Marian Hossa è diventato grande, lo era già ma ora anche i numeri sono dalla sua parte, martedi 5 marzo contro i Minnesota Wild ha giocato la gara numero 1.000 e ovviamente ha festeggiato con un gol. Un ringraziamento che vale 1.000 applausi per una carriera speciale.
Gli inizi
Nato il 12 gennaio 1979 a Stara’ Lubovna indossa la maglia 81, ed è un giocatore spettacolare, spesso perché è il miglior amico della sfortuna.
Il suo approdo nella Nhl risale al draft 1997 vinto da Joe Thornton che approda ai Bruins, davanti a Marleau di San Jose, Jokinen terzo, Luongo quarto con Hossa dodicesimo che precede Cleary, Morrow, Huselius, Cooke (144°) e Campbell (156°), insomma, tanta roba.
Se lo aggiudicano gli Ottawa Senators ma dopo 7 partite il binomio Hossa-Nhl ha qualche difficoltà cosi viene parcheggiato in una sorta di squadra primavera, i Portland Winterhawks in Whl dove l’anno successivo arriverà il fratello di Marian, Marcel, più piccolo e meno talentuoso.
Con Portland conferma il suo talento, 53 partite, 45 gol e 40 assist per 85 punti con promozione scontata nel campionato principale, non solo, in Whl è rookie dell’anno, vince il Memorial Cup Tournament e proprio in finale scontrandosi contro i Guelph Storm s’imbatte sull’attaccante Ryan Davis intravedendo la sfortuna, sua perfida amica, con un infortunio alla gamba che gli blocca l’esordio tra i pro sino a dicembre e lo fa festeggiare nel campionato su una sedia spinta dai compagni, Paperino non può sollevar trofei senza soffrire.
Prima stagione con Ottawa 15 gol e 15 assist con il secondo posto nel Calder Trophy come esordiente dell’anno dietro Chris Drury, migliora sensibilmente nel 1999/00 quando sigla 56 punti grazie a 29 gol e 27 assist ma ancora una volta è protagonista di uno sfortunato episodio quando col bastone alto colpisce il difensore dei Maple Leafs Bryan Berard causandogli una profonda lacerazione all’occhio che per miracolo i medici, vicini alla rimozione, salvano e con il rischio carriera ecco il cuore d’oro di Paperino che visita il giocatore finché non è fuori pericolo, col sospiro di sollievo quando Berard rincuora Hossa dando la colpa alla malasorte.
Le statistiche con i Senators scrivono 75 punti nel 2000/01 (32 gol) 2° dietro Alexei Yashin nella sua squadra, in una stagione che lo vede presente anche nell’All Star Game.
Al termine dell’annata il suo contratto scade ma Hossa lo rinnova per altri 3 anni alla cifra di 8,5 milioni di dollari causando qualche critica per il rendimento in calo nella stagione successiva al rinnovo (66 punti).
Marian Hossa ha il talento dalla sua parte, segna 45 gol con 35 assist partecipando alla sua seconda gara delle stelle, trascinando i suoi nella postseason dove in 18 gare sigla 16 punti, ma ricordandosi che gioca sempre con la sfortuna Paperino viene eliminato in 7 gare dai futuri campioni dei New Jersey Devils. Si migliora nella regular season successiva quando fa 82 punti (2 in più dell’anno prima) ma l’avventura nei playoff termina al primo turno nonostante i suoi 4 punti in 7 partite contro i Toronto Maple Leafs.
Cosi si arriva al primo lock out, Marian raggiunge suo fratello Marcel nel Mora Ik segnando 32 punti in 24 gare, cambiando casacca e nazione torna nella natia Slovacchia per chiudere la stagione con i Dukla Trencin (42 punti in 22 gare).
