Ancora una volta, ce l’hanno fatta. Hanno blindato sempre più la loro essenza di impero malefico del football, dopo aver rivestito a lungo il ruolo degli eroi. Perché si sa, è divertente, emozionante, assistere a una vittoria che non giungeva da epoche oramai lontanissime, ma diviene poi assai noioso veder vincere sempre la stessa squadra, gli stessi personaggi. I Kansas City Chiefs sono diventati i nuovi New England Patriots. Li si può fermare, come l’unica sconfitta – guarda caso, propinata da Tom Brady con l’uniforme di Tampa Bay – sinora rimediata al Super Bowl dimostra, ma loro, alla finalissima, ci arrivano comunque. Quella di domani notte sarà la quinta disputata in sei stagioni. E Patrick Mahomes non ha nemmeno compiuto trent’anni. Quindi, la fine della novella che oggi tutti conosciamo fin troppo bene, potrebbe essere ancora molto lontana da qui.
Durante la stagione si è detto e scritto tanto riguardo la particolare inefficacia offensiva della squadra magistralmente allenata da Andy Reid, ma per quanto si siano snocciolate statistiche, tendenze, prestazioni, in cerca di quel neo in grado di far passare Kansas City da calante, ma nulla di tutto questo è servito a far diminuire un numero di vittorie ancora una volta dominante. La squadra da titolo si vede soprattutto in tutte quelle occasioni dove le difficoltà paiono sormontare l’efficienza, come ha testimoniato l’alto numero di successi incassati dai Chiefs nelle partite con 7 o meno punti di distanza. Hanno vinto a fatica contro avversarie che normalmente non davano loro il minimo fastidio, come Panthers e Raiders, non hanno mai convinto pienamente nel modo di giocare offensivamente, facendo proliferare dubbi su un roster privo – e lo è dalla defezione di Tyreek Hill – di un ricevitore primario che possa fare la differenza, e discussioni sulla possibile parabola discendente della stellata carriera di Travis Kelce.
Per un attimo sembrava fosse giunto il momento tanto atteso da molti, con la sola esclusione dei tifosi stessi del Missouri, pareva ovvero che i buoni avessero finalmente piegato le volontà dei cattivi. Escludendo infatti l’inutile gara di chiusura di regular season persa contro Denver, senza alcun titolare in campo, i Chiefs avevano perso solamente contro i Buffalo Bills, nell’ennesima contesa dove Josh Allen aveva vestito i panni di quel supereroe a cui sfugge sempre il malintenzionato di un soffio, dopo averne tentate mille per raggiungerlo. Doveva essere il passaggio del testimone, la fine dell’incubo, la resa dei conti per tutte quelle minuzie costate assai caro a Buffalo e ai suoi calorosi fan negli ultimi anni, ma i conti, quelli veri, si fanno sempre e solo ai playoff. L’esito lo si conosce: un’altra sconfitta assai dolorosa al penultimo atto del campionato, affermazione di tre punti dopo un incompleto di Allen nel drive di un altro possibile pareggio, e sogni di gloria nuovamente infranti.
Avevamo imparato anni fa a non osare scommettere contro Brady e Belichick, senza pensare che oggi lo stesso identico esercizio va svolto contro i loro ideali successori: gli stessi che hanno sostanzialmente posto fine a un’egemonia patriottica durata per lunghissimi anni. Il fato pare già scritto, per quanto i Chiefs si trovino nei guai non affondano mai, perché il loro condottiero sa di poter risolvere qualsiasi situazione e raggiungere l’obiettivo unico che da anni campeggia nello spogliatoio: quella vittoria finale senza la quale la stagione non sarebbe altro che fallimentare. Andy Reid, noto specialista offensivo, ha imparato ad avere costante successo diversificando l’offerta, proprio come Belichick: oggi il fantascientifico attacco guidato da Mahomes a suon di quarantelli che avvicinavano ricordi di The Greatest Show On Turf, non esiste più, si vince con una ricetta più basilare ma consistente, ovvero difendendo ad altissimi livelli, tenendo la gara in bilico, e affidandosi al proprio quarterback negli ultimi due minuti. Sotto nel punteggio o con una caviglia che a un essere umano normale non permetterebbe nemmeno di camminare, Pat ha sempre svolto il suo compito in maniera encomiabile, rompendo cuori e placcaggi, continuando a passare sopra gli avversari come un rullo compressore. Del numero di yard importa poco: la cifra di maggior valore, è sempre quella accanto alla doppia vu.
