“Io continuo a stupirmi. È la sola cosa che mi renda la vita degna di essere vissuta”; quest’oggi ci accingiamo ad esporre un approfondimento su una squadra della NHL che sta attraversando un periodo decisamente buono partendo da una citazione di Oscar Wilde.
Lo stupore in tal caso non si genererebbe se pensassimo ai nomi la cui squadra dispone in rosa, ma bensì per come hanno cambiato rotta da metà dicembre in poi, momento in cui anche il signor Rutherford (General Manager) arrivò al limite di sopportazione dell’uomo (Mike Johnston) a cui aveva affidato con grande fiducia le redini del “gioco”.
Stiamo parlando ovviamente dei Pittsburgh Penguins o “banda Sullivan” (ndr.come vengono soprannominati dalla tribù dell’Italy Pens Fans, gruppo molto attivo su Facebook e presente anche grazie al sottoscritto nel nuovissimo Blog aperto grazie a PlayitUsa), chiamateli come volete, ma ciò che dobbiamo assolutamente sottolineare di questa squadra è che da quando sulla panchina siede il coach 48enne Mike Sullivan, alla prima esperienza da Head Coach in NHL, la musica è del tutto cambiata presso la Steel City.
DALLE STALLE ALLE STELLE
Dopo un inizio assai difficoltoso condito da 6 sconfitte e sole 3 vittorie nelle prime 9 gare disputate da Head Coach nel mese di dicembre, ciò che ogni esperto ha notato sin da subito è stata un’attitudine di gioco molto più offensiva da parte di Sullivan rispetto a Johnston ed ovviamente la squadra ci ha messo un determinato lasso di tempo per imparare le nuove strategie ed i nuovi allenamenti del debuttante coach.
Pittsburgh ora risulta addirittura la prima squadra della NHL nella media di conclusioni verso la porta avversaria a partita (32,9) e si ritrova al sesto posto nella media goal realizzati a partita (2,79); potremmo dunque dire che dopo 4 mesi il lavoro di Sullivan si è visto, sta rendendo e sta trasformando la squadra nel giocattolo a lui preferito.
Ma non è solo qui che il nuovo coach ha lavorato per riportare i Penguins al livello che ci avevano abituati negli anni pre-Johnston; il gioiello di casa Sidney Crosby infatti sembrava smarrito nei primi 3 mesi di Regular Season tant’è che si parlava persino di un suo declino e addirittura di qualche screzio con Mario Lemieux che ne avrebbe causato la sua cessione, il tutto chiaramente fu negato dal boss dei Penguins che ha colto la palla al balzo eliminando causa di ogni problema, ossia Johnston, licenziato dal GM Rutherford proprio qualche giorno dopo la “soffiata”.
Il rendimento del magico numero #87 infatti dall’arrivo di Sullivan è notevolmente migliorato, tornando ad essere la macchina da goal ed assist di cui questa squadra ha assoluto bisogno; sono ben 76 (31G-45A) i punti messi a referto in stagione per Sid the Kid, di cui ben 57 dal momento in cui gli hanno levato dalle spalle la pesante presenza del vecchio coach che badava poco all’attacco e molto di più alla difesa.
Crosby, eletto dalla NHL “first star of the week” mantiene attiva la sua cronologia di gare a punti, arrivata a 12 dopo i 2 assist messi a segno nell’importante vittoria ottenuta per 6-2 dai pinguini contro i primi della classe dei Washington Capitals nella serata di domenica che li ha portati, finalmente, nel podio della Metropolitan Division e non più in una pericolante posizione Wild Card con il fiato sul collo dei Philadelphia Flyers, spazzati via nella serata di sabato con un perentorio 4-1 in rimonta.
Capitan Crosby dovrà mantenere questo stato di forma il più a lungo possibile visto che l’altro fenomeno presente in rosa Evgeni Malkin (27G-31A) è fermo ai box per un infortunio che lo terrà fuori perlomeno per altre 5/6 settimane facendogli perdere tutta la restante parte della Regular Season ed inoltre gli eventuali primi due turni dei prossimi playoff (se mai ci dovessero arrivare…).
