Gli Hurricanes continuano da anni un percorso di crescita che, in questa recente, e bizzarra, shortened season ha toccato un picco: la vittoria della loro division, con concorrenti più quotate come Lightning e Panthers che possono solo seguire.
Saranno proprio i Lightning però ad infliggere una dura lezione di hockey alla franchigia di Raleigh, con un 4-1 secco nelle finali divisionali.
Winnipeg invece alterna stagioni sì e stagioni no, complice il difficile rapporto Maurice-Laine e una difesa ancora in lutto per Byfuglien e Trouba. Ma una regular ottima ed uno sweep senza pietà di Edmonton vengono fermati dalla travolgente valanga Montreal.
Cosa manca dunque a queste due franchigie per avvicinarsi ancora di più alla Stanley Cup?
WINNIPEG JETS
Credo che la mancanza qui sia evidente: c’è un grosso buco difensivo. In porta, infatti, c’è il secondo miglior goalie della lega , ovvero Connor Hellebuyck, che può solo invidiare un certo Vasilevskiy. Parco forward ben fornito, con Dubois integrato e più congegnale al gioco di Maurice, Stastny di nuovo in casacca Winnipeg e tanta sicurezza in quel trio, ovvero Scheifele, Connor e Wheeler.
I centri ci sono, con Dubois che può sempre riprendere la vecchia posizione e Copp che è un ottimo elemento per la terza linea, e gli scorer pure, in particolare Connor che si è sempre dimostrato titanico sottoporta. È ovvio dunque che un defenseman da franchigia manchi come il pane: se Pionk è stata una lieta sorpresa la scorsa stagione e Morrissey rimane elemento di qualità in una top 4, manca comunque quel blue-liner che sa cambiarti la partita su entrambi i lati del campo.
Perché se anche i due già menzionati sono offensivamente dotati, in difesa non brillano e non basta il colossale Stanley, spauracchio importante per i forward avversari, a colmare le loro mancanze. Devo dire che un Ben Chariot, ora nelle Finals con i Canadiens, avrebbe sicuramente aiutato la sua ex franchigia, ma aggiungere potere difensivo non è abbastanza. Serve qualcosa di veramente importante, un D con i fiocchi, paragonabile a Hedman, Josi, Makar, Fox e così via.
Purtroppo per ora di prospetti che possono avere immediatamente questo impatto, un po’ come vedemmo fare a Heiskanen o allo stesso Makar, non ce ne sono nella pipeline Jets. Anche se va comunque tenuto sott’occhio il progresso del finlandese Ville Heinola, ventenne e anche ventesima scelta assoluta nel draft 2019. Heinola ha già dimostrato di avere qualità in NHL, ed è cresciuto, quindi chissà di non vederlo nella massima lega l’anno prossimo con un ruolo da protagonista.
La soluzione trade, invece, sembra abbastanza difficile: la pedina di scambio preziosa l’hanno già giocata nell’affare Laine-Dubois, e non credo che nessuno dei pezzi di cui i Jets possano fare a meno riesca a smuovere una franchigia a cedere un defenseman top, rebuild a parte. Giocatori come Doughty o Ekman-Larsson, ad esempio, potrebbero essere un’opportunità a causa dello status di Kings e Coyotes.
CAROLINA HURRICANES
A questi Canes non manca praticamente nulla. Servono conferme: la prima da Alex Nedeljkovic, che deve dimostrare di non aver avuto un’ottima stagione per poi affievolirsi, ma di essere invece goalie da franchigia pronto ad anni di gloria e prestazioni top.
Mrazek può rimanere come solido back-up, lasciando andare un Reimer sempre più distante dall’età media della squadra.
A livello difensivo, Carolina ha forse il miglior gruppo di D dell’intera lega (tanto che uno dei defenseman dei Canes potrebbe anche essere utilizzato come pedina di scambio per rimodellare la squadra, rendendola più competitiva). Hamilton rimane stellare, Slavin e Pesce sono fondamentali ed hanno un gioco two way come pochi, e Jake Bean sta crescendo davvero molto, con delle performance nei playoff davvero portentose.
Passando ai forward, c’è da dire una cosa: la first line è sicuramente pronta, ed è molto giovane. Il più vecchio è Teuvo Teravainen, l’ex Blackhawks che è migliorato esponenzialmente. Gli altri due, 23 e 21 anni, di età, sono Sebastian Aho e Andrei Svechnikov. Da questi due mi aspetto un ulteriore salto di qualità: Aho deve diventare un giocatore che lotta per l’Hart Trophy, perché ha le carte per farlo, mentre Svechnikov deve iniziare a entrare in orbita Richard, con almeno 40 goal a stagione. Perché, mi ripeto, ha le carte per farlo proprio come il suo linemate.
Se tutti dovessero crescere e/o confermarsi, da Nedeljkovic fino a Svechnikov, sfido a non considerare Carolina come una favoritissima.
Per non contare la presenza di Necas, anche lui sempre più determinante nonostante la giovane età, e diversi “comprimari” che ancora hanno molto da dare: Niederreiter, Jordan Staal e Trocheck.
E attenzione anche alla ventesima scelta del draft 2020, Seth Jarvis: potrebbe rivelarsi lo steal del draft, e l’ennesima arma nelle mani di Rod Brind’Amour.
Da una parte dunque una squadra che insegue il sogno da diversi anni, senza però aver mai capitalizzato. Tenta di rimanere aggrappata a quella first line di talenti astrali che, intanto, anno dopo anno, perde però compagni importanti.
Dall’altra, troviamo invece la crescita collettiva fatta squadra: un coach legatissimo alla casacca che ha portato al picco del loro potenziale, o quasi, un gruppo carico di quelle qualità che rendono un giocatore di hockey stellare.
Una deve resistere al passare del tempo, l’altra invece, grazie a quel tempo, è finalmente matura. Due realtà diverse: una finestra stretta per Winnipeg, che deve affrettarsi, ed una ampia per Carolina, che deve però assicurarsi di rimanere sulla strada giusta.
Vittima delle magie di Patrick Kane, mi innamoro dell’hockey su ghiaccio e dei Chicago Blackhawks negli anni d’oro delle tre Stanley Cup. Talmente estasiato dal disco da non poter fare a meno di scriverci a riguardo.
Recentemente folgorato dai Blue Genes di Toronto, e dal diamante in generale.