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Non era il draft per il perdere e perderemo, ma loro hanno perso comunque e nonostante tutto. Tenendo fede alla nomea ormai negativa e diventando, più che franchigie, dei “Meme”.
A dieci anni dal Draft 2003, quello del mantra “Lebron-Anthony-Wade” per intendersi, affacciarsi alla lottery con tante palline non era così appetibile, ma le “sette sorelle della sfiga” ci si sono ritrovate, puntuali come ogni anno, perdenti come ormai da troppo tempo.
Diverse da una Portland che superata la delusione per una dinastia mai nata, è ripartita dal Rookie dell’anno Damien Lillard e da quel LaMarcus Aldrige che doveva essere l’apostrofo rosa tra i cognomi Roy e Oden.
Diverse da Boston, Orlando e Phoenix, alle prese con un periodo di totale ricostruzione dopo anni di fasti.
Diverse da quella Cleveland che, scenario post-atomico dopo la fuga del ragazzo di Akron, un’altra volta è testimone del talento di un All Star… e che comunque ha avuto la possibilità di scegliere con la prima chiamata assoluta per la terza volta in dieci anni.
Diverse. In questo caso sfigate, goffe in campo e fuori, spesso deficitarie in chiamate al Draft, scambi e appeal verso i migliori della lega.
Le “sette sorelle all’incontrario”, ribaltando un concetto caro al calcio anni ’90 di casa nostra, stavolta sembrano però fare sul serio. Non tutte hanno le carte in regola per ricoprire il ruolo della Cenerentola della stagione, poche (nessuna) ripeteranno l’exploit dei ragazzi terribili di Golden State, capaci di passare dal record 2011/2012 di 23-43, ad uno di 47-35 nella stagione appena conclusa.
Qualcosa di buono, sotto la nuvoletta fantozziana che rincorre queste franchigie, si sta però muovendo, già da questa stagione… Sempre che lo sguardo non sia rivolto al di là del cielo coperto, verso il raggio di sole Wiggins, numero uno scritto del prossimo draft, pronto pure lui a ribaltare uno stereotipo, quello tutto americano del canadese “cugino sfigato”.
Eccole qua, le sette sorelle della sfiga, in ordine rigorosamente alfabetico.
Charlotte Bobcats
Ultimo record positivo: 2009-2010 (44-38)
Ultima apparizione ai play off: 2009-2010 (Ultima e unica: Sweepati al primo turno da Orlando)
Best case scenario: Lotta per l’ottavo ad est.
Worst case scenario: Si può sinceramente pensare di andare peggio?
La squadra di Charlotte dal prossimo anno tornerà ad avere il nome di quando Baron Davis era ancora un giocatore e non portava la barba.
I Calabroni torneranno a ronzare a Charlotte, dove la storia li aveva voluti.
Hornets stampato sulla canotta era quello che chiedeva la buona gente di New Orleans, e Hornets si chiameranno nella stagione 2014-2015. Nel frattempo questo ultimo anno da Linci potrebbe essere portatore di rinnovamento almeno quanto è stato per Oklahoma City l’ultimo anno con il nome Sonics. All’epoca a Seattle c’era un manipolo di “saltafossi”, ma l’arrivo di Kevin Durant cambiò tutto.
Michael Jordan, numero uno dei Bobcats dal 2010, dietro la scrivania ha cercato colpi ad effetto, scelte rischiose, ma a differenza di come andava a finire ai tempi belli, la retina, per i suoi Bobcats, non si è mossa. MJ ha fin’ora garantito alla sua squadra di divenire solamente un buono spunto per lo humor della rete e dei fan di mezzo mondo.
Dopo le scelte azzardate degli ultimi anni, in Carolina del Nord non hanno abbassato il tiro e dopo aver puntato l’anno scorso su di un allenatore alla prima esperienza come head coach in Nba, Sua Leggerezza ci è ricascato ancora. Scelta fuori dagli schemi, licenziato Mike Dunlap dopo una sola stagione, ecco la firma con Steve Clifford. Jordan “ankle braker” anche in sede di draft, da dove è arrivato Cody Zeller con la 4° scelta assoluta. Il centro da Indiana, voluto fortemente dallo scouting arancione, ma da molti considerato inferiore ad Alex Len e Nerles Noel, attualmente infortunati e scelti rispettivamente alla 5° e 6° chiamata.