Ma se un Crosby trascinatore a suon di goal ed assist non dovrebbe stupirci ciò che invece ci stupisce è la nuova linfa data dal modo di vivere le partite dal nuovo coach: Sullivan infatti trasmette voglia, grinta e determinazione che ogni singolo elemento della squadra mette a sua volta nel ghiaccio in ogni singola gara; lo dimostrano le svariate rimonte che hanno messo a segno in questa stagione, cosa che in passato era uno dei talloni d’Achille di una squadra sempre molto talentuosa ma spesso senza carattere e svuotata ai primi momenti di difficoltà.
Altro dettaglio da non sottovalutare è la grande velocità dell’hockey imposto dal nuovo coach; a livello offensivo infatti il forechecking risulta esasperante per le formazioni che in questo momento affrontano i Penguins e tanto per fare degli esempi nelle ultime 2 gare Philadelphia e Washington sono state talmente asfissiate ed imbrigliate dalla ragnatela tessuta da ogni linea di Pittsburgh che sono riuscite ad impensierire il goalie avversario (Fleury) solamente 17 e 18 volte in 60 minuti di gioco.
Tale velocità di gioco però è la conseguenza di una preparazione atletica che sembra essere arrivata in cima all’iceberg dopo tanto duro lavoro, tutto questo proprio nel momento più importante della stagione, quando formazioni che hanno “tirato a mille” per tutto l’anno ora si ritrovano a debito di ossigeno (vedi New York Islanders, Detroit Red Wings, New York Rangers).
Altro elemento della zona offensiva che ha maggiormente approfittato della nuova tendenza del coach è stato sicuramente Patric Hornqvist (18G-28A) che, spostato finalmente in linea con Crosby (e non lasciato incredibilmente nelle bottom six), sta rendendo al meglio mettendo sul ghiaccio ad ogni shift tutto ciò che il suo repertorio dispone: dalle hit decise, alle lotte per la posizione di fronte la gabbia avversaria, dalle deflection ai tap in vincenti.
Un tantino in sordina invece la stagione di Phil Kessel (21G-26A), dal quale ci si aspettava obiettivamente di più per tutto quello che in estate si era speso per accaparrarselo da Toronto; nemmeno l’approdo in linea di un nuovo compagno, rapido ed intelligente come Carl Hagelin (5G-13A) hanno fatto si che le statistiche del 28enne statunitense migliorassero, tant’è che tutt’ora sorge qualche preoccupazione per lo stato di forma fisico e soprattutto mentale dell’ex cannoniere dei Maple Leafs che spesso e volentieri durante l’arco di una partita lo si vede scuotere la testa frustrato e poco convinto.
UNA DIFESA …D’ATTACCO
Se si leggono i nomi dei 7/8 giocatori che si alternano nelle tre linee difensive di Pittsburgh troviamo solamente un paio di elementi devoti al solo obbligo di difendere, parliamo chiaramente di Ben Lovejoy (3G-6A) e di Ian Cole (10A), elementi che badano poco allo spettacolo e spazzano ogni disco si avvicini pericolosamente dalle loro parti; per quanto riguarda “gli altri” invece troviamo dei difensori che spesso e volentieri vivono le loro gare con l’obiettivo di andare a punti, di segnare, di tirare o comunque di poter aiutare la manovra offensiva della squadra dimenticandosi talvolta per quale mestiere vengono stipendiati dal proprio Boss.
Parliamo di gente come Trevor Daley (6G-12A) che dal suo arrivo da Chicago ha contribuito alla grande in zona avanzata, così come l’ultimo arrivato da Edmonton, quel Justin Schultz caduto in disgrazia con il team canadese con il quale collezionava minus e grande frustrazione in ogni partita: in lui il GM Rutherford ha visto il giocatore che poteva aumentare la nostra pericolosità nel powerplay per il gran tiro dalla blu del quale dispone e che ci ha fatto vedere proprio domenica nella gara contro Washington in cui ha trovato il primo sigillo con la nuova casacca; Schultz sembra aver preso la palla al balzo ed in linea con il difensivo Cole riesce ad esprimere il suo hockey dimostrandosi all’altezza della situazione e sgombro di ogni cattivo ricordo vissuto in maglia Oilers.
