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Il Mago sbarca a Manhattan
Diciamocelo senza troppi giri di parole: nella normalità delle cose, e bene o male in qualsiasi settore professionale, approdare a New York City difficilmente sarebbe vista come una cosa negativa. Non che lo sia per forza se ti chiami Andrea Bargnani e se i tuoi prossimi datori di lavoro sulla cassetta della posta hanno scritto New York Knicks.
Se di Pro di questa operazione, lato giocatore, qualcuno ne troviamo, si fa davvero fatica a scovarne per quel che riguarda la squadra, che fino a prova contraria sarebbe anche quella che ha dato il via a tutta l’operazione. Ma andiamo con ordine.
Andrea è stato scelto come tutti sanno con la chiamata n° 1 al Draft del 2006. Le aspettative – logico – erano altissime. Nelle stagioni passate in Canada Bargnani però ha confermato pregi e difetti.
Non è cresciuto come ci si sarebbe aspettati in difesa e a rimbalzo (4.8 in carriera, pochini per un 7 piedi che gioca lontano da canestro) e in generale la squadra, quasi sempre scarsina, è andata ai playoffs una sola volta.
Insisti, insisti… si può comprendere come ai Raptors abbiamo ora pensato di voltare pagina, essendo arrivati (alleluja) anche loro a capire che sulle spalle del giocatore ex-Benetton non si può costruire una franchigia.
Nell’ultima stagione oltretutto il Mago è stato pesantemente condizionato dagli infortuni. La sua media carriera di 15.2 ppg è scesa a 12.7 nelle sole 35 gare disputate, e anche la percentuale da tre, in linea con la stagione precedente, è andata a picco ulteriormente, scendendo sotto la non gratificante soglia del 30%.
Davvero poco per un lungo, come detto, che ama di più il tiro frontale e da lontano rispetto alle battaglie sotto ai tabelloni. Ciliegina sulla torta è stata poi senza dubbio l’assenza che è perdurata per tutto l’ultimo mese di stagione, a causa di un infortunio al gomito destro.
Cosa ci si può dunque aspettare, o meglio, cosa può aspettarsi Andrea da questo sbarco nella Grande Mela? La stampa canadese cominciava a non essere più tanto tenera, almeno da quando ha capito che i “goal da tre punti” nel basket moderno ti fanno vincere. Figuriamoci cosa può accadere con quella newyorkese!!!
Di questo però Bargnani non deve preoccuparsi. Deve pensare anzi ad allenarsi per presentarsi finalmente in condizione al training-camp di Ottobre. Deve pensare a come ottimizzare le sue qualità, “riciclandosi” in un giocatore di ruolo, se andasse bene in un terzo violino, pur sempre con un contratto che recita 22.2 milioni per altri due annetti. Poteva andargli peggio…
Questi dunque i famosi pro, per un giocatore che deve obbligatoriamente tirare fuori – anche se non so da dove… – la ferocia agonistica che gli è sempre mancata e che forse non avrà mai, quella determinazione che ha fatto ad esempio innamorare New York di Danilo Gallinari.
I Knicks inspiegabilmente cercavano un giocatore con le sue caratteristiche, fondamentalmente un tiratore per aprire ulteriormente il campo a favore dell’1vs1 di ‘Melo Anthony. C’era Novak con questi compiti (spedito a Toronto insieme a Camby e a una prima scelta futura), che evidentemente non dava sufficienti garanzie. NY si aspetta anche che la media punti dell’ala italiana torni a salire, per garantire così una spalla come scorer allo stesso Anthony.
Le ragioni di New York, dunque, sembrano queste, e sembrano anche pochine, se consideriamo l’importanza del contratto e l’affollamento in front-line. Vero che Bargnani gioca in zone di campo che non sono competenza di Stoudemire, che anzi occupa il post (alto) dove evoluirebbe volentieri Carmelo, ma il ruolo è lo stesso.
Pensare a Bargnani da centro, difensivamente parlando e come back-up in alcuni frangenti di Chandler è una pazzia, soprattutto se vista dal lato difensivo del gioco. Più facile, al di là dei centimetri, che per alcuni minuti questo ruolo possa essere occupato dallo stesso Stoudemire, con Anthony da ala forte e tre esterni.
