Questa è la storia di due ragazzi che vivono per il gol e per 2 sogni, la Stanley Cup e la Champions League, l’apice delle rispettive professioni, sogni destinati ancora ad essere avvicinati.
Uno russo di Mosca, l’altro svedese di Malmoe, hockey e calcio, un’unica parola in comune, gol.
Alexander Ovechkin e Zlatan Ibrahimovic sono la massima espressione di attaccanti devastanti sotto porta, cosi diversi ma anche cosi simili, collezionisti di trofei individuali, di division, campionati nazionali ed esultanze, in due sommano 836 gol ma “zeru tituli”, inteso come magnifica Stanley Cup e stupenda Champions League.
Ovechkhimovic è l’unione di 2 giocatori che nel momento topico della stagione si vedono beffati da episodi tipicamente da Paperino, ma guai a dirlo ad entrambi, espressione facciale e caratterino consigliano parecchia distanza di sicurezza.
Gli Esordi
“Wenger mi aveva chiesto un provino per l’Arsenal. Dissi di no. Zlatan non fa provini”.
Ovechkin proviene da genitori sportivi, Ibra no, nel calcio trova lo sfogo in un’infanzia complicata. Il calciatore nasce a Malmoe, nella Svezia meridionale, il 3 ottobre 1981, figlio di immigrati jugoslavi. Il padre Sefik Ibrahimovic è un manutentore di condomini con propensione all’alcool, specie nel periodo della guerra in cui perse molti amici, bosniaco originario di Bijeljina mentre la madre è croata di religione cattolica, donna delle pulizie capace di lavorare anche 14 ore al giorno ed essere così severa con i figli da picchiarli con cucchiai di legno.
Il piccolo Ibra si definisce un selvaggio incapace di tenere a freno gli sbalzi di umore, tra un furto di biciclette e l’altro vede separare i suoi ad appena due anni e venir sballottato da una casa all’altre. Gioca nel Balkan e da piccolo lo ricordano contro il Vellinge quando, entrato nella ripresa con i suoi sotto 4-0, realizza 8 gol facendo vincere la sua squadra 8-5, in una gara che racconta giocata tra immigrati considerati blatte e figli di papà.
Zlatan non si è mai considerato uno fra tanti, anzi già nella dedica della sua autobiografia si rivolge ai bambini, specialmente a quelli che si sentono strani e diversi, col pensiero che non essere uguali è una cosa ok.
Notato dal Malmoe viene acquistato quando ha 13 anni e nella sua città debutta nella Allsvenskan, dove nel 1999 arrivano i primi gol ufficiali che sino al 2001 saranno 16 in 40 partite. Nel mentre però gli studi non esaltano, ad Ibra viene anche assegnata un’insegnante di sostegno che farà una fine epica durante una partita, guarda un po’, di hockey, centrata in pieno volto da un disco di Zlatan stanco dei rimproveri e successivamente liberato della scomoda figura della prof.
Alexander è invece il terzo figlio di Michail Ovechkin, ex calciatore e Tatjana Ovechkina, plurimedagliata alle Olimpiadi 76-80 con la nazionale di basket sovietica, piccolo di casa dopo Sergej e Michail.
Narra la leggenda che a due anni in un negozio di giocattoli Alex si rifiuti di lasciar andare un bastone da hockey che aveva preso in mano e che vedendo quello sport in tv Ovechkin lascia perdere qualsiasi giocattolo, protestando in caso di cambiamento di programma televisivo.
Atleta fin da bambino, uno che preferisce fare 10 piani di scale anziché usare l’ascensore, viene indirizzato all’hockey dal fratello Sergey quando ha 8 anni, percorso difficoltoso con la famiglia che non lo può accompagnare alla pista d’allenamento.
Un allenatore convince i parenti della bontà del talento della futura bestia in Nhl, ma la vita beffarda gli presenta subito il conto, Ovechkin perde suo fratello Sergej due anni dopo a causa di un incidente automobilistico e questo dà ancora più rabbia e senso al sacrificio nel numero 8, lo stesso numero usato dalla mamma alle Olimpiadi.
Anche Ibrahimovic perderà un fratello, Keki, il 12 aprile 2014, a causa di una brutta malattia.
