Domanda obbligata: la rebuild è davvero finita?
Chiarisco subito cosa giustifica il titolo: Draft NHL 2022, primo round. Viene annunciata una trade: il settimo pick assoluto, in mano agli Ottawa Senators, viene scambiato con Chicago in cambio del goal-scorer Alex DeBrincat.
Questa mossa è, in tutto e per tutto, una franca ammissione di rebuild finita da parte del GM Pierre Dorion, e non ci si muove da qui. Ci sono poche cose che parlano chiaro negli sport americani, ma un top 10 pick sacrificato per un giocatore pronto subito è palesemente un grido di battaglia contro le restanti franchigie.
Ciò che dobbiamo umilmente cercare di discutere è questo: Dorion ha ragione nell’avere tanta fiducia?
Che ad Ottawa ci sia un gruppo di talenti di tutto rispetto è certezza: leggendo i quattro nomi inclusi nella domanda successiva, ed aggiungendo un certo Thomas Chabot, ricordando poi le aggiunte in free agency possiamo affermare che a livello di roster i Sens hanno le carte buone per rimanere al tavolo.
Ma come sempre, stiamo parlando di considerazioni sulla carta, e non sul ghiaccio. Perché l’anno scorso il gruppo non è riuscito a qualificarsi, e ha chiuso la stagione 26esimo su 32 franchigie, non proprio un piazzamento da rebuild chiusa e ci vediamo in post-season l’anno prossimo. Allora tutta l’arroganza manifestata nella trade di DeBrincat da cosa sfocia?
L’anno scorso il buon Pierre esordì proprio con la magica frase: “The rebuild is done. Now we’re stepping into another zone”. Questo disse il GM, mentre i suoi giocatori rimanevano più cauti con le parole, e DJ Smith, confermato con un rinnovo (il che è sicuramente ottimo segnale), rimaneva sulla stessa lunghezza d’onda dei suoi atleti. Visti i playoff mancati ed il piazzamento, forse Dorion era troppo ottimista.
Ma poi, se mi fai il trade per Alex, riconfermi la tua opinione: Dorion è certo che la rebuild sia finita e che Ottawa sia pronta per il prossimo passo, ovvero staccare il biglietto per giocare qualche wildcard series. Il dubbio permane perché Pierre non ha mai costruito una contendente: era uno scout a Montreal, poi passato nello stesso ruolo ai Senators, ed è il suo primo vero rodeo come costruttore di roster. Gli va data fiducia: a suo favore rimane un anno passato non troppo fortunato sotto la voce infortuni, con il loro top scorer Drake Batherson fuori per metà stagione e la medesima sorte anche per il loro top defenseman Chabot. Aggiungiamoci un tandem goalie non solido e teoricamente migliorato con l’ennesimo rilancio di Cam Talbot (che non si disegna però come soluzione a lungo termine) ed un chiaro miglioramento fisico da parte di Tkachuk, che gioca quasi tutta la stagione, e tattico di Stutzle, che completa la transizione a centro NHL, e le carte ci sono.
Sono i risultati alla fine a parlare, però: l’Atlantic Division vede tra le militanti la recente vincitrice del Presidents’ Trophy, Florida, insieme all’eterna Tampa, ad una Boston ancora viva ed a una Toronto con il dente avvelenato e le armi per vincere tutto, a cui trovo si aggiunga una Detroit da non mettere via per forza. La concorrenza è tantissima, anche per un posto come wildcard. Si prospetta un’impresa raggiungere la post-season: Detroit ed Ottawa sono in transizione, e trovo che la squadra di Smith sia un passo avanti da quella del fresco coach Lalonde, ma attenzione, perché scalzare una forza veterana come quella dei Bruins sarà cosa non da poco.
Tkachuk, Stutzle, Batherson, Norris. Quanto margine di miglioramento rimane?
La prima voce, come sempre, è la salute: Brady Tkachuk e Tim Stutzle due anni fa saltarono metà stagione, stesso abbiamo visto fare a Batherson in quest’ultima. La mancanza di uno qualsiasi di questi giocatori toglie tantissimo, e lo stesso Chabot ha avuto problemi fisici spesso e volentieri. Il passo lo si fa se tutti sono sul ghiaccio insieme.
Se dobbiamo andare a prenderli uno ad uno, abbiamo un Brady Tkachuk i cui punti forti sono già noti e terribilmente simili a quelli del fratello fresco di trade ai Panthers: fisicità, velocità, senso del goal fuori dal comune, skating e tecnica al top. Cosa manca? Nulla, a dire il vero: la critica che gli si poteva fare era quella di non essere “abbastanza cinico”, basti pensare che nelle sue prime due stagioni si piazza statisticamente come terzo nella lega in goals expected, dietro due come Ovechkin e Tavares, ma ne converte ben 19 in meno. Sembra aver superato lo scoglio, arrivando ai classici 30 tondi che ti dividono da buon scorer a stella del goal.
