Dieci domande sui Playoffs NBA 2021 che stanno per cominciare
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5 delusioni di questa prima parte di stagione NBA
Le pagelle dei Playoff NBA 2020
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NBA Southwest Division – Preview 2019/2020
Caro Dirk ti scrivo
EUROMAVERICKS. L’analisi della trade che ha portato Porzingis a Dallas
Dallas Mavericks Dennis Smith Jr Dirk Nowitzki Kevin Durant Kristaps Porzingis Kyrie Irving Luka Doncic Mark Cuban New York Knicks Rick Carlisle
A night at the game: Dallas Mavericks @ Minnesota Timberwolves
Dallas Mavericks Dirk Nowitzki harrison barnes Jeff Teague Karl-Anthony Towns Luka Doncic Minnesota Timberwolves Prince
NBA Southwest Division: Preview 2018/2019
La division storicamente più “dura” dell’intera Lega quest’anno si presenta ai nastri di partenza con una sicura contender (Houston), una nobile decaduta (San Antonio), e tre squadre (New Orleans, Dallas, Memphis) che ambiscono tutte ai playoff, ma che per motivi diversi potrebbero non vedere soddisfatte le loro aspettative.
Una curiosità: nonostante i tanti (ben 8) nuovi arrivi sulle panchine della NBA, tutte e cinque le squadre di questa preview hanno confermato i loro head coach anche in questa stagione… anche se ci sono alcuni casi in cui questo potrebbe cambiare entro breve.
San Antonio Spurs
Quando un giocatore franchigia viene scambiato fa sempre molto rumore. Figuriamoci quando sono due.
Quintetto: Dejounte Murray, DeMar DeRozan, Rudy Gay, LaMarcus Aldridge, Paul Gasol.
Panchina: Marco Belinelli, Patty Mills, Davis Bertans, Jakob Poeltl, Lonnie Walker.
Allenatore: Gregg Popovich
Arrivi: Marco Belinelli, Dante Cunningham , DeMar DeRozan, Jakob Poeltl, Lonnie Walker
Partenze: Kyle Anderson, Danny Green, Joffrey Lauvergne, Kawhi Leonard, Tony Parker, Manu Ginobili
Punti di forza: la guida tecnica e una collaudata organizzazione di gioco, il livello di esperienza di un roster abituato a giocare ad alto livello, DeRozan e Aldrige sono pur sempre due All Star
Punti di debolezza: con gli addii di Parker e Ginobili si è chiuso ufficialmente un ciclo, Popovich potrebbe essere all’ultimo tango, l’infortunio di Dejounte Murray è una gran brutta tegola
Analisi: Sono ormai una decina d’anni che nelle analisi di preseason gli Spurs continuano ad essere dati per finiti e loro, imperterriti, continuano a presentarsi ai playoff come se niente fosse. Siamo a quota ventuno (!!!) partecipazioni consecutive alla postseason e non è detto che quest’anno il conto dovrà essere riazzerato, ma questa sarà la prima stagione post Big Three Era e gli equilibri saranno tutti da ritrovare.
Duncan si è ritirato due anni fa, Ginobili lo ha fatto da qualche mese e vedere Parker con la maglia degli Hornets fa pensare di essere capitati in un universo alternativo, ma è tutto vero. Popovic potrebbe essere il prossimo a salutare la compagnia, visto che sono ormai un paio d’anni che si vocifera sia pronto ad abbandonare il pino al suo successore (Ettore Messina? Becky Hammond? Con gli Spurs è tutto possibile).
Ma prima c’è da pensare a questa stagione, cominciata con il divorzio da quella che avrebbe dovuto essere la stella del futuro e invece si è tramutata invece in una delle più incredibili telenovelas della recente storia NBA. Kawhi Leonard, dopo una stagione in pratica di sciopero bianco, è stato spedito a Toronto e in cambio all’ombra dell’Alamo è arrivato DeMar DeRozan.
Chi ci ha guadagnato? Difficile a dirsi, perchè Leonard prima di farsi male era uno dei top-five della Lega ma potrebbe fermarsi in Canada giusto il tempo di una risatina isterica, mentre DeRozan è sì un pluri-All Star ma ha mostrato la sinistra tendenza a calare nel rendimento quando sul calendario compaiono i mesi di Aprile/Maggio. Gli Spurs si presentano comunque al via con un buon roster, mix di veterani di qualità (Gay, Mills, Belinelli, Gasol, Aldridge) e giovani in rampa di lancio (Poeltl, Bertans, Walker). Resta da capire se queste due anime si fonderanno in un unico corpo in grado di portare l’ennesima qualificazione ai playoff, in ogni caso sembra difficile che questi Spurs possano gettare il cuore oltre l’ostacolo di un eventuale primo turno, anche perchè il recente infortunio a Dejounte Murray (rottura del crociato anteriore, per lui la stagione è finita ancora prima di cominciare) li priva di un giocatore che era in decisa rampa di lancio che sembrava pronto a diventare il loro playmaker del futuro.
