Compirà 42 anni il prossimo 11 Dicembre (nato a Goteborg, Svezia, nel 1972) e dopo 1246 partite e 1157 punti in NHL (75esimo giocatore nella storia della lega a raggiungere questo traguardo) ha deciso di ritirarsi questo 4 Dicembre, proprio nella “sua” Ottawa. Concludendo la sua carriera con un contratto di un giorno che gli ha permesso di ritirarsi da Senatore. Una carriera costellata di sacrificio, successi e sconfitte, di attimi da cogliere. Una lunga carriera che dura da 18 stagioni, di cui 17 in quel di Ottawa, 14 con la C cucita sul petto. Record per un Europeo. Per molti nella capitale canadese rimarrà Daniel Alfredsson, il capitano.
L’inizio
Suo padre voleva giocasse a calcio, i suoi primi allenatori lo fecero giocare difensore fino ai 14 anni e quando i Senators lo scelsero al draft del 1994 con la scelta numero 133 (dopo Radek Bonk, 3rd overall, Stan Neckar, Bryan Masotta and Mike Gaffney) non aveva un agente e non sapeva nemmeno ci fosse il draft quel giorno. Infatti fu informato il giorno dopo, quando un paio di agenti lo chiamarono a casa. Dicevano che le sue speranze di arrivare in NHL fossero nulle, poi quando lo videro in nord America gli dissero che sarebbe stato fortunato ad arrivare a giocare 20 partite. Tutte voci smentite in fretta e nel 1995-96, alla sua prima stagione, Alfredsson mette subito in chiaro le cose e vince il Calder Trophy come miglior rookie della lega.
Erano i Senators di Alexei Yashin che metteva il broncio per un nuovo contratto e Alfie guidò la squadra con 61 punti in 82 partite nonostante l’ultimo posto in Division. I Senators, tornati in NHL solo dal 1992, non navigavano in buone acque e rimasero ai margini della lega fino all’arrivo di coach Jaques Martin nel 1996 con il quale riuscirono sempre a centrare i playoff pur senza andar mai lontano. Alfredsson ha qualche problema con infortuni vari e in questi anni arrivano anche altri giocatori importanti come Marian Hossa o Vaclav Prospal. Si susseguono successi e sconfitte, tra cui le più sanguinose “Battle of Ontario” contro i rivali Maple Leafs capitanati da un altro svedese, l’amico-nemico Mats Sundin. La svolta vera però, arriva con l’inizio del nuovo millennio.
The Pizza Line
L’antefatto è noto. I Senators scambiano Alexei Yashin per Zdeno Chara e una 1st round pick che si tradurrà con la scelta di Jason Spezza nel 2001. Le basi per una rapida ascesa, con Alfredsson capitano. Il pezzo finale del puzzle è l’arrivo di Dany Heatley nel 2005-06 che andrà a completare una delle linee più devastanti, nota come CASH line (acronimo di Captain Alfredsson Spezza Heatley) o Pizza Line, poichè una nota pizzeria della capitale offriva tranci di pizza se la squadra segnava almeno cinque goal in una partita. E accadeva spesso. In quella stagione Alfredsson arriva a toccare quota 103 punti e, nonostante sia sempre stato un giocatore noto per le sue incredibili capacità in entrambe le fasi di gioco, negli anni successivi si mantiene su livelli analoghi sfiorando sempre i 90 punti.
E’ probabilmente il culmine della carriera e nel 2006-07 arriva il momento che un giocatore sogna da una vita ma che spesso rimane tale. La delusione maggiore è arrivare a un passo dal sogno, sfiorarlo, vederlo sfumare in un secondo. E’ quello che accade: l’attimo fuggente. Alfredsson guida la squadra, allenata dal futuro GM Brian Murray, fino a 105 punti in regular season e poi nella cavalcata verso la finale di Stanley Cup. Durante i playoff eliminano in 5 gare prima Pittsburgh, poi New Jersey e infine Buffalo e il capitano realizza 22 punti mettendo a segno 14 goal. La finale contro Anaheim è storia abbastanza recente e segna un brusco risveglio per Ottawa, sconfitta sempre in 5 partite senza nemmeno troppa storia. Sostanzialmente la fine di un ciclo.
Le Tre Corone
Il 2006 però significa anche Olimpiadi, quell’anno organizzate in Italia a Torino. Alfredsson veste la A sul petto in una squadra capitanata dal già citato Sundin e piena zeppa di fenomeni come Lidstrom, Forsberg, Zetterberg, i gemelli Sedin e un giovane Henrik Lundqvist tra i pali. La squadra delle tre corone fatica nel girone perdendo anche 5-0 e 3-0 contro Russia e Slovacchia ma nella fase finale la musica cambia e batte prima la Svizzera, poi la Repubblica Ceca di Jagr in cui Alfredsson segna anche il goal del 6-3, consegnando alla squadra la finale contro i cugini Finlandesi. La sfida contro Selanne e Saku Koivu finisce 3-2 con goal decisivo di Lidstrom nel terzo periodo. La Svezia e Alfredsson sono medaglia d’oro.
Con la nazionale svedese conquisterà in tutto anche 2 argenti e 2 bronzi ai mondiali e il recente argento alle ultime Olimpiadi di Sochi 2014 a cui Alfie partecipa alla tenera età di 41 anni. Un’altra finale persa ma il Canada era su un altro pianeta.
Finale a sorpresa
Gli anni successivi al 2006 ad Ottawa non sono stati tra i più facili. La squadra viene praticamente smontata e comincia una sorta di rebuilding durante il quale si susseguono le voci di una possibile cessione del Capitano. Alfredsson rimane, la sua famiglia ormai è nella capitale, e completa un simbolico passaggio di consegne con un altro giovane svedese, attuale capitano della squadra. In questi anni si toglie lo sfizio di arricchire il proprio palmares con il Guy Carbonneau Award (2008) come miglior penalty killer della lega, il King Clancy Trophy (2012) e il Mark Messier Award (2013) per le sue doti di leadership. Onorificienze per un giocatore che ha saputo guidare i propri compagni dando sempre l’esempio, con i fatti piuttosto che con le parole. La sorpresa è per questo ancor più grande quando nel 2014 decide di firmare come free agent con Detroit, ponendo fine alla sua storia di capitano dei Senators dopo 14 stagioni. L’ennesimo tentativo di provare a vincere andato male. Guardando indietro non ci sentiamo di biasimarlo, come dicono dall’altra parte dell’oceano “Business is business” e non sarà di certo un anno in una lunga carriera a togliergli quella lettera dal petto.
La “C” del capitano. Mio Capitano.
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