Era la stagione 1991/92 quando un’altra squadra della costa Californiana andava ad inserirsi nella line up di una National Hockey League in evoluzione che al momento contava 21 franchigie.
La città prescelta era San Jose, cittadina poco conosciuta non troppo distante dalla magnifica San Francisco, il logo (o come chiamano gli americani “il marchio di riconoscimento”) scelto dal primo Presidente di franchigia Matt Levine fu uno squalo per un semplice motivo che egli stesso spiegò con queste parole: “Gli squali sono implacabili, determinati, veloci, agili, brillanti e senza paura, abbiamo in programma di costruire un’organizzazione che abbia tutte queste qualità”; fu così dunque che in NHL sbarcò il 22esimo team alla ricerca della gloria, chiamata Stanley Cup.
Le prime due stagioni (disputate entrambe a Daly City, cittadina localizzata a due passi da San Francisco) furono molto difficili, tant’è che gli Sharks detengono tutt’ora il record negativo di sconfitte realizzato nella stagione 1992/93 quando la formazione chiuse la Regular Season con un imbarazzante score di 24 punti condito da 71 sconfitte (di cui 17 consecutive) e da sole 11 vittorie.
Dalla stagione 1993/94 gli Sharks si trasferirono ufficialmente a San Jose e da quel momento le cose andarono decisamente meglio tant’è che la formazione, ai tempi guidata da Kevin Constantine, riuscì nell’impresa di arrivare ai playoff facendo registrare il miglioramento più grande della storia NHL messo a referto da una franchigia da una stagione all’altra (+58 punti di differenza).
In questi ultimi 22 anni di storia San Jose solamente in 4 occasioni non è riuscita a conquistare la post season ma in nessuna delle 18 partecipazioni era mai riuscita a garantirsi l’opportunità di giocarsi la Stanley Cup, fermandosi in ben 3 occasioni alla finale di Conference, battuti nel 2003/04 dai Calgary Flames (4-2), nel 2009/10 dai Chicago Blackhawks (4-0) e nel 2010/11 dai Vancouver Canucks (4-1).
Ebbene, dopo 25 anni di fatiche, di grandi delusioni, di prese in giro da parte dei tifosi delle altre due franchigie californiane entrambe con almeno una Stanley Cup in bacheca, questa grande occasione arriva a sorpresa; solamente un’anno fa infatti San Jose chiudeva una stagione fallimentare denotando un notevole calo di rendimento da parte dei volti storici della squadra, Patrick Marleau e Joe Thornton in primis.
L’idea del GM Doug Wilson di sostituire dopo 8 anni di successi relativamente inutili coach Todd McLellan con l’attuale Peter DeBoer si può dire che fu la mossa più azzeccata dell’anno.
La prima mossa del neocoach fu spostare la C di capitano sul petto di Joe Pavelski, dando maggiore importanza ad un elemento della rosa troppe volte oscurato dalla presenza imponente di Jumbo Joe Thornton e Patrick Marleau; da questa scelta a trarne beneficio fu l’intera squadra, poichè il carisma del #8 statunitense si è fatto sentire durante tutto l’arco della stagione, divenendo simbolo della rinascita della squadra della Bay Area.
Ai playoff tutti gli elementi della line up hanno alzato l’asticella del proprio rendimento diventando pressochè indomabili per ogni formazione che hanno affrontato, rischiando qualcosina solamente contro il cuore e la grinta messa sul ghiaccio dai Nashville Predators nell’unica serie delle 3 che ha fatto nascere dei dubbi in testa a Pavelski e compagni.
La finale di Conference contro i St. Louis Blues è stata letteralmente dominata, tant’è che il punteggio finale di 4-2 è addirittura bugiardo visto che San Jose si è vista “scippare” solamente dalle miracolose parate del goalie avversario (Elliott) la prima gara della serie; il seguito è stato raccontato precedentemente, oggi ne raccontiamo l’ultimo atto, il più dolce per la squadra di casa che allo Shark Tank ha demolito ancora una volta il team di coach Hitchcock.
https://www.youtube.com/watch?v=qZDinIbibeQ
GAME 6: Blues @ Sharks 2-5
Le squadre entrano sul ghiaccio del SAP Center con due volti completamente diversi; da una parte tutta la grinta e la voglia di una formazione votata all’attacco per la conquista della tanto sospirata finale di Stanley Cup, dall’altra invece la rassegnazione di una serie deragliata in una gara 5 disputata in maniera gravemente insufficiente fra le mura amiche appena 48 ore prima.
Coach Hitchcock dopo le 2 gare concesse a Jake Allen in gabbia fa rientrare Brian Elliott, protagonista indiscusso delle prime 2 serie playoff nelle quali è stato uno dei migliori della squadra.
I primi minuti non nascondono nulla di ciò che andremo a vedere, San Jose pressa altissimo, sembra, anzi è, più veloce di St. Louis e costringe sin da subito il goalie avversario ad un paio di ottimi interventi entrambi su un ispirato Patrick Marleau (alla 1411 gara in maglia Sharks!); il “turning point” arriva al quarto minuto di gioco, dopo una grande parata di Martin Jones su tiro a botta sicura di Alexander Steen, Tomas Hertl allontana il disco dalla propria zona senza grandi aspettative, ma in quel disco si lancia in contropiede Jumbo Joe Thornton che a tu per tu con Elliott spara malamente fuori, ma il più lesto a catturarne il rebound è il solito capitan Joe Pavelski che con furbizia scippa il puck dal tentativo di allontanamento di Bouwmeester e con uno scatto felino aggira la gabbia spingendolo in rete, nonostante il goalie di St. Louis tenti l’impossibile per non permetterne l’entrata. E’ 1-0, l’Arena è una bolgia.