Primi playoff per Ovie, prime sfortune per Ibra
“Io sono Zlatan. Voi chi diavolo siete?” (Ibra si presenta all’Ayax,)
Zlatan Ibrahimovic approda nel 2001 all’Ayax Amsterdam, università di buoni talenti che diventano grandi campioni. Subito paragonato a Van Basten gioca 33 partite con 8 gol tra cui quello decisivo per la Coppa d’Olanda 2001/02. In Olanda gioca 3 stagioni vincendo 2 campionati ma l’Eredivisie gli sta stretta, pur segnando 46 gol in 106 incontri, per essere fenomeno meglio andare dove si respira calcio e storia, Italia e Juventus.
Servono 16 milioni per convincere l’Ayax in un tira e molla deciso da Mino Raiola, il suo “ciccione preferito”, manager astuto e unico nel genere, dopo che il precedente manager alla richiesta di cercare un grande club aveva proposto il Southampton. Una volta arrivato nel Bel Paese Ibra tocca con mano ciò che diventerà il suo pallino e il suo incubo, la Champions League. Nel primo anno non realizza neanche un gol in coppa nonostante ne metta a referto 16 in campionato.
Estate 2004, si decide per il lock out in Nhl la draft lottery è vinta dai Washington Capitals che hanno la meglio sui Pittsburgh Penguins. Il prescelto è quell’ala sinistra che in Russia sta spopolando nella Dinamo Mosca e che dopo due stagioni in patria segna già 36 gol in 32 partite nelle giovanili, ma Alex Ovechkin vola negli Usa, è lui il numero 1.
E’ talmente il numero 1 che Florida prova a selezionarlo nel 2003, al nono giro, ma per 2 giorni di differenza è ancora troppo piccolo per essere eleggibile in Nhl, con Rick Dudley, GM dei Panthers, che le prova tutte opponendosi alla decisione della lega.
Con il lock out ancora in atto Ovechkin resta alla Dinamo Mosca dove realizza 27 punti in 34 partite.
Il confronto vero e proprio per Ovechkhimovic è datato 2005/06, una piccola differenza tra svedese e russo: il club di appartenenza, Ibrahimovic gioca nella Juventus infarcita di campioni, Ovechkin nei Capitals che storicamente sono un perenne disastro.
Washington: garanzia d’insuccessi
Anno di nascita: 1974, Stanley Cup vinte: 0, finali conquistate: 1, partite vinte in finale: 0 (4-0 Red Wings 1998).
Bastano pochi dati in 41 anni di storia, dal drammatico esordio dove i Caps sono la squadra peggiore della Nhl con una stagione inaugurale che li vede imbarazzanti protagonisti di soli 21 punti, niente a confronto con prodezze nei playoff come il regalo di Pasqua 1987 contro gli Islanders, sfida finita alle due del mattino nella semifinale della Patrick division con il decisivo gol di Pat LaFontaine nei supplementari.
L’unica Stanley Cup sfiorata è grazie a Peter Bondra e i suoi 52 gol stagionali nel 1998, finalissima persa 4 a 0 con Detroit che non regala neanche una speranza ai Caps, storia che non cambia neanche con l’approdo nel 2001 di Jaromir Jagr con contratto di 7 anni a 77 milioni di dollari, spedito come pacco postale 3 anni dopo ai Rangers.
Nessuno prima del draft 2004 ha avvisato Ovechkin che nella Capitale la storia Nhl è alquanto poco prestigiosa.
Gara 7 e scherzi contro ex, gli incubi di Ovechkhimovic
“Senza di me non vincerete nulla” (Ibra contro Mourinho, anno del Triplete)
Ritorniamo al pallone, Zlatan nel 2005/06 è alla seconda stagione bianconera, la prima esperienza in Champions si chiude contro il Liverpool non ribaltando il 2 a 1 dell’Anfield nei quarti di finale. Un anno dopo le cose peggiorano in campionato quando segna appena 7 reti ma finalmente col Rapid Wien segna il primo gol nella Coppa Campioni con la Juventus e si ripete nel girone contro Bayern Monaco e ancora con i viennesi.
Sono le sole reti della campagna europea, l’eliminazione arriva con l’Arsenal ancora nei quarti, perdendo 2 a 0 ad Highbury. Ibra travolto dalle critiche per la sua scarsa pericolosità in coppa lascia la Juve, travolta a sua volta dallo scandalo Calciopoli.
