Win or go home… per Vegas era questa gara 5, l’ultima spiaggia per tenere vivo il sogno di una città che in pochissimo tempo ha saputo appassionarsi all’hockey e rendere la T-Mobile Arena un luogo inospitale per chiunque.
Già nel pre-partita si poteva percepire la tensione: a parte il consueto spettacolo medievale sul ghiaccio, i giocatori di entrambe le formazioni facevano di tutto per entrare nella testa dei propri avversari, su tutti Ovie che da metà campo è andato palesemente a cercare Fleury fisicamente per innervosirlo, provocando una pronta reazione del numero 29.
Il clima di tensione è durato per gran parte del primo periodo rendendo la partita intensa ma poco spettacolare e senza occasioni da goal: la prima è arrivata dalla stecca del numero 8 in bianco che dalla slot ha colpito il palo più lontano facendo tremare tutto il palazzo dello sport.
Washington ha continuato a premere sul pedale dell’accelleratore iniziando ad infiammare la partita dal punto di vista delle occasioni , così facendo gli ospiti sono riusciti a guadagnare una power play dove Carlson e Ovechkin hanno avuto un paio di buone chance ma Fleury si è superato negando loro il goal.
L’unico sussulto dei padroni di casa è stato un tiro di Nosek respinto da Holtby con la grata della maschera.
La loro sterilità offensiva, a mio avviso dovuta a una pressione notevole, è continuata nel secondo periodo fino al momento in cui Washington con 13:36 sul cronometro ha trovato il vantaggio con Vrana in contropiede.
Con più nulla da perdere e l’eliminazione alle porte i Knights si sono svegliati pareggiando la partita quasi subito con un goal di “tacco” di Schmidt che deviando un tiro-cross di Marchessault è riuscito a battere Holtby forse anche grazie a un tocco di Niskanen.
Pareggio durato meno di un minuto visto che i Capitals hanno capitalizzato subito la power play a loro disposizione grazie ad una buonissima circolazione del dischetto che ha smarcato Ovechkin che dalla slot ha fatto partire un missile che non ha lasciato scampo a Fleury.
L’escalation di goal non si è fermata e dopo una manciata di minuti i padroni di casa hanno agguantato la parità a quota due con un goal di Perron che grazie ad una deviazione all’interno dell’area del portiere è riuscito a infilare il dischetto tra i pali.
Con l’intensità e lo spettacolo a mille Vegas è riuscita a trovare il primo vantaggio della sua partita a 28 secondi dal termine del secondo periodo con un power play goal di Reilly Smith viziato da un sanguinoso dischetto perso da Smith-Pelly all’interno della sua zona difensiva.
Washington sin dall’inzio del terzo periodo ha caricato a testa bassa per cercare il pareggio e dopo un paio di buone occasioni ci ha pensato proprio Smith-Pelly a redimersi controllando col pattino un dischetto lanciato nella mischia da Orpik e poi battendo un Fleury che non aspettandosi un gesto tecnico come quello non ha avuto il tempo di reagire e mettere il pad sinistro a protezione della sua porta.
Caricati a mille per il goal del pareggio gli ospiti non si sono fermati e dopo un paio di minuti Connolly ha lasciato partire un tiro che grazie al traffico di fronte a Fleury è diventato insidioso ed è passato in mezzo alle gambe del numero 29 lasciando un pronto Lars Eller libero di segnare quel goal che passerà alla storia come il goal che ha dato ai Capitals la loro prima Stanley Cup.
Con 7:23 sul cronometro e una pesante spada di damocle sulla testa Vegas non è riuscita in alcuna maniera a rendersi pericolosa dalle parti di Holtby, neanche con l’extra skater e quando il tempo sul cronometro si è esaurito Ovechkin inquadrato in panchina, quasi incredulo di aver spezzato la maledizione si è fiondato ad abbracciare i suoi compagni lasciando andare un urlo liberatorio che nella capitale non si scorderanno per molto tempo.
Nonostante tutto Vegas ha comunque ben figurato, sfiorando un impresa data 500:1 ad inizio stagione; non solo ha vinto meritatamente la Western Conference ma ha fatto innamorare dell’hockey una città desertica portandola dove neanche il più ottimista dei fan poteva sperare.
A questa squadra non è mancato il talento per vincere l’anello ma a mio avviso la tenuta mentale e la pressione l’hanno fatta capitolare, perchè avendo seguito per tutti i playoffs quella che a tutti gli effetti rimane una cavalcata epica mi era sembrato nelle serie precedenti di vedere una Vegas più tranquilla e sicura dei suoi mezzi, capace di uscire da tutte le situazioni , cosa che per merito anche di Washington non è riuscita a fare in questa serie.
Oggi più che mai mi sento in dovere di applaudire chi ha perso e non per la solita sportività ma perchè questi giocatori hanno dato una lezione di vista dimostrando che, nonostante i loro vecchi team non li volessero o comunque non li reputassero poi tanto importanti sono riusciti a fare gruppo ed a batterli tutti tranne uno. Chapeau ai Knights!
Era dal 1974 che l’aspettavano e che vedevano gli altri alzarla, sto parlando dei Washington Capitals che in una sola notte non si sono tolti una scimmia dalla spalla ma direttamente King Kong !
Che dire del loro capitano e leader? 600 e più goal senza mai vincerla e il titolo di eterno perdente che inziava a farsi sentire visto l’età che avanza, tutto è stato lavato via da gara 5: non solo l’ha vinta ma lo ha fatto da protagonista, giocando come un grinder e segando come lo sniper letale che è, può piacere o non piacere ma da oggi le argomentazioni contro di lui possono solo essere caratteriali perchè ha dimostrato sul ghiaccio di essere un campione e questo mai nessuno glielo potrà togliere.
La vittoria è stata una vittoria di squadra come sempre nell’hockey e i goal di Vrana, Smith-Pelly e Eller ne sono la dimostrazione, questi Capitals hanno vinto grazie a un gruppo davvero ben assemblato ed allenato sudandosi questa finale sin dall’inizio dei playoffs, eliminando squadre del calibro dei Penguins e dei Lightning.
Non erano i più forti sulla carta ma lo sono stati sul ghiaccio ed ora Lord Stanley ha finalmente trovato casa nella capitale!