Brady ha rinnovato, sta bene ad Ottawa e ha un gioco completo sotto tutti gli aspetti: non ha niente da invidiare alle migliori ali della lega, ha solo bisogno di rimanere in campo e di sviluppare intesa con i compagni.
Stutzle, come abbiamo detto, è stato spostato di nuovo nel ruolo di centro quest’ultima stagione, in un trattamento di carriera alla Sebastian Aho: in Europa fai il centro, in NHL ti facciamo fare l’ala e poi ci rendiamo conto che eri molto meglio dove giocavi prima. Come ha reso? Molto bene offensivamente, meno bene difensivamente: il motivo per cui fu spostato ad ala (ed è abitudine diffusa) era proprio una capacità difensiva meno sviluppata. È lì che il tedesco deve produrre il proverbiale “prossimo passo”, ricordando che viene attualmente schierato come centro di seconda linea dietro Norris, di cui parleremo tra poco.
Ma lasciatemi sottolineare due cose: la prima, ho visto pochissimi giocatori trattare il disco come Stutzle, e se dovesse sviluppare bene il fisico potrebbe diventare veramente un mago del possesso come pochi, avvicinando bestie vere e proprie come Kaprizov. Se infatti inizialmente Stutzle poteva ricordare un’ala frizzante come Kane e Kucherov, la sua struttura di 184 centimetri ed 89 chili potenzialmente in crescita suggeriscono un futuro molto più tendente verso un blend di raffinatezza e potenza.
Secondo, e forse ben più importante, quest’anno Stutzle dovrebbe giocare tra DeBrincat e Giroux, potenzialmente. Insomma, prima erano Formenton e Brown, e con tutto il rispetto, parliamo di due giocatori un pochino differenti. Ottawa ha fatto il passo vero nel mettersi in gioco non più con una prima e seconda linea, ma come una linea 1A ed una linea 1B, e credo che il talento della dinamo tedesca centri molto con la scelta di Dorion.
Drake Batherson è stata una lieta sorpresa, e dunque una grande conferma, purtroppo fermato dalla salute vacillante in questa ultima regular: consideriamo che in 10 partite meno, ha segnato gli stessi goal. E non ha mai giocato 60 partite in una stagione. A Drake serve solo ed esclusivamente stare in campo, ed è fatta: forse la fiducia di Dorion sta nel fatto che per ora, Ottawa non ha mai avuto una stagione con tutto il suo talento contemporaneamente su ghiaccio: non posso dare torto al buon Pierre, se tutti dovessero stare bene la Atlantic non dorme sonni tranquilli. Ma staranno tutti bene, data una storia passata condita da diversi guai fisici per molti di loro? Speriamo, soprattutto per il divertimento, di sì.
E arriviamo a Josh Norris, fresco di contratto: 8 anni, qualcosa più di 63 milioni, 23 anni di età con uno stipendio intorno agli 8M di average. La fiducia c’è sicuro, e va detto che Norris l’anno scorso ha tirato fuori una stagione ottima: difensivamente solido e sporcato a livello statistico solo dal rendimento “di squadra” che ha scombinato il plus-minus di tutti (no, non quello di Stutzle, lì dei problemi ci sono). Offensivamente, una macchina da goal forse inaspettata, ora non voglio dare a Josh del Tavares-lite, ma la meta per lui è quella. Con Tkachuk e Batherson per tutta la stagione al fianco, prevedo un incremento vertiginoso anche nel numero di assist, anche se non mi sorprenderebbe vedere Brady e Captain Claude al suo fianco proprio per sfruttare al 100% il tocco di Giroux e l’inclinazione alla rete sia dell’americano che dell’ex pick degli Sharks. Ripeto, sarà una Ottawa da linea 1A ed 1B, senza manie di protagonismo, perché l’arsenale è decisamente ampio.
Quindi, dopo aver fatto decine di componenti ai giovani rampanti di Ottawa nel parco forward, mi sento più in sintonia con Dorion: contando la problematica infortuni, il potenziale, il livello tecnico attuale e la compatibilità tra gli interpreti, la top six di Ottawa è tanta roba. Ma avere una top six da brivido non è l’unica cosa necessaria: come è messa la blue-line a disposizione di Coach Smith?
Chi ci aspettiamo possa portare quel “quid” in più nel gruppo defensemen?