La ciliegina sulla torta nel reparto arretrato dei Penguins è chiaramente il #58, ovvero Kris Letang, che dall’alto dei suoi 55 punti (14G-41A) in sole 62 partite disputate risulta essere il terzo miglior marcatore di squadra e sta vivendo la miglior stagione della sua carriera, aiutato dalla presenza in linea del giovane talentuoso ma ancora un pochino lento Olli Maatta (6G-13A).
UN CULLEN CHE RICORDA…GUERIN
Se c’è un giocatore della rosa di questi Pittsburgh Penguins che voglio elogiare per il modo in cui gioca e per il modo in cui vive l’hockey, questo è sicuramente il veterano Matt Cullen (12G-12A); il 39enne statunitense di disse onorato di vestire la nuova maglia sin dal primo giorno del suo arrivo dopo 2 buonissime stagioni a Nashville e raccontò di come il suo sogno fosse poter provare ad alzare un’altra Stanley Cup prima di appendere i pattini al chiodo.
Cullen sta sicuramente aiutando alla crescita giovani molto interessanti come i compagni di linea con i quali nell’ultimo periodo si sta trovando a meraviglia, parliamo di Bryan Rust (4G-6A) e di Tom Kuhnhackl (3G-6A), due ragazzi che sono stati richiamati da coach Sullivan dal “farm team” dei Penguins e che stanno dimostrando di essere all’altezza della situazione per poter competere con i migliori in NHL.
La grande attitudine allo sport, i sorrisi con i compagni durante, prima e dopo la partita, la maniera di parlare ai microfoni dei giornalisti ci fa ricordare Cullen come un altro veterano che arrivò a fine carriera in casacca Penguins: parlo di Bill Guerin (ora assistente del GM Rutherford) che nella stagione 2008/09 portò a Pittsburgh quell’esperienza, quella maniera di vivere lo sport e quella spensieratezza di cui i compagni dati per “must win” avevano bisogno, trascinandoli così alla conquista della Stanley Cup.
SE SON ROSE…FLEURYRANNO!
La primavera è appena sbocciata e con lei arrivano i primi…Fleury.
A parte le battute, mi sembrava obbligatorio citare in questo articolo colui che dal lontano 2005 difende i pali di questa squadra; Marc Andre Fleury, con il modo tutto suo di essere, di parare, di sorridere e di far piangere i propri tifosi (!!) anche quest’anno sta disputando una buonissima stagione, l’ottava della sua carriera con più di 30 vittorie (al momento sono 32), condita inoltre da 5 shutout e da una media di salvataggi pari ad un buonissimo 92.2%.
Il patema “playoff” sembra essere definitivamente scomparso durante le 5 partite disputate la scorsa stagione quando Fleury in ogni singola gara della serie, persa malamente 4-1 contro i Rangers, è risultato essere il miglior giocatore dei Penguins, scacciando via i fantasmi degli ultimi anni.
Con questo #29 in gabbia, un #87 illuminato, un #58 determinato e la grinta e velocità di ogni singolo elemento caricato come una molla dalla passione mostrata in panchina da coach Sullivan… tutto è possibile in quel di Pittsburgh.
KEEP CALM AND WATCH THE NHL!!
Appassionato della terra a stelle e strisce, Max si innamora sin da piccino per uno sport da “duri”: l’hockey su ghiaccio. Cresce osservando le prodezze di Mario Lemieux e Jaromir Jagr, invecchia con le giocate di Sidney Crosby ed Evgeni Malkin… Scrive per PlayitUsa da gennaio 2015 e spera di trasmettere a voi lettori le stesse emozioni che vive il sottoscritto pensando, guardando, scrivendo, vivendo, respirando la meraviglia della NHL.
Speriamo bene!!! Però l’assenza di Malkin è parecchio pesante.
Auguriamoci che san Sid continui con questa produzione industriale di goal e assist
Speriamo Maurizio! L’assenza di Geno ahimè si sente molto, specialmente in powerplay dove uno come lui che muove il disco come nessun altro ci manca tantissimo! Crediamoci comunque!!
Eh sì, concordo. Un giocatore così non si sostituisce.
Cmq rivedere i pinguini così protagonisti, per una franchigia orgogliosa come Pittsburgh, non ha prezzo!
I play off sembrano davvero vicini, quando a Dicembre parevano un miraggio. Forza Pens!