A che punto è l’ennesima rebuild dei Sabres?

Jack Eichel a Vegas ha concluso l’ennesima, fallimentare, era dei Cleveland Browns dell’hockey: i Buffalo Sabres. Perché avere Jack Eichel era molto vicino ad avere un franchise player, e costruirci intorno era dovere a cui Buffalo non ha saputo adempiere.
Ora tocca ricominciare, ma a che punto siamo nel procedimento? A livello forward, Cozens rappresenta il futuro ed il punto di partenza, una partenza sicuramente meno roboante di quella di Eichel ma comunque una figura che farà da colonna portante nei prossimi anni. A lui si affianca la speranza che Krebs abbia fisicamente recuperato appieno quei problemi che lo avevano fatto precipitare durante la sua annata draft (da top 5 pick a diciassettesima assoluta) e che Savoie, pick di quest’anno, sia stata la scelta giusta.
Pallino personale poi viene rappresentato da Casey Mittlestadt: non trovo farà mai il salto, ma può diventare un centro solido, da terza o quarta linea, con le caratteristiche necessarie ad aiutare la squadra?

Tage Thompson, di cui pareremo poi, ha avuto un anno di breakout, cambiando allenatore e posizione. Dall’altra parte, Olofsson e Skinner sono più difficili da collocare: Jeff non è proprio il profilo adatto ad una squadra in rebuild, mentre Olofsson ha mostrato scorci di brillantezza totale a seri blackout, ma a livello tecnico rimane risorsa solidissima. Da parte invece di Jack Quinn e di JJ Peterka ci aspettiamo un passo in avanti ed una scintilla verso una top six sempre più profonda.
Il reparto che, ahimè, ora promette di più sono i defensemen, e dico ahimè perché proprio a causa di un’incapacità nel strutturare questa unità i Sabres hanno fallito nel capitalizzare nel loro precedente potenziale. Ora invece si ritrovano ad avere ben due first overall pick, i cui nomi sono citati nella domanda successiva. Per quel che mi riguarda, sono due sicurezze. Va visto cosa saranno in grado di fare (e come e se matureranno) gli altri baldi giovani della difesa, come Jokiharju, Samuelsson, Nyberg. Va segnalata l’assenza di un veterano che possa stabilizzare il gruppo, ma la linfa verde è tanta e di buona qualità.
Lato goalie, c’è un po’ di confusione: da una parte, la pipeline di Buffalo è ricca ed ha alcuni dei migliori prospetti, dall’altra pochi di questi prospetti, forse solo Luukkonen, sono pronti a tentare il salto. Per il resto, c’è ancora da attendere e si rischia di inserire qualche tappabuchi (ormai anche il dizionario riporta, alla voce sinonimi di questo termine, Malcolm Subban).

Diciamo che le basi ci sono: due defensemen solidissimi, veterani che possono aiutare la crescita di buoni forward, manca qualche sicurezza su chi sarà il goalie del futuro e, ripeto, una presenza esperta nel backend, dove Lyubushkin appare troppo poco. Lungi da me, però, considerare Buffalo pronta a nient’altro che una stagione fuori dalla post-season per accaparrarsi pick, magari anche dando via Skinner e Tuch, e per far maturare i giovani.

Rasmus Dahlin e Owen Power: due first overall pick in difesa, cosa aspettarci da loro?

Partiamo dallo svedese: first overall pick nel 2018 dove, una volta che Buffalo uscì come prima assoluta, è stato eletto dal destino come primo nome chiamato. Dahlin ha ricevuto tante etichette: Erik Karlsson più giovane, Erik Karlsson più grosso, Erik Karlsson più precoce. Insomma, ai tempi, causa anche inebrianti prestazioni dell’ex Ottawa, qualsiasi D-man svedese di belle speranze era associato al nome di Erik Karlsson, anche se tra lui e Dahlin non c’è tutto questo gioco in comune.
La produzione di Rasmus è stata ottima, a mio parere: offensivamente sa aiutare in tutte le situazioni, inclusa la powerplay. Il problema è in difesa, ma quanto è un problema di Dahlin, sinceramente? Buffalo soffre di un grosso difetto: estrema, continua, instabilità. Sono costanti nell’essere incostanti, e questo fa pagare i giocatori messi in primo piano, perché le cose non filano come dovrebbero. Non è un caso che un certo Nathan MacKinnon si sia rimesso in piedi a Denver solo quando Bednar ha preso le redini e ha deciso di riordinare le cose. Simili considerazioni possono essere fatte per Sebastian Aho, per anni inesploso, a causa di dubbie scelte del management Hurricanes.