La prima risposta è Thomas Chabot, ma quello dell’annata 18-19. Il ragazzo non ha più avuto quel genere di stagione, soprattutto perché sia due anni fa che l’anno scorso ha saltato almeno 20 partite. Con i 25 anni compiuti a gennaio, entra effettivamente nel periodo di prime tipico, dunque è normale attendersi il definitivo salto di qualità.
Cosa c’è da dire in suo favore? Due cose: essendo piuttosto in gamba difensivamente, è stato schierato spesso contro la top line avversaria, cosa che potrebbe limitare l’output offensivo, anche se da un giocatore d’élite ci aspettiamo possa contribuire al top in entrambe le fasi. Ma soprattutto, ha cambiato ben tre partner di pair durante la stagione, passando da Gudbranson a Zaitsev fino ad Artem Zub: ecco, DJ Smith se vuole dargli una mano dovrebbe mantenere una certa stabilità, e trovo che un D-man difensivo possa aiutare Chabot a liberarsi per aiutare nel creare occasioni da goal. Può darsi che Hamonic, veterano arrivato in trade a Marzo ed ora sicuramente più inserito nel gruppo, sia la soluzione ideale.
Un altro ragazzo che dovrebbe portare più benzina nel serbatoio è Erik Brannstrom: ahimé etichettato come il nuovo Erik Karlsson dai fan di Ottawa, trovo che le pressioni per un rendimento immediato, cosa che ad esempio Chabot non ha avuto, gli siano costate. L’ex pick dei Vegas Golden Knights, arrivato nel trade di Mark Stone, purtroppo fino ad ora non ha reso granché, tradendo tutte le aspettative. Ormai sulla soglia dei 23 anni, è vittima di un’eterna attesa, ed io, personalmente, non sono troppo ottimista: con il disco si comporta bene, certo, ma non quanto specialisti offensivi come DeAngelo o stelle vere e proprie come Fox, se vogliamo concentrarci su blueliners sottotaglia.
E la difesa è assolutamente da dimenticare. Oltretutto, ha dimostrato propensione pari a zero per il goal. Quando fu scambiato con Vegas per Stone, era stato dichiarato come sicura stella del futuro, commettendo il primo errore nel suo sviluppo. Di solito, non smetto mai di credere ai prospetti e di dare loro opportunità, ed è anche vero che tanti defenseman sono late bloomer, ma ammetto che vedo poco futuro per Erik, sicuramente non come top 4 defenseman.
Discorso molto diverso per un giocatore che invece dovrebbe debuttare proprio quest’anno: Jake Sanderson. La quinta assoluta nel 2020 chiude un’ottima (seppur non mostruosa) carriera in NCAA, e trovo che sia pronto per il palcoscenico dei grandi. Sanderson è simile, per quanto mi riguarda, a Chabot: skating di livello, fisicamente imponente, capace di produrre. Quello che coach Smith potrebbe impostare è una top 4 che vede sul lato sinistro due uomini intercambiabili con caratteristiche simili, al fianco di due righties cattivi e pronti a dare man forte per lasciar sfogare il compagno di pair.
Per quanto mi riguarda, la difesa di Ottawa deve soprattutto difendere bene: Sanderson è un upgrade istantaneo sotto questo punto di vista rispetto a Brannstrom. Oltretutto, dato che lo svedesino non ha prodotto centinaia di punti, potrebbe anche surclassarlo sotto quell’aspetto. Con Zaitsev, Hamonic e Zub ad agire come spauracchio, la libertà che entrambi potrebbero avere (finalmente scaricando un po’ di pressione dalle spalle di Chabot) è chiave per sbloccare una marcia in più.
L’evoluzione di Chabot e l’impatto di Sanderson sono gli elementi che potrebbero portare la difesa di Ottawa ad essere completa e pronta, oppure incompleta. A Brannstrom i Senators devono chiedere di fare una scelta: migliorare, in fretta, dal punto di vista difensivo, almeno per garantire un equilibrio ovunque venga schierato, oppure diventare un produttore di punti vero, e a quel punto cerchi di schermare i suoi problemi e di sfruttarne l’estro.
Alex DeBrincat e Claude Giroux: cosa portano i due recenti acquisti da trade e free agency?
Il primo porta tanti goal, a prescindere. Considerando che già Tkachuk e Batherson sono goalscorer di livello, DeBrincat sembra essere l’uomo scelto per poter avere due linee di potenza pura che possano garantire un pericolo costante sul ghiaccio: DeBrincat non si discute, è riuscito a produrre anche in una Chicago con molte difficoltà, ed il fatto che giocasse (non sempre) con Kane non risulta essere, secondo me, un asterisco da considerare per i suoi numeri, vedendo come hanno continuato le loro carriere gli ex partner del numero 88 fuori dalla Windy City.
