Nel 1984 esce negli USA questo film, (The Natural il titolo originale) con tutte le premesse per essere un capolavoro: il regista è Barry Levinson (quello, tra gli altri, di Rain Man!) ed il cast è delle grandi occasioni: Robert Redford protagonista, Glenn Close, Robert Duvall e Kim Basinger negli altri ruoli chiave.
Ben 28 milioni spesi per la produzione. Ed infatti ci saranno 4 nomination agli Oscar. Il film è basato sul romanzo di Bernard Malamud, ambientato negli anni ’20.
Si inizia con un bambino prodigio, educato al baseball dal padre, che però muore prematuramente e non può esserci quando arriva la chiamata dei Chicago Cubs per un provino come lanciatore.
Roy Hobbs (questo il nome del protagonista) non ha nemmeno mai preso un treno in vita sua, e qui incontra una donna misteriosa, che dopo averlo adulato durante il viaggio, a Chicago gli spara prima di suicidarsi, rovinandogli il provino e la carriera.
Il film riparte da 16 anni dopo, quando il trentacinquenne Hobbs viene ingaggiato dai New York Knights come esterno destro, suscitando il malumore di manager e compagni per l’età avanzata e la totale mancanza di informazioni sul suo passato.
Questo si traduce in un ostracismo per la prima parte della stagione, ma una lunga striscia di sconfitte persuade il manager a dargli una chance. L’esordio è col botto, ma è la morte del titolare nel ruolo che gli assicura il posto per il resto della stagione. E qui diventa in breve una stella, ed allora la stampa continua a cercare di capire chi è e da dove viene.
Quando inizia pure a frequentare la ex del compagno deceduto, una Kim Basinger bella e misteriosa, la sua produzione al piatto crolla, fino alla trasferta a Chicago, dove la ex (e promessa sposa prima del provino mai effettuato) Glenn Close si manifesta.
A lei sola racconta tutto quanto accaduto, i due anni di ospedale dopo le pallottole subite e l’impossibilità di lanciare. E lei del figlio ormai adolescente, avuto da un uomo che ora abita a New York.
Da qui lui ricomincia a battere bene e i Knights pian piano passano dal quinto al primo posto della Division. Ma ai playoff i postumi del passato tornano a farsi sentire e deve passare alcuni giorni in ospedale, dove i medici gli ricordano che non poteva e non può giocare a baseball se vuole continuare a vivere.
Per non parlare del giornalista corrotto, Robert Duvall, del socio trafficone, dell’allibratore spietato e della donna fatale (Kim), tutti che provano con le lusinghe, le minacce o con i soldi a convincerlo a non rientrare in campo e lasciar affondare i Knights.
Lui invece prosegue per la sua strada e nell’ultima drammatica partita batte il walk off decisivo solo dopo aver saputo che il figlio adolescente è suo.
Un film lungo (2 ore e 20 minuti) ed avvincente, un tantino inverosimile in alcune situazioni, ma come spesso nei film americani dei bei tempi con messaggi moralmente elevati.
Il cast è spaziale, peccato per una versione italiana orribile, sia nei termini sia nelle voci. Per chi può, consigliamo la visione in lingua originale.