In questo articolo, andremo ad analizzare tre giocatori nel roster di Arizona. In particolare, nostro obiettivo sarà selezionare:
- Un giocatore che dovrà confermarsi, dopo un’ottima stagione l’anno scorso
- Un giocatore che dovrà riaffermarsi, dopo una delusione
- Un giocatore che dovrà sorprendere, tradendo, positivamente, le aspettative
LA CONFERMA: JAKOB CHYCHRUN
La scorsa stagione Chychrun ha avuto il suo breakout: numeri ottimi, leadership e spazio, e soprattutto nessun brutto infortunio. Jakob ha sempre avuto gli “attrezzi del mestiere”, ma la salute/solidità fisica spesso lo ha abbandonato, lasciando attendere molto prima di quello che, finalmente, abbiamo visto la stagione passata.
Come sempre però, quando si fanno ottime cose in una stagione è perentorio ripetersi, almeno sullo stesso livello, l’anno dopo. Altrimenti, tutti se ne dimenticano, e lo fanno a buona ragione.
Miglior scorer tra i defenseman e secondo migliore tra tutti i giocatori di movimento con i Coyotes, Chychrun chiude con 41 punti in 56 gare, di cui 18 sono goal (ben 13 in even strength). Il plus/minus non grida però “successo”, visto il -6 stampato nero su bianco nonostante l’ottima produzione offensiva. Qui serve migliorare, anche perché di fisicità e reach ce n’è da vendere per questo ragazzo.
Buon numero di blocchi, hit scarse (poco più di 50, nella sua stagione di debutto ne fece 109, da defenseman più, appunto, difensivo).
La costante da sottrarre quest’anno è una: OEL. Oliver Ekman-Larsson. Insomma, il miglior D che Arizona ha avuto da dieci anni a questa parte. Jakob si candida a sostituirlo, mentre prima lo completava soltanto.
Con Larsson reduce da una stagione non brillante, Arizona, per non rischiare di perderlo gratis, ha deciso di accettare l’offerta di trade dei Canucks. Perdono un leader ed un giocatore che, quando in forma, poteva tranquillamente candidarsi al Norris, spesso stoppato più dalla scarsa qualità di una delle franchigie “maledette” della NHL e non dalle sue capacità personali.
Arizona ora sta tentando di risalire, grazie ad un progetto comunque in possesso di una buona, e spesso rara, stabilità. Jakob ha ricevuto moltissima fiducia: Oliver se ne va perché ci sei tu, questo è il messaggio da stamparsi in testa.
Serve quindi un ritorno al top in difesa, e mantenersi a questi livelli in attacco: se così fosse, iscrivete Jakob alla shortlist per il Norris a fine anno.
Più di 15 goal ed almeno 25 assist per mantenersi “in regola”, più hit, direi almeno 70, i blocchi possono mantenersi tali. Plus/minus positivo, per forza. Una stagione da leader.
IL RITORNO: PHIL KESSEL
Ok, nessuno è immortale. Nemmeno quello che per me è sempre stato il “camionista su ghiaccio”, Phil Kessel. Mettetegli un cappellino da baseball ed una birra in mano, e ditemi che non sembra pronto a cavalcare le lunghe traverse americane con il suo rimorchio.
Ma sparate dell’autore a parte, Kessel rimane un giocatore leggendario, un possibile Hall of Famer, che ad Arizona si è accasato per un ultimo tentativo di brillare in una carriera di successi.
Un goal-scorer letale con un’ottima vena da playmaker che lo rende una presenza offensiva completa e da paura, Phil compirà 34 anni il mese prossimo: possiamo dire che sia uscito definitivamente dal famoso prime atletico che tanto piace agli states.
Anche Brady ne è uscito da una decina d’anni. Per LeBron, sono passati ormai 7/8 anni dal suo. Quindi più vecchio non sempre significa meno bravo, efficace, sorprendente.
Ma per Phil, il trend sembra questo: combina anche il fatto di infilarsi in un roster giovane, un po’ incompleto e sicuramente meno carico di quella Pittsburgh da 3 Stanley, ed ecco che le statistiche si sgonfiano un pochetto. D’altra parte, non giochi più con Crosby, Malkin e Letang.
Non fraintendete le mie ultime parole: non sto dicendo che la produzione di Phil fosse figlia solo delle prodezze dei compagni. Quando però si ha un gruppo di giocatori di grande talento, è normale che tutti ne traggano benefici. Ad Arizona, la situazione è ben diversa: ci sono tanti giocatori promettenti, ma finisce lì. Altri fenomeni “alla Kessel” non ce ne sono, almeno finchè Keller ed il sopra menzionato Chychrun non faranno quel definitivo passo in avanti.
