Premessa al pezzo che stiamo per scrivere: i Chiefs sono una delle più forti e vincenti dinastie della storia NFL, continueranno a contendere fintanto che Patrick Mahomes avrà benzina nel serbatoio e il loro lascito rimarrà tatuato nei libri di football! Tale prologo/monologo è strettamente necessario in relazione a ciò che il vostro scriba sta per pubblicare, e che serve a giustificare un titolo molto severo per un franchigia che negli ultimi 7 tornei ha vinto 3 Super Bowl e nella peggiore delle ipotesi si è fermata alla finale di Conference.
Il giudizio – quello completo e definitivo – verso l’eccellenza infinita lo si da però nel momento in cui si stringe la mano ai rivali da perdente e non senza il Lombardi sotto braccio. Ebbene, le due incredibili dipartite al Grande Ballo appaiono ai nostri occhi quasi più significative delle vittorie, nelle quali Andy Reid ha sempre dimostrato coraggio nel buttarsi all in con dei playbook rischiosi in gare punto a punto, contando però sulla glaciale freddezza del suo quarterback, ricordiamolo miglior giocatore della lega, la combo col “signor Swift” e una difesa dapprima anello debole della catena di montaggio ma alla fine colosso insormontabile, ricco di registi smart e diretta da quel marpione chiamato Steve Spagnuolo!
Grazie a questo comparto, le stecche offensive di un gruppo di ricevitori saturo da acciacchi e anni faticosi sul groppone, running back di seconda fascia e il proprio regista blitzato in continuazione e senza più la forza che le gambe da sophomore avevano rispetto a quelle odierne, sono passate in secondo piano.
D’altronde prima o poi gli scontati addii dolorosi per risparmiare spazio salariale di Tyreek Hill, lo stesso cavallo di ritorno Kareem Hunt o l’ultimo prime di Sammy Watkins dovevano presentare un conto salato all’allenatore, ritrovatosi specialmente in quest’ultima stagione e per i motivi poc’anzi accennati – Mahomes segnato nel fisico e meno mobile in primis – senza quelle eccentriche valvole di sfogo che gli avrebbero permesso un piano B. Per non parlare di Travis Kelce, top 5 tight end di tutti i tempi e assieme al suo compagno d’avventura all time passing e receiving leader qui in Missouri, anch’egli giunto a una probabile “conclusione” fisica, e (forse) rovinato a livello mediatico da una fidanzata tutto fuorchè timida e discreta.
Pronto quindi ad essere messo nel tritacarne Matt Nagy, col quale le splendenti campagne da quasi 500 punti totali, prassi sotto Eric Bieniemy, sono divenuti con questi chiari di luna solamente un piacevole ricordo.
Una tornata, quella attuale, quasi miracolosa benchè non convincente, col record inarrivabile di 12 vittorie clutch sulle 15 totali in 16 partite, senza perciò contare la gita di week 18 in Colorado, per conquistare l’utilissimo bye e vincere tanto per cambiare altri due match punto a punto con Houston e i “poveri” Bills.
L’epilogo di New Orleans ha rappresentato una sorta di karma diabolico, messo in atto da un team – questo sì ancor più incredibile – che a inizio anno pareva dover affrontare di nuovo i fantasmi del passato recente, che l’avevano allontanato da quella gloria distante poche iarde nel Super Bowl LVII proprio contro Kansas City. Gli Eagles infatti hanno tribolato e non poco prima di (ri) trovare fiducia in se stessi e viaggiare all’ombra della più pubblicizzata NFC North verso il loro dominante secondo titolo della storia.
Un finale che lascia i Chiefs a leccarsi le ferite, ma soprattutto li pone nell’inedita situazione di dover affrontare una pericolante offseason, nella quale la free agency la farà da padrone, con soltanto 12 milioni liberi e provvedimenti impellenti in linea offensiva dopo il massacro di domenica, per non parlare delle minestre riscaldate sull’ampio da sostituire con profili ricchi di freschezza atletica, che possano così riciclarsi breakout e ridare mordente ai big play di Mahomes.
La stella da Texas Tech infatti da solo non può più garantire l’arrivo nell’olimpo NFL dei suoi, ma anzi andrà salvaguardato da interventi mirati che possano riportarlo a performare statistiche da campione quale è, rispetto ai penosi dati stagionali, che non lo hanno per la prima volta in carriera fatto arrivare alle 4.000 yard su passaggio e le 7 per lancio, restare sotto i 30 touchdown, il 95 di rtg e 70 QBR, per non parlare dei 36 sack da regular season a cui aggiungerne 11 ai playoff!
Cifre insufficienti che sono state ancor più accentuate dalla difesa degli Eagles nella carneficina domenicale, con l’ovale in pratica mai portato nella metà campo avversaria per più di due quarti e l’offense rivale – quella sì – pregna di elementi nel pieno prime tecnico/atletico che hanno messo alle spalle la come detto dignitosa defense di Spagnuolo!