26 touchdown e 11 intercetti sono numeri assolutamente normali, se ne sono visti di assai migliori. Tant’è che l’Mvp se lo sono giocato Josh Allen, il meritato vincitore, e Lamar Jackson, ovvero le due figure che più di altre sono uscite con le ossa rotte da questo campionato, il quale, nelle teorie comuni, doveva fungere da ideale cambio d’abito. Per il momento, la Afc ha invece deciso di non mutare volto, e il mito resta ancora da sfatare. Quel che ha fatto la maggior differenza si chiama difesa, e qui entra in gioco una delle carte neanche tanto segrete di questo incredibile mazzo: Steve Spagnuolo. Spags, la geniale mente difensiva residente dietro i successi dei New York Giants di Eli Manning, ha avuto sfortuna da capo allenatore ed è umilmente tornato a svolgere il compito in cui riusciva meglio, coordinare una difesa da titolo, ritrovando un grande successo: quarto per punti concessi, nono per yard al passivo, dodicesimo per touchdown elargiti, il fortino in rosso ha retto contro tutti i migliori interpreti offensivi del gioco, scrivendo sulla pietra le solite conseguenze di sempre.
Nonostante le accese polemiche contro i presunti favoritismi arbitrali, la rottura di scatole di quelle telecamere inequivocabilmente pronte a inquadrare una certa superstar del pop nella sua scatola di lusso, l’invidia generata dal fatto che qui ce la si cava più o meno sempre e ci si ritrova costantemente ad alzare il trofeo assoluto, i Chiefs ce l’hanno fatta di nuovo. Ora, manca solo una strategia difensiva degna di uno sciamano del football – figura che Spags indossa con molto agio – per tentare di arginare Saquon Barkley, e la strada potrebbe aprirsi nuovamente. In fondo, stiamo pur sempre parlando di qualcuno che ha avuto il coraggio di chiamare un blitz del cornerback nell’azione decisiva del Championship Afc, decidendo positivamente le sorti dei suoi colori.
L’attacco avrà di che dimostrare, ma si sa che Kansas City eleva esponenzialmente il suo rendimento nel terreno che conosce meglio di chiunque altro: i playoff. Al di là delle mere statistiche registrate contro Buffalo, che hanno visto 18 passaggi completi su 26, 245 yard, altre 43 su corsa, e 3 mete complessive, Mahomes ha espresso il massimo potenziale del suo football nel momento del bisogno. Non si conosce il lato dal quale i Chiefs colpiranno: potrebbe essere una ricezione corta con conseguente esplosione in campo aperto di Xavier Worthy; una partita da 117 yard di Kelce, come accaduto nella polemica gara contro i Texans; un drive dove il riesumato Kareem Hunt porta palla per tutto il drive fino a oltrepassare la linea di meta; il recuperato Brown che s’inventa una giocata degna del suo soprannome, Hollywood; una meta di DeAndre Hopkins per chiudere una carriera stellare con una spruzzata di poetic justice; Pacheco a guadagnare le yard che servono digrignando i denti, magari permettendo l’ennesimo field goal decisivo a Harrison Butker.
Cosa accadrà di tutto ciò, lo scopriremo solo tra poche ore. L’unico aspetto certo della faccenda, è che Reid sarà pronto a eseguire le chiamate giuste quando servirà, Spags programmerà gli aggiustamenti necessari a gara in corso, Mahomes diventerà il solito uomo in missione con un solo obiettivo in mente, il terzo Lombardi Trophy consecutivo, che gli permetterebbe di sfondare nuove porte storiche casomai ve ne fosse il bisogno, e di vincere per la quarta volta in carriera, cementando il personale status di leggenda vivente. A Philadelphia, il compito di invertire tutto quanto è stato appena elencato: sarà tutt’altro che una passeggiata di salute.
Davide Lavarra, o Dave e basta se preferite, appassionato di Nfl ed Nba dal 1992, praticamente ossessionato dal football americano, che ho cominciato a seguire anche a livello di college dal 2005. Tifoso di Washington Redskins, Houston Rockets, L.A. Dodgers e Florida State Seminoles. Ho la fortuna di scrivere per questo bellissimo sito dal 2004.
Ottima disamina secondo me, oltretutto imparziale come ultimamente se ne leggono poche riguardo i Chiefs. Io però la vedo dura, a sto giro molto, ho visto il championship Nfc di Philly e mi sono sembrati sconcertanti per dominio, fisico e tattico, ma soprattutto senza un punto debole che sia uno. Ahimè.
Simpatizzo per i Chiefs ma vedere quella merda della Swift (con Trump ha portato proprio bene) inquadrata più dei giocatori in campo porta il mio cervello razionale ad augurarsi l’impresa Eagles – mi spiacerebbe per coach Reid e Spagnulo che stanno facendo capolavori in serie.
La NFL non ha bisogno di quel tipo di circo.
Va be fa parte dello show. Parte integrante. E poi è bella, almeno per me.