La Hall of Fame della Nhl con la classe del 2014 si arricchisce di ulteriore leggenda, miti ed eroi di intere generazioni che ora hanno un ulteriore e meritato premio.
Rob Blake (1270 partite, 240 gol, 537 assist, 777 punti, 1679 minuti di penalità)
Nato il 10 dicembre 1969 a Simcoe in Ontario, Blake è stato uno dei difensori più forti e longevi della Nhl, dimostrando una gran classe già agli esordi nel college prima di entrare nella Nhl nel draft 1988 con la maglia dei Los Angeles Kings.
Nella squadra californiana debutta nel 1989/90 giusto in tempo per vivere in maglia Kings l’epopea di Wayne Gretzky. E’ fondamentale verso la scalata per la Stanley Cup 1992/93 quando sigla 59 punti in stagione ma la corsa di L.A. si ferma alla finalissima, battuti dai Montreal Canadiens.
Riesce a migliorarsi nel 93/94 quando mette a referto 68 punti, stagione più prolifica per Blake e con l’addio di Gretzky diventa capitano dei Kings.
Nel 1997/98 vince il Norris Trophy come miglior difensore e dopo 11 stagioni con Los Angeles cambia casacca indossando, nel 2001, la maglia dei Colorado Avalanche.
Gli Avs dell’epoca sono una squadra affamata di gloria, oltre a capitan Sakic e Forsberg per Blake c’è anche la compagnia di Ray Bourque in difesa, il resto è storia, gli Avalanche vincono la Stanley Cup contro i Devils e seppur tutti gli occhi siano per Bourque, all’ultimo tentativo di sollevare la coppa dopo una vita a Boston, per entrambi i difensori leggendari arriva la prima e unica coppa della carriera.
Vinto con Colorado per Blake si apre lo scenario del ritorno tra i Kings per altre due stagioni prima di chiudere, ancora con la lettera C sulla maglia, con i San Jose Sharks sino al 18 giugno 2010 dopo 21 stagioni e 777 punti in 1270 partite.
In campo internazionale Blake vince anche World Cup e Olimpiade, cosa che fanno del nuovo Hall of Famer un membro del Triple Gold Club, l’ingresso nell’arca degli immortali 2014 arriva al secondo anno di eleggibilità.
Peter Forsberg (708 partite, 249 gol, 636 assist, 885 punti)
Peter Forsberg è stato semplicemente uno dei giocatori più dominanti della sua epoca, finchè il fisico non ha ceduto alle battaglie sul ghiaccio. Nato il 20 luglio 1973 a Omskoldsvik si è distinto nella squadra del suo paese sino alla chiamata dei Flyers nel 1991.
Con i Flyers però non giocherà mai, Forsberg è infatti protagonista di uno degli scambi più devastanti in Nhl, lui, Duchesne, Ricci, Huffman, Hextall, la prima scelta del 1993 Thibault, Simon e soprattutto 15 milioni di dollari ai Quebec Nordiques in cambio del numero 1 del 1991 Eric Lindros, considerato il futuro Gretzky.
La storia dice che Quebec (poi diventata Colorado Avalanche) getta in quel momento le basi per avere una squadra devastante per quel decennio.
Forsberg nonostante la possibilità di approdare in Nhl continua a giocare in Svezia, nel Modo, dominando il ghiaccio della sua nazione, sino all’esordio nel 1994/95 con i Nordiques, nella stagione del primo lock out.
50 punti nel 94/95 consentono a Forsberg di superare Jim Carey dei Capitals nella corsa al Calder Trophy, come rookie d’oro della Nhl prima della successiva esplosione nel 1995/96 quando Quebec, venduti i diritti ai Colorado Avalanche, vede lo svedese arrivare quinto in classifica marcatori con 116 punti, dietro Lemieux a quota 161, Jagr 149, Sakic 120 e Francis 119. La caccia verso la Stanley Cup è solo agli inizi, 21 punti in 22 partite sono il corollario della vittoria finale contro i Florida Panthers in appena 4 gare.