Dopo il forzato stop per il lock out Marian decide di cambiare aria, nella trade che lo coinvolge c’è un velo di tristezza perché con De Vries viene scambiato Dany Heatley che richiede espressamente il trasferimento da Atlanta per i sensi di colpa causati da un suo incidente automobilistico dove perde la vita il suo compagno di squadra Dan Syder (Heatley porterà sul viso i segni di un incidente da cui non si è mai voluto curare).
Per Hossa il palcoscenico Thrashers equivale a far coppia con Ilya Kovalchuk, binomio stellare che regala a Marian le statistiche migliori della sua carriera, nel 2005/06 realizza 39 gol e 53 assist per 92 punti ma fa ancora meglio la stagione successiva quando diventa il primo e unico giocatore di Atlanta a siglare 100 punti con 43 gol e 57 passaggi vincenti.
La sua presenza come All Star non si discute, in regular season i Thrashers vincono la southest division con 97 punti ma una volta arrivati ai playoff vengono eliminati al primo turno in 4 partite dai New York Rangers facendo capire che per la Stanley Cup Hossa deve contare anche sulla fortuna e lui a quel capitolo ancora non ci appartiene.
Nell’ultimo anno di contratto con Atlanta Paperino non ha nessuna intenzione di sentire la parola rinnovo, il colpo di scena arriva l’ultimo giorno disponibile per il mercato, il 26 febbraio 2008 sono i Pittsburgh Penguins ad assicurarsi l’asso slovacco insieme a Pascal Dupuis in cambio di Colby Armstrong, Erik Christensen, Angelo Esposito e Daultan Leveille.
L’avventura con i big
Pronti via esordio per Marian in maglia Penguins e infortunio al legamento collaterale in uno scontro con Glen Murray dei Bruins giusto per spiegare che il nuovo matrimonio non sarà rose e fiori, perdendo le prime 6 gare e attendendo un po’ per accendere i sogni dei tifosi dei Penguins non appena trova Crosby e Dupuis sulla stessa linea, la Stanley Cup non è più un miraggio.
Playoff memorabili, Pittsburgh nei primi turni perde solo 3 match e nella finale di conference elimina gli odiati rivali dei Philadelphia Flyers con un sonoro 6 a 0 in gara 5 regalando cosi alla franchigia di Mario Lemieux la terza finalissima della storia dei Pinguini.
Contro i Detroit Red Wings, potenza suprema di quegli anni, Hossa rimedia 2 brutte sconfitte con zero gol fatti nelle prime 2 partite a Hockeytown, vince gara 3 per 3 a 2 ma perdendo gara 4 in casa consegna moralmente la coppa a Nicklas Lidstrom nonostante Marian riesca a segnare.
Il miracolo viene firmato in gara 5, sotto 3 a 2 a 35 secondi dalla fine Pittsburgh toglie il portiere Fleury, dentro il sesto giocatore di movimento e gol di Max Talbot. Ci vogliono 3 supplementari per decretare un vincitore, il cuore dei Penguins ha la meglio con la rete di Petr Sykora dopo che Fleury blocca 55 tiri, Ryan Malone gioca ko per un puck preso in piena faccia e Sergei Gonchar si trascini sul ghiaccio infortunato.
Di Hossa, Malkin e Crosby nessuna traccia e la superpotenza Red Wings ne approfitta in gara 6.
Marian Hossa si ricorda di essere Paperino, sbatte su Osgood l’ultimo disco della serie che attraversa successivamente tutta la linea di porta senza entrare a tempo ormai scaduto, la delusione è atroce e Detroit troppo forte.
Sbarco a Hockeytown
Hossa resta affascinato dalla Stanley Cup cosi fa la cosa più ovvia per chi la sogna, firma per i Detroit Red Wings causando l’ira dei tifosi che lascia in Pennsylvania dove ormai si pensava mettesse radici.
La rabbia nel gesto di Paperino va spiegata nel rifiuto di un contratto di 5 anni per 7 milioni preferendo siglarne uno di un solo anno con i campioni in carica, escludendo l’offerta Oilers di 9 milioni a stagione.
