E adesso i Kings cominciano a crederci veramente. Essersi imposti per 2-1 nel secondo match nel Jersey, significa poter tornare a Los Angeles con un doppio vantaggio e giocarsi la vittoria della Stanley Cup davanti al pubblico amico.
L’entusiasmo in queste ore è, comprensibilmente, alle stelle in California: senza i Lakers a tenere impegnato il pubblico del Golden State, per gara-3 si attende il pienone allo Staples.
Per la seconda volta nel giro di poche ore, LA ha fatto la partita al Prudential Center per poi stendere i Devils all’overtime. E se giovedì il “killer” di gara-1 era stato Anze Kopitar, sabato sera Jeff Carter ha avuto l’onore di gonfiare il net alle spalle di Brodeur con la marcatura decisiva. E regalare così ai Coronati la seconda vittoria in queste Finals 2012.
Per la statistica e per la storia, si tratta della decima vittoria esterna consecutiva. Nessuno, nella storia della Nhl aveva mai fatto tanto nei playoff. E se è vero che le imprese si fanno anche con questi “segni” che danno quel qualcosa in più oltre alla classe e all’abnegazione, a questo punto non si capisce dove New Jersey possa trovare la forza di ribaltare la situazione, se non ritrovando quella cattiveria agonistica che gli aveva permesso di sbarazzarsi, lungo il proprio cammino, di protagoniste assolute come Philadelphia e New York.
Ma non è un buon punto di partenza iniziare dai demeriti dei padroni di casa, visto che, come avvenuto in gara-1, LA ha subito messo sotto pressione gli avversari e il conto delle parate di Brodeur a fine gara (30 saves per lui) sta a testimoniare come, ancora una volta, l’acciaio dei Devils si sia piegato pesantemente per tutto il match, prima di cedere di schianto dopo 13 minuti e 42 secondi dall’inizio dell’extra time.
Carter ha raccolto un assist di Penner, che si sta confermando l’arma in più a disposizione di LA anche in queste Finals, e lo ha scaraventato dentro dopo avere fatto un primo tentativo, respinto dal portiere rossonero. Ha raccolto il rimbalzo, ha volteggiato sul punto di face off di sinistra, si è accentrato e ha messo dentro con un colpo improvviso.
Per tutto l’OT, New Jersey non aveva fatto molto per evitare questo brutto, secondo epilogo consecutivo. Come dalle parti del Jersey si temeva alla vigilia delle Finals, l’apporto in più per i Kings è venuto proprio dalla quarta linea dei losangelini: l’OT ha mostrato come i rossoneri fossero alle corde.
E avrebbero potuto incassare il colpo del ko ben prima della rete di Carter, fin dall’inizio dei supplementari, quando Kovalchiuk e Fayne avevano pasticciato a metà campo innescando al tiro prima Brown e, nel corso della medesima azione, anche Mike Richards, facendo apparire palese come New Jersey si trovi in grave difficoltà in queste Finali quando è sotto pressione.
E questa di inizio overtime non è stata l’unica indecisione nelle fasi salienti di gara-2. Il resto lo ha fatto un Jonathan Quick in grande spolvero, capace ancora una volta di un numero di parate superiore a quelle del collega pluridecorato: alla fine, il personale tabellino del portiere nato a Milford parla di 32 saves che, sommate a quelle di gara-1 dicono 48 salvataggi su 50 tiri in due partite.
Statistiche da campione, che adesso possono davvero portare la coppa di Sir Stanley a Los Angeles, per la prima volta da quando la franchigia è nata. La prima e unica volta che il più antico trofeo di uno sport di squadra è approdato nel Golden State, è accaduto nel 2007, quando ad imporsi furono gli Anaheim Ducks.
Dalle parti della Contea di Los Angeles c’è già chi si è quasi scordato che faccia abbia Kobe Bryant ed è pronto ad invadere lo Staples Center per gara-3, in programma stanotte alle 2 ora italiana.
Unico avvertimento possibile, prima che la festa abbia inizio, è quello lanciato da Jarret Stoll: “We haven’t won anything”.
La convinzione ora è fortissima e, inutile negarlo, affonda le radici non solo nella riscoperta del proprio valore tecnico-atletico, ma anche, e a maggior ragione, in quella striscia di 10 vittorie consecutive che nessuno è mai stato in grado di inanellare da quando esiste la Stanley Cup.
Ed è risaputo che le convinzioni fanno grandi (o rovinano) gli uomini, le donne e i collettivi. Quanto ancora ci credono i New Jersey Devils?