Grottesco a dirsi ma questa debacle aprirà probabilmente gli occhi al front office, con Brett Veach che a differenza di 4 anni fa dovrà lavorare parecchio per rimpinguare le posizioni cardine, partendo però dall’ennesima stagione vincente conclusa comunque all’ultima partita dell’anno: non male.
Linea e left tackle position carenti, wide receiver al canto del cigno e secondaria precaria su passaggio sono i primi buchi da colmare. La free agency, oltre a salutare Reid e Nick Bolton, potrebbe dunque invertire Trey Smith con Alaric Jackson o Ronnie Stanley, mentre i problemi fisici di Rice e Marquise Brown sull’ampio, col probabile taglio di Hopkins e Smith-Schuster non più ai livelli di un tempo, possono spronare a investire su ricevitori qualitativi tanto desiderati da Mahomes, coi free agent Higgins e Moore opzioni primarie, idem Molden, Asante Samuel Jr o Fulton negli angoli difensivi.
A febbraio 2021 andò invece diversamente, dato che di difetti visibili KC ne aveva veramente pochi e Mahomes era inarrestabile al pari del suo commando offensivo, per cui l’estate del GM fu relativamente tranquilla, nonostante la bruciante sconfitta contro il “grande vecchio” Tom Brady, sebbene i pronostici erano tutti dalla parte dei Chiefs.
All’epoca non ci furono cose sature da risistemare, una linea paralizzata dal front seven nemico o un avversario ingiocabile come gli Eagles di domenica, ma la L avvenne per pacchiani errori valutativi del coaching staff, che ad esempio anziché attendere la palla in mano post halftime sul -8 e in rimonta a 55 secondi dal termine, chiamò dei timeout per recuperare l’ovale e segnare ancora, lasciando invece tempo e spazio al GOAT e Antonio Brown di chiudere dapprima il terzo down e successivamente filare in meta per il 21/6 poi decisivo!
Errori che fra l’altro varranno pure l’anno susseguente (il 2022) la mancata convocazione ad un altro Super Bowl, a causa e per l’appunto di una scellerata gestione di tempo e playbook contro i Bengals.
Ovviamente Andy Reid non si discute si ama questo è chiaro, ma se vogliamo analizzare a 360° la magniloquenza di una franchigia vincente come i Chiefs, non possiamo non rimarcare sbagli e considerazioni errate del suo skipper, che le sono valse forse altri due titoli. Di contro dobbiamo sottolineare la grandezza nel condurre punto a punto i suoi ragazzi con numerosi gameplan spiazzanti e vincenti, che lì sì hanno provocato vittorie e trionfi, così come la qualità iper offensiva nel rischiare tutto quel che gli è possibile, elevando a icone profili nichilisti quali Mahomes, Hill, Vick o McNabb.
Tuttavia, la sensazione che ci aveva assalito dal terzo periodo di quel Super Bowl nel 2021, cioè lo sparire improvvisamente dal match senza più reagire, l’abbiamo vista di nuovo nel massacro dell’ultimo, quando sin dalla prima chiamata in campo c’è stato un solo padrone a casacca verde, e gli sguardi di Mahomes e Reid sembravano persi, senza dar mai la percezione di una risposta rabbiosa e orgogliosa.
Un’ombra gigantesca che rimarrà per sempre sulla pelle dei moderni Chiefs, usciti con le ossa rotte dal grande Ballo per due motivi: li aspetta la più difficile offseason della loro storia recente e la similitudine con altre dinastie del passato quali 49ers, Cowboys o più recentemente Patriots subisce una brusca frenata!
“Malato” di sport a stelle e strisce dagli anni 80! Folgorato dai Bills di Thurman Thomas e Jim Kelly, dal Run TMC e Kevin Johnson, dai lanci di Fernando Valenzuela e dal “fulmine finlandese”. Sfegatato Yankees, Packers, Ravens, Spurs e della tradizione canadese dell’hockey.
1) Kelce magari top 10 ever ma top 5 nemmeno per sbaglio: non blocca (e non è un difetto da poco)
2) Mahomes è ancora funambolico, ma si è fatto furbo e giustamente non intende farsi massacrare per una partita già persa (i suoi compagni di squadra gli sono costati 1 fuga da tasca e un passaggio sballato per chiudere il down, tralasciando la caterva di sack)
3) D’accordo sulla diGerenza Chiefs: ricambi inadeguati – si beano di coaching staff e QB di livello top senza considerare il resto
4) Brady dopo i suoi primi 5 SB stava 3-2 (d’accordo, Mahomes non giocherà fino a 45 anni…) e a Tampa gli costruirono attorno un superteam per l’occasione.
Sono del parere che non si può sempre vincere e gli eagles già 2 anni fa stavano facendo lo sgambetto ai capi.
Oggi sono meritatamente i migliori. Poi da tifoso ravens vedere perdere i chiefs mi da sempre un leggero piacere