Difficile commentare un 4 a 0 senza entusiasmarsi per i Los Angeles Kings, non me ne vogliano i Devils e i loro fan ma vedere una franchigia che attende con ansia di provare l’emozione di sollevare la prima Stanley Cup per vedere l’effetto che fa è un gran bel sogno.
Allo Staples Center non si vive di solo Kobe Bryant, anzi in questo momento il campionissimo è niente in confronto a Jonathan Quick e ai miracoli di una fantastica post season, senza dimenticare che i Kings sono la testa di serie numero 8 e che hanno già fatto fuori le prime tre teste di serie della Western Conference, Canucks, Blues e Coyotes.
L’atmosfera è da leggenda, specie se il primo disco viene lanciato da “Colui che ha riscritto il Record Book della Nhl” sua maestosità Wayne Gretzky, il più forte di tutti ma che a Los Angeles si è fermato proprio alla finalissima contro i Montreal Canadiens, anno 1993, un’eternità fa.
New Jersey viene colpita da uno strano virus durante queste finali, “l’anti-power play” ossia l’incapacità di tradurre in gol la superiorità numerica e quando si trova sul ghiaccio con 5 giocatori contro 3 va a sbatte su Quick, che tradotto in italiano sarebbe rapido, cioè portiamo in fretta a casa l’ambita coppa.
I primi venti minuti scorrono senza gol, i Kings vanno alla ricerca del terzo eroe della Stanley Cup dopo Kopitar e Carter, autori dei gol decisivi nell’overtime delle prime 2 gare, dal nulla sbuca il giocatore più anonimo di Los Angeles, Alec Martinez, e con una furia arriva dalle retrovie per spingere il puck solitario prima che ci arrivi il guantone della leggenda Martin Brodeur, 1 a 0.
Martinez ora si gode la sua menzione d’onore nel triumvirato di Doughty e Mitchell e ancora di più ammira i tre tocchi con cui King e Lewis liberano il bomber Anze Kopitar nel colpo di grazia del 2 a 0, dimenticato da Zach Parise, il miglior giocatore Devils della stagione.
Non contenti del doppio vantaggio i Kings usano il periodo finale per spiegare ai Devils come si infierisce in superiorità numerica e visto che la luna fa l’occhiolino ai Re ecco che due penalità inferte a New Jersey nell’ultimo periodo e altrettanti gol subiti, il 3 a 0 senza ragionarci troppo, disco al centro e gol di Jeff Carter, il giocatore jolly che tanto è mancato nella storia recente dei Kings, poi Justin Williams parte in progressione, scarta la difesa come se si preparasse ad un gol alla Messi, Brodeur para ma sul rimbalzo ancora Williams chiude in gol la gara che termina 4 a 0, doveva essere una finalissima almeno dolce per New Jersey, si sta rivelando un incubo.
Il power play non funziona, Kovalchuk, Parise ed Elias non riescono a trovare il modo per superare Quick che chiude la serata con 22 parate e lo shutout casalingo.
Ora il 6 giugno la storia potrebbe arricchire la Nhl di un nuovo capitolo, come nei sogni di Dustin Penner che si chiede se tutta San Andreas sarà in grado di contenere la baraonda di tifosi Kings, un capitolo che dopo 45 anni merita di scrivere il pezzo migliore.
Prima dell’era Kopitar (18 punti in 17 partite) a L.A. sponda Nhl è esistito solo Wayne Gretzky come ricordo più bello di una franchigia che ha vinto solo 14 partite in 17 anni di post season.
Solo quest’anno sono a quota 15 vittorie e 2 sconfitte, soprattutto record immacolato in trasferta con un bel 10 su 10, con la prossima vittoria oltre che sollevare la Stanley Cup si eguaglierebbe il record degli Edmonton Oilers, guarda caso capitanati dal Great One che nel 1987/88 chiusero con un 16-2.
Los Angeles è la prima squadra ad esser stata in vantaggio 3 a 0 in tutte e 3 le serie precedenti e anche questo è record, oltretutto chiudere le prime 2 finali all’overtime fa aggiungere una voce al record book della Nhl.
Non avranno i grandissimi campioni degli Oilers anni 80 (Messier, Lowe e Kurri da cornice al 99) né magari apriranno una dinastia di 5 Stanley Cup ma in caso di vittoria L.A. sarebbe la prima testa di serie numero 8 a rovesciare tutti gli equilibri della Nhl e questo ai Kings basta e avanza, ma non dite a Dustin Brown che sarà meglio di Gretzky.
Supereroe travestito di giorno da ragioniere e di notte da redattore, Francesco Fiori nasce il 30 maggio 1983 a Sassari e da subito capisce che lo sport è come una passione esagerata, allevato con pane e album Panini. Un sardo che ama il ghiaccio, impossibile, conosce la Nhl grazie ai compiti dell’ora di pranzo che rinvia a causa della dipendenza da TELEPIU2. E’ nel giugno 2008 che decide per curiosità di collaborare con Playitusa grazie ad un pezzo dedicato al grande eroe Mario Lemieux. Non solo Hockey tra le passioni di colui che è casinista, testardo e sognatore (più altri mille difetti), segnala l’amore per la bici (definita sua dolce metà) ma anche una dedizione totale a calcio (INTER), basket (DINAMO SASSARI) e qualsiasi cosa sia sotto la voce SPORT e non lo faccia dormire.
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