Due fra le squadre più amate e storiche dell’hockey NHL si ritrovano ai vertici delle rispettive conference, piene di stelle e qualità tecniche ma soprattutto forti, coriacee e mai dome come uno sport del genere richiede: ad oggi una finalissima Rangers vs Kings fa sognare i veterani della prima ora!

Percorsi diversi hanno portato NY ed LA alle vette odierne; se infatti i primi non hanno mai palesato problemi offensivi e perciò sono dovuti ricorrere a maggiore resilienza, contrasti in zona neutrale e forecheck alla balaustra, i secondi al contrario sono letteralmente esplosi grazie alle performance dei loro tre straordinari centri, per merito dei quali adesso l’attacco black, silver & white domina le partite, appoggiandosi poi per congelarle alla storica ferocia difensiva, che qui continua a fare le fortune del club sia nelle reti incassate che nel penalty differential.

Stazza, esperienza, posizione e cinismo del leggendario Kopitar, velocità e creatività in transizione di Phillip Danault e classe e visione di gioco di Dubois sono infatti tre armi con le quali gli uomini di Todd McLellan calano sul ghiaccio altrettante linee top, permettendo a cecchini del calibro di Moore, Fiala, Kempe e Byfield di sfruttare le loro peculiarità e generare climax in tutta l’ora di gioco.

I tre registi sono sotto contratto almeno fino al 2026, quando l’accordo con l’iconico capitano potrebbe terminare; fino ad allora però il team dovrebbe mantenersi pretendente ad alzare la coppa di lord Stanley.

La società ha lavorato benissimo sostituendo tutto il vecchio gruppo vincente tranne Kopitar e Doughty, puntando su Kempe come stella futuristica ed infine siglando dal 2021 ad oggi sostanzialmente soltanto Danault, Fiala e Dubois: giocatori fatti e finiti che hanno creato nuova ed inedita linfa vitale offensiva. Menzione d’onore inoltre spetta al vecchio Talbot, trentaseienne al massimo di carriera per SV%.

L’età media rimane perciò alta (29.2), ma ogni interprete in primavera avrà l’esperienza adatta per performare senza paura e ad un livello superiore. I Kings possono persino permettersi di perdere terreno rispetto ai Rangers, dato che la eastern conference rimane una giungla, nella quale Canadiens e Senators sono vicini al fanalino di coda nonostante un record al 50%!

Finora però New York non risente di tutto ciò, dato che la Metropolitan pare non avere altri padroni e la vetta generale viene divisa solamente con gli immortali Bruins e Golden Knights.

I Rangers appaiono più intensi e competitivi in retroguardia rispetto alle annate con Gallant, e se i dati statistici li vedono primeggiare nei gol e tiri subiti per 60 minuti, riportando la memoria ai fasti del Presidents Trophy 2014: la causa va ricercata nella meticolosa regia di Peter Laviolette, che ha immesso nella psiche di Trouba, Fox, l’incredibile steal estiva Gustafsson e soci maggiore attenzione a piccoli ma decisivi dettagli, fino allo scorso anno superficiali ma infine causa di delusioni ai playoff.

Ingaggi e conclusioni bloccate sono difatti ai massimi storici, mentre di dischi perduti non se ne vede l’ombra, la percentuale nel penalty kill e le segnature previste sono poi di ben 5 punti sopra la media NHL: numeri importanti che oltre a permettere la “rinascita” di Quick, ora degno backup di Shesterkin, differenziano un team stellare ma “distratto” da uno vincente.

In attesa dell’esplosione delle presunte prime scelte generazionali Lafreniere e Kakko, quest’ultimo ai box insieme a Chytil e sostituiti egregiamente da Vesey rispetto all’equivoco Wheeler, si assiste alla clamorosa annata di Panarin, acquisto che fin dal suo approdo cambiò pelle ai Rangers e già vicino a 40 punti nonché candidato MVP. E’ sempre lui la punta di diamante di un attacco al .771 di pts% e 29.73 in power play, in combutta con le garanzie Kreider, Trocheck e l’immarcescibile one timer di Zibanejad.

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