In questo articolo, andremo ad analizzare tre giocatori nel roster di New Jersey. In particolare, nostro obiettivo sarà selezionare:
- Un giocatore che dovrà confermarsi, dopo un’ottima stagione l’anno scorso
- Un giocatore che dovrà riaffermarsi, dopo una delusione
- Un giocatore che dovrà sorprendere, tradendo, positivamente, le aspettative
LA CONFERMA: YEGOR SHARANGOVICH
Sicuramente, Yegor è stata la sorpresa dell’anno scorso per Jersey. Da Jack Hughes ci si aspettava uno step-up che, in parte, è arrivato. Pavel Zacha ha sì sorpreso, ma più che altro sembra finalmente sulla strada giusta per esprimere tutte le sue potenzialità.
Sharangovich è apparso dal nulla: centoquarantunesima scelta nel 2018. L’ho scritto per esteso in modo da far intendere quanto in fondo sia stato preso il ragazzo.
Ci sono first rounder che la NHL manco la vedono, mentre Yegor, nella sua rookie season, in una Jersey non troppo virtuosa offensivamente, registra 30 punti in 54 partite con ben 16 goal, di cui 13 ad even strength.
Ci sono, ovviamente, alcune cose da migliorare, ad esempio il rendimento difensivo ed il timing nel tornare nella propria zona quando serve, dato che la velocità c’è per farlo.
Ma il confermarsi è sul lato offensivo, dove Sharangovich si candida come principale goal-scorer sulla prima linea.
Altre buone cose da sottolineare sono la shooting percentage del 14% e le poche penalità, anche se queste possono essere in realtà sintomo di un’aggressività da migliorare sul lato fisico.
Come sempre, ci tocca fare le proporzioni: 30 in 54 sono 0.56 punti a partita, che per 82 partite classiche si traducono in una stagione da 46 punti. I goal sono 0.3 a partita, circa 25 su una regular fatta per intero.
Se Yegor riuscisse a rompere la barriera dei 20 goal e a girare intorno ai 45/50 punti, si confermerebbe risorsa offensiva importante. Aggiungendo poi un po’ di fisicità al suo gioco, dato che la mole c’è, e maggior attenzione difensiva, magari con un poco di motore in più quando serve faticare per tornare a coprire, allora i Devils avrebbero un’ala two-way completa ed efficace in tutte le situazioni di gioco.
IL RITORNO: TOMAS TATAR
Parlando di ali, Tatar arriva da free agent dopo tre annate di Montreal che lo hanno visto protagonista, soprattutto nelle prime due stagioni. Tatar è un giocatore, a parere mio, strano: ha tutte le qualità di un top, ma forse non ha il giusto carattere, e ti dà sempre quella sensazione di essere incompleto per confermarsi ai primi posti nel suo ruolo.
Il suo dev’essere però visto come un ritorno, perché nei primi due anni a Montreal l’ala slovacca ha fatto faville, giocando il suo miglior hockey. E poi l’anno passato, nel momento migliore per confermarsi definitivamente, con gli Habs arrivati alla Coppa, una stagione sottotono.
30 punti in 50 partite me li fa un buon giocatore, un giovane in rampa di lancio, come Sharangovich appunto. Ma Tatar era ormai visto come una stella offensiva, anzi, probabilmente come il principale produttore di punti del roster dei Canadiens.
Contare che nelle due stagioni precedenti, Tomas ha fatto prima 58 punti in 80 partite e poi 61 in 68, la miglior stagione della sua carriera. Cosa è cambiato?
Senza dubbio, il coach: Tatar probabilmente sposava bene le idee di Claude Julien che, per problemi di salute e rendimento, ha dovuto lasciare la posizione di head coach ad uno dei suoi assistenti, Ducharne.
Il cambiamento non ha fatto bene a Tatar: molto più spazio ai giovani e soprattutto ai due nuovi acquisti, Josh Anderson e Tyler Toffoli, che lo rimpiazzeranno completamente nel ruolo di terminale offensivo per eccellenza in casacca biancorossa.
Allora la decisione: cambiare casa, piazzarsi di nuovo in una situazione non troppo dissimile a quei Canadiens in fase di rebuild che appunto lo accolsero dopo una esperienza dolceamara nei deserti del Nevada.
Tatar si ritroverà con tutta probabilità in seconda linea, in compagnia di Hischier, che senza infortuni a dar fastidio è un centro di ottimo livello, ed ancora il migliore disponibile in casa Devils nonostante la crescita di Hughes, e Bratt, che rimane playmaker ottimo dalla fascia nonostante un’esplosione mai avvenuta completamente.
Tomas deve tornare a segnare almeno 20 goal, e pretendiamo 50-60 punti. Sta per compiere 30 anni, è in pieno prime atletico e non ha avuto guai fisici: è tutta questione di ruolo e di testa. Non è mai riuscito ad affermarsi al 100%, ma ha un’altra occasione per essere protagonista, in una squadra fresca, giovane e con voglia di fare bene.