Record 2017-18: 47-35
Previsione 2018-19: 42-40
Dallas Mavericks
La storia e l’avvenire dei Mavs in una foto. Eredità pesantissima, ma Doncic sprizza davvero talento da tutti i pori
Quintetto: Dennis Smith Jr., Luka Doncic, Harrison Barnes, Dirk Nowitzki, DeAndre Jordan
Panchina: JJ Barea, Devin Harris, Wesley Matthews, Dwight Powell, Maxi Kleber
Allenatore: Rick Carlisle
Arrivi: Luka Doncic, Jalen Brunson, Devin Harris, DeAndre Jordan
Partenze: Doug McDermott, Jogi Ferrell, Nerlens Noel, Seth Curry
Punti di forza: un backcourt giovane e ben assortito tecnicamente, finalmente un centro titolare degno di questo nome, una potenziale superstar su cui fondare il futuro della franchigia
Punti di debolezza: Dirk è un semi-dio ma è alla passerella finale della sua carriera, in frontline a parte Jordan c’è pochino, manca ancora qualcosa per completare un roster di alto livello
Analisi: Dopo due anni di inusuale anonimato, i Mavericks sembrano aver imboccato la strada della rinascita. I due ultimi draft, i primi da qualche era geologica con due scelte di lotteria a disposizione del management, hanno prodotto Dennis Smith Jr e Luka Doncic. Il primo è un atleta irreale, dotato di un primo passo fulminante ma con qualche difetto di troppo al tiro e nella gestione del pallone. Il secondo è probabilmente il giovane europeo più forte ad essere mai sbarcato oltreoceano, ha fisico, visione e cojones in dosi non omeopatiche, ma deve ancora giocare un minuto di NBA e andrà testato in un contesto diverso rispetto a quelli a cui è abituato (anche se gli exit poll degli addetti ai lavori e le prime gare di preseason paiono promettere decisamente bene).
Di certo i due sulla carta si sposano tecnicamente bene e Doncic sarà sicuramente sfruttato da Rick Carlisle in modi non convezionali, tipo schierandolo da numero quattro tattico in un quintetto con 4 guardie + Jordan che personalmente non vedo l’ora di vedere all’opera.
L’arrivo, sebbene ampiamente posticipato rispetto ai piani originali della dirigenza, di DeAndre Jordan garantisce ai Mavs quell’ancora difensiva a centro area che mancava dai tempi di Tyson Chandler, mentre Barnes è sicuramente cresciuto rispetto ai tempi in cui faceva da comprimario nei Warriors dei record. A Se questo basterà per garantire a Dirk Nowitzki un’ultima apparizione ai playoff prima di che il tedesco decida di appendere le scarpe al chiodo (e lasciare me in una valle di lacrime) non saprei.
Per i Mavs questa è comunque una stagione di transizione, l’estate del 2019 li vedrà presentarsi con il portafoglio gonfio (avranno spazio per due max-contract) ad una free agency alla quale saranno disponibili pezzi grossi del calibro di Durant, Leonard, Irving, Butler e Thompson. Certo, per convincere almeno una di queste superstar ad accasarsi alla corte di Mark Cuban una qualificazione alla postseason potrebbe fare da garanzia sulla bontà del nuovo progetto, ma se tale risultato non arrivasse non sarebbe comunque la fine del mondo.
