Il football è un gioco di inches. Frase fatta come tante ne esistono, ma assai veritiera quando il campo esprime il suo insindacabile verdetto, decidendo il fato delle due contendenti. I centimetri hanno scandito negativamente l’inizio e la fine della stagione dei Baltimore Ravens, ancora una volta privati della possibilità di competere per quel Super Bowl così sfuggente, attraverso due episodi occorsi proprio contro le loro due rivali più accreditate: Kansas City Chiefs e Buffalo Bills. A settembre, infatti, il replay aveva negato il touchdown del pareggio allo scadere per Isaiah Likely, il cui alluce era millimetricamente finito oltre delimitazione della linea di meta, ma allora si trattava semplicemente della prima di campionato: ieri notte, è stato invece il drop di Mark Andrews, in un’azione che il tight end completerebbe positivamente 98 volte su 100, a far crollare nuovamente i sogni di gloria di Lamar Jackson e compagni.
Il football ha leggi durissime, e lunghi periodi di pausa dove poter riflettere, nonché rimuginare sui se e sui ma. Nei playoff, dato che a fine partita una delle due contendenti deve obbligatoriamente abbandonare la competizione, tutto fa ancora più male. E fa male dover indicare proprio l’episodio occorso a un esemplare professionista come Andrews quale decisiva, per quanto non sia stato questo l’unico fattore a decretare la sconfitta contro i Bills nel gelido nevischio di Orchard Park, perché una sola azione a volte determina l’esito di un intero anno di lavoro, di preparazione, di sogni, di condivisione di viaggi, spogliatoi, momenti felici, e anche delusioni amare. Proprio dalle mani più affidabili di tutto il roster, è scivolato via il pallone che avrebbe consentito il pareggio, e costretto Josh Allen a inventarsi qualcosa per farsi il campo in gran velocità, cercando di evitare un supplementare che avrebbe aggiunto quintali di tensione alla situazione.
Così non è stato.
In uno scontro tra titani, coinvolgente due delle migliori squadre della Afc in una sorta di finale di conference anticipata, nonché tra i due quarterback che si contenderanno il titolo di Mvp stagionale, la quantità di errori commessi ha rappresentato il fattore determinante negli esiti. Bravi i Bills a capitalizzare quasi ogni opportunità, altrettanto bravi i Ravens a non farsi affossare dalla stretta psicologica, continuando a crederci fino a sfiorare l’impresa di portarla comunque a casa, pur avendo sbagliato tanto. Già il primo tempo aveva fornito indicazioni utili al giudizio, dato che erano già due i turnover commessi dagli ospiti: il primo, un lancio totalmente mal calibrato da Jackson, aveva scavalcato il suo ricevitore trovando le mani di Taylor Rapp senza tuttavia pagare dazio; nella serie successiva, il mobile quarterback aveva invece cercato di danzare attorno a un Damar Hamlin già attaccato alla sua caviglia, perdendo un ovale che il redivivo Von Miller aveva riportato sino alle 24 yard avversarie, cementando i presupposti per una nuova segnatura del bulldozer numero 17, prima di due mete che un ordinato Allen aveva messo a segno nei primi trenta minuti, portando il parziale sul 21-10 per Buffalo.
L’eroe dei tifosi Bills non ha infatti prodotto statistiche clamorose, frutto di un piano di gioco chiaramente viziato dalle condizioni atmosferiche, dalla poca stabilità del terreno semi-ghiacciato, e dalla volontà di non esporlo troppo ai consueti lanci rischiosi che per lui costituiscono tendenza assodata. Solo 127 yard su lancio, senza infamia né lode, ma uno strapotere illimitato nel correre palla nelle ultime 5 yard quello sì, ottimizzando una produzione offensiva nettamente inferiore rispetto agli avversari (il computo finale sarà di 416-273 pro Ravens in termini di yard), ma senz’altro più asciutta da errori circostanziali. Sean McDermott ha giocato la partita che voleva, vincendo la battaglia delle palle perse, limitando un Derrick Henry numericamente efficace (16 portate, 84 yard, una meta) ma non decisivo, contenendo Jackson in modo da non permettergli evasioni dalla tasca (solo 39 yard), e togliendosi il dente avvelenato dopo le numerose critiche ricevute in settimana da una difesa che ha giocato in maniera fisica e motivata, trovando giocate d’impatto dai vari Oliver, Bernard, Milano, Russeau.
Eppure, nel terzo quarto Jackson è cresciuto esponenzialmente, dimostrando ampiamente di essere uno dei migliori quarterback Nfl, mentre Buffalo siedeva a lungo in panchina ottenendo 19 misere yard in tutta la frazione. Il 9-0 di parziale aveva determinato uno scenario perfetto per il quarto conclusivo, attraverso la manifestazione di un duello vicinissimo nel punteggio, che si sarebbe concluso con qualche palpitante azione generata da una delle superstar presenti in campo, un’incertezza eccitante, vista la posta in palio e la caratura delle squadre coinvolte, con Kansas City ad attendere la prossima avversaria, fresca della sua vittoria del giorno precedente. Nemmeno il fumble forzato e ricoperto da Terrell Bernard, eccellente per presenza di mente nell’andare a colpire Andrews dopo una ricezione profonda, è riuscito a evitare che i Ravens si trovassero con il possesso del possibile pareggio a meno di due minuti dal termine, visti gli otto punti di differenza.
