Vegas perde 4-2 nelle finali ad Ovest, contro la sorpresa dell’anno: i Montreal Canadiens. L’aggiunta di Alex Pietrangelo, sacrificando il buon Paul Stastny per permettere l’operazione, non ha portato quella scintilla in più, a quanto pare, necessaria per non fermarsi di nuovo allo stesso punto dell’anno precedente.
Simile destino per i New York Islanders, che rispetto all’anno scorso riescono a portare le Finals ad Est ad un game 7 ad alta tensione, ma che alla fine soccombono contro gli ormai eterni Tampa Bay Lightning.
Dunque cosa serve a queste due franchigie per effettuare uno “step up” ed avvicinarsi, ancora di più, ad un traguardo per nulla distante, ma purtroppo non ancora raggiunto?
VEGAS GOLDEN KNIGHTS
Vegas sicuramente può vantare un tandem goalie di tutto rispetto, con Fleury che ha benzina nel serbatoio anche per l’anno prossimo. La difesa tutto sommato è a posto: Theodore e Pietrangelo le perle, McNabb e Martinez (se resta) i veterani e tanti giovani, da Hague a Whitecloud, in crescita.
La linea dei “Misfits” non va toccata, e a livello difensivo e di grinta ci siamo. A mio parere quello che manca è un centro di prima linea per Stone e Pacioretty.
Diciamocelo, Lance Stephenson è un ottimo giocatore, adatto anche allo stile di Vegas e di DeBoer, ma non è un centro da top 6. Non produce abbastanza, e due ali come Stone e Pacioretty hanno bisogno di chance, di tante chance.
Stephenson può scendere in terza linea e continuare a contribuire, ma la difficoltà nel produrre azioni offensive si è vista contro Montreal, ed è l’unico difetto che posso vedere in un roster assolutamente completo.
Possiamo chiederci: Vegas ha in casa qualcuno che può fare al caso loro? Sì e no, dipende da come valutano infatti il loro primo pick della storia, ovvero Cody Glass.
Glass ha avuto opportunità intermittenti nella grande lega, ma ha dimostrato sia nelle juniors che nelle minors di essere un giocatore di un certo calibro. Vegas è convinta oppure no che Cody possa essere un first line center in mezzo a due stelle affermate? Ha infatti bisogno di un centro competente difensivamente (non eccessivamente, c’è già Stone che gestisce nella sua linea) ma che possa anche contribuire con una soglia minima di 45-50 punti a stagione.
Se Glass non viene visto come soluzione al problema, allora va scambiato finché non perde valore: l’interesse per molte squadre credo rimanga alto, e un accordo per un centro meno giovane ma più pronto potrebbe essere una mossa per vincere nel presente.
Ma attenzione: un centro potenzialmente top così lo hanno già ceduto, e quello stesso centro gli ha eliminati indossando la casacca di Montreal. Avete indovinato di chi sto parlando? Nick Suzuki.
NEW YORK ISLANDERS
Passata l’analisi di Vegas, ora invece riprendiamo il medesimo discorso per gli Islanders: anche qui, il tandem goalie è solido, soprattutto con Sorokin che può solo crescere (e si spera non regredire), ma che per ora ha fatto vedere ottime cose.
Il core difensivo non ha una vera e propria superstar da Norris, ma ha tanta qualità e soprattutto solidità: Pulock è pericoloso in entrambe le fasi, Pelech è uno specialista, Leddy da ancora il suo dinamico contributo. E attenzione: Noah Dobson sta crescendo molto, ha avuto una post-season secondo me da incorniciare.
Che possa elevarsi ad un ruolo e status di maggiore importanza non è cosa da escludere.
E con il gioco di Trotz, direi che la difesa non va puntellata (al massimo un veterano per sostituire Greene se non dovesse più farcela, anche se ancora una volta è stato monumentale).
Sul parco forwards, invece, qualcosa da ridire ce l’avrei: troppo peso sulle spalle di Mathew Barzal. Quando guardo Barzal giocare, mi viene in mente Point, suo avversario nelle recenti finali di conference.
Point è un miglior scorer, questo è sicuro, ma i due giocano similmente e hanno una struttura fisica dello stesso tipo. Brayden però gioca insieme a Kucherov, Stamkos, Palat e Hedman.
Insomma, per quanto mi riguarda, vedremo il miglior Barzal solo quando ci sarà un altro playmaker a condividerne le responsabilità offensive.
Brock Nelson è preziosissimo per il suo gioco two-way, e New York ha tantissimi scorer, da Lee a Palmieri, passando per Eberle e per un sempre più maturo Wahlstrom. Ma nessuno di questi è un playmaker puro, tranne Barzal. Neppure Beauvillier, che nasce centro, ha la propensione per creare gioco. La finalizza, certo, ma questo non basta. Troppi scorer, pochi playmaker.
E gli Islanders al momento non hanno nessuno in casa che possa giocare quel ruolo, dunque bisogna capire se è possibile impostare una mossa per assicurarsene uno, che sia in free agency o via trade.
Rimane però il fatto che arrivare in finale di conference per due anni consecutivi, a prescindere dall’avversario, significa essere vicini. C’è il gruppo, il gioco, il coach. Manca forse un piccolo tassello per acciuffare il sogno delle Finals.
Ricordando però che, alla fine, l’hockey non è uno sport di calcoli e di razionalità. Chiedetelo ai Montreal Canadiens.
Vittima delle magie di Patrick Kane, mi innamoro dell’hockey su ghiaccio e dei Chicago Blackhawks negli anni d’oro delle tre Stanley Cup. Talmente estasiato dal disco da non poter fare a meno di scriverci a riguardo.
Recentemente folgorato dai Blue Genes di Toronto, e dal diamante in generale.