L’annata di Hossa è come al solito proficua, segna 40 gol ma s’infortuna anche al collo, cosa che non gli impedisce di far gol ai “suoi” Penguins tra i fischi della Mellon Arena.
Quello sguardo furbetto che crede di averla fatta in barba alla sfortuna non sa cosa succederà da li a poco, i Penguins licenziano coach Therrien e nella follia di quei giorni affidano al coach “di riserva”, tale Dan Bylsma “the interim coach” e acquistano Bill Guerin e Chris Kunitz.
Un mese più tardi Marian in preda a una crisi mistica giura amore eterno ai Red Wings, disposto anche a prendere di meno pur di conservare la sua maglia rossa numero 81, il tutto mentre Detroit blinda Henrik Zetterberg per 12 anni e fa la stessa cosa con Pavel Datsyuk nel dream team della Joe Louis Arena.
Quello che Hossa ancora non sa è che diventerà l’uomo dei playoff, ma non positivamente.
Paperino sveglia la sua aura micidiale quando strizza l’occhio al destino, supera i Blackhawks nelle finali di conference e pretende la sfida contro Pittsburgh Penguins incredibilmente rinati.
Per i media l’uomo della finalissima è lui, quel Marian che spiega con le prime 2 vittorie casalinghe la sua scelta, scatenando i Pinguini che piazzano un doppio 4 a 2 nelle gare della Mellon Arena. Hossa non crede alla sfortuna, è il suo anno, gara 5 è un dominio imbarazzante, 5 a 0 ai Penguins in una notte da horror che prepara il palato di Lidstrom e soci.
Poco male si pensa perdere 2 a 1 in gara 6 tanto Pittsburgh ha la fobia del ghiaccio di Detroit e da lì ne uscirà a pezzi, parola di super Marian Hossa.
Gara 7 è la notte magica, la notte dei sogni, si, ma dei Penguins!
Cosa sia passato nella mente in quella gara 7 ai Red Wings non si sa, fatto sta che una doppietta di Max Talbot consegna l’incredibile Stanley Cup a Pittsburgh con le telecamere che non vanno subito su Sidney Crosby ma sullo sguardo di un Hossa statua di ghiaccio, impietrito e devastato da un epilogo che, rivelato l’anno prima, sarebbe apparso irreale e ironico.
Nuovo giro nuova avventura
L’avventura di Paperino a Detroit si chiude quella sera col dubbio di portare una sfortuna pazzesca, ormai diventa mister free agent e l’estate passata a rivedere i Penguins deriderlo per la Stanley Cup convincono Marian che prima o poi restituirà il favore, la nuova meta è la città del vento, i Chicago Blackhawks che hanno appena perso il bomber Martin Havlat.
Per la prima volta in carriera Hossa sottoscrive un contratto di ben 12 anni per 59 milioni di dollari. Con i giovani Jonathan Toews e Patrick Kane Paperino è il giocatore ideale per inseguire la tormentata coppa e avrà 12 anni per provarci.
Siccome gli infortuni vanno di pari passo con la sfortuna il debutto con gli Hawks slitta di 8 settimane a causa di una spalla ballerina.
Il matrimonio con Chicago parte cosi in salita ma all’esordio, il 25 novembre 2009, contro gli Sharks realizza una doppietta per la gioia dei nuovi tifosi.
I Blackhawks arrivano ad un solo punto dal President Trophy quale squadra col miglior record in regular season e si preparano alla guerra dei playoff. Marian Hossa realizza 57 punti in 65 gare, nella sua postseason la parola non è vendetta ma vincere, i Nashville Predators vengono liquidati in 6 gare, con Chicago che rifila 3 vittorie consecutive.
L’ostacolo successivo sono i Vancouver Canucks dei gemelli Sedin ma 6 partite e una vittoria per 5 a 1 in terra canadese proiettano Hossa alle finali di conference contro gli Sharks, miglior squadra del campionato.
