Ah, la Stanley Cup.
Ogni anno 30 squadre giocano 82 partite con la speranza (chi piu’ chi meno) di passare ai playoff. Le sedici piu’ fortunate (anche qua, dipende dai punti di vista) continuano nella post-season. Alla fine, le due migliori arriveranno alla finale: una delle due alzera’ la Coppa al cielo, l’altra uscira’ dal ghiaccio a capo chino, lontano dai riflettori, maledicendosi per non avercela fatta.
Qual e’ pero’ la vera maledizione? Quella di aver perso la Coppa, o quella di averla vinta?
E’ come un buon profumo: lo annusi da lontano, cerchi la strada per raggiungerlo, ti inebri della sua fragranza, ma quando ormai l’hai raggiunto ti sfugge letteralmente da sotto il naso.
La Coppa e’ cosi’: la annusi fin da bambino, da quando stringi i primi pattini ai piedi, e sulle dita delle mani hai l’odore della gomma del disco. Passi attraverso anni di odori diversi: le casacche sudate, l’odore ferroso del sangue, quello delle lacrime della tua ragazza quando preferisci l’allenamento al ballo di fine anno, quello del Gatorade e degli asciugamani bagnati nello spogliatoio. La ricerca potrebbe finire con il profumo dello champagne dentro l’argento.
Ma sto divagando. Parlavo di maledizione. Si’, vincere la Stanley Cup e’ una maledizione. E’ una maledizione perche’ nel momento stesso in cui la vinci sai che sara’ della tua squadra per una sola estate, sebbene i vostri nomi saranno scritti sulla Coppa per sempre.
Va bene, sai anche che per un giorno sara’ proprio tua tua, comprensiva di Keeper of the cup al seguito, e potrai farci quello che vorrai, tipo farla vedere ai tuoi amici che ridevano di te quando dicevi che il tuo sogno piu’ grande era di giocare nella NHL. Ma, come alla fine delle vacanze estive salutavi i nuovi amici che avevi appena conosciuto e che forse non avresti visto mai piu’ , cosi’ alla fine dell’estate sei costretto a salutare la Stanley Cup, con la speranza di poterla riabbracciare a giugno.
Ma le strade prese da una vincitrice della Coppa e dalla Coppa stessa sempre piu’ spesso sono rette parallele, perche’ ogni anno sembra piu’ difficile che mai riuscire a ribaltare le leggi della geometria, e farle incrociare di nuovo.
Quest’anno i campioni uscenti sono i Chicago Blackhawks, e fin da subito si e’ parlato di una possibile dinastia. La squadra e’ forte, giovane, motivata e rodata, e soprattutto ha vinto due Coppe nel giro di quattro anni. Quindi hanno ottime possibilita’ di ripetersi, o quantomeno ne hanno piu’ di quante ne abbiano avute i loro predecessori degli anni passati. Ma ce la faranno?
La Storia non e’ tanto gentile, con i detentori della Coppa. L’hockey su ghiaccio e’ lo sport americano che meno si presta al repeat (io sono un nostalgico e mi ricordo i due three-peat dei Chicago Bulls negli anni ’90, per dire…), visto che NBA, NFL e MLB hanno ricordi recenti di dinastie vincenti.
Nella NHL bisogna andare indietro di quindici anni per trovare una doppietta, anche se in questi tre lustri due squadre (Dallas e Detroit) sono riuscite ad arrivare in finale anche l’anno dopo la vittoria, vedendosi pero’ sfuggire il titolo (tra parentesi, Detroit fece le cose per bene preparandosi la stessa serie finale, che vinse nel 2007-08 contro i Penguins, Penguins a cui dovette arrendersi l’anno dopo).
