In questo articolo, andremo ad analizzare tre giocatori nel roster di Nashville. In particolare, nostro obiettivo sarà selezionare:
- Un giocatore che dovrà confermarsi, dopo un’ottima stagione l’anno scorso
- Un giocatore che dovrà riaffermarsi, dopo una delusione
- Un giocatore che dovrà sorprendere, tradendo, positivamente, le aspettative
LA CONFERMA: EELI TOLVANEN
Per una volta, parliamo con franca, pura, onestà. Nashville, quella che ha raggiunto le Finals, era sostenuta al 100% da un core difensivo roccioso e di talento, ed un portiere in spolverissimo.
I forward facevano da importante contorno, e più che altro era una linea a far da padrone: Forsberg-Johansen-Arvidsson.
Del primo non ne parleremo, perché abbiamo capito che è bravo e costante, e che forse da un’altra parte avrebbe aggiunto un po’ di “padding” ai suoi numeri.
Del secondo parliamo dopo.
Del terzo, beh, lui è a Los Angeles ora, a prendere il sole. Non è più affare Predators.
A Nashville è sempre mancato un secondary scorer affidabile, ed Eeli Tolvanen poteva rispondere alla chiamata. Parzialmente, lo ha fatto l’anno scorso: 22 punti, di cui 11 goal, in 40 partite. Rapportatelo ad 82, in modo anche poco preciso: 44 punti, di cui 22 goal. 22 goal sono tanti se giochi in seconda linea.
Tolvanen non ha fatto qualcosa di celestiale: -10 di plus/minus fa male, soprattutto in una squadra conosciuta per la sua difesa. Ma ha anche tenuto una percentuale al tiro del 16.9%. Alta, soprattutto per come i Preds hanno faticato ad inizio stagione, arrivando sull’orlo del “wholesale”, come dicono in America.
Il punto è che ora si libera uno spot di pregio in first line. Con Filip e Ryan, in cerca di gloria ormai, soprattutto per uno, un po’ dimenticata. E quindi il giovane finnico, che tanto bene ha fatto sia in KHL con il Jokerit sia in AHL con gli Admirals, si deve confermare, su un aspetto. Quello che conta.
Tolvanen deve segnare: arrivare almeno ai 20 goal, e girare intorno ai 45 punti. Magari anche 50, se gli verrà dato spazio sia in first line che in power play, cosa decisamente probabile.
Chissà che la sua presenza non revitalizzi una first line a tratti letale in passato.
IL RITORNO: RYAN JOHANSEN
Johansen è un giocatore particolare: lo ammetto, non mi ha mai fatto impazzire. Ma ha certe qualità: fisicamente importante, difensivamente attento e capace, tatticamente furbo. E la tecnica c’è tutta.
È un centro da prima linea? Per alcuni anni, lo è stato, tanto per Nashville quanto per la sua vecchia casa, Columbus. Le sue migliori stagioni le ha avute proprio in rosso, bianco e blu: nel 2013-14 arrivano 33 goal e 63 punti, in quella successiva i punti crescono a 71 anche se i goal, un tantino, diminuiscono.
Al solito si parla di Columbus, e nell’Hockey questo, ahimè, spesso significa: “Trovati un altro posto, altrimenti non se ne fa nulla”.
A Nashville, Johansen trova una mentalità iper-difensiva, quella di Laviolette, ed anche una linea che lo invita ad essere principalmente playmaker: non segna più di 15 goal proprio da quel 2014-15 che fu l’ultima stagione portata a termine con la maglia dei Jackets.
Io ovviamente non posso pretendere di snaturarlo: non voglio chiedergli di tornare ad essere un goalscorer di prima categoria.
Ma 22 punti in 48 partite come centro di prima linea, in mezzo comunque a gente come Forsberg ed Arvidsson, con Josi a dar man forte da dietro ed in power play? Non ci sono giustificazioni che tengano.
Altra cosa che non fa dal 2015: superare le 100 hit in una stagione. Johansen è fisico, e Nashville gioca duro, fa sentire i check quando vanno chiusi. Ryan non li chiude più come una volta, e questo toglie una fetta fondamentale del suo gioco, per quanto mi riguarda.
Deve risollevarsi, altrimenti finirà ad essere etichettato come un incompiuto, cosa che al momento effettivamente è, senza troppi giri di parole.
Nashville è in un periodo particolare, un periodo un po’ grigio: non si capisce dove si possa andare a parare con il roster. Ma se Johansen ritrovasse sé stesso, perlomeno nella creatività e nella fisicità, le sue doti principe, allora ecco che una scintilla si accende.