Non lascia i Caps Ovechkin, anzi, Washington ha trovato il Messia, subito doppietta all’esordio contro i Blue Jackets nel successo per 3 a 2. A gennaio realizza una delle reti più belle in Nhl, cadendo sulla schiena riesce ad agganciare il disco col bastone e superare Brian Boucher dei Coyotes. La stagione 05/06 si chiude per il russo al primo posto fra i rookie per numero di reti, punti, gol in power play e tiri tentati con un totale di 106 punti, ricevendo la nomination nella formazione ideale Nhl, primo rookie dopo 15 anni a riuscire nell’impresa, oltre a vincere il Calder Memorial Trophy come esordiente d’oro, relegando Crosby al secondo posto.
Nonostante l’impressionante striscia di reti i Caps non arrivano ai playoff, quinti nella Southeast, 14esimi nella Eastern Conference. Identico risultato di squadra nel 2006/07 con una nuova stagione chiusa a 70 punti, con Ovie che la chiude con 46 reti e 92 punti totali.
Ibra invece abbraccia il nerazzurro, lo fa con la prima (di tante) dichiarazione d’amore alla squadra, professandosi interista sin da piccolo grazie a Ronaldo, il Fenomeno, scegliendo i nerazzurri perché mai vincenti in quegli anni a discapito del Milan e di una cena pronta con Berlusconi già apparecchiata, scelta azzeccata dal punto di vista dello scudetto che arriva grazie a 97 punti, con lo svedese protagonista nei due derby con i gol decisivi che a fine anno saranno in tutto 15 in 27 presenza, ma anche con la nuova beffa dell’eliminazione agli ottavi di finale, questa volta nel far west del Mestalla di Valencia dove oltre al non ribaltare il 2 a 2 dell’andata arrivano calci e risse generali, oltre agli zero gol di Zlatan nella competizione europea.
Migliora l’anno successivo segnando 5 gol in Champions ma uscendo un’altra volta agli ottavi contro il Liverpool, pochi giorni dopo il centenario dell’Inter, con i presagi di maledizione che lo tormentano con fastidi al ginocchio, risolti nell’ultima gara di campionato quando da uomo scudetto entra a partita in corso, segna due gol e dimentica tutto.
Il 2007/08 va meglio ad Alexander Ovechkin, primo perché firma il 10 gennaio 2008 un contratto di 13 anni del valore complessivo di 124 milioni di dollari, non un record per estensione, visto che gli Islanders firmano Rick DiPietro per 15 anni per 67,5 milioni di dollari ma questa storia è meglio che non venga ricordata ai tifosi di Tavares.
Il 3 marzo con l’ennesimo hat-trick per Ovechkin si superano le 50 reti, a fine mese arriva addirittura a quota 60, raggiungendo vertici di marcature che non si vedevano dai tempi di Lemieux e Jagr, migliorando poi il record di franchigia di Dennis Maruk a 61 e facendo suo il record di gol per un’ala sinistra, migliorando i numeri di Luc Robitaille.
La doccia fredda per Ovechkin arriva nei primi playoff della carriera, nonostante Washington schieri Semin, Backstrom e Green i Philadelphia Flyers vincono 2 gare all’overtime, soprattutto la fatidica gara 7 per 3-2 con Joffrey Lupul che gela il pubblico di casa, rendendo inutile il gol del pari di Ovechkin.
Inizia così per il russo la maledizione dell’ultima gara, poco conta aver fatto rimontare i Caps dal 14° posto in campionato con l’esonero di Hanlon per Bruce Boudreau, con Ovechkin che si consola vincendo Lester B.Person, Hart Trophy, Art Ross e Maurice Rocket Awards, primo giocatore a vincere tutti e 4 i trofei nella stessa stagione.
Il 2008/09 vede Ibrahimovic guidato dal Re degli allenatori, José Mourinho, 34 presenze e 25 gol ne fanno per la prima volta il capocannoniere della Serie A, ma anche col tecnico portoghese la corsa alla Champions si chiude agli ottavi, con l’Inter ridicolizzata dallo United di Ronaldo. Ibra non ci sta, lascia l’Inter per andare nel Dream Team del Barcellona vinci-tutto, l’attaccante più forte nella squadra più forte e la promessa a Mourinho: “Senza di me non vincerete nulla”.
Coppa con le orecchie, ce l’hai contro di me?