Gli infortuni iniziano a minare il fisico di Forsberg che non riuscirà mai a giocare un’intera stagione Nhl, nel 2001 arriva la seconda Stanley Cup ma in questa post season arriva l’asportazione della milza che gli fa giocare solo il primo turno dei playoff.
Con Forsberg sano è tutto un altro discorso, riposato da una stagione di stop nel 2002/03 arriva il primo posto nei marcatori con 106 punti, 2 in più di Naslund che però gioca 6 partite in più, e conquista l’Art Ross Trophy e l’Hart Trophy come migliore della lega.
L’avventura con gli Avalanche si chiude con il lock out del 2004/05, al rientro dalla Svezia, ancora con i Modo, Forsberg gioca 100 partite in 2 stagioni con i Philadelphia Flyers, visto che per il tetto salariale Colorado preferisce rifirmare Sakic e Blake.
Ormai in declino arrivano in sequenza infortuni all’inguine e alle caviglie e nonostante i gradi di capitano nei Flyers viene ceduto ai Predators prima di altre 11 brevi partite ancora con gli Avalanche tra il 2007/08 e il 2010/11 prima del ritiro.
La sua media di 1,25 punti a gara è l’ottava di tutti i tempi con 0,90 assist a partita e 171 punti in 151 gare di playoff.
Forsberg, Nhl a parte, è eroe nazionale in Svezia, il rigore decisivo per l’oro a Lillehammer 1994 viene raffigurato addirittura in un francobollo e aggiunge al palmares mondiale anche l’oro a Torino 2006, 5 Campionati del Mondo giocati con 2 ori e 3 medaglie d’argento che fanno del campionissimo svedese un membro del Triple Gold Club.
Al primo anno utile per l’introduzione nella Hall of Fame Peter Forsberg raggiunge altri 2 svedesi, Salming e Sundin.
Dominik Hasek (735 partite, 389 vittorie, 2 Stanley Cup, 6 Vezina Trophy)
Per Hasek dice tutto il soprannome “The Dominator” icona di uno stile tutto suo nel ruolo di portiere che decide di vincere le gare, e le vince.
Dominik Hasek nasce il 29 gennaio 1965 a Pardubice in Cecoslovacchia e tra i pali sembra un pesce, uno stile nervoso e agilissimo ma che non convince la Nhl, redatto alla scelta numero 199 nel 1983 dai Chicago Blackhawks, colpiti dal portiere in occasione delle gare con le nazionali. Hasek però la Nhl l’assapora solo nel 1990/91 con 5 partite prima di essere rispedito nelle leghe minori con gli Indianapolis Ice. Qui Hasek ha dei dubbi sul proseguire la carriera in America, Chicago gli fa assaporare ancora un po’ il ghiaccio, e Hasek sfiora anche la Stanley Cup giocando uno scorcio della finalissima contro i Pittsburgh Penguins rimpiazzando Belfour e piazzando un paio d’interventi (uno dei quali lontano dalla gabbia con Lemieux 1 contro 1) che fanno ammettere che la classe c’è ma va saputa sfruttare.
Lo allena un portiere che dir leggenda è poco, quel Vladislav Tretiak icona dell’Urss che vede in Hasek qualcosa di unico, finchè un infortunio di Fuhr lo fa finire a Buffalo.
E’ la salvezza per Hasek, con i Sabres gioca regolarmente e chiunque nota che Buffalo subisce una quantità industriale di conclusioni in porta ma con pochi gol subiti. E’ il matrimonio perfetto.
I Sabres da squadra materasso vengono spinti dalla classe del Dominatore sino alla finalissima di Stanley Cup del 1999/00 quando il sogno è interrotto da un gol irregolare di Brett Hull e i suoi Dallas Stars, rete che ancora grida vendetta ma arrivata dopo i supplementari e un orario vicino alle 2 del mattino.