Ci siamo informati, e abbiamo detto al Sabba di telefonare a Scotty Bowman. L’arzillo 80enne (Scotty, non Il/Sabba) e’ un vero esperto di repeat, visto che fu coach dei Penguins (1990-91, 1991-92) e poi dei Red Wings (1996-97, 1997-98), quindi nelle ultime due dinastie segnate nell’albo d’oro NHL, e adesso e’ nello staff dei Blackhawks (qua Il/Sabba giura di aver sentito il vecchietto fare l’occhiolino al telefono, NdR), ma anche lui non ha saputo dire quale sia il segreto della doppietta.
L’ultima volta che e’ successo potrebbe essere stata tutta una questione di volonta’. Nella stagione 1996-97 i Detroit Red Wings vinsero (con uno sweep in Finale) la Coppa dopo 42 stagioni a secco (all’epoca la striscia piu’ lunga di anni senza Coppa).
Sei giorni dopo la vittoria, Kostantinov ebbe un incidente d’auto con la limousine, al quale sopravvisse ma da cui usci’ tra l’altro con danni cerebrali. Fu un duro colpo per la squadra, che gioco’ tutta la stagione seguente credendoci e volendo di nuovo la Coppa. Beh, il lieto fine c’e’ stato con un altro sweep, e la consegna della Coppa con Kostantinov che la porta in trionfo fa venire le lacrime ogni volta anche ai piu’ duri di cuore. Quanto difficile possa essere stata la doppietta lo testimoniano tutti questi anni in cui non ce n’e’ stata un’altra.
Ma Scotty punta il dito contro il salary cap, introdotto prima della stagione 2005-06. Dopo questa fatidica data, la Coppa e’ stata vinta da sette squadre diverse in otto stagioni, con solo i suddetti Blackhawks ad averla vinta due volte. Il tetto salariale a disposizione della squadra non permette di tenere tutti, soprattutto quelli che hanno un contratto in scadenza e hanno appena vinto la Coppa (ora, io non sono un esperto di economia, ma penso che una Stanley Cup fresca fresca possa essere un’ottima ragione per pretendere uno stipendio piu’ sostanzioso…).
Ormai il vecchietto ha sciolto la lingua, e continua. Secondo lui, e come dargli torto, le squadre di adesso sono in generale piu’ forti rispetto a quelle del passato, e hanno quasi tutte la fortuna di avere dei giovani che danno subito un forte contributo al gioco (ricordiamo il motto dei Penguins “Experience the evolution“, che con l’arrivo in squadra di Crosby-Malkin-Staal hanno dimostrato a tutti che l’esperienza vale, ma la giovinezza non e’ da sottovalutare).
E ancora, c’e’ la stanchezza fisica e mentale che vincere la Coppa comporta. E non si parla solo del centinaio e passa di partite che servono a vincerla. Si parla anche di tutta l’estate che vien dopo, delle parate, delle feste, delle celebrazioni, e poi della ripresa degli allenamenti in vista della nuova stagione. L’hangover da Stanley non e’ da prendere sottogamba. Anche perche’ tu, come giocatore, sai che potrebbe ricapitarti in futuro, ma non puoi permetterti di aspettare e nel frattempo cerchi di goderti ogni attimo.
In sottofondo Il/Sabba sente la moglie di Bowman che lo chiama per il pranzo, quindi rimane solo l’ultimo pensiero che il vegliardo gli confida con una risatina: una squadra. Gia’, perche’ per vincere la Coppa, fosse una o piu’ volte di fila, serve una squadra.
Non servono i nomi singoli, le superstar, sebbene aiutino. Serve una squadra che possa tenere il ghiaccio per 82 partite. Serve una squadra che possa andare avanti nei playoff. Serve una squadra che funzioni al completo, che azzanni in powerplay, che protegga e difenda in penalty killing, e perche’ no che sia una cosa unica, come hanno dimostrato in non piacevoli circostanze i Red Wings.
Tante grazie, Scotty. Nessuno meglio di te avrebbe potuto spiegarci i segreti per vincere. Pero’ una cosa Il/Sabba non e’ riuscito a chiedere prima che si chiudesse la comunicazione.
Era sul serio un occhiolino quello che aveva sentito?
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grande articolo….che sogno la Stanley Cup, portatela in redazione