Ottava vittoria di fila per Los Angeles, che supera in rimonta Phoenix e si porta tre a zero nella serie. Adesso i nero-viola hanno quattro match-point per poter accedere alla seconda finale di Stanley della propria storia. Da quando esiste la Lega, una formazione dell’Ovest non ha mai rimontato tale svantaggio.
Coyotes d’assalto
Onore va dato ai campioni della Pacific Division, lo stesso raggruppamento dei “sovrani della California”. Praticamente involuti in gara-2 a Glendale, un incontro che rischia di rimanere l’ultimo disputato in Arizona.
Pur dovendo rinunciare a un giocatore di attacco come Hanzal (squalificato per un turno dopo una carica a Brown, i biancorossi partono forte nella prima sfida in programma allo Staples Center, impegnando da subito Quick.
Perfetto nel precedente confronto, il numero 32 è bravo a chiudere la porta a Doan e compagni. Dall’altra parte, Smith non si fa sorprendere dalle sortite dei padroni di casa. I primi venti minuti scivolano così via senza reti, ma non senza emozioni.
Gone for 120 seconds
Parafrasando il celebre film con Nicholas Cage (Gone in 60 Seconds, in italiano “Fuori in 60 secondi”), si può dire che la minifuga ospite sia durata appena due minuti. Avanti per due minuti, appunto.
Tanta è la distanza tra la rete di Langkow, che rompe l’equilibrio iniziale, e il successivo pareggio di Kopitar.
Il sostituto del ceco concretizza un’azione in velocità di due contro quattro e sorprende il portiere avversario con una conclusione rasoterra su cui Jonathan non fa in tempo a chiudere la butterfly (il tipico movimento a gambe incrociate, o “farfalla”, degli estremi difensori di hockey). È il primo minuto del secondo periodo. Realizzazione numero uno in questa post-season per il veterano canadese.
Ancora due giri di lancetta e lo sloveno pareggia i conti, mettendo a segno il quinto sigillo personale ai playoff 2012 con una magistrale azione di ripartenza. Passaggio smarcante dalla zona difensiva di Brown (ottavo assist per lui al termine della stagione regolare) e fuga in solitaria per il numero 11. Il ventiquattrenne ha la freddezza di eseguire una finta sinistra-destra di fronte a Smith, prima di deporre il disco alle sue spalle. Pareggio immediato e Kopitar sempre più decisivo, come dimostrano anche i nove assist nelle gare sin qui disputate contro Canucks, Blues e Coyotes.
It’s time for saves
È tempo di parate. Con una nuova situazione di pareggio e con più di trentasei minuti da disputare, l’incontro diventa ancora più avvincente. L’inerzia è adesso a favore dei padroni di casa, che impegnano severamente il numero 41 avversario in più di un’occasione.
Dall’altra parte del ghiaccio, Quick è sempre attento a respingere i tiri degli Arizonians, con deviazioni a volte impercettibili (come una in chiusura su Klesla, con il disco che quasi lambisce il palo sinistro).
La differenza la fa, ancora una volta, Dwight King. Il giovane mette a segno il quarto centro in tre gare contro Phoenix (quinto in assoluto ai playoff) con un potente tiro dalla sinistra di Smith su cui il portiere non può intervenire.
I Coyotes si trovavano in quel momento in una situazione di delayed penalty: se il numero 74 non avesse segnato, i biancorossi avrebbero disputato i due minuti seguenti con un’inferiorità di un uomo. Un elemento, quello delle espulsioni temporanee, che è risultato un fattore in gara-3: sei power-play concessi ai Kings contro i due a favore di Phoenix.
Il punteggio, nonostante azioni e conclusioni da una parte e dall’altra, non cambia più. Risultato nel complesso giusto, come testimoniano anche il numero delle conclusioni rivolte verso le porte avversarie: 28 a 19 per L.A.
Entrati a far parte dei playoff solo nelle ultime gare di stagione regolare, i californiani hanno adesso la possibilità di accedere all’atto finale. Basta vincere un altro incontro, a partire dall’imminente gara-4, per accedere alle Stanley Cup Finals per la seconda volta nella storia della franchigia, a quasi vent’anni di distanza dall’unica esperienza. Allora vestiva la casacca nero-viola un certo Wayne Gretzky.
“È eccitante”, dichiara alla fine Dustin Brown. Il giovane capitano, già bandiera dei Kings, aggiunge: “Siamo di nuovo sul 3-0 (dopo la serie con i Blues). Adesso non è soltanto una opportunità, ma anche una responsabilità prepararci a una grande gara”.
“Sappiamo cosa dobbiamo fare. Dobbiamo vincere la prossima gara”, afferma invece il “C” dei Desert Dogs, Shane Doan. “Cioè, tutto qui. Dobbiamo giocare meglio e trovare un modo per vincere la prossima”, conclude.
Against all odds
Ovvero, contro tutti i pronostici. I Kings erano dati da molti, non da tutti, come l’anello debole dello schieramento occidentale e adesso sono a una vittoria dalla Stanley Cup. I Coyotes, adesso, devono anche combattere contro la storia: da questo esiste la Nhl, una formazione dell’Ovest non è mai riuscita a rimontare un triplo svantaggio nella post-season. Ci sono riuscite solo tre squadre, sempre appartenenti alla Eastern Conference.
La prima volta nel 1942, quando i Toronto Maple Leafs rimontarono uno 0-3 contro Detroit per strappare ai Red Wings la Stanley Cup. La seconda 33 anni dopo, quando i New York Islanders sorpresero i Pittsburgh Penguins, già quasi certi del passaggio al terzo turno, vincendo le quattro gare rimanenti. L’ultima nel 2010, quando i Philadelphia Flyers – futuri finalisti – riservarono lo stesso trattamento ai Boston Bruins.
“Cosa abbiamo da perdere?”, dichiara Dave Tippett. “Si dice ‘una gara alla volta’. Non abbiamo nulla da perdere”, continua il coach di Phoenix. “Possiamo anche andare avanti e dare un’onesta prova di chi siamo e di come siamo arrivati qui. È così semplice. Giocare al nostro meglio e poi vedere cosa succederà”.
Prossimo appuntamento con gara-4, sempre allo Staples Center di Los Angeles, domenica 20 alle 21 (le 15.00 secondo l’Eastern Daylight Time, secondo quanto indicato dal sito ufficiale).
Per saperne di più:
Gabriele Farina nasce a Palermo il 18 dicembre del 1986. Appassionato
di scrittura, sport e viaggi, decide di diventare giornalista e
s’iscrive al corso di laurea in “Giornalismo per Uffici Stampa” nella
sua città d’origine.
Conclusa l’esperienza nell’ottobre 2009, con una tesi dal titolo
“Solo per sport”, si dirige a Roma per studiare alla Sapienza nel corso
di laurea “Editoria multimediale e nuove professioni
dell’informazione”. Nella capitale consegue la laurea nel luglio 2011
mantenendo intatta la passione per lo sport, base di partenza per
l’esame finale sulle Olimpiadi di Berlino.
Ha praticato nuoto, corsa e molti generi di sport di squadra, dal calcio a 5 alla pallanuoto, dalla pallamano al volley. Ultima avventura, appunto, l’hockey.