Rocambolescamente Marian in un turno solo si libera di due pensieri capendo che forse è l’anno buono, in un colpo solo vengono eliminati i Red Wings e i Penguins in semifinale superati da Sharks e Canadiens.
Poco male pensa il numero 81, con le rivincite ha poca fortuna meglio cercarle più in la, cosi mentre si affrontano le prime 2 teste di serie a ovest San Jose si scioglie come neve al sole e incredibilmente Chicago chiude la serie in 4 gare e va a disputare la finalissima contro i Flyers. Philadelphia è squadra arcigna, nei playoff è riuscita nell’impresa di superare Boston perdendo le prime 3 gare ma dimostrando un grande carattere senza abbattersi e riuscire nella rimonta record.
Hossa è davanti alla Stanley Cup per la terza volta consecutiva con tre squadre diverse, media e fans rivali invocano la maledizione di Paperino, la “Hossa Curse” o “Hossa Hex”.
Non andrà cosi.
Anche Paperino una volta nella vita supera la sfortuna, il 9 giugno 2010 Patrick Kane nell’overtime di gara 6 segna il gol che regala la coppa a Chicago, Hossa suda freddo ma esulta finalmente.
La coppa, la Stanley Cup, una volta sollevata dal capitano Toews come da tradizione viene passata proprio nelle mani del nuovo supereroe, Marian Hossa passa dagli abiti di Paperino a quelli di Paperinik, finalmente vincente e per una volta applaudito anche dai tifosi dei Penguins (a dir la verità si esulta per la sconfitta dei Flyers) e dell’intera Nhl che batte le mani per la testardaggine dell’attaccante slovacco ormai in tilt per la gioia.
Arriviamo cosi ai giorni nostri, Hossa sigla il gol numero 400 e presto esulterà anche per il punto numero 1.000, nel 2012 arriva a quota 900 e nel 2013 gioca la gara numero 1.000.
Per non dimenticarsi di essere sempre il figlio prediletto della sfortuna Raffi Torres nel primo turno dei playoff 2012 colpisce in maniera “camion contro umano” Marian Hossa costringendolo ad un ko che gli costa la postseason dopo appena 3 gare con 25 turni di squalifica per il kamikaze di Phoenix.
Paperino cosi riprende la sua corsa nel 2013, Chicago realizza una partenza record e Hossa è ancora sul ghiaccio a inseguire i suoi sogni e dribblare la sfortuna.
Yashin, Alfredsson a Ottawa, Bondra e Kovalchuk ad Atlanta, Malkin e Crosby a Pittsburgh, Datsyuk e Zetterberg a Detroit,
Kane e Toews a Chicago vogliono dire 1.000 partite, compagni stellari cresciuti con la presenza dello slovacco, nessuno che ne possiede insieme senso del gol, capacità di intuizione sovrannaturale, rapidità e naturalmente sfortuna.
In futuro sarai Hall of Famer Marian “Paperino” Hossa, sei 1.000 volte grande!.
Supereroe travestito di giorno da ragioniere e di notte da redattore, Francesco Fiori nasce il 30 maggio 1983 a Sassari e da subito capisce che lo sport è come una passione esagerata, allevato con pane e album Panini. Un sardo che ama il ghiaccio, impossibile, conosce la Nhl grazie ai compiti dell’ora di pranzo che rinvia a causa della dipendenza da TELEPIU2. E’ nel giugno 2008 che decide per curiosità di collaborare con Playitusa grazie ad un pezzo dedicato al grande eroe Mario Lemieux. Non solo Hockey tra le passioni di colui che è casinista, testardo e sognatore (più altri mille difetti), segnala l’amore per la bici (definita sua dolce metà) ma anche una dedizione totale a calcio (INTER), basket (DINAMO SASSARI) e qualsiasi cosa sia sotto la voce SPORT e non lo faccia dormire.
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