“Non sono violento, ma se fossi in Guardiola avrei paura”
Il destino si sa, compie beffe atroci, Ibra al Barcellona sembra il matrimonio perfetto, 46 milioni all’Inter più Eto’o fanno pendere l’ago della bilancia sull’affare fatto per tutti, gol decisivo al Real Madrid nella Liga che vale l’investitura a idolo in un campionato dove saranno 16 le reti totali ed un cammino in Champions che finalmente va quasi in fondo, quasi, perché la beffa è atroce e ricorda quella capitata a Marian Hossa con i Red Wings.
Nella coppa con le orecchie la sfida contro la sua ex Inter arriva subito alla prima giornata dei gironi, 0-0 in un debutto fischiatissimo, poi però prima rete nella sconfitta contro il Rubin Kazan prima di battere i nerazzurri 2-0 al Camp Nou. Ibra è decisivo nel 1-1 con lo Stoccarda, anticipo del 4-0 del ritorno mentre una doppietta dello svedese regala il 2-2 contro l’Arsenal prima di 4 gol firmati Lionel Messi nel ritorno.
Per Ibrahimovic arriva la prima semifinale, ancora l’Inter in mezzo ai piedi, ma quando il tappeto verso il trionfo sembra essere steso il giocatore nativo di Malmoe sparisce nell’andata persa per 3-1 ed è abulico nella manovra nel ritorno dove viene eliminato, dando il via al sogno Triplete dei nerazzurri a Madrid.
Come ciliegina sulla torta Ibra patisce la concorrenza di Messi, litiga con Guardiola che lo ignora fino al non rivolgergli la parola nel ritorno della gara con l’Inter, finché lo svedese esausto per tanta acredine non rifila un calcio ad un armadietto contro il Villareal facendolo volare di 3 metri inveendo contro il presente Guardiola che in quell’occasione si limita solo ad osservare.
I piani futuri andranno cosi, Guardiola non sa che fare con Ibra, gli consiglia una nuova squadra e lo svedese la sceglie, “Ok, vendetemi al Real Madrid” e tra l’imbarazzo e la paura generale di un altissimo tradimento un investimento di circa 70 milioni viene regalato al Milan per una ventina di milioni pur di non vederlo negli odiati rivali.
Stanley Cup, sogno proibito
Alex Ovechkin è la punta di diamante dei Capitals 08/09, Mike Green vicino al russo diventa un difensore all star, stabilendo 8 partite consecutive dove va a punti, un record per un blue liner, The Great 8 bissa i successi nei premi individuali con Washington che chiude a quota 108 la regular season, vincendo il secondo campionato per la Southeast Division. Ai playoff Ovechkin suda freddo al primo turno con i Rangers perdendo le prime 2 gare casalinghe prima del 4 a 0 vincente al Madison Square Garden con 2 assist del russo, una nuova sconfitta per 2 a 1 mette New York ad una sola vittoria dal passaggio del turno finché i Caps si svegliano di botto.
Arrivano vittorie in serie, 4-0 in casa prima di un pirotecnico 5-3 nella Grande Mela che porta la serie a gara 7, con i demoni della gara decisiva scacciati dal gol di Sergei Fedorov, con Ovechkin che avanza col 2 a 1 per affrontare i Pittsburgh Penguins di Crosby e del rivale Malkin.
La serie con i Penguins è stupenda, 2 vittorie interne a testa, poi 2 supplementari fanno vincere Pittsburgh nella capitale grazie a Malkin e Washington in Pennsylvania grazie a David Steckel.
Altra gara 7, altra paura in casa, altra eliminazione per Ovechkin, Crosby guida i suoi al 6-2 che consegna l’ennesima mazzata al russo e al suo sogno Stanley Cup.
Rocambolesca e forse più atroce l’esperienza 2009/10, Washington vince la regular season con 121 punti ed è pronta al salto di qualità.
Sfida ai playoff con la testa di serie numero 8, i Montreal Canadiens, prime 2 gare decise all’overtime, la prima a favore degli Habs col gol di Tomas Plekanec, la seconda finalmente appannaggio di Washington con la rete decisiva di Backstrom. Vincere all’overtime in casa fa esplodere la furia di Ovie che segna un gol nel 5-1 vincente di gara 3 ed una doppietta nell’altra vittoria per 6-3. Sopra 3-1 nella serie Washington clamorosamente sparisce, Ovie segna un gol inutile nella sconfitta per 2-1 poi è assente dai marcatori nelle ultime 2 gare, 2 clamorose sconfitte per 4-1 e 2-1 con i gol di Bergeron e di Dominic Moore, che disintegrano le speranze di Ovechkin che chiude i playoff con 10 punti sparendo sul più bello.