LA SORPRESA: JANNE KUOKKANEN
Trovare una sorpresa non è stato facile: l’anno scorso ce ne sono state molte, una già citata nell’ala bielorussa, altre come Ty Smith ed un Pavel Zacha decisamente più efficace. Giocatore che sicuramente intriga è Janne Kuokkanen: il finlandese fa ottime cose in AHL per i Checkers, affiliata degli Hurricanes, ma si ritrova chiuso dall’immenso talento forward della franchigia della Carolina. Sami Vatanen nel frattempo non soddisfa, e l’accordo è fatto: il giovane Kuokkanen arriva in quel di Newark, mentre il veterano Vatanen rinfoltisce la spina dorsale difensiva dei Canes.
Kuokkanen si comporta bene alla fine della regular season, facendo dei punti ed in generale trovandosi bene con i compagni. Questa secondo me è un’indicazione buona per quest’anno: ha avuto tempo per conoscere i compagni, il coach, la città. Per integrarsi nella maniera migliore.
Ora si ritrova ad essere il principale candidato di una linea verdissima, insieme a Hughes e Sharangovich, che sa tanto di “o la va, o la spacca”. Un rischio forse non troppo calcolato, ma sicuramente entusiasmante.
E dunque il tutto si riassume in come la linea renderà: se dovesse fare bene, Kuokkanen avrebbe molto spazio insieme a due giocatori che, offensivamente, hanno tutti gli attrezzi sia per segnare che per mettere assist.
In AHL Janne era un top player: tanta produzione sia nell’assistere che nel metterla in fondo al sacco. Tradurre il rendimento dall’AHL alla NHL è sempre difficile, perché la qualità difensiva aumenta di molto. Ma lo abbiamo visto fare a tanti, e questo ragazzo è maturo: è il momento.
Se riuscisse a portare a termine una stagione da 35/40 punti, con almeno 15 goal, mi riterrei soddisfatto.
QUALCHE PAROLA SU NEW JERSEY:
Che dire, i Devils per anni sono stati la classica squadra da “limbo sportivo”: fermi in una rebuild costante, ogni volta che sembra essere arrivato il passo definitivo in realtà ne fanno due indietro.
Prima ci fu il trade Larsson-Hall, ma le cose non funzionarono subito: mancava qualità intorno all’ex Edmonton.
Poi arriva il first overall pick nel 2017, con cui viene preso Hischier. Lì le cose iniziano ad andare bene: postseason centrata dopo anni, Taylor Hall MVP e stella indiscussa della squadra.
L’anno dopo, gli infortuni azzoppano letteralmente le speranze Devils, ed un Hall sempre più impaziente alla fine viene ceduto via trade, per un nonnulla, che rimane sempre meglio dello zero assoluto.
Per queste scelte, il GM Shero viene cacciato, e si ricomincia. Ecco però: un altro first overall pick, questa volta per un talento da tutti etichettato come generazionale. Arriva il giovane centro americano Jack Hughes, l’entusiasmo è alle stelle. Oltretutto, si accasa a Newark anche PK Subban, veterano e stella prima a Montreal e poi a Nashville.
Il risultato è un Hughes che fatica molto nella sua rookie season, ed un Subban spento a dir poco. Coach Hynes se ne va, al suo posto l’esperienza di Lindy Ruff.
E dunque eccoci qui: l’anno scorso una stagione che dà qualche speranza. Hughes si assesta, anche se non esplode, Hischier smaltisce l’infortunio, Zacha si sveglia, Ty Smith e Sharangovich regalano sorprese. Poi, in free agency, ottimi acquisti: Dougie Hamilton e Ryan Graves sono due elementi di qualità, il primo una stella ancora in prime, il secondo uno specialista difensivo. Tomas Tatar rinfoltisce un parco forward alleggerito dalle dipartite di Zajac e Palmieri, che certificano un totale reset.
L’entusiasmo c’è, assolutamente.
E quindi cosa prevedere per i Devils? Molto difficile: la loro discontinuità a livello dirigenziale e di roster è un elemento che rende arduo poter dire qualcosa di remotamente esatto.
Ruff ha dato un’identità alla squadra, e i giovani iniziano a fruttare. Potrebbe essere la strada giusta, anche se Hamilton a questo punto del percorso l’ho capito poco.
Serve un Jack Hughes finalmente stella, serve continuità da parte del nucleo giovane, e soprattutto serve il giusto atteggiamento e rendimento dei veterani, da Severson a Subban in difesa fino a Tatar in avanti.
E serve un Nico Hischier al meglio. Pur non avendolo messo come ritorno, dato che fino ad ora ha avuto una carriera abbastanza sfortunata, lo svizzero ha tantissima qualità e personalità, e soprattutto sa essere efficace in entrambe le fasi. L’esplosione definitiva dei due giovani centri Devils è la chiave di volta per cambiare il destino di una franchigia ferma, per troppo tempo, nello stesso posto.
Vittima delle magie di Patrick Kane, mi innamoro dell’hockey su ghiaccio e dei Chicago Blackhawks negli anni d’oro delle tre Stanley Cup. Talmente estasiato dal disco da non poter fare a meno di scriverci a riguardo.
Recentemente folgorato dai Blue Genes di Toronto, e dal diamante in generale.