Decisioni rischiose, ma non folli. Charlotte nella scorsa annata ha concluso con la 29esima difesa, 102.7 punti subiti di media ogni serata, un po’ troppi. Puntare su Clifford come capo allenatore così, diventa più comprensibile e non solo perchè il 51enne nativo di Lincoln, già da giocatore aveva fatto della difesa la sua forza (Mvp per due stagioni della University of Maine at Farmington, ma soprattutto miglior difensore).
Clifford infatti ha alle spalle trenta anni all’interno di coaching staff tra High School, College e Nba.
30 anni impreziositi da 4 stagioni all’Adelphi University (NCAA Division II Tournament) conclusi con un record di 86-36, e con il primato per la scuola di 20 vittorie consecutive.
30 anni di cui 13 in giro per la NBA facendo da assistente per i Van Gundy: prima con Stan tra New York e Houston, poi con Jeff, nella cavalcata verso le Finals NBA degli Orlando Magic. Infine sotto D’Antoni nel corso della sua ultima stagione in zona Hollywood.
Dopo l’assunzione da parte dei Bobcats, Jeff Van Gundy ha detto di lui: ”E’ un allenatore di basket brillante che si relaziona a tutti i tipi di persone in maniera positiva e penso che farà un lavoro assolutamente fantastico con il talento che ha a disposizione.”
Ma visto che Jeff è stato capo di Clifford per 7 anni, forse per capire meglio che cosa in America ci si aspetta da quest’uomo, potrebbe piacervi una dichiarazione un po’ più colorita, è targata Rick Bonnell, giornalista sportivo NBA che segue proprio le linci della Carolina: “Steve Clifford is a no-brainer, just like (Tom Thibodeau) was.”
Uno talmente bravo da sceglierlo senza neanche pensarci.
Larry “The other Legend” Brown fin’ora è l’unico Head Coach della storia dei giovani Bobcats ad aver agganciato i play off. Clifford potrebbe essere il secondo ed ultimo, prima del ritorno alla denominazione Hornets?
Difficile, ma l’arrivo dell’ancora 28enne Al Jefferson da nuove certezze. Big Al scaricato da dei Jazz alle prese con il progetto Kanter-Flavors, è in grado di produrre punti e rimbalzi in doppia cifra. I 40,5 milioni investiti per l’ala-centro hanno fatto discutere. 13,5 milioni a stagione sono un contratto da All Star, cosa che Jefferson non è, ma l’acquisto impreziosisce notevolmente il front court di Charlotte.
Coniugando il gioco in post di Jefferson, l’energia di Byombo in difesa e il talento del rookie Zeller, i Bobcats potrebbero colmare almeno la lacuna a rimbalzo evidenziata l’anno scorso (27esimi nella lega).
Proprio il lavoro difensivo che Clifforrd seguirà sul primo anno Zeller, incuriosisce. Il fratellino di Tyler e Luke, è un sette piedi che corre bene il campo, ha jump shot e skill in post per divenire un’attaccante più che completo, come dimostrano anche i numeri della Summer League, ma deve ancora migliorare in difesa.
Nel roster dei Bobcats ci sono poi giocatori abituati a livello NCAA ad essere leader e vincenti: il secondo anno Kidd-Gilchrist, difensore tinto prima di filare per dirla all’americana, Kemba Walker sottodimensionato ma con grandi capacità realizzative, Jeffery Tyler atletico e spettacolare. Senza dimenticare i punti nelle mani di Henderson, rinnovato in questa estate a 18 milioni per 3 anni.
Giovani e con la possibilità di liberare molto spazio salariale già dalla prossima stagione. Dopo aver amnistato Tyrus Thomas proprio per arrivare a Big Al, a Charlotte si deciderà infatti il destino di un Ben Gordon in fase calante e con un contratto-albatros da 13 milioni in scadenza.
Manca ancora qualcosa nel reparto guardie, ma le 38 vittorie con cui in questa stagione Milwaukee ha raggiunto l’ottavo posto ad est lasciano una porta aperta verso i play off. Almeno che a Charlotte non decidano di scarificare anche l’ultimo anno di Bobcats, tankare e provare a pescare Wiggins nel Draft 2014, per consegnare un nuovo futuro agli Hornets: la squadra di Charlotte.
Continua…