A nulla serve ad Alex essere, il 5 gennaio 2010, il nuovo capitano al posto di Clark, primo capitano europeo nella capitale.
Ovechkin il matto è il giocatore che in quel momento raccoglie l’appeal di giocatore più affascinante, lo fa alla sua maniera perché vedendolo s’incontra una fronte massiccia, zigomi alti, un naso rotto più volte e che tende a piegarsi verso sinistra, che si romperà sempre perché chiunque finisce a terra in una carica del russo, gli occhi spalancati di cui uno più vicino al naso, un sorriso sdentato che lo fa somigliare ad un genio delle caverne, un “Pavel Bure nel corpo di Mark Messier”, tutto il contrario di Sidney Crosby, più belloccio, più da cocco di mamma, più faccia da spot pubblicitario, classe innata ma coraggio inferiore ad Alex la Bestia che è fatto cosi, a suo modo, testa bassa e grinta, con buona pace per le critiche ad un gioco ai limiti dell’arresto per devastazione fisica su avversari.
Champions League, sogno proibito
“Semplice, Brocchi corre, io vinco le partite”
Rivitalizzato nella nuova avventura rossonera, Ibrahimovic prende per mano i rossoneri in Champions League dove realizza subito una doppietta all’esordio con l’Auxerre, chiudendo la fase a gironi con 4 reti, ma una volta arrivato alle gare che contano nella competizione ecco che l’attaccante svedese s’inceppa contro il Tottenham negli ottavi, col Milan che perde 1-0 l’andata con il gol del fenicottero Crouch, senza ribaltare il ritorno a Londra con partita a reti inviolate.
A nulla serve a Zlatan vincere l’ottavo campionato consecutivo se il sogno è la coppa dalle grandi orecchie.
Peggio va l’anno successivo, il Milan lascia il campionato alla Juventus ma in Champions Ibra subisce lo smacco di essere eliminato ancora da una sua ex squadra, il Barcellona dei marziani, che con Messi e Iniesta umiliano i rossoneri ai quarti.
Ibra ha già il mal di pancia, l’ennesimo, con lo strappo che arriva nella gara di ritorno degli ottavi, quando il Milan perde 3-0 con l’Arsenal e per un soffio (andata 4-0) non viene eliminato, con lo svedese che non digerisce l’atteggiamento offensivo di Allegri.
A fine stagione accetta i 14 milioni di euro a stagione per 3 anni proposti dal Psg.
Il triennio parigino per Ibrahimovic è carico di gol ma guarda caso anche di cocenti delusioni in Champions League, con spettri del passato che continuano a far scherzi allo svedese.
Sorrisi finali amari
La stagione 2010/11 vede Ovechkin condurre i suoi Capitals al 1°posto nella Eastern Conference con 107 punti, per il russo però le statistiche individuali sono al ribasso, solo 32 gol fatti, lontano dalle 50 reti di Corey Perry. Quando l’ostacolo Rangers viene spazzato via in 5 gare con 3 reti nella serie per Ovechkin e la miracolosa marcatura di Jason Chimera dopo 2 supplementari di gara 4 sembra la volta buona verso la Stanley Cup. In semifinale trovano i Tampa Bay Lightning, quinti ad est e staccati di 4 punti in regular season, dove i Caps hanno vinto 4 delle 6 sfide.
L’irriverente squadra di Stamkos è però gasata a mille dopo aver eliminato in 7 gare i Penguins grazie all’1 a 0 firmato Bergenheim e sull’onda dell’entusiasmo completano un clamoroso sweep ai danni di Washington, nonostante altri 2 gol di Ovechkin nella semifinale l’ennesima batosta ha le faccine allegre di Lecavalier, Malone e St.Louis.
Moralmente il colpo è devastante, il 2011/12 parte forte con 7 gare iniziali vinte ma poi si spegne la luce, quasi a ricordare cosa sia successo poco tempo prima, 5 vittorie nelle successive 15 gare fanno saltare la panchina di Boudreau in favore della leggenda locale Dale Hunter, 556 punti con i Caps e maglia numero 32 in bella mostra al Verizon Center.