Chiunque desideri criticare Jackson e il suo 3-5 nei playoff è liberissimo di farlo, ma tragga le opportune conclusioni dalla maturazione psicologica che il quarterback ha saputo attuare rispetto alle primissime uscite di postseason di carriera. 8 giochi, 88 yard, pochissimo tempo, occhi fermi sull’obiettivo, e quell’innata capacità di scappare dalla pressione prima di lanciare un missile per Likely, pronto come pochissimi altri a sigillare una meta di 24 yard che aveva fatto tornare i fantasmi alla preoccupata figura di Allen, seduto in panchina conscio di doversi affidare alla sua difesa. Il resto l’abbiamo già raccontato in apertura: palla che pesa come un macigno, Jackson freddo e concentrato, traiettoria perfetta sull’angolo destro prossimo alla endzone, e un quasi inspiegabile drop di uno dei tight end più forti dell’ultima decade.
Fine delle trasmissioni.
La palla passa ora nelle mani di Josh Allen, che come Jackson vedrà definita la sua carriera dalla possibilità di uscire dall’ombra del gigante, quel Patrick Mahomes che ha sempre posto fine ai desideri di vittoria di entrambi i colleghi di ruolo. Il fenomeno dei Bills ora ha tutta la pressione contro, in virtù dello 0-3 di carriera contro i Chiefs nei playoff, con il peso di dover portare sulle spalle le enormi aspettative del tifo locale, ancora scottato dai quattro Super Bowl consecutivi persi tra gli anni ottanta e novanta, desideroso di poter finalmente liberare un urlo di vendetta e riappacificazione personale. Si torna ancora una volta sul luogo del delitto, a Kansas City, ovvero quel simbolico muro invalicabile nel quale Reid, Mahomes e Kelce esercitano dominio da anni, con i loro due titoli consecutivi (tre complessivi) dei quali sono tuttora detentori, con la loro tremenda efficienza quando si tratta di giocare in postseason, con quell’aura d’imbattibilità che si portano indissolubilmente appresso.
I Bills tornano alla finale di conference per la prima volta dalla stagione 2020, ancora al Geha Field, di nuovo contro quella bolgia umana tinta di rosso e il suono del chop che tuona a ogni azione decisiva degli idoli di casa. Sarà un’altra missione quasi impossibile? Ancora sei giorni di pazienza, e il mistero sarà finamente svelato da un matchup elettrizzante, che gli appassionati di football attendono dall’inizio del campionato, nel quale Davide dovrà fronteggiare un Golia come sempre intimidatorio.
Davide Lavarra, o Dave e basta se preferite, appassionato di Nfl ed Nba dal 1992, praticamente ossessionato dal football americano, che ho cominciato a seguire anche a livello di college dal 2005. Tifoso di Washington Redskins, Houston Rockets, L.A. Dodgers e Florida State Seminoles. Ho la fortuna di scrivere per questo bellissimo sito dal 2004.
Sono abbastanza convinto che se Andrews avesse completato la conversione da due, Allen, con un minuto e mezzo e due time-out, avrebbe percorso quelle 40 yard necessarie per calciare il field goal della vittoria (visto anche che con la nuova regola del kickoff quasi tutti i drive partono dalle 30 yard, quindi basta arrivare alle 30 avversarie per tentare un calcio abbastanza agevole da 48 yard). Allo stesso modo, sono convinto che se Tyler Bass avesse segnato il field goal del pareggio l’anno scorso contro i Chiefs, poi Mahomes, con un minuto e mezzo a disposizione, sarebbe riuscito a risalire il campo quel tanto che bastava per vincerla.
Ero abbastanza ottimista sui Bills, ma pensavo in una partita ad alto punteggio, invece così non è stato, forse anche per via del campo innevato: sono rimasto piacevolmente sorpreso dalla nostra difesa, che ha limitato l’attacco dei Ravens e ha provocato un paio di fumble (non calcolo l’intercetto perché lì ha fatto tutto Lamar). Attacco meno esplosivo del previsto, ma ho la sensazione che nel secondo tempo abbiamo un po’ gestito: se fosse stato necessario accelerare, lo avremmo fatto.
Non concordo con chi diceva che era un championship anticipato: credo che la partita coi Chiefs sarà ancora più difficile. Sono convinto che l’arbitraggio sarà equilibrato: dopo le tante critiche subite questa settimana, gli arbitri vorranno dimostrare a tutti di non essere pro Chiefs.
Una parola per Lamar, che nel finale mi ha fatto compassione: se fino all’anno scorso avevo dei dubbi su di lui, quest’anno mi ha davvero impressionato e spero che prima o poi riesca ad arrivare sino in fondo. Spero non gli diano altri premi di mvp, perché gli fanno solo male: gli mettono addosso troppa pressione.
Ciao.Complimenti alla tua squadra Championship sempre grande risultato .Ho letto che ci sara’ alle 00.30 .Ciao.
Grazie! Fate propaganda, che un Mahomes-Allen in chiaro è il miglior modo per avvicinare la gente al football. Sperando che non cambino programmazione all’ultimo minuto: non sarebbe la prima volta 😂!