Record 2017-18: 24-58
Previsione 2018-19: 41-41
Houston Rockets
Ultima possibilità per Anthony di togliersi quell’etichetta di “perdente” che lo accompagna ormai da tempo
Quintetto: Chris Paul, James Harden, PJ Tucker, Carmelo Anthony, Clint Capela
Panchina: Michael Carter-Williams, Eric Gordon, Gerald Green, Marquese Chriss, Nené
Allenatore: Mike D’Antoni
Arrivi: Carmelo Anthony, Brandon Knight, Michael Carter Williams, Marquese Chriss, James Ennis
Partenze: Ryan Anderson, Trevor Ariza, Joe Johnson, Luc Mbah a Moute
Punti di forza: i Rockets sono la squadra che ha portato i GSW ad un passo dall’eliminazione, Harden è l’MVP in carica, Anthony è pur sempre un’addizione di talento non trascurabile
Punti di debolezza: rinnovare CP3 è costato come uno shuttle a km 0, un’occasione come quella dell’anno scorso potrebbe non ripresentarsi, Anthony potrebbe portare più grane che benefici
Analisi: Dopo un anno in cui i Rockets hanno raggiunto il record franchigia di vittorie stagionali (65) e sono arrivati ad un bicipite femorale dal detronizzare la corazzata Warriors, possiamo definitivamente accantonare ogni dubbio sulla convivenza tra James Harden e Chris Paul. Il genio offensivo di D’Antoni ha saputo fondere alla perfezione due dei migliori interpreti del pianeta con la palla in mano per costruire una squadra offensivamente inarrestabile, non tanto per un ritmo esagerato imposto al gioco (quattordicesimi della Lega nella passata stagione per numero di possessi) quanto grazie ad una devastante efficienza complessiva (secondi, ad un decimo di punto da GS).
Il tiro da tre resta il marchio di fabbrica della franchigia texana (nettamente primi in questa classifica con oltre 42 tentativi a serata) ed è in questo senso che l’arrivo di Carmelo Anthony può rappresentare un’aggiunta importante. Terminata la sua fallimentare esperienza a fianco di Westbrook e George ad OKC, il marito di LaLa Vazquez è arrivato alla sua ultima spiaggia NBA: o riesce a riciclarsi in un ruolo da terzo violino di lusso diventando una pedina funzionale per una squadra che ambisce al titolo NBA oppure finirà per essere ricordato come una delle tante star offensive per le quali i numeri individuali sono stati più importanti di quelli dei team di appartenenza.
Il contesto è quello giusto e aver rinnovato Capela a cifre ragionevoli garantisce a questo nucleo almeno un paio di battute di caccia all’anello. Un po’ meno economico, per usare un eufemismo, è stato il prolungamento di contratto di Chris Paul, che percepirà circa 40 milioni all’anno per le prossime 4 stagioni. Decisione forse obbligata per Daryl Morey e soci, ma che rischia di diventare una zavorra insostenibile qualora il fisico del Point God proseguisse nel suo deterioramento fino al punto da renderlo un peso (finanziario) per il futuro della franchigia.
Record 2017-18: 65-17
Previsione 2018-19: 62-20
Memphis Grizzlies
E se fosse lui, nel lungo periodo, il miglior giocatore della Rookie Class 2018?
Quintetto : Mike Conley, Garret Temple, Kyle Anderson, JaMychal Green, Mark Gasol
Panchina : Chandler Parsons, Jaren Jackson Jr., Omri Casspi, Shelvin Mack, Dillon Brooks
Allenatore: J. B. Bickerstaff
Arrivi: Kyle Anderson, Jevon Carter, Jaren Jackson Jr, Shelvin Mack, Garrett Temple
Partenze: Deyonta Davis, James Ennis, Tyreke Evans, Jarell Martin , Ben McLemore
Punti di forza: Conley e Gasol sono tornati a disposizione, JJJ potrebbe essere l’Antetokounmpo del futuro, peggio dell’anno scorso è comunque (quasi) impossibile fare
Punti di debolezza: il contratto di Chandler Parsons, il contratto di Chandler Parsons, il contratto di Chandler Parsons
Analisi: L’edizione dello scorso anno dei Memphis Grizzlies avrebbe reso orgoglioso il mitico presidente della Longobarda Commendator Borlotti. Una volta capito che il roster in assenza di Conley non era in grado di risultare competitivo, e non è che ci volesse molto, a Memphis le hanno provate tutte per cercare di vincere meno partite possibili. Lunghi riposi preventivi concessi a Marc Gasol, quintetti improponibili in cui Dillon Brooks (sic) in pratica fungeva da go-to-guy e altre amenità simili hanno condotto i Grizziles a strabilianti traguardi quali perdere 19 partite consecutive (sic) o prendere sessantuno (strasic) punti di scarto dagli Charlotte Hornets. Gli CHARLOTTE HORNETS, mica i Bulls del ’96…
Purtroppo tutti questi sforzi non hanno prodotto totalmente il risultato sperato e le palline della lottery hanno spinto giù nel draft il nome di Memphis fino alla scelta numero 4. Posizione in cui il management ha selezionato Jaren Jackson Jr, sette piedi con braccia smisurate e fiuto da bracco di Weimar per la stoppata, che però appare molto più pronto dal punto di vista difensivo che da quello offensivo.
