I Florida Panthers vincono la Stanley Cup contro gli Oilers e sono i nuovi campioni NHL, dopo una galoppata incredibile e conclusa con delle Finals altrettanto incredibili!

Soltanto 5 sono state le partite cedute a Lightning, Bruins e Rangers, satanassi da anni al vertice e a turno dominatori della eastern conference, nelle quali la supremazia a volte è sembrata addirittura imbarazzante. Florida ha infatti mostrato sicurezza in ogni circostanza dei match, difendendo a dovere in even strenght, 5/5, shorthanded, nelle transizioni e contro il puck movement, mentre nell’altro lato della blue line le modalità offensive sono apparse semplicemente incontrastabili.

Quanto agli Oilers, fino a gara 4 McDavid e Draisaitl nulla avevano potuto contro lo strapotere fisico, tecnico e difensivo dei rivali: uno sponsor paradigmatico per tutti gli sport USA sull’importanza del gioco corale. Sia chiaro, coralità abbinata a classe sopraffina, dato che leggendo i nomi degli attuali Panthers e il relativo dominio col quale hanno regnato le due fasi della stagione si scorge un roster secondo a nessuno per completezza e talento.

Team ricco di star power, profondità realizzativa e abilità difensive, con le quali silenziare elementi del calibro di Panarin e Zibanejad oltre alla top six degli Oilers, hall of fame goalie e un istinto killer collettivo che le ha permesso di vincere ben 10 battaglie clutch con meno di due gol di margine.

Profili annessi nel tempo e che hanno portato la Florida odierna a divenire quasi invincibile. Merito di un front office voglioso di salire i gradini del vertice mantenendo tuttavia una sobrietà amministrativa apprezzabile, che dallo splash estivo 2019 chiamato Bobrovsky sino all’ultima deadline a nome Tarasenko non ha sostanzialmente mai sbagliato mosse.

Nemmeno i tentativi di agglomerare veterani doc per accompagnare i giovani al successo può definirsi un errore, dato che con Giroux, Thornton, Hornqvist o Acciari si vinse l’unico Presidents Trophy in bacheca.

Ancor più esplicativo è il dato sul cap space in sella ai Cats oggi, superiore a 20 milioni e cifra insperata per una (costosa?) vincitrice di Stanley Cup.

Ad un certo punto il braccetto delle forward, divenute incredibilmente sterili (0/11 power play), la crescita di Skinner, il calo dello stesso Bobrovsky, la risalita di Foegele in seconda vicino a Draisaitl e la marcia superiore di McDavid, hanno riportato la serie in parità.

Anche qui gli uomini di Knoblauch se la sono giocata alla pari, in un matchup ovviamente teso ed a basse scoring chance, dove la fortuna sotto forma di deflection (Verhaeghe) e misunderstanding difensiva (Reinhart) ha fatto la differenza.

Il segreto dietro al sorriso di Barkov che alza la coppa, sbarazzandosi di tutte le corazzate dell’est e rimandando ancora il tanto atteso trionfo canadese, ci sono dunque tre date che verranno ricordate all’infinito: giugno 2013, luglio 2019 e 2022!

Tre estati che hanno reso Sunrise ancora più bollente, cambiando definitivamente la narrativa recente dei Panthers: la pesca dello stesso Sasha al draft, l’acquisto di Bobrovsky e la trade per Tkachuk, scelte azzeccate che hanno imbastito uno zoccolo duro su cui l’esperto Paul Maurice ha costruito l’impresa.

Il capitano post Huberdeau è il leader silenzioso che però si fa sentire con la natura two way che ne sta contraddistinguendo una magica carriera, stoico dapprima a “sopravvivere” ai colpi proibiti di Draisaitl e poi a punirlo nella decisiva gara 3 delle Finals. D’altronde chi se non lui e Tkachuk poteva condurre le stats di questa portentosa cavalcata.

Il figlio d’arte, tornato ironia della sorte proprio nell’Alberta a rimarcare la sua forza, ha semplicemente cambiato volto ai Panthers, macinando hit in balaustra, recuperando dischi e creando climax continui nell’offense. Se poi Verhaeghe e Reinhart in regular season e Lundell e Rodrigues nei playoff  hanno aumentato di giri è proprio per merito del loro stoico compagno a dettare le battute!

Il russo due volte Vezina e 6 All Star, dopo iniziali momenti di crisi e perplessità è iniziato a salire d’incanto, ritornando nelle ultime postseason il famigerato “playoff Bob” da 16 W, poco più di 2 reti per game e il 70 abbondante in quality start percentage.

Aggressiva ma terribilmente poliedrica poi è stata la difesa/offesa dello stellare Forsling e dei vari Montour, Ekman-Larsson ed Ekblad, coppie severe e arcigne e al tempo stesso tecnici playmaker da power play.

Bobrovsky va per le 36 primavere, nulla rispetto alle 40 dell’icona Luongo, ma gli unici pensieri ombrosi che queste Finals lasciano ai Panthers di Vincent Viola, oltre alla free agency di Montour e Reinhart, sono su come il gm Zito potrà un giorno sostituirlo.

Siamo altresì certi che un direttivo che nel tempo è riuscito oculatamente a costruire un miracolo sportivo e dirigenziale come questo saprà farsi trovare pronto. Per ora congratulazioni Florida: sei meritatamente sul tetto del mondo!

One thought on “Florida Panthers campioni NHL: un miracolo sportivo e dirigenziale

  1. Seguo la Nhl solo tramite le sintesi che pubblicano sul loro canale Yt (tra l’altro, dopo essere stati bravi tutto l’anno, proprio alla fine sono andati a spoilerare nell’immagine di copertina il risultato di gara 7, togliendo ai tanti come me che non possono vedere le partite in diretta il piacere della suspense), ma mi sembra che sia stata una degna conclusione di una bellissima stagione.

    Mi dispiace per Edmonton, perché dev’essere frustrante perdere dopo aver rimontato da 0-3 a 3-3, ma sono contento per Florida, così posso finalmente depennarla dal mio elenco delle squadre che non hanno mai vinto un titolo nelle quattro leghe americane.

    Adesso ne restano 10 in Nhl e in Nba, 5 in Mlb, 9 in Nfl (12 se si considera solo l’era Super bowl). Il mio obiettivo è depennarle tutte prima di morire 😁 .

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