Ora, non fraintendetemi: Dahlin non è stato un buon giocatore sotto l’aspetto difensivo fino ad ora. Come prospetto appariva molto più solido, ma trovo che fosse per una struttura fisica già adulta associata ad un adolescente. Arrivato in NHL, i limiti sono stati evidenziati, ma Dahlin aveva un coach in Phil Housley che avrebbe potuto migliorare il ragazzo sotto l’aspetto difensivo. Presto però è iniziato il tipico carosello degli allenatori: arriva Kruger, una delle scelte più bizzarre che abbia mai visto per un allenatore, dato che si stava occupando, prima dell’assunzione, di calcio.
Ora Don Granato, che dopo moltissima gavetta ottiene fiducia, si spera per il lungo termine.
E non solo: Dahlin cambia partner tanto quanto cambia allenatore, da Ristolainen, ora a Philly, fino a Jokiharju (che, tra l’altro, si porta dietro i suoi stessi problemi).
Ricordiamoci che Dahlin concluse una stagione da 18enne con 44 punti in una delle squadre peggiori della lega, e anche l’anno scorso conclude con 53 punti e 13 goal, ma con un fisico e capacità atletiche come le sue, incluso lo skating, è impossibile che non possa sviluppare un gioco difensivo non solo adeguato, ma anche sopra la media.

Un parallelo spesso tracciato è quello con Aaron Ekblad, il fu first pick del 2014 da parte di Florida: debutta giovanissimo, ha diverse stagioni dove viene tempestato di critiche perché non brilla subito, senza considerare la terra bruciata e l’instabilità che aveva intorno. Per Aaron alla fine le cose sono andate bene: Florida ha costruito nella maniera giusta, ed ora si gode lo status di favorita (tra le altre) con Ekblad colonna della difesa.
Sono convinto che con un piano preciso, un allenatore per più di 6 mesi ed una scelta di partner sensata, Dahlin potrà diventare quello che Ekblad attualmente è per i Panthers. Non è Rasmus Dahlin a dover dimostrare qualcosa ai Buffalo Sabres, ma piuttosto il contrario.

Ed Owen Power? Lui è quel giocatore che pensi si possa creare solo sulla PlayStation, e poi invece te lo vedi sfrecciare su ghiaccio per davvero. Una cannoniera su pattini, Power ha il potenziale per essere una superstar per il semplice fatto che, mettendo insieme qualità atletiche e tecniche, ha tutto per eccellere tanto in attacco quanto in difesa.
Spesso accostato ad una leggenda come Chris Pronger, Power ha aspettative da Norris goà prima di mettere piede in NHL per 10 partite di fila. Sono aspettative tutte giustificate e che trovo difficile non porterà, almeno in parte, a compimento. Forse la competizione tra i due sul lato sinistro, per essere protagonisti nel top pair, andrà a stimolare Dahlin nel crescere ulteriormente.
Quel che è sicuro è che Buffalo ha in mano due perle della blue-line su cui costruire.

Savoie recente pick del 2022: quali prospetti in pipeline sono pronti per il salto?

Matthew Savoie ha solo 18 anni: Buffalo, come giusto che sia, rimane paziente e, con tutta probabilità, non lo getterà nella mischia quest’anno. In ogni caso, la sua scelta ha senso per come la spina dorsale dei Sabres si sta evolvendo: Cozens, di cui abbiamo parlato prima, è un centro con un profilo fisico totalmente differente da Savoie, e per questo offre un’alternativa nel costruire le linee, una soluzione in più per cambiare le carte in tavola, in prospettiva futura. Lo stesso vale per Tage Thompson.
Meno comprensibile il resto del draft 2022: Buffalo aveva ben tre pick nel primo round, e ha preso tre giocatori quasi identici. Ma sorvoliamo su questo: quali prospetti sono pronti ora?

Owen Power è il primo della lista e abbiamo ampiamente parlato dell’impatto atteso. Ukko-Pekka Luukkonen da anni è annunciato come il prossimo grande goalie in NHL, e quest’anno avrà l’opportunità di prendersi una bella fetta delle partite dei Sabres, se il management lo riterrà pronto: il finnico è un goalie imponente che ha accumulato esperienza preziosa prima in Liiga e poi in AHL. Nell’ultima stagione nelle minors è arrivato ad avere uno score positivo nel record, e va detto che le statistiche possono tradire, data la generale scarsa qualità delle difese AHL. È sicuramente il primo nome che si candida per essere il goalie a lungo termine della squadra.
Jack Quinn ha invece devastato le reti della AHL con 26 goal e ha tutte le carte per fare benissimo con i grandi: tecnicamente possiede uno one-timer letale ed è maturo. Con un Kyle Okposo ormai alla fine della sua carriera, si candida come suo sostituto naturale. JJ Peterka, uno dei tre prodigi tedeschi del draft 2020, ha fatto addirittura meglio di Quinn nelle minors, giocando come ala. È un motore che potrebbe servire sotto molti aspetti a Buffalo, e sembra pronto per diventare un giocatore da NHL in pianta stabile.