Ma Phil deve provarci a tornare a quella produzione roboante a cui era abituato, anche solo per sfizio personale.
L’anno scorso sono 43 punti in 56 partite, con 20 goal tondi tondi. Ma un plus/minus orripilante di -17.
Phil è riuscito a fare 30 o più goal per 6 stagioni in carriera. Un 25+ lo pretenderemo o no da lui? Ed almeno 60 punti, quindi questo vuol dire un numero che si aggiri intorno ai 40 assist.
Oltretutto, la difesa a -17 è intollerabile: certo Kessel non è conosciuto per essere un giocatore two-way ed un mostro difensivo, ma insomma. Sei sempre e comunque un (ex) superstar che vuole tornare a dire la sua, quindi quel numero va cancellato.
60 punti almeno, con 27/28 goal ed i restanti assist, ed un plus/minus non negativo sono le richieste per essere di nuovo acclamato come papabile Hall of Famer in chiusura di carriera.
LA SORPRESA: BARRETT HAYTON
Fifth Overall. Quinta scelta assoluta.
Questo è ciò che dobbiamo analizzare quanto parliamo di Hayton: centro scelto con la quinta nel Draft 2018.
La regola nei draft, di qualsiasi sport sinceramente, è che i giocatori in top 10 dovrebbero essere colonne portanti del futuro della franchigia. Quelle in top 5, ulteriormente, dovrebbero essere delle vere e proprie stelle. Ed è per questo che sottolineiamo quelle parole, all’inizio: quinto assoluto. Barrett Hayton deve avere un ruolo importante nel futuro dei Coyotes.
Pur non avendo ancora giocato almeno 25 partite in una singola stagione, Barrett non si qualifica più come rookie avendo totalizzato 34 partite in due anni in casacca Coyotes. In ogni caso, è palese che Hayton non abbia avuto poi così tanta esperienza in NHL. Va anche detto però che alcuni tifosi ed esperti lo stanno già etichettando come un potenziale “Dylan Strome 2.0”, ovvero un talento teoricamente da franchigia che si rivela essere discontinuo e non quello che tutti si aspettavano fosse.
Vero, 11 minuti di average sono pochissimi per un giovane che deve mettersi in luce. Ma 4 punti in 20 partite? Per un top 5 pick?
Ora dobbiamo essere rigidi e chiari: serve spazio, Hayton deve giocare perlomeno come centro di seconda linea, similmente a come Chicago ha dato spazio a Dach, o Vancouver a Pettersson. Ha bisogno di tempo per dimostrare il suo valore. Solo con un campione esteso di partite, continuità ed un ruolo adatto al suo profilo potremo davvero capire chi sia, e cosa possa diventare, Barrett Hayton.
Sarà possibile tutto questo? Io credo di sì, e se Hayton elevasse il suo gioco, la first line con al fianco due macchine da punti come Keller e Kessel non è da escludere.
Hayton avrà sorpreso se dovesse riuscire a chiudere con almeno 40/50 punti e più di 10 goal, comportandosi bene in difesa sfruttando la sua mole. Servono più minuti, talento migliore attorno, opportunità in power play. Solo così scopriremo se Barrett possa davvero tradursi in un centro da top 6 per la franchigia che lo ha scelto.
QUALCHE PAROLA SU ARIZONA:
Arizona è sempre una di quelle squadre di cui non si sa cosa dire: sembra sempre fare un passo in avanti, e due indietro.
Chychrun l’anno scorso fa grandi cose, vero. Ma non arriva la post-season, battuti nelle ultime gare di regular dai Blues. OEL se ne va in trade, il tandem di goalie tanto amato Kuemper-Raanta viene polverizzato. Garland, altro elemento di spicco delle ultime due, finisce pure lui a Vancouver.
Una rebuild a metà, che vede un Kessel ingrigito sullo sfondo, e tante giovani promesse sempre però sul “chi va là”.
Serve una direzione: l’allenatore ha un’identità ed un’idea, lasciamolo lavorare. Ma dategli dei punti fermi: siate chiari.
Kessel a questo punto serve per portare qualcuno in più al palazzetto, ma è parcheggiato. Ha ancora valore? Datelo via.
I Coyotes, è chiaro, devono essere una squadra di giovani, perché da altre strade non si può scappare: Keller, Chychrun, Hayton. Dylan Guenther, il pick del 2021. Questi sono i punti da cui continuare a costruire.
Vittima delle magie di Patrick Kane, mi innamoro dell’hockey su ghiaccio e dei Chicago Blackhawks negli anni d’oro delle tre Stanley Cup. Talmente estasiato dal disco da non poter fare a meno di scriverci a riguardo.
Recentemente folgorato dai Blue Genes di Toronto, e dal diamante in generale.