un parziale di 8-0 sul finale di secondo tempo. Gli Aztecs hanno fatto quello che c’era da fare. 16 su 17 ai liberi, forti a rimbalzo, costanti e senza cali di concentrazione per tutta la partita con gli ultimi minuti di rassegnati e periodici viaggi alla lunetta dopo falli sistematici dei Sooners. I tempi di Blake Griffin sono ricordi impolverati. L’unico Romero Osby si salva dall’inedia di una squadra all’apparenza poco motivata, mentre gli Aztecs pescano dal cilindro della panchina un Rahon da 17.
Note a margine: la folla si sarà addormentata con le immagini della partita precedente negli occhi.
#15 FLORIDA GULF COAST EAGLES – #2 GEORGETOWN HOYAS 78-68
Chi vi scrive non credeva potesse accadere veramente fino alla sirena finale. Fino a quando Sherwood Brown, l’uomo che rubava ai ricchi per donare ai poveri è salito sul tavolo dei commentatori a mostrare i muscoli.
Non mi sembrava reale, tutto qui. Penso alle buone anime di Patrick Ewing e Allen Iverson e agli anni di insuccessi recenti della truppa di Thompson.
4 anni consecutivi di clamorosi upset, nemmeno il fenomenale Otto Porter ha saputo fermare questo declino inspiegabile. L’anno scorso fu la LeHigh di CJ McCollum a eliminare Duke, quest’anno la grande sorpresa viene dalla Città dell’Amore Fraterno. Dagli spalti arrivano cori per la Cinderella della South Region e insulti per l’università dei sobborghi borghesi di Washington. Una vera e proprio favola di eroi ed antieroi. Gente del popolo e aristocratici.
Coach Enfield, mente del miracolo, dice che i suoi sono grossi ed atletici e che non avevano paura di questa sfida né di quelle a venire. Ne dubito, a giudicare dalle non sobrie celebrazioni in spogliatoio che dimostrano quanta tensione vi fosse nell’aria. Questo sarà il momento sportivo della vita per il 100% dei ragazzi di FGCU. Ma siamo sicuri che andassero presi così sotto gamba?
Questa squadra è riuscita a battere Miami (Fl.) e ha giocato contro diverse squadre d’èlite. Sono “abituati” a questi ambienti, molto più di altre squadre di conference minori che prendono seed #15 al torneo. Un dominio fisico, tra schiacciate ed alley-oop spettacolari. G’Town confusa che vede letteralmente la partita sfuggirgli di mano, di fronte agli Eagles che non sbagliano un tiro e tripla dopo tripla allungano mentre nell’altra metà campo saltano gli schemi e si tira a caso da ogni angolo della linea da 3. Abbattuti.
Era la loro prima partecipazione ed è la storia più bella del secondo turno. GO FGCU!
Chiudo ringraziando per l’attenzione e per essere arrivati fino in fondo e sopratutto ci tengo un casino a scrivere una cosa. Bagatta aveva pronosticato New Mexico vincitrice del torneo.
Sono usciti al primo turno contro Harvard. Harvard. A basket. Che non c’entra nulla con la mia regione, ma ve lo volevo dire. Scusate.
Buon terzo turno!
Studente cesenate, adepto del gioco da campetto. Ho scoperto il basket tardi e non ho rimediato all’autolesionismo innamorandomi a prima vista di Brandon Roy e dei Blazers. Credo nel Rasheedesmo come unica religione e in Buffa come maestro di vita. Passione sfrenata per la March Madness, che mi toglie ore di sonno e di vita ma mi dona l’essenza vera di questo sport. Izzoboy per fulminazione.