Ma se c’è un rookie con un potenziale upside da far spavento quello è proprio l’ala ex Michigan State, che avrà bisogno certamente di un po’ di tempo (e di un po’ di chili di massa muscolare) prima di poter essere valutato nel modo corretto. La coppia Conley-Gasol resta di livello assoluto e, se restasse sana, potrebbe perfino bastare per trascinare i Grizzlies fino ai playoff.
Ma gli acciacchi fisici e l’età over-30 di entrambi non sono fattori a loro favore, men che meno lo è l’appartenenza ad una Western Conference che con l’arrivo di James rischia di diventatare ancora più ingiocabile rispetto al passato. Dovesse andar male è probabile che già da metà anno inizi il processo di ricostruzione con la cessione delle due stelle di cui sopra. Ah, l’ho già detto che i 50 milioni (ultrasic) da dare al cadavere di Chandler Parsons da qui al 2020 sono un punto di debolezza?
Record 2017-18: 22-60
Previsione 2018-19: 37-45
New Orleans Pelicans
La squadra non è niente male, ma se i Pelicans dovessero partire male preparatevi a rivedere questa foto
Quintetto: Elfrid Payton, Jrue Holiday, E’Twaun Moore, Nikola Mirotic, Anthony Davis.
Panchina: Ian Clark, Solomon Hill, Julius Randle, Jahill Okafor, Alexis Ajinca
Allenatore: Alvin Gentry
Arrivi: Elfrid Payton, Julius Randle, Alexis Ajinca, Jahill Okafor,
Partenze: Rajon Rondo, Jameer Nelson, DeAndre Liggins, DeMarcus Cousins, Dante Cunningham
Punti di forza: Anthony Davis (finchè resta), Julius Randle è un gran bell’acquisto, Elfrid Payton si è tagliato i capelli
Punti di debolezza: se Anthony Davis si scazza siamo al fungo atomico, la panchina è orripilante come sempre, di venire al palazzetto la gente proprio non ne vuole sapere
Analisi: Come recita un antico motto del fantabasket redazionale: “AD + 11 str**zi = playoff”. Nella passata stagione tale detto si è puntualmente concretizzato, nonostante l’infortunio al tendine d’achille di DeMarcus Cousins avesse fatto pensare ad una prematura fine delle speranze di postseason per i Pelicans, che invece non solo hanno chiuso al sesto posto ma hanno anche spazzato via con la scopa i favoriti Portland Trailblazers, concedendosi pure il lusso di strappare una gara ai futuri campioni NBA.
Il secondo turno dello scorso anno rappresenta il punto più alto raggiunto da quando la franchigia ha cambiato il nome da Hornets a Pelicans, nonchè l’apice della carriera di quel fenomeno della natura a nome Anthony Davis. Proprio dopo l’infortunio di DMC, Davis l’anno scorso ha elevato il suo gioco ad un livello mai raggiunto prima, rendendosi protagonista di una serie di prestazioni al limite dell’irreale che hanno trascinato di peso la squadra fino ai risultati sopra descritti.
Durante l’estate il management ha fatto il possibile per convincerlo a sposare a lungo termine la causa di New Orleans, sostituendo Rondo e Cousins con Randle e Payton, due giocatori forse sulla carta inferiori ai predecessori ma più giovani e tecnicamente adatti al sistema di gioco della franchigia della Louisiana. Basterà? Difficile. Molto più probabile che presto o tardi le sirene delle altre franchigie NBA, in particolare quelle dei Celtics, possano portare dirigenza e giocatore ad accordarsi per un trasferimento che faccia contenti tutti. Se questo accadrà in questa stagione o nella prossima non è dato saperlo, probabile che possa dipendere dalle prestazioni a breve-medio termine della squadra.
Di certo sarebbe meglio che i tifosi dei Pelicans si sbrigassero ad andare al palazzetto (cosa che fanno molto poco, solo altre 5 franchigie fanno peggio in tutta l’NBA), perchè giocatori come Davis non passano molto spesso nemmeno in una lega di fenomeni come la NBA.
Record 2017-18: 48-34
Previsione 2018-19: 46-36
Ex pallavolista ma con una passione ventennale per il basket NBA e gli sport americani in generale. Tifoso dei Mavericks, di Duke e dei ’49ers, si ispira a Tranquillo e Buffa ma spera vivamente che loro non lo scoprano mai.