C’è chi diceva che la Florida non fosse terra per l’hockey. Addirittura siti – i quali si dovrebbero occupare di sport giocato, ma che in realtà fanno tutt’altro – che affermavano che prima o poi ci sarebbe stata una tabula rasa nel prezioso Sunshine State – almeno per quanto concerne le squadre militanti nella NHL. Eppure, questi “gentili” signori, si sbagliavano.
Lo dimostrano i due titoli in back-to-back dai quali sono reduci i Tampa Bay Lightning – città che sta vivendo un periodo d’oro a livello sportivo – e lo dimostra la stagione che sta avendo una squadra la quale pareva dimenticata da tutti. Sto parlando, ovviamente, dei Florida Panthers.
Squadra che nei suoi 28 anni di storia ha avuto un solo grosso sussulto, cioè le Stanley Cup Finals raggiunte a sorpresa nel 1996 e perse malamente contro i Colorado Avalanche. Però, nonostante la sconfitta, per l’allora proprietario e fondatore Wayne Huizenga (sì proprio quello dell’ormai defunta Blockbuster Video) fu un successo enorme. Un successo che annichilì ogni residuo scetticismo sul fatto che la soleggiata Miami dovesse e potesse avere una franchigia di hockey, uno sport tipicamente invernale e poco consono al clima perennemente vacanziero della città.
Da lì in poi, però, i Panthers hanno raggiunto la post-season solo in altre 6 occasioni, con un massimo di 10 stagioni consecutive senza assaggiare i playoff, visti a malapena due volte in 18 campionati. Insomma, un vero e proprio disastro per una franchigia che era partita con i migliori presupposti, ma che, come successe per i Marlins nel baseball, ha perso immediatamente la rotta.
Una rotta che, invece, sembrano aver ritrovato da due anni a questa parte. Difatti, Florida ha prima conquistato il qualifying round per accedere ai playoff 2020 per poi effettivamente raggiungerli la stagione dopo, dove è stata sconfitta al primo turno dai futuri campioni dei Tampa Bay Lightning. Poco importa dei risultati, qualcosa si è sbloccato ed ora la squadra pare aver acquisito abbastanza fiducia per potersi lanciare verso traguardi ancora maggiori.
Il primo sarebbe quello di conquistare un titolo di division che manca dal 2016 e per il momento le cose si stanno mettendo alquanto bene. Infatti, i Panthers – al momento in cui scrivo – si trovano in testa all’Atlantic Division con gli stessi punti (38) dei Lightning (che hanno una partita in più) e dei Toronto Maple Leafs (che hanno giocato tre gare in più).
Tra l’altro gran parte del record è merito di un fortino chiamato FLA Live Arena, nel quale Florida ha raccolto ben 14 vittorie in 15 partite. Un record che sta fruttando la miglior partenza di sempre nella storia della franchigia e il personal best di 47 W (realizzato sempre nel 2016) potrebbe tranquillamente essere alla portata, così come lo è il Presidents’ Trophy, mai vinto nella quasi trentennale storia. In poche parole, ci sono tutti i presupposti per una stagione da ricordare.
L’unico appunto negativo, finora, è stato rappresentato dall’esperto coach Joel Quenneville, che lo scorso 28 ottobre ha dovuto rassegnare le dimissioni per uno scandalo sessuale scoppiato recentemente, ma che riguarda la stagione 2010, quando era ancora sulla panchina dei Chicago Blackhawks, con cui, tra l’altro, ha vinto la bellezza di tre Stanley Cup.
Una perdita importante quella del sessantatreenne allenatore che è stato il grande motivo della rinascita dei Panthers nelle ultime stagioni, ma i risultati non ne hanno risentito più di tanto. Solo una breve flessione tra l’8 e il 13 novembre in cui hanno raccolto appena due punti in quattro gare, ma per il resto, gli uomini ora guidati dall’ex assistant coach Andrew Brunette, stanno decisamente volando.
Un volo ad alta quota dovuto ad un doppio motore potentissimo. Il primo si chiama attacco e Florida può vantarne uno veramente forte, tanto da essere la seconda squadra a realizzare più gol a partita (3.80) dietro ai Colorado Avalanche.
La fase offensiva è coordinata dal centro finlandese Aleksander Barkov, il quale, problemi fisici a parte, sta avendo una stagione spettacolare, caratterizzata da 10 gol e 8 assist per un totale di 18 punti in 16 partite giocate. Al suo fianco, nella line-up, troviamo il left wing Anthony Duclair che sta trovando anche lui difficoltà a livello fisico, ma che nelle prime 19 partite della sua stagione ha collezionato 9 reti e 8 assist.
La sua assenza, però, non si è fatta sentire in queste ultime due settimane, visto che il suo pariruolo Jonathan Huberdeau sta giocando divinamente. L’ala ventottenne ha, infatti, realizzato 9 gol conditi da ben 21 assist che lo rendono il leader della squadra per quanto riguarda i punti.
Ma la lista non si ferma qui e il successo di Florida è anche dovuto all’ampiezza e completezza del suo roster. La profondità maggiore la possono vantare nel ruolo di center in cui, oltre al già citato Barkov, sono presenti gli ottimi Sam Bennett, Carter Verhaeghe, Eetu Luostarinen, Anton Lundell, Maxim Mamin e l’ultra-veterano Joe Thornton. Tutti giocatori che stanno contribuendo alla grande alla causa.
Il secondo motore che sta dando lustro alla stagione dei Panthers è sicuramente la difesa. Un po’ in calo, a dire la verità, nelle ultime partite, ma che fino alla fine di novembre stava mettendo prestazioni davvero eccellenti. E’ guidata dal goalie russo Sergei Bobrovsky, il quale non ha ancora fatto registrare uno shutout quest’anno, ma che sta tenendo una media di 2.41 gol concessi a partita con una percentuale di parate del 92%. Bene, ma non benissimo anche il suo vice, Spencer Knight, che si tiene a malapena sotto le 3 reti subite a presenza con il 90.4% di parate.
Ma la presenza difensiva più ingombrante ed importante la stanno avendo, per l’appunto, i defenseman. Per primo il ceco Radko Gudas che si trova secondo nella lega per hit (107). Poi MacKenzie Weegar, il quale si sta specializzando nel fornire puck preziosi ai compagni, come dimostrano i suoi 15 assist e il +19 di plus/minus, dato tra i migliori in circolazione.
Manca qualcosa? Ah sì, uno scorer e per questo c’è Aaron Ekblad che ha messo a segno 8 reti in 25 partite, secondo miglior marcatore (insieme a Roman Josi dei Predators) tra i difensori, dietro solo a Cale Makar degli Avalanche.
E se dimentico qualcuno non me ne voglia, ma in questi Panthers stanno veramente contribuendo tutti e lavorando sodo per arrivare all’obiettivo finale, provando, nel frattempo, a ridare gioie ai (non sempre) calorosissimi tifosi di Miami, i quali si stancano abbastanza presto quando le cose vanno male, ma che quando girano bene sanno darti parecchio affetto.
Tifosi che sono a corto di emozioni da un po’ troppi anni, ma che sperano di ritornare sulla cresta dell’onda e chissà che non sarà proprio grazie ai Panthers.
Personal trainer e grande appassionato di sport americani. Talmente tanto che ho deciso di scrivere a riguardo.
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