Alla fine, per scacciare tanti anni di iettature assortite, c’è voluto un episodio fortunato. Il palo colpito dal field goal di 37 yard di Zane Gonzales ha accolto favorevolmente l’esorcismo dell’era-Snyder, pensando che fosse finalmente giunta l’ora di far virare positivamente il destino di Washington, dopo decenni di sofferenza, abbandono dei tifosi, tirannia di un proprietario indegno, regalando così la prima vittoria ai playoff dalla stagione 2005, quando gli allora Redskins avevano battuto proprio gli stessi Tampa Bay Buccaneers affrontati ieri notte. E’ trascorsa praticamente una generazione, in panchina siedeva il secondo avvento di Joe Gibbs, e la partita era stata decisa dai turnover a favore della squadra della capitale americana, compreso il decisivo fumble che l’indimenticato Sean Taylor aveva riportato direttamente in meta, facendo dimenticare un’uscita offensiva che aveva visto Mark Brunell chiudere con un misero 27.5 di qb rating.
Quasi 7.000 giorni fa.
Da allora a Washington non si gioiva in tale modo, non si provava la sensazione di una vittoria importante come quella riportata poche ore fa al Raymont James Stadium, sussisteva solamente la speranza che qualcosa, finalmente, cominciasse a percorrere il verso giusto, restituendo rispetto a una franchigia maltrattata dal suo stesso owner. Si era intravisto un futuro migliore al momento del subentro di Joe Harris, ma c’era comunque voluta pazienza; l’arrivo di Jayden Daniels e la ristrutturazione di management e coaching staff avevano alimentato il pensiero del nuovo ciclo, con quel pizzico di diffidenza tipico di chi si è già scottato a sufficienza, ma la stagione portata a termine sotto le direttive di Dan Quinn e i prodigiosi assaggi di football professionisico offerti da un quarterback che sembra già al decimo anno nella lega, hanno concretizzato la realizzazione di prospettive che sono andate ben oltre le possibili aspettative.
I Commanders hanno provato di saper sopravvivere nel clima della postseason, confezionando l’ennesimo foto-finish di un campionato vissuto sulla tensione di partite spesso vicine nel punteggio, e altrettanto spesso portate a casa con successo. Un copione molto simile a quello vissuto ieri, attestando la capacità di Daniels di condurre un attacco con freddezza nel momento topico di una gara che se persa avrebbe decretato l’immediato termine della stagione, che vivrà invece per un’altra settimana, per quanto impietoso sia il prossimo confronto con i temibili Detroit Lions.
Non è stata una partita perfetta, ma di certo è sinora stata la più spettacolare del primo turno. Cambi continui nella conduzione del punteggio, aria che si tagliava a fette, belle giocate difensive, spunti offensivi ad alto yardaggio, segnature al quarto down, e situazione di pareggio con poco più di quattro minuti da giocare, il tempo servito al giovanissimo quarterback di Washington per gestire la serie di giochi finale, grazie alla quale il piede di Gonzales ha fatto tremare, bloccare il respiro, e infine scacciato tutti i malefici che hanno avvolto la franchigia in tempi cupi, che finalmente sembrano essere sempre meno visibili sullo specchietto retrovisore.
I Commanders sono scesi in campo con una strategia precisa: tenere Baker Mayfield fuori dai giochi per la maggior quantità di tempo possibile. Era questa l’unica soluzione adatta al contenimento di un quarterback che si è letteralmente infiammato nell’ultimo mese di regular season, che aveva giocato il suo miglior football di carriera, che andava limitato a ogni costo, pena una possibile valanga di statistiche offensive che avrebbero sicuramente reso la contesa assai diversa da com’è effettivamente stata. La prestazione dei Buccaneers ha infatti molto poco da rimproverarsi, se non quel turnover che, nel quarto decisivo, ha malamente fatto virare l’inerzia dalla parte degli ospiti. Mayfield ha trascorso poco tempo in campo rispetto al solito, ma ha comunque giocato una partita magnifica: 15/18, 185 yard, 2 mete, 146.5 di rating. Decisivo, da questo punto di vista, il massiccio drive tenuto in piedi da Washington a cavallo tra i primi due quarti, il quale ha permesso di tenere palla per 17 giochi percorrendo 92 yard in 9 minuti, un’eternità, mentre Baker e le sue armi osservavano inermi dalla linea laterale, e la difesa incassava il primo touchdown di serata.