Insomma, il traffico là davanti nella top six è importante: candida, secondo me, Jeff Skinner ad una futura trade, magari con un club in cerca di uno spunto offensivo in più nella corsa playoff: il talento di Jeff è indiscutibile, ma a 30 anni non si allinea per niente con le speranze di Buffalo, e rischia di fare da tappo ai prospetti in rampa di lancio. Vederlo scambiato magari per un buon pick ed un prospetto credo sia mossa da aspettarsi dal management Sabres.

La rivelazione Tage Thompson: meteora o cardine per l’immediato futuro?

Tage Thompson è una di quelle classiche storie da hockey su ghiaccio: first rounder di belle speranze che rende poco in una franchigia, viene scambiato come niente fosse e, in un altro ambiente e con altro spazio a disposizione, esplode. Il ragazzo è un mostro su pattini, un power forward in tutti i sensi della parola, che l’anno scorso colleziona 38 goal in una squadra con tanti punti di domanda.
In realtà, la storia reale è un po’ più rocambolesca: Thompson vive la sua carriera come ala per diversi anni, inclusi 2 e mezzo dei 4 anni passati in casacca Sabres. Non rende, fa fatica, non si trova bene: è sull’orlo di essere escluso dalla quarta linea per ricominciare in AHL. Poi, Don Granato prende il posto di Kruger sulla panchina e, poco dopo, Thompson si ritrova centro in prima linea con Jeff Skinner di fianco. Il suo gioco offensivo esplode.

Skinner si trova a meraviglia con Tage, che ha meno difficoltà a gestire la sua fisicità in un ruolo centrale, e non spostato sul lato. Segna a profusione in tutte le situazioni, difensivamente deve migliorare ma l’adattamento a centro porta con sé insidie da quel punto di vista che ci si aspetta il ragazzo, con l’aiuto di Granato, possa colmare, almeno parzialmente.
Il problema vero qual è? Prima cosa, confermarsi: dopo una stagione come questa a 24 anni, la pressione sale perché suona davvero come un “o la va, o la spacca” per quanto riguarda la carriera.
Tage va in scadenza proprio quest’anno, e i numeri potranno dire se vedrà un contratto ricco e polposo associato al suo nome per farlo rimanere a Buffalo o se dovrà accontentarsi di un prove-it deal da qualche altra parte.
Seconda: i suoi due partner preferiti sono entrambi in odore di trade. Dal punto di vista anagrafico e di valore sul trade block, Jeff Skinner ed Alex Tuch sono gli unici due giocatori con cui Buffalo può assicurarsi dei pick. Molto dipenderà dalle idee della dirigenza: se il talento accumulato nelle ultime stagioni viene visto come adeguato per iniziare a maturare una contendente, allora i tre potrebbero essere confermati come first line e rimanere insieme, perlomeno questa stagione.

Ma se Kevyn Adams considerasse ancora troppo scarna la pipeline, Skinner è il primo nome sulla lista dei sacrificabili, e Tuch segue a ruota. Questo è un pericolo per Tage, perché va capito quanto la buona chimica trovata con i due, soprattutto con Skinner, abbia favorito la sua esplosione statistica. Un giocatore già protagonista di diverse situazioni destabilizzanti potrebbe incontrare il colpo del KO se privato di risorse con cui, finalmente, riesce a fare il proprio gioco.
La valutazione è delicata: se Peterka e Quinn dovessero crescere a dovere, Buffalo potrebbe pensare a dar via 2 sui 3 over 25 presenti nella loro top 6 (Olofsson si aggiunge ai due prima citati, avendo 27 anni ma portando minor valore grazie ad una dubbia versatilità e ad un calo nella produzione). Scombinare però una formula potenzialmente perfetta, e ancora del tutto ben funzionante, è decisione da valutare sotto tutte le prospettive prima di essere presa.

Cosa possiamo aspettarci da Buffalo questa stagione?

Poco: una stagione meno disastrosa ma comunque non da playoff. Buffalo è in una divisione veramente forte, dove squadre come Ottawa e Detroit, decisamente più avanti nel processo di rebuild, faranno fatica a vedere il disco a Giugno. I Sabres avranno a che fare con una stagione di attesa, dove far maturare correttamente le risorse e dove prendere decisioni difficili. La garanzia di finire in top 10 nel draft 2023 potrebbe essere abbastanza per ritardare l’addio di qualche giocatore, ma in ogni caso i Sabres non possono più sbagliare. Hanno il talento, così come lo avevano prima, e non lo devono bruciare per poi ripartire da zero un’altra volta. Serve pazienza, fortuna e audacia, nella giusta proporzione.

Se la gestione del talento dovesse essere fatta a dovere, Buffalo potrebbe tentare il salto di qualità tra 2-3 anni, in base anche a quello che combineranno le dirette concorrenti Ottawa e Detroit nelle stagioni future, in una Atlantic che, a meno di Boston, vede tre franchigie difficili da spodestare in Tampa, Florida e Toronto ancora per qualche tempo.

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