I Capitals fanno esordire Holtby in porta quando son ko sia Neuvirth che Vokoun, con una stagione travagliata che porta la qualificazione solo arrivando al 7°posto, con Ovechkin che chiude solo con 65 punti e 38 gol fatti, ma incredibilmente rovesciando il mondo quando in 7 gare eliminano i campioni in carica dei Boston Bruins con 4 partite finite al supplementare e una serie dove chi vince, lo fa solo con un gol di scarto.
Neanche l’eccitazione ed il festeggiare una gara 7 vinta che ancora una volta si presentano i Rangers di fronte e ancora la gara finale della serie manda di traverso i sogni di gloria di Ovechkin, maledicendo questa volta il decisivo gol di Del Zotto nella sconfitta per 2-1.
Ovechkhimovic, gloria effimera
“Batteremo il Portogallo? Solo Dio lo sa e tu ce l’hai davanti” (Ibra in risposta ad un giornalista)
Alex Ovechkin e Zlatan Ibrahimovic vanno a braccetto negli ultimi anni, a suon di colpi, chiedere a Brian Campbell con il russo e Oguchi Onyewu con lo svedese, clavicole e costole fratturate dallo scontrarsi con il mostro a due teste, due visi non proprio dolcissimi, destino beffardo per chi gioca in Nhl e vede l’ennesima gara 7 con i Rangers ad esser fatale, con Ovechkin che segna appena un gol, mentre Ibra esce ai quarti di Champions, beffato dal non perdere ma da realizzare un 2-2 a Parigi e solo un 1-1 in terra catalana.
Beffe ancor più atroci 12 mesi più tardi per Ovechkin, addirittura fuori dai playoff con Washington, mentre Ibra fa sognare il Chelsea di quell’ex José Mourinho che rimonta il 3-1 con un 2-0 firmato Schurrle-Demba Ba, due sconosciuti di fronte al Dio Zlatan.
Ancora Barcellona e ancora una gara 7 con i Rangers accantonano i sogni di gloria del 2014/15 per Ibrahimovic e Ovechkin, non c’è lotta tra lo svedese dal nasino prorompente contro i futuri campioni blaugrana, annientati con doppia vittoria per3-1 e 2-0, fa terribilmente male per Alex dal dentino perso vincere gara 7 contro gli Islanders per poi perdere ancora una volta nelle semifinali di conference con i Blueshirt, a causa del gol di Stepan al supplementare.
Futuro vincente?
“Quello che Carew riesce a fare con una palla da calcio io lo faccio con un’arancia” (risposta ad un critico Carew sull’incisività sotto porta)
Attaccanti letali, 836 gol in due, tanti trofei individuali (12 per Ovechkin), campionati (11 per Ibrahimovic), ma senza ciliegina sulla torta, con tante nubi nei sogni futuri di chi non ha vinto la Stanley Cup perché in Nhl l’Mvp conta relativamente se non hai squadra (vedere Lebron in Nba) e di chi non ha vinto la Champions perché squadre più affamate fanno più strada di quelle scelte da Ibra.
Ibra e Ovie saranno come Phil Mickelson, perdente di lusso e deriso per poi essere vincente o Dan Marino, a cui tuttora rode il fatto di non aver mai alzato un trofeo?
Una cosa è certa. Oltre a zeru tituli, la bellezza dei gesti spericolati di questi due artisti va ben oltre l’abbracciare una coppa, la gloria resta per sempre, anche senza la loro coppa sollevata al cielo.
Supereroe travestito di giorno da ragioniere e di notte da redattore, Francesco Fiori nasce il 30 maggio 1983 a Sassari e da subito capisce che lo sport è come una passione esagerata, allevato con pane e album Panini. Un sardo che ama il ghiaccio, impossibile, conosce la Nhl grazie ai compiti dell’ora di pranzo che rinvia a causa della dipendenza da TELEPIU2. E’ nel giugno 2008 che decide per curiosità di collaborare con Playitusa grazie ad un pezzo dedicato al grande eroe Mario Lemieux. Non solo Hockey tra le passioni di colui che è casinista, testardo e sognatore (più altri mille difetti), segnala l’amore per la bici (definita sua dolce metà) ma anche una dedizione totale a calcio (INTER), basket (DINAMO SASSARI) e qualsiasi cosa sia sotto la voce SPORT e non lo faccia dormire.
Se anche voi non dormite rintracciatemi alla mail fcroda@yahoo.it giusto per 2 risate.
4 thoughts on “Ovechkin & Ibrahimovic, valanghe di gol verso sogni quasi impossibili”