Gli anni a Buffalo sono anche costellati di trofei individuali, Hasek fa suo il Vezina Trophy come miglior portiere nel 1994, lo vince per 6 volte, poi vince il Trofeo Jennings in coppia con Fuhr, il Lester Pearson come il giocatore più prezioso per i compagni sino a vincere l’Hart Trophy, un portiere come miglior giocatore in una lega dove comandano gli attaccanti.
Manca solo una cosa, la Stanley Cup, e con Buffalo le possibilità son poche, arriva cosi una nuova avventura, i Detroit Red Wings, fuoriserie del momento: 41 vittorie con Hasek in gabbia, sei partite di playoff chiuse con gli shutout del portiere ceco cosi sollevare la coppa è una cosa quasi scontata contro gli Hurricanes ed è il primo trionfo.
Arriverà anche il bis, prima però Hasek medita un primo ritiro per star con la famiglia, quando ci ripensa Detroit ha già sotto contratto Legace e Joseph, finchè infortuni gli fanno saltare l’intera stagione prima di accasarsi ai Senators ma l’avventura in terra canadese si chiude con l’eliminazione al secondo turno di playoff.
Sembra ormai ora del ritiro, invece a 41 anni Hasek firma ancora con i Red Wings, con Osgood l’intesa è perfetta, arriva la Stanley Cup contro Pittsburgh ma Hasek non è il portiere titolare.
Cosi restano i numeri, restano gli impressionanti 81 shutout, resta la medaglia Olimpica del 1998 quando decide di serrare la gabbia e parare tutti i rigori della finalissima, restano i 6 Vezina Trophy e i 2 trofei come miglior giocatore, resta realmente l’impressione di aver visto un dominatore, anzi “The Dominator!”.
Mike Modano (1499 partite, 561 gol, 813 assist, 1374 punti)
Dici Mike Modano e ti viene in mente un giocatore devastante, il nativo americano più prolifico di tutti i tempi in Nhl, l’icona degli Stars, sia Minnesota che Dallas.
Nato a Livonia in Michigan il 7 giugno 1970, Mike inizia a pattinare all’età di sette anni e nelle leghe giovanili dimostra un talento eccezionale sia in fase realizzativa che come numero di assist per i compagni. Minnesota non se lo lascia sfuggire e lo sceglie al numero 1 del 1988, arrivando secondo dietro Makarov come rookie d’oro, con l’unico particolare che Makarov ha 31 anni ma a quei tempi la Nhl premia il rookie come giocatore che gioca la sua prima partita in Nhl, indipendentemente dall’età.
Poco male, Modano ha il tempo per rifarsi, assapora la prima finalissima di Stanley Cup nel 1990/91 quando però i Penguins son troppo più forti dei North Stars che da lì a due anni si spostano a Dallas diventando gli attuali Stars.
Modano ne è logicamente l’icona, con Dallas che raggiunge la finale di conference nel 1998 e poi vince la Stanley Cup nella stagione successiva, quella contro Dominik Hasek e i 116 minuti, 3 supplementari di gara 6, col gol di Hulla già descritto con “The Dominator”, col particolare che Modano segna 23 punti nei playoff e gioca le gare decisive con un polso rotto.
Mike Modano oltre ad essere un apprezzato goleador cambia stile di gioco migliorando la fase difensiva e arrivando in finale del trofeo Selke come miglior attaccante quando difende.
La stagione più proficua dal punto di vista realizzativo è quella del 93/94 quando arrivano 50 gol in 76 partite con Modano che realizza 20 o più gol in almeno 16 stagioni, raggiungendo quota 30 in altre 9.
La disperata caccia verso una seconda Stanley Cup fa firmare Modano con i Red Wings nel 2010/11 indossando cosi la maglia della città del suo stato natale, con l’avventura che però non regala gioie con appena 4 gol in 40 partite.
Quando decide il ritiro Dallas fa la mossa a sorpresa di metterlo sotto contratto per 1 sola partita cosi da far chiudere realmente Modano indossando la casacca della sua vita, col numero 9 ritirato in quello stesso giorno dopo 1499 partite giocate in Nhl, 561 gol, 813 assist e 1374 punti.
