In questo articolo, andremo ad analizzare tre giocatori nel roster di Dallas. In particolare, nostro obiettivo sarà selezionare:
- Un giocatore che dovrà confermarsi, dopo un’ottima stagione l’anno scorso
- Un giocatore che dovrà riaffermarsi, dopo una delusione
- Un giocatore che dovrà sorprendere, tradendo, positivamente, le aspettative
LA CONFERMA: JASON ROBERTSON
Viene naturale eleggere Robertson come giocatore da confermare: Dallas, reduce da una Stanley Cup persa 4-2 in finale, porta in roster un rookie in top 6, anche per ovviare alla mancanza del centro di prima linea, e fonte costante di goal, Tyler Seguin. J-Rob non tradisce, ma Dallas non decolla: se il giovane finisce a ritrovarsi secondo nelle finali per il Calder Trophy, gli Stars si ritrovano a godersi una vacanza anticipata, perché non si qualificano neppure alla post-season.
I 45 punti in 51 partite raccontano di un giocatore che in prima linea non sfigura: 17 di quei punti sono goal. Non tutti i rookie, indipendentemente dalla squadra in cui giocano, finiscono per prendersi 16 minuti a gara di average su ghiaccio. Robertson oltretutto arrivava in un parco forward che, seppur privo di Seguin, poco ha da invidiare a molte franchigie, ed è costituito da un mix di veterani ancora in gamba, da Benn a Pavelski, e da giovani ormai maturi, come Roope Hintz e Denis Gurianov. Sottolineare poi di come 16 di quei 17 goal siano arrivati ad even strength: Robertson sa creare spazio per il suo tiro, sa trovare il giusto posizionamento per affondare il colpo. Insomma, sa segnare in tutti i modi già a 22 anni di età.
Personalmente, me lo aspetto di nuovo sulla stessa linea: Hintz-Pavelski come compagni, per avere tanta velocità e tecnica sui lati, ed un centro esperto offensivamente e difensivamente, che potrà segnare e distribuire senza troppa fatica.
Ma dovrà riconfermarsi come una giovane stella, senza rischiare uno slump come è accaduto in passato ad altri giovani goleador, come ad esempio Keller e Boeser.
Robertson è l’ennesimo tassello di una squadra che è a pochi passi da una rebuild, ma che già ha costruito uno scheletro forte per il futuro. Ora c’è solo da affondare il colpo per cercare di arrivare in fondo, consci che la concorrenza è tanta e spietata.
Ma se un giocatore giovane ha già i mezzi per contribuire a grandi traguardi ben venga: Robertson l’anno scorso gioca 51 partite, con una media di 0.88 punti per partita. Tradotto: 72 punti in una regular intera. Non vogliamo essere troppo pretenziosi: 60 bastano ed avanzano. Infrangendo magari la barriera dei 20 goal, e mantenendo l’atteggiamento difensivo decisamente buono visto nella sua rookie season, il ragazzo deve continuare un percorso che lo potrebbe portare ad essere parte della nuova generazione di stelle offensive dell’hockey.
IL RITORNO: RYAN SUTER
Minnesota sta crescendo, e sta cambiando. Un parco difensori d’élite che invecchia ha imposto del rimaneggiamento, ed il sacrificato non è stato il preannunciato da molti Matt Dumba, ma il più esperto Suter, lasciato andare in free agency senza proposta di rinnovo.
Ex Nashville, Ryan è un veterano ormai a fine carriera, che sa però ancora difendersi, e difendere, bene sul ghiaccio della National Hockey League. Un tre volte All-Star, Ryan firma un contratto quadriennale, forse un po’ lunghetto, con gli Stars per un’ultima chance ad una coppa che non ha mai visto da vicino.
Suter è stato un defenseman da Norris per anni, ora non è più il caso: l’età è beffarda con tutti, ce ne sono pochi che riescono ancora in imprese mirabolanti dopo 15 stagioni in massima lega. Ma questo non vuol dire che non si possa ritornare a ritmi migliori, soprattutto se i compagni che ti circondano hanno qualità da vendere.
Ryan passa da 48 punti in 69 gare nel 2019-20 a 19 punti in 56 gare nel 2020-21, da una media dunque di 0.695 punti a partita dritti a 0.34. Meno della metà, questo dicono i numeri.
Un calo così drastico può passare solo da due cose: un crollo fisico, e allora possiamo scordarci il ritorno, oppure un crollo a livello di ruolo nel sistema di gioco. Se questo è il caso, come Suter, e i tifosi Stars, sicuramente sperano, allora attenzione.
Prima di questa sciagurata stagione personale, Suter totalizza almeno 40 punti in 5 stagioni consecutive. Non dà segno di calo fisico, e non ci sono grossi infortuni di mezzo, dato il volume di partite giocate. Con Dumba, Brodin e Spurgeon sempre più preponderanti, Suter che cala in numeri non sembra un sintomo solo dell’età, a questo punto.
A Dallas, la scelta di Seattle di prendersi Oleksiak ha lasciato un buco importante di fianco a Miro Heiskanen, giovane fenomeno in cerca di riscatto, dopo essersi lasciato sottrarre i riflettori da Makar e Fox come giovane stella della blue-line da tenere sott’occhio costantemente.
Quindi Suter non avrà forse un ruolo prettamente offensivo, ma senza dubbio avrà spazio in first pair insieme ad un D molto creativo, e che spesso gioca insieme alle prime due linee Stars, proprio per offrire i suoi spunti ai migliori attaccanti di Dallas. Questo significa opportunità di creare gioco anche per Suter.
Non lo vedremo probabilmente in power play, dato che Coach Bowness preferisce il set da 4 forward ed un solo defenseman: i posti sono già occupati da Klingberg ed Heiskanen, e troverei privo di senso sconvolgere le cose.
