Un grandissimo Nowitzki porta i Mavericks ad un passo dalla finale
I Maverick tornano in vantaggio in Oklahoma
I Thunder impattano a Dallas grazie alla panchina
Uno strepitoso Nowitzki trascina i Mavericks in gara 1
Gara uno di questa inedita e sorprendente serie fra i Dallas Mavericks e gli Oklahoma City Thunder non è sembrata nemmeno una vera partita di play off, di quelle con ritmo lento, difese accorte, gomiti altissimi sotto i tabelloni e colpi bassi non appena l’arbitro guarda altrove.
Sembrava di assistere ad una gara di regoular season, in cui si deve far divertire il pubblico anche se la partita non conta tantissimo e si cerca di segnare il più possibile.
Punteggi ben oltre i 100 punti, percentuali elevate, attacchi che dominano sulle difese, spazio per tutti i protagonisti più attesi. I due migliori realizzatori delle due squadre, il tedesco Dirk Nowitzki e il miglior realizzatore della stagione, Kevin Durant, erano attesi alla prova e molti erano convinti che la loro sfida fra di loro sarebbe stata decisiva per il risultato finale.
Nowitzki e Durant si sono sfidati all’ultimo punto, giocando molto bene, ma le loro cifre alla fine sono talmente vicine che sorge il dubbio che non sia stato quello il duello decisivo.
Dirk Nowitzki, il miglior realizzatore della partita, come già fatto contro i Lakers, ha cercato di avvicinarsi a canestro in modo da liberare il più possibile gli esterni della sua squadra. L’obiettivo può dirsi raggiunto in pieno, gli esterni dei Mavericks hanno trovato tantissimi tiri agevoli, mentre Wunderdirk ha segnato la bellezza di 48 punti, senza alcun tentativo da 3, ha eguagliato un record dei play off segnando 10 dei suoi primi 11 tiri (12 su 15 l’incredibile numero finale) e ne ha realizzato un altro segnando 24 tiri liberi su 24 tentativi.
Ecco, parlando dei tanti tiri liberi, una nota fortemente negativa va a dei pessimi arbitri, che non hanno favorito nessuna delle due squadre ma hanno spezzettato eccessivamente il gioco, fischiando ogni contatto, anche minimo, come se si fosse ad un torneo di un dopolavoro aziendale anziché in una finale di conference NBA.
Nowitzki è stato quasi sempre marcato in modo singolo, quasi sempre da Ibaka, che è stato a volte rilevato da Collison e Perkins, tutti e tre, soprattutto il povero congolese, alla fine della partita hanno dovuto cercare nei centri medici texani i migliori esperti per curare i mal di testa e magari qualche psichiatra che gli spiegasse chi erano e cosa facevano con una canotta indosso.
Fuor di battuta, il tedesco ha segnato come e quando ha voluto, subendo valanghe di falli, senza mai dare l’impressione di congelare la palla ed ignorare i compagni.
Kevin Durant si è fermato a “soli” 40 punti, con un “modesto” 10 su 18 al tiro e sbagliando addirittura un tiro libero. Se le cifre sono simili a quelle di Nowitzki, il modo con cui sono arrivate è molto diverso, infatti il miglior marcatore dell’NBA ha giocato più perimetrale, prendendosi anche 5 tentativi da 3, ma cercando di attaccare il più possibile Stevenson, Terry, Marion che si sono alternati su di lui, penetrando molto spesso e battendo quasi sempre il diretto marcatore. Anche lui, come il tedesco, raramente ha dato l’impressione di congelare l’azione ed ha fatto circolare la palla, per quanto possibile.
Due prestazioni strepitose, che hanno infiammato il pubblico, ma alla fine tanto vicine che probabilmente si sono annullate a vicenda nel risultato finale.