Pat Burns (501 vittorie da coach, 1 Stanley Cup, 1 Jack Adams Award)
Patrick Burns realizza da allenatore il sogno che si ha da giocatore, vincere una Stanley Cup. Prima di arrivarci però l’avventura verso il successo è lunga.
Nato il 4 aprile del 1952 a Saint-Henri, un sobborgo di Montreal, Pat cresce col mito dei Canadiens ma presto si accorge di non avere l’abilità per sfondare in Nhl.
Non diminuisce l’amore verso l’hockey, Pat nonostante un impiego come ufficiale di polizia viene ingaggiato come scout per gli Hull Olympiques, nelle leghe minori. La scalata inizia da quella squadra, Burns sceglie di essere solo allenatore lasciando la polizia dopo 17 anni finchè non viene avvicinato da Serge Savard, GM dei Canadiens che lo arruola come vice sino all’incarico principale come coach di Montreal.
Il suo gioco difensivo è spesso produttivo, nel 1988/89 vince l’Adams Division col minor numero di gol subiti nella lega e solo i Calgary Flames riescono a battere i Canadiens nella finale di Stanley Cup.
Burns si consola col trofeo come miglior allenatore ma con i Canadiens non riesce più a ripetersi.
Passa cosi ai Maple Leafs guidando Toronto a stagioni chiuse sempre vicino ai 100 punti con il secondo trofeo di allenatore dell’anno, senza però riuscire a vincere la coppa.
Stessa storia con i Bruins, nel 98 arriva il terzo Jack Adams Award ma neanche a Boston arriva la Stanley Cup.
Perviene cosi ai New Jersey Devils, 108 punti nel 2002/03 ragalano l’avventura tanto sognata a Pat Burns, arriva la prima e unica Stanley Cup della carriera, che dura un altro anno sempre chiuso con almeno 100 punti in stagione.
Abituato a lottare per la vittoria Burns deve però arrendersi al cancro che lo porta via il 19 novembre 2010, lasciando come indelebile ricordo 1.019 partite di regular season con 501 vittorie.
Bill McCreary (1.737 partite arbitrate)
La Nhl premia tutti, anche gli arbitri, è cosi la volta di Bill McCreary, nato a Guelph nell’ Ontario, anche McCreary coltiva il sogno di giocare nella Nhl ma non sfondando come giocatore inizia prima come assistente e poi come arbitro, prima di avere un contratto a fine anni 70 in Central Hockey League e American Hockey League.
Il salto verso la Nhl è breve, esordisce nel 1982 dirigendo Washington-New Jersey, arbitrando poi l’ultima gara nel 2011, ancora con i Capitals questa volta contro i Sabres.
In tutto 1.737 partite di regular season, 297 di playoff, Stanley Cup tra il 1994 e 2007 e nel 2009, compresa poi la storica gara del 18 aprile 1999, quella dell’addio di Wayne Gretzky alla Nhl.
Nel 2010 McCreary ha diretto la sua 44esima partita di Stanley Cup superando il record di Bill Chadwick.
Supereroe travestito di giorno da ragioniere e di notte da redattore, Francesco Fiori nasce il 30 maggio 1983 a Sassari e da subito capisce che lo sport è come una passione esagerata, allevato con pane e album Panini. Un sardo che ama il ghiaccio, impossibile, conosce la Nhl grazie ai compiti dell’ora di pranzo che rinvia a causa della dipendenza da TELEPIU2. E’ nel giugno 2008 che decide per curiosità di collaborare con Playitusa grazie ad un pezzo dedicato al grande eroe Mario Lemieux. Non solo Hockey tra le passioni di colui che è casinista, testardo e sognatore (più altri mille difetti), segnala l’amore per la bici (definita sua dolce metà) ma anche una dedizione totale a calcio (INTER), basket (DINAMO SASSARI) e qualsiasi cosa sia sotto la voce SPORT e non lo faccia dormire.
Se anche voi non dormite rintracciatemi alla mail fcroda@yahoo.it giusto per 2 risate.