Ma chiedere a Suter un rendimento difensivo nella norma, sfruttando esperienza e fisicità, due cose che non gli mancano, ed una regular da 35, magari anche 40, punti? Chiediamo troppo? Io penso di no, soprattutto se l’ipotesi del calo fisico di grandi proporzioni sfumasse, come io sono incline a pensare.
Più di 5 goal, assist, e le occasione le avrà, e tornare magari su quelle 70 hit di average che era abituato a sfornare in casacca Wild. Per chiudere in bellezza.
LA SORPRESA: JAKE OETTINGER
La sorpresa è stata difficile tirarla fuori. Da una parte, ormai Hintz e Gurianov sorprese non sono più, e dall’altra non ci sono potenziali nuovi prospetti che andrebbero a disturbare gli equilibri di un roster che, aggiunta di Suter a parte, bene o male ha trovato una quadra.
Allora mi sono lanciato sul goalie: Ben Bishop ha saltato moltissime gare causa infortunio, guaio che risale addirittura alla post-season 2020. Khudobin ha fatto più che il possibile, ha fatto l’impossibile, con una maratona tra i pali da paura, soprattutto quella culminata con il raggiungimento delle Finals ormai due stagioni fa. Ma Anton non ha 20 anni.
Ora, è vero: il portiere, in tutti gli sport che lo comprendono, è spesso un ruolo molto longevo. Maturano tardi, raggiungono dopo il picco, ma allo stesso modo chiudono diversi anni dopo le loro controparti in campo aperto. È valido nel calcio, è valido nell’hockey.
Ma Khudobin ha dovuto lavorare davvero molto negli ultimi due anni, si è sottoposto a pressioni e stress notevoli per un goalie della sua età: non è salutare per lui, ma soprattutto non lo è per Dallas, che si ritroverebbe a giocare con un goalie esaurito le partite della stagione che conta, la post-season. Non tutti possono fare l’Andrei Vasilevskiy di turno.
Dallas però ha Oettinger, prospetto del primo round del 2017 con un profilo imponente, 196 cm per 99 kg, tutto e per tutto simile a quello di Bishop. Un talento davvero ottimo, che già l’anno scorso gioca 29 partite con un record vincente di 11-8 e buone statistiche, considerando il momento dondolante che ha avuto Dallas l’anno passato.
Io confido che con esperienza sui pattini in più grazie alla stagione passata, e tempo questa estate servito a migliorare e perfezionarsi, Oettinger possa esplodere definitivamente, prendendosi la titolarità a Dallas e sfornando buone statistiche.
Attenzione: non lo sto candidando mica al Vezina. Ma credo cementerà il suo status non più come giovane prospetto, backup di un veterano. Diventerà un giovane starter, pronto a difendere la porta di Dallas per anni a venire.
In 82 partite, considerando comunque che Khudobin sa sostenere un alto volume, servono intorno alle 45-50 per essere considerato titolare. Ovviamente mi aspetto un record vincente, perché Dallas non è una squadra da mettere via semplicemente per una post-season mancata l’anno scorso. Mi aspetto una save percentage almeno di 0.930 ed una GAA sotto al 2.4, come quella postata l’anno scorso. Il passo infatti che Oettinger dovrà fare non è tanto statistico, dove è andato bene, ma di continuità: giocarne 29 come backup è un conto, giocarne 50 come titolare, con l’aspettativa di una post-season, è un altro.
QUALCHE PAROLA SU DALLAS
Gli Stars sono reduci da una stagione che deve essere etichettata come deludente: due anni fa arriva un coach ad interim, Dallas risorge ed arriva al sogno delle Finals, per infrangersi contro una barriera quasi insormontabile, composta da presenze aliene e fenomenali, chiamata Tampa Bay. L’anno dopo, con Bowness confermato ed un roster solido, ci si aspetta perlomeno di essere protagonisti. Ma c’è un calo che, al momento, nessuno può etichettare come sintomo temporaneo o permanente.
Dallas non arriva alla post-season. Alcuni incolpano l’assenza di Seguin e Bishop, altri il fatto che Benn e Radulov non siano più nel fiore degli anni. Heiskanen ha avuto la sua prima stagione no, Gurianov non è esploso come si sperava. Robertson, già citato, ha fatto sfaceli ma non è bastato per dare continuità ad un percorso che, ricordiamo, è però nato quasi per caso.
Il punto è proprio capire: quella del 2020 fu una coincidenza portata dall’entusiasmo? Quella Dallas così veloce, fisica, efficace è stata solo un miraggio dettata dal cambiamento dell’entourage tecnico, oppure c’è una base vera su cui andare avanti?
Il roster dice che quella struttura c’è: Hintz, Gurianov, Robertson, Heiskanen, Oettinger sono tutti giovani dalle qualità innegabili. Giocatori come Klingberg e Lindell in difesa, ancora in prime, non li hanno in molti. E i veterani possono aver rallentato, Little Joe a parte, ma sanno ancora dare la loro.
Oltretutto, tornerà il talento e soprattutto l’entusiasmo e l’energia di Tyler Seguin, che è mancato tantissimo alla sua squadra.
Non mettiamoli via: lo facciamo troppo spesso, con troppe squadre. Una stagione no ci può stare, ma non è una condanna: questa squadra ha qualità, deve solo tirare fuori lo stesso carattere visto due stagioni prima.
Vittima delle magie di Patrick Kane, mi innamoro dell’hockey su ghiaccio e dei Chicago Blackhawks negli anni d’oro delle tre Stanley Cup. Talmente estasiato dal disco da non poter fare a meno di scriverci a riguardo.
Recentemente folgorato dai Blue Genes di Toronto, e dal diamante in generale.