La partita probabilmente è stata decisa dal fatto che i Thunder hanno ripresentato il piano difensivo messo a punto contro i Grizzlies, sperando che il fatto che la difesa fosse ormai buona e sperimentata prevalesse sull’evidenza che non fosse quella ideale per affrontare gli avversari. La speranza è stata vana.
Area piena, difficile penetrare, spazi stretti ma poca aggressività, quindi Nowitzki con la sua tecnica ha potuto sguazzare nel traffico come un topo nel formaggio, e poca pressione sui tiratori da fuori, un autentico suicidio contro i vari Terry, Kidd, Barea, Marion, che hanno perforato la retina con buone percentuali.
In compenso i Mavericks si sono preoccupati poco dei lunghi avversari, lasciando loro spazio, specie ad Ibaka, visto che non riuscivano a fermare Durant si sono limitati a controllarlo con circospezione, ma hanno cercato di togliere ossigeno a Westbrook e limitare la circolazione di palla.
Il play dei Thunder ha segnato 20 punti, tanti, ma ha smazzato solo 3 assist, è stato marcato in modo molto fisico, dato che sulla velocità non era possibile limitarlo, ed ha finito per vivere una pessima serata anche al tiro. Solo 3 canestri su 15 tentativi, i punti sono venuti dai tantissimi tiri liberi conquistati, ma così la palla non ha circolato, solo Ibaka ha visto spesso il pallone fra i comprimari e l’attacco dei Thunder, seppur buono, ha funzionato meno bene di quello degli avversari.
Pare strano dover commentare i limiti di un attacco che ha segnato 112 punti, probabilmente la chiave per provare a vincere questa serie per i giovani Thunder non sarà tanto nel segnare più punti o tirare con percentuali più alte, e nemmeno nel limitare meglio un Nowitzki che in serate come questa è un osso durissimo per chiunque, la chiave sarà quella di cercare di marcare in modo più aggressivo gli esterni, in modo da limitare la grandinata di tiri che sono arrivati dai dintorni dell’arco.
24 punti con 8 su 16 per Terry, 21 punti con 8 su 16 per Barea, 11 punti con 5 su 10 per Marion, sarà qui che Scott Brooks dovrà portare correttivi, a costo di alleggerire la squadra e rendere ancora più facile la vita a Nowitzki.
Una nota di merito va fatta anche ad un paio di giocatori che hanno segnato pochissimo, in questa partita per realizzatori. Kidd ha passato la palla divinamente bene, mettendo a referto 11 assist ma soprattutto mettendo in ritmo i compagni e facendo sempre la scelta offensiva migliore, in difesa ha capito che contro Westbrook non c’era partita e, aiutato da alcuni compagni come Stevenson e Barea, ha usato le maniere forti, riuscendo con l’esperienza a limitare il suo più giovane ed atletico avversario, molto aiutato da un eccellente Chandler, che si è sacrificato tantissimo andando a raddoppiare sempre sulle penetrazioni e lottando duramente anche quando veniva sistematicamente ignorato in attacco (c’era un compagno di reparto da servire assolutamente) e persino di rimbalzi da prendere ce n’erano pochi.
Per quanto riguarda il racconto della partita, in partenza, sulla palla a due, i Mavericks sono riusciti ad avvantaggiarsi leggermente, come sono riusciti spesso a fare anche contro i Lakers, ma stavolta gli avversari, i Thunder, erano giovani ed atletici e sono riusciti ad accelerare il ritmo, chiudendo il quarto in vantaggio di 7 punti. Nel secondo quarto c’è stato il capolavoro dei Mavericks, che hanno segnato la bellezza di 35 punti, perforando la retina con Nowitki, Terry e Barea, ma sono anche riusciti a tenere gli avversari a 21 punti, mandando nel pallone Russel Westbrook. I Thunder sono rimasti in scia solo grazie ad uno strepitoso Kevin Durant.
Nel terzo quarto i Thunder sono riusciti a migliorare in fase offensiva, tornando a segnare con continuità, ma in difesa sono stati ancora nulli, subendo altri 35 punti, ed ancora una volta non hanno trovato contromisure per Nowitzki e Terry.