Sinceramente, DeBrincat è stato un ottimo acquisto anche a livello di età: uno che te ne segna 41 a 25 anni in una squadra che non gira rischia veramente di fare sfaceli in un sistema funzionante. Ed è questo che sperano accada Dorion e Smith.
Il secondo porta esperienza, voglia di vincere, un tocco sopraffino e grandi capacità difensive, incluso il cerchio dei faceoff: Giroux è rinomato per essere uno degli assistman più raffinati della lega, e nonostante l’età sa ancora fare il suo. In più, in una top six molto giovane dove DeBrincat risulta il secondo più vecchio, Claude porta quella esperienza necessaria a fare da collante e da termine di paragone in determinate situazioni. Come ho detto sopra, anche se in molti lo piazzano al fianco di Stutzle e DeBrincat nella seconda linea, non mi sorprenderebbe se giocasse al fianco di Tkachuk e Norris per massimizzare l’istinto per il goal di entrambi, almeno in alcune situazioni. Insieme al tedesco e all’ex Chicago ha invece senso per coprire difensivamente qualche lacuna e soprattutto per mettere a suo agio Alex, abituato ad un’ala playmaker.
Rendiamoci conto di una cosa: la powerplay di Ottawa. Tkachuk, Norris, Batherson si schieravano insieme l’anno scorso, con Chabot come quarterback: aggiungiamo una delle opzioni one-timer più letali della lega in DeBrincat. Abbiamo un bumper eccezionale in Tkachuk che, davanti alla rete, può offrire screen, segnare di rimbalzo ed in generale creare tantissimi problemi ai goalie avversari. Di fianco a lui, Batherson e DeBrincat possono scambiarsi i ruoli, agendo come one-timer piuttosto che come supporto al playmaking, mentre Norris si può schierare dalla parte opposta, essendo un tiratore sinistro. Chabot, a suo agio come quarterback, potrebbe sfruttare un’infinità di opzioni così come tirare fuori il suo slap shot, per niente cattivo. E poi abbiamo la seconda unità: Stutzle, Giroux e un defenseman tra Brannstrom e Sanderson, a cui aggiungiamo Alex Formenton, comunque una risorsa offensiva non indifferente, e Shane Pinto, che si prospetta debuttante centro di terza linea per dare profondità alla squadra.
Pinto è un armadio con tanta tecnica, e diventerebbe uno screen veramente difficile da spostare. Giroux si offrirebbe come naturale supporto al defenseman, e potrebbe anche fare da quarterback se fosse Sanderson a partecipare, mentre Stutzle si candiderebbe come principale opzione da one-timer. Insomma, gli special teams di Ottawa fanno paura, considerando che il tedesco e l’ex Philly potrebbero scambiarsi con diversi elementi nella prima unità per creare grattacapi così come per provare soluzioni diverse.
Due anni di estensione per DJ Smith, management soddisfatto. A cosa punta Ottawa quest’anno?
È chiaro che la direzione trova la squadra pronta: vuole la post-season. Ripeto, l’Atlantic è diventata una bolgia, un cerchio dantesco, dove sono i Bruins a risultare la squadra più abbordabile per l’assalto al wildcard spot. Diventa difficile pensare ai Sens capaci di spodestare una delle tre teste di Cerbero, ovvero Florida, Tampa e Toronto, squadre profonde, complete e testate. Certo è vero che l’entusiasmo può fare miracoli, e se questo gruppo pieno di potenziale dovesse prendere fuoco, attenzione a quello che potrebbe accadere, con un sorprendente piazzamento nelle prime tre da non escludere, ma dovrebbero allinearsi gli astri e andare tutto per il verso giusto. In ogni caso, è tutta questione di crescita: Chabot, Stutzle, Tkachuk, Batherson e Norris hanno ancora una marcia da inserire. Se lo dovessero fare tutti insieme o quasi, Ottawa fa un salto di qualità enorme. Contando gli innesti di Sanderson e Pinto, i due free agent da sogno ed un tandem di goalie perlomeno più solido, le carte per fare bene ci sono. Per fare benissimo, vedremo…
Vittima delle magie di Patrick Kane, mi innamoro dell’hockey su ghiaccio e dei Chicago Blackhawks negli anni d’oro delle tre Stanley Cup. Talmente estasiato dal disco da non poter fare a meno di scriverci a riguardo.
Recentemente folgorato dai Blue Genes di Toronto, e dal diamante in generale.