A Nashville supera i 35 assist per tre anni di fila. Vogliamo almeno questo. Servono anche tante hit, qualche blocco in più, ed almeno 10 goal. Non chiediamo troppo: sarebbe snaturare l’identità di una squadra che non ha mai avuto bisogno di gente da 100 punti in regular. 50 punti, magari 55, tanti assist e goal in doppia cifra. Costanza nei face-off, elemento positivo anche nell’ultima stagione. E fisicità, come non mai. Con grinta, passione, voglia di riscatto.
Perché se c’è un giocatore che ha bisogno di riscatto, quello è Ryan Johansen.
LA SORPRESA: PHILIP TOMASINO
Scelta rischiosa da parte mia, lo so: puntare su un rookie in modo così diretto, senza neppure sapere se accederà al roster, potrebbe essere un azzardo troppo grosso.
Ma sinceramente, non vedo chi possa sorprendere oltre a lui: Grimaldi più di così non farà, e Trenin, nonostante qualche buon gesto, non lo considero un giocatore da “breakout”.
Tomasino ha tante qualità: per prima cosa, l’anno scorso ha viaggiato a più di un punto per partita in AHL, non cosa da poco, facendolo a 18 anni di età.
In OHL dominava sulla concorrenza, con goal e punti a profusione. È un giocatore forte tecnicamente, non si può negare.
Ha il fisico giusto per non fare fatica. Nasce centro, e sulla carta ancora lo è, nonostante lo si dia come ala nei piani di Nashville. Io credo che sarà entrambe le cose: proprio come i compagni di squadra Duchene e Granlund, coach Hynes lo distribuirà dove più serve, o dove più fa male all’avversario, durante la partita. Credo non si smarrirà.
Insomma, lungi da me volergliela in qualche modo “tirare”, se mi passate il gergo da circolino durante il posticipo del lunedì, ma penso possa avere un impatto.
Cosa chiedere ad un rookie che potrebbe vedersi alternato tra seconda e terza linea, ed impiegato nella power play, perlomeno in una seconda unità? E tutto tenendo conto che gioca a Nashville, abituata al grit and grind e quindi spesso non ambiente favorevole al lievitare delle statistiche?
Più di 10 goal, e più di 30 punti. Costruire da qui.
Non mi esprimo su quanto sarà fisico, quanto si sacrificherà in difesa, quanto sarà bravo negli aspetti più specifici del gioco. Semplicemente perché non l’ho studiato, ho solo visto spezzoni di alcune sue partite, e letto in giro le buone cose che dicono su di lui.
Ma 10 in rete e 30+ in produzione generale sono una base su cui poggiare la crescita di un prospetto che trovo possa avere un brillante futuro. Speriamo di non avergli troncato la carriera.
QUALCHE PAROLA SU NASHVILLE
Come detto prima, Nashville si trova in una zona grigia. L’anno scorso, si arrivò alla trade deadline con voci e rumor sprizzanti da tutti i pori riguardo ad un completo restyling: via Forsberg, via Ekholm, si ricomincia.
Poi, in realtà, non è successo nulla. Nashville si è ripresa, è arrivata ai play-off e ha tenuto banco contro Carolina. Comunque, è uscita al primo round, mostrando tutti i suoi punti deboli.
Manca una stella, Josi non può fare tutto da solo. Mancano i forward, non è un caso se non abbia parlato di goalie o defensemen in questo articolo. Serve comportamento positivo da parte di centri ed ali, first line su tutti.
Anche se continuo a credere che i Preds siano una bomba ad orologeria, e che prima o poi nulla fermerà il front office dal ricominciare, cedendo i pezzi pregiati ancora detentori di un minimo valore. Il trade di Ryan Ellis potrebbe essere stato un non poi così silenzioso inizio.
Insomma, il grigio non fa mai bene. È rassicurante sapere di essere una top quanto lo è sapere di essere una bottom-feeder. Trovarsi in quel limbo di mezzo, insicuri rispetto al presente e al futuro, porta sempre tanti dubbi e patate bollenti da gestire.
La prima parte di stagione, ancora una volta, ci dirà tanto: un cambio di atteggiamento ed un output forte da parte dei veterani del team credo sarà d’obbligo per credere in una rinnovata corsa alla post-season. Perché l’ennesimo recupero in extremis, per poi cadere al primo round, saprebbe troppo di minestra riscaldata: andando incontro a questo, credo non ci sarebbe esitazione a tirare il grilletto.
Vittima delle magie di Patrick Kane, mi innamoro dell’hockey su ghiaccio e dei Chicago Blackhawks negli anni d’oro delle tre Stanley Cup. Talmente estasiato dal disco da non poter fare a meno di scriverci a riguardo.
Recentemente folgorato dai Blue Genes di Toronto, e dal diamante in generale.