Nell’ultimo quarto i Thunder hanno provato il tutto per tutto, finalmente hanno provato a far girare di più la palla, servendo bene e spesso Ibaka, cosa da cui hanno trovato giovamento anche Westbrook ed Harden, mentre Durant ha continuato a provare a trascinare i suoi. Per recuperare terreno però occorre segnare, si, ed i Thunder lo hanno fatto, 33 punti nell’ultimo quarto, ma occorre anche cercare di evitare che gli avversari segnino troppo, difendendo bene, cosa che non è avvenuta, quindi la partita si è conclusa sul 121 a 112 per i padroni di casa texani.
Certo, i Thunder sono mancati in difesa, ma di questo occorre non solo da responsabilità a loro, ma anche dar merito agli avversari, che ancora una volta, come già nei turni precedenti, hanno messo in mostra una ottima circolazione di palla, attenta, paziente, e così facendo sono spesso riusciti a colpire dove gli avversari erano meno pronti a ribattere.
Un merito speciale a Nowitzki, che oltre a segnare 48 punti ha dimostrato di aver completato in modo invidiabile il suo arsenale offensivo. Il tedesco non ha mai sfruttato il tiro da 3, una volta marchio di fabbrica, ha tirato molto fronte a canestro, magari cadendo all’indietro, cosa che ha sempre saputo fare bene, ma a seconda delle esigenze si è allontanato o avvicinato a canestro, ha messo palla a terra quando era indispensabile, ha partecipato ad una ottima circolazione ed ha letto benissimo le difficoltà della difesa avversaria. Davvero difficile per chiunque pensare di limitarlo quando gioca così, non eccederei in rimproveri per il povero Ibaka che ha fatto quel che ha potuto.
Un ulteriore applauso anche all’allenatore Carlisle, uno che ha sempre messo in piedi buoni sistemi sia offensivi che difensivi, sistemi però spesso troppo rigidi, in cui diventava difficile trovare contromisure quando le cose non funzionavano ed in cui a volte alcuni giocatori non venivano utilizzati al meglio.
Pareva il coach giusto per il team, nel senso che sia lui che i suoi giocatori sono sempre stati dalla parte sbagliata nelle partite memorabili, nei play off non sono mai riusciti a fare strada (tranne che nel 2006, quando però l’allenatore era Avery Johnson), spesso quando gli avversari si esaltavano tutto saltava.
Oggi appare esattamente il contrario, i Mavs sono pazienti ed attenti, non si scompongono mai e proseguono il loro gioco, tutti i giocatori sono coinvolti secondo le loro potenzialità, la panchina è sfruttata bene ed il gioco viene modificato in modo da dar più fastidio possibile agli avversari.
In una NBA in cui sempre più contano le stelle atletiche, in cui c’è sempre meno circolazione di palla e le squadre sono sempre più il supporting cast di un gruppo di campioni, che magari si mettono d’accordo fra loro per giocare assieme, è bello trovare a questo livello una banda di vecchietti non particolarmente atletici, dotati di talento ma nemmeno poi in misura tanto superiore a parecchi avversari, in cui però la squadra viene prima di tutto ed il tiro spetta sempre al giocatore che ha più possibilità di realizzarlo, dopo che la palla ha toccato diverse mani.
I Thunder hanno ovviamente ancora tutte le loro possibilità di passare il turno, hanno perso di nove punti in casa di una squadra che ha giocato benissimo, basterà loro cercare di migliorare un poco la difesa sugli esterni per essere in pieno in corsa per la finale assoluta, ma sia i giocatori che il coach devono davvero guardare questi avversari e cercare di imparare il più possibile da questo scontro.
Siamo all’università del basket, è ora di imparare in fretta e di dimostrare che si è imparato nell’esame decisivo, altrimenti si dovrà riprovare al prossimo anno accademico.