Gli Eagles vincono 22 a 10, la partita è finita, il computer si spegne, le luci pure e per me è ora di andare a dormire ma prima di farlo c’è una domanda che mi sorge spontanea dopo le ore passate davanti al monitor: ma Philadelphia esce da questa partita rafforzata, essendo riuscita ad ottenere egualmente la vittoria nel primo turno dei playoff nonostante la gara sottotono, oppure ridimensionata, vista la prestazione comunque non brillante o dominante?

A due giorni di distanza una risposta non sono ancora riuscito a darmela. In generale, quest’anno ho sempre avuto difficoltà a misurare il valore effettivo di questa squadra. Direbbe Hegel che la realtà è un compromesso di aspettative e visione oggettiva. Ed io so non dove finisca la mia valutazione oggettiva di questa squadra e inizino i pregiudizi, rispetto ad un gruppo, tecnicamente fortissimo, ma che un anno fa ha dato vita ad uno dei più grandi collassi sportivi da me mai visti, passando dall’essere una delle favorite alla vittoria finale a perdere 6 delle ultime 7 partite e uscendo al primo turno dei playoff.

Partendo dal punto di vista più autentico possibile, ovvero dal campo, quindi dalla vittoria dei Philadelphia Eagles contro i Green Bay Packers domenica sera per 22-10, proviamo a farci un’idea di chi sono ad oggi gli Eagles, senza pregiudizi. La gara in teoria doveva essere una delle più tirate di tutto il Wild Card Weekend, visto che i Packers occupavano un seed così basso all’interno del tabellino solo per il fatto di appartenere ad una division complessa come la NFC North, in cui il record di 11-6 è valso alla franchigia del Winsconsin solo il terzo posto.

L’andazzo della gara, però, è sembrato essere favorevole ai padroni di casa fin dall’inizio!

Gli ospiti infatti commettono un fumble ritornando il kick-off iniziale che l’attacco guidato da Jalen Hurts capitalizza grazie ad un touchdown ricevuto da Dotson, ma merito soprattutto della offensive line capace di concedere al proprio quarterback tutto il tempo del mondo prima di scoccare la sua freccia. L’attacco degli Eagles sfrutta al meglio l’errore iniziale dei propri avversari, ma fatica a trovare ritmo fino all’intervallo e mette a referto solo altri 3 punti, riuscendo comunque a tenere Green Bay a debita distanza visto che i Packers chiudono il primo tempo senza segnare.

L’attacco guidato da Love, infatti, gioca un pessimo primo tempo, soffre incredibilmente la pressione portata dalla difesa, non riesce minimamente a scalfire la solidità della secondaria avversaria e il kicker McManus sbaglia anche un field goal. Love stesso è autore di 2 intercetti, che avrebbero potuto essere tranquillamente 3 se la safety Gardner Jhonson avesse trattenuto l’ovale punendo così l’ennesimo errore del QB avversario. Dunque a metà partita il parziale recita 10-0.

Nel secondo tempo la musica non cambia molto. Si riapre perché gli ospiti segnano subito un field goal, Philadelphia risponde con un touchdown di Goedert in cui il Tigh End domina fisicamente il cornerback avversario ma Green Bay reagisce a sua volta segnando il suo primo TD della serata grazie ad una corsa di Jacobs, che porta la squadra ad un passo dalla end zone avversaria che lo stesso Jacobs, poi, varca finendo il lavoro nell’azione successiva. I Packers, però, non segnano più e il risultato finale vede i padroni di casa vincenti grazie ad un 22-10, valevole per la qualificazione al prossimo turno di playoff.

Una risposta plausibile al quesito iniziale potrebbe essere il compromesso tra la difesa, che è già tra le migliori della lega ma esce ancor più rafforzata dal successo di domenica, e l’attacco, che invece è stato solo sufficientemente cinico da vincere la partita ma risulta comunque sottotono e ne esce forse ridimensionato dal confronto.

Il reparto guidato dall’offensive coordinator Kellen Moore è bravissimo a sfruttare l’occasione iniziale, ma poi paga sicuramente l’ottimo lavoro difensivo degli avversari nel contenere il running back Barkley e non riesce a trovare continuità nel chiudere i down necessari per muovere la catena. Inoltre, pecca di freddezza nel capitalizzare gli altri errori avversari non riuscendo a trovare punti in nessuno dei drive successivi ai 3 intercetti di Love, anche se l’ultimo avviene a partita praticamente chiusa.

Hurts chiude con sole 131 yards, ma c’è molto del suo nel drive decisivo della partita in cui prima sfrutta l’attenzione della difesa su Barkley, tenendo la palla nella option per lanciare su Smith, poi nell’azione successiva batte sul tempo il blitz avversario lanciando su Goedert che è bravissimo nel dominare fisicamente Valentine e correre fino alla end zone avversaria portando la partita sul 16-3.