Il monologo Sharks continua e prima Donskoi, poi Hertl vanno vicinissimi alla marcatura, venendo stoppati dal buon Elliott che tiene in vita le speranze dei Blues.
Il primo periodo si chiude senza altri sussulti, mentre nel secondo dopo un powerplay non concretizzato dai padroni di casa arriva il meritato raddoppio con Joel Ward abile a deviare il puck scagliato dalla blu da Brent Burns facendolo finire per la seconda volta alle spalle di un incolpevole Elliott.
Il 2-0 non scuote i Blues che si fanno notare solamente con l’high sticking di Upshall su Wingels che manda gli Sharks nuovamente in powerplay, ma questa volta per 4 minuti; stranamente però l’attacco degli squali questa volta non morde, rischiando anche qualcosina nel contropiede concluso dalla parata di Jones su Schwartz.
Il portiere di San Jose sale in cattedra all’undicesimo di gioco quando salva miracolosamente una conclusione a colpo sicuro di Lehtera; è il più classico dei “save of the game” che le emittenti televisive mostreranno più e più volte nei replay.
Il secondo periodo prosegue senza ulteriori pericoli dalle parti di Jones che vede arrivare le conclusione dei Blues da molto lontano e soprattutto senza il famoso “schermo” di fronte alla propria gabbia.
Si riparte dal 2-0 nel terzo tempo e dopo soli 3 minuti ad infilare il puck in rete è nuovamente Joel Ward con un tap in di fronte alla gabbia dopo uno scambio pregevole con Logan Couture che registra il 15esimo assist della sua straordinaria post season.
La partita finisce praticamente qui, gli Sharks infatti giocano sul velluto e vanno vicinissimi al 4-0 con un miracolo di Elliott a dire di no al tiro a colpo sicuro di Pavelski; poco importa, è spettacolo, Ward va vicinissimo all’hat trick con un backhand che esce di pochissimo, alcuni istanti dopo l’azione da Playstation o da Xbox se preferite la console Microsoft gestita da Marleau, Couture e conclusa da Joonas Donskoi porta al 4-0. Delirio più totale. San Jose finalmente assapora la finale di Stanley Cup.
Ad 8 minuti o poco più dal termine si sveglia il desaparecido della finale di Conference, Vladimir Tarasenko, il bomber di St. Louis assente ingiustificato dell’intera serie infila il goal dell’1-4 che permette alla formazione del Missouri il tentativo di credere in una rimonta impossibile.
Quando mancano meno di 4 minuti dalla fine arriva anche il 2-4, a firmarlo è sempre Tarasenko con una furba conclusione che sbatte su Jones prima di finire in rete; Elliott esce dalla gabbia lasciando spazio ad un giocatore di movimento ma ciò che ne segue è solamente il 5-2 definitivo del sontuoso Logan Couture che chiude la gara con 1 goal e 2 assist, la serie con 1 goal e 6 assist.
E’ finale, per la prima volta.
E’ realtà, non più un sogno.
Patrick Marleau a fine gara parla di “come possa essere con ogni probabilità l’ultima occasione per gente come me e Jumbo (Joe Thornton), tant’è che daremo tutto quello che abbiamo per conquistare la Stanley Cup“.
Brent Burns rivela che “è un sogno, sappiamo di non aver ancora conquistato nulla, ma quello che abbiamo fatto sin’ora è incredibile“.
Chiude il coach Peter DeBoer con la frase più importante: “è vero, abbiamo fatto qualcosa di buono, ma se non vinceremo il prossimo round difficilmente credo che passeremo un’ottima estate. Ora godiamoci la serata, poi da venerdì inizieremo a pensare al nostro avversario da battere in finale“.
Tampa Bay o Pittsburgh, questa notte a partire dalle ore 2:00 italiane scopriremo chi dovrà affrontare questi lanciatissimi Sharks, con il rischio di venire attaccati e violentati da una formazione che in questi playoff non ha trovato rivali.
Nell’altra sponda invece tutta la delusione di una formazione che dopo due battaglie vinte ai primi due turni contro Chicago Blackhawks prima e Dallas Stars poi ora si ritrova con “un pugno di mosche” in mano; capitan David Backes tenta di cercare il lato positivo a fine gara dichiarando che “l’amarezza è tanta perchè con un altro paio di vittorie avremmo raggiunto la finale per giocarci la Stanley Cup, ma sono orgoglioso della mia squadra, ogni elemento della rosa ha dato tutto, abbiamo battuto due grandissime squadra nei primi due turni, dobbiamo ripartire da li l’anno prossimo; ci riproveremo, ne sono certo“.
Ne siamo certi anche noi.
BUCKLE UP BABY BECAUSE IT’S THE CUP!!
Appassionato della terra a stelle e strisce, Max si innamora sin da piccino per uno sport da “duri”: l’hockey su ghiaccio. Cresce osservando le prodezze di Mario Lemieux e Jaromir Jagr, invecchia con le giocate di Sidney Crosby ed Evgeni Malkin… Scrive per PlayitUsa da gennaio 2015 e spera di trasmettere a voi lettori le stesse emozioni che vive il sottoscritto pensando, guardando, scrivendo, vivendo, respirando la meraviglia della NHL.