Mike Lange era l’hockey a Pittsburgh. Il suo microfono, lassù nella cabina di conduzione, narrava il paradiso ghiacciato raccontato con un potere particolare, quello di far sognare. Lange era il commentatore dei Penguins, lo era fino al 2021, andato in pensione dopo 44 anni di onorata carriera e ci ha lasciato mercoledì, all’età di 76 anni.
Quasi contemporaneamente, il Canada affrontava la finale del 4 Nazioni contro gli Usa e ad annunciare la formazione negli spogliatoi era proprio il suo più grande pupillo, Mario Lemieux, che sul ghiaccio introduceva il suo erede, Sidney Crosby. La vittoria, d’obbligo, è andata nei due pensieri direttamente a Lange, una leggenda, un mito, un amico.
Nel mio personale paradiso penso sempre che si venga annunciati da un radiocronista. Dal campo principale, di una puntata principale ad esempio di Tutto il Calcio Minuto per Minuto, CiottiAmeri (tutto attaccato, non per errore) hanno il primo campo, poi De Zan nel ciclismo, Poltronieri nella formula uno, Provenzali per la pallanuoto, Aldo Giordani nel basket Clerici-Tommasi nel tennis e, visto che siamo lassù, non stona affatto Mike Lange per l’hockey su ghiaccio.
Questo per farvi capire la grandezza di una persona unica.
Lange è stato il top player di Pittsburgh ancor prima di Lemieux, un modo di raccontare l’hockey che è arrivato più che naturale, spinto a 21 anni da un amico a vedere quello sport che per i più è misterioso ma che poi ti conquista.
Già nel 1974 l’approdo ai derelitti Penguins, squadra prossima alla bancarotta che non garantisce a Lange nessuna aspirazione futura. Ma quel ragazzo, come chi sogna quel mestiere, al microfono si trasforma e da timido emana un’energia pazzesca, un modo di trascinare e di raccontare lo sport che trascina. Dopo due anni l’addio ai Penguins per il calcio, per i Washington Diplomats, ma il richiamo del vecchio Igloo, il palazzetto di Pittsburgh, torna più forte e dal 1976 la sua cabina non avrà altri padroni.
E resisterà fino al 2021.
E verrà introdotto nella Hall of Fame della Nhl.
E vedrà 5 Stanley Cup sollevate al cielo.
Dirà “It’s hockey night in Pittsburgh” prima di ogni partita e nei playoff questa frase sarà urlata come una minaccia da ogni tifoso.
Vedrà Mario Lemieux segnare al suo primo tiro in carriera in Nhl.
Dirà: “Signore e signori, Elvis ha appena lasciato l’edificio” per spiegare che la musica dopo tanto trionfare è finita.
Dirà: “Oh Lord Stanley, Lord Stanley, bring me the brandy”, beviamo un brandy perché la coppa è ancora nostra.
Farà sembrare i più grandi nomi dell’hockey ancora più magici, molto più di un semplice conduttore.
“Get in the fast lane, grandma, the bingo game is ready to roll”, “Sali nella corsia di sorpasso nonna, la partita del bingo è pronta a cominciare”, un modo tutto suo per annunciare nuovi successi.
Sarà d’impatto per ogni giocatore, come racconta Sidney Crosby, ultima icona Penguins: “Sono fiero di averlo potuto chiamare amico, mi ha dato il benvenuto col sorriso, mi ha dato un pugno sulla spalla per una partita importante e fatto un occhiolino per un momento speciale. Lo aspettavo alla fine di ogni conferenza stampa, bastava un gesto e aveva detto tutto, ogni sua battuta era un’iniezione di energia”.
“Smiling like a butcher’s dog”, “Sta sorridendo come il cane di un macellaio”, quando sul ghiaccio torno Mario Lemieux e ogni tifoso era la quintessenza del godimento.
“Scratch my back with a hacksaw”, “Grattami la schiena von un seghetto” o “Shave my face with a rusty razor” “Radi la mia faccia con un rasoio arrugginito” era per spiegare che nel momento della scalata alle Stanley Cup niente avrebbe potuto distoglierlo dalla sua cabina.
Le giacche, immense per la sua taglia.
I “Lange-ismi” come veniva chiamati a Pittsburgh, sono ora storia, una storia che meriterebbe una statua fuori dalla PPG Arena, magari proprio vicina a quella di Lemieux, perché non sarebbe diventato Mario senza l’urlo di Lange: “Li sta accompagnando fuori per l’aeroporto”, o “Andiamo a caccia di un alce con un Harley”, talmente impossibile che l’hockey faceva succedere l’impossibile.
È stata la voce narrante di sempre e per sempre per i Penguins, capitava anche che chi vi scrive si sintonizzasse di notte sul sito di Pittsburgh e dormisse sogni beati con Mike Lange in sottofondo, a urlare poi un gol ed esser svegliati di soprassalto.
Un maestro assoluto del suo mestiere, un nativo della California che s’integrò talmente bene a Pittsburgh da non abbandonarla mai più.
Una cuffia, lassù, di quelle vecchio modello, che ha sempre accompagnato Mike in tutta la carriera, in baffo alla modernità, in baffo all’età che avanza. Senza scrivere mai un emoji nei messaggi ma concludere ogni chiacchierata sempre con la parola Smile, sorriso.
Beh, immenso Mike Lange, difficile chiudere il pezzo sorridendo, ma in tuo onore lo alziamo gli occhi al cielo e sentiamo ancora i tuoni, Elvis ha appena lasciato l’edificio.
Smile.
Supereroe travestito di giorno da ragioniere e di notte da redattore, Francesco Fiori nasce il 30 maggio 1983 a Sassari e da subito capisce che lo sport è come una passione esagerata, allevato con pane e album Panini. Un sardo che ama il ghiaccio, impossibile, conosce la Nhl grazie ai compiti dell’ora di pranzo che rinvia a causa della dipendenza da TELEPIU2. E’ nel giugno 2008 che decide per curiosità di collaborare con Playitusa grazie ad un pezzo dedicato al grande eroe Mario Lemieux. Non solo Hockey tra le passioni di colui che è casinista, testardo e sognatore (più altri mille difetti), segnala l’amore per la bici (definita sua dolce metà) ma anche una dedizione totale a calcio (INTER), basket (DINAMO SASSARI) e qualsiasi cosa sia sotto la voce SPORT e non lo faccia dormire.
Se anche voi non dormite rintracciatemi alla mail fcroda@yahoo.it giusto per 2 risate.