Bargnani ha bisogno di un centro fisico al suo fianco, e quindi l’accoppiata con Chandler sarebbe l’ideale, con Melo dirottato all’ala piccola. Queste considerazioni non possono non aver attraversato la mente di chi decide al MSG, e saranno fondamentali nel trovare una collocazione e debito minutaggio ad Andrea.
New York in parallelo deve risolvere molte cose legate anche al back-court. Il ritiro di Kidd, il contratto di J.R. Smith da rinnovare (e così è stato), ulteriori trade che possano portare giocatori capaci di vincere e subito. I Knicks non sono affatto una squadra da ricostruire. Sono un team che ha bisogno di identità. Questa c’è stata per almeno la prima parte della stagione scorsa, quando l’essere diventati un “jump shooting team” dava appunto un’idea precisa, magari non vincente nella post-season ma precisa, di dove New York stesse andando. Poi il rientro di Amar’e e tutto quello che ne consegue, ha portato a un finale così così. Non fa testo probabilmente l’eliminazione dai playoffs per mano degli Indiana Pacers, comunque dopo aver superato i Boston Celtics al primo turno, perchè Anthony&C. non sono ancora pronti per quel livello.
Cosa serve dunque ai bluarancio per il definitivo salto di qualità? Innanzitutto una point-guard degna di questo nome, che sappia alternativamente spingere o controllare il gioco, non necessariamente con punti nelle mani ma capace di innescare un attacco che se ben costruito potrebbe diventare mortifero (per gli avversari). Uno Steve Nash per capirci, ma ovviamente come il canadese non ne nascono tutti i giorni, e sarà un bel problema per la dirigenza newyorkese individuare un potenziale regista, sempre che sia prendibile viste le regole salariali e la malsana abitudine di affondarsi da soli sotto a milioni di dollari di luxury tax.
Nello spot di guardia potrebbe partire nuovamente Shumpert, con compiti prettamente difensivi, avendo magari alle spalle un J.R. Smith pronto a subentrare per una rapida scossa alla partita e punti istantanei, ovvero la cosa che riesce meglio all’ex-giocatore della lega cinese (sigh). Come small-forward abbiamo detto di Anthony, in un quintetto alto, con Bargnani/Stoudemire in ala forte e Chandler da centro.
Carmelo nell’ultima stagione ha dimostrato ulteriori miglioramenti. Se il suo arsenale offensivo rimane illimitato, fronte o spalle a canestro, partendo dalle tacche o tirando anche da 10 metri (!!!), è nel coinvolgimento dei compagni che l’ex-stella di Syracuse ha fatto i maggiori passi avanti.
Anthony è e rimane una delle stelle della Lega, capace di incendiare il Madison Square Garden e di caricarsi offensivamente la squadra sulle spalle. Nel farlo – come detto – deve stare attento a non isolarsi in un 1vs5 mai produttivo e continuando al contrario a leggere bene i raddoppi ai quali è ormai abituato, fidandosi dei compagni e dividendo con loro “l’arancia”.
Considerando l’opzione già esplorata di Stoudemire e Smith dalla panchina è giusto fare una riflessione: chi può vantare così tanto potenziale nelle sue seconde linee? Pochi, veramente pochi.
Per questo è compito (non facile) dello staff tecnico di trovare i minuti per tutti, sempre che Amar’e non venga mandato altrove. Inutile negare l’interesse dei Knicks in questa opzione, ma sarà davvero arduo scovare qualcuno disposto a investire su un contratto del genere, e su un giocatore che non è più tornato lo stesso dopo l’infortunio al ginocchio.
Tornasse “l’ira di dio” che era a Phoenix – in coppia con Nash, guarda caso… – per lui si spalancherebbero le porte di tantissimi spogliatoi e nuovamente quelle dell’All-Star Game. Ma come si dice in questi casi, non si possono spostare indietro le lancette dell’orologio: nature decision!
Ex-giocatore e poi allenatore a livello di settore giovanile in Toscana e Umbria. Scrive di basket americano dal 2005. Autore del libro “Il triangolo… sì, io lo rifarei” unico testo in italiano (con prefazione di Raffaele Imbrogno) dedicato alla Triple-post Offense di Coach Tex Winter.
@a_p_official