Dopo la laurea in Lettere Moderne con tesi sull’amministrazione della giustizia nella Lombardia Spagnola (1641-1645) è diventato giornalista pubblicista nel 2001 e ha collaborato con il Corriere della Sera per la cronaca dai Comuni del Nord Milano. Dal 2001 è in forze al Cittadino di Monza e Brianza. Nel 2003-2004 ha collaborato al “Dizionario della Moda” di Baldini e Castoldi Dalai e alla raccolta “Paolo Grassi. Lettere 1942-1980” di G.Vergani. Nel 2011 inizia l’avventura televisiva di MonzaBrianza Tv con servizi dal territorio del Nord Milano e Brianza Sud. Appassionato di basket Nba, football, ma soprattutto di hockey, dalla stagione 91-92 risulta tesserato Saima Milano. Per tradizione familiare e per perversione personale è devoto a Santa Marianna, per celebrare la quale ogni 17 febbraio si reca in pellegrinaggio in Licaonia insieme ad altri fanatici come lui
io ho visto entrambe le partite ma non concordo con tutti questi complimenti verso LA, la loro tattica è stata fare un primo tempo in forcing (ottenendo entrambe le volte il vantaggio) per poi affidarsi a Quick per il resto della partita salvo poi rifarsi sotto nell’OT dopo che gli avversari si erano sfiancati per 40 minuti cercando invano la doppia segnatura. Merito sicuramente enorme del già citato Quick ma anche demerito dei diavoli che (come segnalato dai cronisti made in USA) hanno spesso mancato il tocco decisivo o per imprecisione o per errato timing o per tiri raso-ghiaccio quindi nella zona più facilmente controllabile da Quick…poi meriti massimi al portierone sia chiaro, nessuno glieli toglie. e credo che il light motive non cambierà neppure nelle prossime gare, a meno che i Devils non decidano di imprimere un ritmo forsennato ad inizio gara alla ricerca di segnature multiple per poi affidarsi al veterano Brodeur quando per forza di cose non ne avranno più sul finale.
@Matt,
credo che dopo il poker di stanotte, sul 3-0 rimangano ben poche possibilità per NJ. Non c’è mai stato un guizzo che ci abbia fatto pensare “Questi davvero possono dare una svolta alla Serie”. Anzi, in alcuni casi sembravano totalmente in bambola. Non capisco… è incomprensibile. Certo, con il basket fuori dai playoff, questo hockey sul ghiaccio al Top sembra proprio una manna per la città di Los Angeles… non aggiungo altro
stavolta concordo :-)
forse segnando per primi e cogliendo al volo l’occasione per rifarsi sotto i Devils si sarebbero caricati un sacco e avremmo visto una partita e una serie diverse, ma quella poca convinzione vista, il primo goal Kings “un po contestato” e il 2-0 hanno dato la mazzata finale…magari ne uscirà una prova d’orgoglio in gara 4 per evitare lo sweep..ma credo che la S.cup finirà ad LA.
Sinceramente non mi aspettavo queste due squadre in finale di Stanley!! Los Angeles e’ avanti meritatamente non solo per quello fatto vedere in questa serie finale, ma in tutti questi turni di playoff! Per tutta la stagione sono stata la seconda miglior squadra in difesa, e dopo l’arrivo di Carter si sono rafforzati in avanti, prendendo sempre piu’ fiducia nonostante l’ottava piazza ad ovest raggiunta con un gran finale di stagione!..
@ENRICO
io credo che sia in gran parte merito di coach Sutter che sta ripetendo quello che fece (forse in piccolo, forse in grande…. ma solo il tempo potrà dircelo con certezza) Bylsma a Pittsburgh nel 2009. Prendere una buona squadra per mano a metà stagione e portarla ad esprimere al meglio tutte le proprie potenzialità. facendola diventare una grande squadra.
QUi e ORA, con Los Angeles, abbiamo un attacco finalmente capace di supportare una retrovia pressochè ermetica
LI’ E ALLORA, con Pittsburgh, avevamo un Michel Therrien che non era stato in grado di replicare il gioco che aveva condotto i Pens alla finale del 2008, poi persa. e credo che, se non sai motivarli, anche avere Crosby e Malkin in roster non serve a niente. E, signori, i Pinguinetti quell’anno avevano anche Gonchar, Fedotenko, Maxime Talbot. una vera schiacciasassi che Bylsma era riuscito a mettere in moto, in tempo per vincere il Titulo