Eppure, Tampa aveva chiuso il primo tempo in parità, a quota 10, perché nonostante le sole 36 yard per drive ottenute nei primi trenta minuti, l’efficienza del gioco offensivo – unita alla tenuta della difesa, che aveva fermato un quarto down alla mano – aveva permesso ai Bucs di raccogliere 74 yard in neanche due giri d’orologio effettivi, vista la bravura di Mayfield nel partire in scramble senza paura ottenendo 18 elettriche yard, e la capacità di Mike Evans – come sempre esemplare, con le sue 92 yard finali e annessa meta – nel far letteralmente impazzire Marcus Lattimore, rientrante dall’aggravarsi del problema al quadricipite giusto in tempo per giocare la postseason.
Una gara disputata ad armi pari, non poteva che essere decisa da un singolo episodio. Con Tampa titolare del vantaggio più consistente di serata (17-13) appena fatto ingresso nel quarto conclusivo, con un quarto tentativo giocato alla mano ancora una volta fermato dalla difesa, il fumble provocato dallo scambio tra Mayfield e il rookie Jalen McMillan nell’intenzione di giocare (o fintare) una jet sweep, ha donato una nuova posizione di campo in redzone ai Commanders, stavolta capaci di capitalizzare l’opportunità (meta di Terry McLaurin su un quarto e 2) perseguendo nella linea dell’aggressività, come dimostrato dal 3/5 ricavato dai quarti down, pur rischiando nel rinunciare a un paio di comodi field goal che avrebbero senz’altro alleggerito la pressione.
Una pressione che Jayden Daniels non ha evidentemente sentito, nemmeno con tutto il peso di un’intera stagione sulle spalle. 4:41 da giocare, 10 giochi che hanno mangiato 51 yard e divorato tutto il tempo rimasto, lasciando Tampa senza timeout, conquistando la conversione di terzo down decisiva, grazie all’ennesima variante schematica resa possibile dalla mobilità del quarterback, andato a oltrepassare personalmente le catene prima di lasciare spazio, tremore e gloria al suo kicker. Mentre l’ovale saliva verso i pali sono passate mille istantanee, mille momenti di sconforto nero, tutte le immagini di un’epoca che ha scritto pagine pessime nella storia di una franchigia rispettabile. Il palo è stato l’ultimo sussulto, un’azione rappresentativa per un finale di stagione dove i Commanders hanno sempre vinto all’ultimo momento, con giocate ad alto coefficiente di pressione e difficoltà, guadagnandosi un’imprevedibile qualificazione ai playoff.
E ora, a spese dei comunque meritevoli Buccaneers, sono persino riusciti a dimostrare che le 12 vittorie di regular season, maggior numero dal 1991 – l’anno dell’ultimo Super Bowl vinto – non sono frutto solo di un calendario facile. C’è un nuovo gruppo di uomini, una nuova mentalità, una rinnovata voglia di non mollare mai. E una nuova era da vivere, al di là della probabile ripassata che i Commanders prenderanno a Detroit, che potrebbe permettere loro di restaurare abitudini oramai antiche, le stesse di oltre trent’anni fa, quando la presenza ai playoff era praticamente fissa, e la squadra giocava per il massimo trofeo Nfl. Tutte frasi impossibili da pensare, fino a poco tempo fa, ma che le capacità mostrate da un ragazzino classe 2000, del tutto privo di timori nel guidare il timone quando la palla scotta, potrebbero finalmente diventare una piacevole realtà.
Davide Lavarra, o Dave e basta se preferite, appassionato di Nfl ed Nba dal 1992, praticamente ossessionato dal football americano, che ho cominciato a seguire anche a livello di college dal 2005. Tifoso di Washington Redskins, Houston Rockets, L.A. Dodgers e Florida State Seminoles. Ho la fortuna di scrivere per questo bellissimo sito dal 2004.
Ottima partita di Washington, ma senza il fumble di Mayfield…probabilmente la partita era chiusa.