Saquon Barkley chiude la gara con 119 yards corse, molte delle quali nel finale. Chiaramente era il pericolo numero uno per la difesa avversaria, vista la regular season storica appena conclusa che lo ha visto essere il nono running back di sempre a correre per più di 2000 yards. Il fatto, però, che l’ottimo lavoro della difesa avversaria lo abbia, per quanto possibile, contenuto (in particolare nella prima metà di gioco) non ha permesso all’attacco di trovare il ritmo necessario per imporre un controllo netto sulla partita, nonostante le numerose chance fornite dalla difesa.

Grande assente della gara AJ Brown, receving leader della squadra ma che ha messo a referto una sola recezione valevole 10 yards, rientrando però negli highlights della gara per un ottimo blocco su una corsa di Hurts, per essere andato vicino a ricevere un lancio derivante da una finta di tush-push e soprattutto per essere stato inquadrato in panchina intento a leggere un libro nel pieno svolgimento della partita.

Il reparto guidato dal DC Vic Fangio, invece, è stato come sempre impeccabile. La pressione sufficientemente generata da 4 giocatori è riuscita a mettere in difficoltà Love e limitare notevolmente i guadagni di Jacobs nel run game, riuscendo però allo stesso tempo a mantenere l’equilibrio tipico della miglior difesa della lega per numero di passing yards concesse agli avversari.

Le due safety schierate costantemente in profondità e l’apporto dato dal reparto dei cornerback, che, dopo le aggiunte estive dei due rookie Mitchell e Dejean, ha evidenziato un upgrade incredibile, sono la chiave dell’invalicabile secondaria avversaria, vista anche l’assenza di Watson nei Packers ovvero la miglior arma a disposizione di Love nell’attaccare la profondità della difesa avversaria che la squadra ospite non è mai riuscita a scalfire. L’attacco di Green Bay ha forse acquisito più ritmo nella seconda metà di gioco, anche grazie all’infortunio di Dean, una delle migliori armi difensive a disposizione di Fangio e, insieme a Carter e Smith, incubo della decimata offensive line avversaria.

La ripresa e i 10 punti segnati però non sono bastati e, vuoi per i numerosi infortuni nel reparto ricevitori o offensive lineman avvenuti anche a partita in corso, vuoi per l’imprecisione del proprio quarterback autore di molteplici errori (su tutti l’intercetto lanciato su Baun), la squadra di coach La Fleur ha sicuramente deluso le aspettative e reso la gara equilibrata ma meno emozionante o bella di come era lecito aspettarsi. È strano come 60 minuti effettivi possano avere un peso emotivo più impattante sulla percezione dell’intera stagione rispetto a 4 mesi di sacrifici, contrasti, corse, lanci, tracce e blocchi, ma questo è il caso dei Packers ovvero il destino che spetta a chiunque esca in malo modo dopo il primo turno dei playoff.

È il prezzo da pagare per la bellezza dei playoff della NFL in cui una serata sola ha il valore di determinare l’intero andamento della stagione.

Il più grande merito di Philadelphia è stato soprattutto l’aver avuto il cinismo necessario per allungare la propria stagione almeno di un’altra settimana, nonostante la serata non sia stata la migliore dell’anno. I dubbi rimangono leciti e relativi al fatto che forse una gara diversa da parte degli ospiti avrebbe reso la notte nella città dell’amore fraterno decisamente ancora più fredda (chi è passato come me per Philadelphia durante il periodo invernale sa che solitamente il calore non è tipico della città, se non sugli spalti). Ciò che conta, però, più di tutto è il fatto che questa squadra, che ne esca ridimensionata o ancora più consapevole dei propri mezzi, è virtualmente a due partite dal Super Bowl, ci sono i Rams e poi potenzialmente una tra Detroit e Washinton a separarla dalla notte di New Orleans.

È incredibile che questa squadra fosse vicina alla fine di un ciclo lo scorso anno ma ora, grazie alla sua capacità di essere fenice e rigenerarsi dalle proprie ceneri non stravolgendosi, è in corsa per il secondo Super Bowl disputato in 3 anni. Non sono i favoriti, non sono i più forti della propria conference, ma se potenzialmente ti mancano 120 minuti effettivi alla notte più importane dell’anno, l’immaginazione non conosce limiti e sono convinto che l’entusiasmo di chi ha fatto del motto “GO BIRDS” la propria ragion di vita è pronto a riversarsi per le strade, i pub e i ristoranti della città della Louisiana.

One thought on “GLI EAGLES VOLANO AI DIVISIONAL ROUND

  1. Da ignorante e profano, forse potrei fare un parallelismo con il mio Napoli: che da uno scudetto vinto alla grande, e passato ad una stagione ignobile per poi adesso tornare a giocare da squadra vera avendo in rosa almeno 7 su 11 giocatori dello scudetto. Comunque, grazie infinite per i tuoi articoli sempre interessanti e piacevoli da leggere. Ciao Maurizio

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