Individuati come la principale candidata a subire un upset nel Wild Card Weekend, Houston ha sfruttato una delle più vecchie regole non scritte del football, e dello sport in generale, per trovare ulteriori motivazioni nella preparazione del match contro i Chargers, cibandosi delle tante parole spese per sottolineare la concreta possibilità che uscissero al primo turno di playoffs per alzare il livello della concentrazione ed offrire una prestazione di alto livello, soprattutto nel reparto difensivo, che ha tenuto sotto scacco l’attacco avversario per tutta la durata della partita.
Una sfida non certo spettacolare, che per lunghi tratti è stata caratterizzata dalle difficoltà delle rispettive offense a produrre, con i californiani leggermente più incisivi, ma incapaci di ottimizzare gli sforzi profusi lungo il campo una volta raggiunta la redzone opposta, e i texani ancora schiavi delle difficoltà evidenziate nelle ultime settimane, con un C.J. Stroud ancora poco convincente, sia sotto l’aspetto decisionale che nell’esecuzione dei lanci, costringendo i padroni di casa a lasciare l’iniziativa agli ospiti nei primi 18 minuti effettivi, con turnovers e three&out consecutivi.
Dopo un buon drive iniziale nel quale le corse di J.K. Dobbins hanno creato gli spazi necessari a favorire un paio di giocate lunghe di Ladd McConkey e Will Dissly, Los Angeles apre le danze con un field goal da 35 yards di Cameron Dicker; appena il tempo di restiture la palla agli avversari e vedere l’attacco di Houston schierato sul terreno di gioco, che la defense guidata da Jesse Minter si rimpossessa dell’ovale con Alohi Gilman che strappa la palla dalle mani di John Metchie III e consente a Derwin James di mettere a segno il primo takeaway della partita, riportando il fumble fino sulle 33 yds.
In posizione estremamente favorevole per imprimere la prima svolta alla partita, i Chargers non riescono ad incidere, complice l’altissima pressione creata in pass rushing da lineman ed EDGE dei Texans, che prima realizzano un sack con Will Anderson Jr. e poi costringono Justin Herbert a forzare un lancio in direzione di Dissly, che droppa il pallone e obbliga coach Harbaugh ad optare nuovamente per un calcio da 3 punti, portandosi sul 6-0 grazie ad un preciso piazzato da 39 yards di Dicker.
Pressione difensiva che diventa il leit motiv del match nella seconda parte del primo quarto, con Houston che prova a scrollarsi di dosso la tensione conquistando il primo down della partita con Dalton Schultz prima di arrendersi nuovamente alla difesa avversaria, abile ad indurre i texani in errore anche nel drive successivo, quando un altro lancio verso Metchie viene intercettato da Deone Leonard, dando la netta impressione che Los Angeles sia padrona del proprio destino; un’illusione, invece, che dura il tempo del cambio di possesso, ci pensa infatti il quarterback con il numero 10 a tenere vive le speranze dei padroni di casa facendosi pizzicare da Kamari Lassiter mentre cerca di servire Quentin Johnston in prossimità dell’endzone.
Un uno-due che crea un turbinio di emozioni sugli spalti, con i tifosi casalinghi che passano dalla disperazione più nera ad intravedere uno spiraglio di luce in fondo al tunnel, un chiarore che si fa decisamente più intenso a ridosso del two minute warning, quando si verifica la giocata che probabilmente cambia l’inerzia della partita; su un 3rd & 16 sulle proprie 17 il centro di Houston sbaglia lo snap, Stroud è costretto a rincorrere l’ovale, la recupera sulla linea delle 3 yards, scrambla verso la sideline di destra cercando di resistere alla pressione dei difensori avversari, a caccia dell’ennesimo turnover, e fuori bilanciamento, in salto, sfodera un lancio da 34 yards per Xavier Hutchinson, che riceve indisturbato a metà campo.
Giunti sulle 49 dopo un’azione che riempie le vene di adrenalina, i Texans non si fermano più e si trasformano in un rullo compressore, con Nico Collins che decide di mettere finalmente a soqquadro le secondarie californiane mettendo a segno due ricezioni a distanza di pochissimi secondi; con la prima, da 37 yds, consente all’attacco di entrare in redzone, e con la seconda, 12 yards, realizza il primo touchdown del match, raccogliendo un pass centrale del proprio quarterback.
Andata ancora a segno, con un field goal da 41 yds di Ka’imi Fairbaim, Houston rientra in campo decisa ad aumentare il vantaggio sugli avversari, ma come già accaduto nel corso del primo quarto, le difese continuano ad essere le protagoniste principali della partita e quella dei Chargers sale nuovamente in cattedra, prima causando il primo fumble dopo 1082 tocchi di Joe Mixon, che perde la palla sulle 25 degli ospiti, e poi intercettando nuovamente Stroud all’interno dell’endzone, con Derwin James che anticipa la ricezione del rookie Cade Stover; una chiamata che viene annullata per un “unnecessary roughness” fischiata allo stesso runner numero 28 e che permette ai texani di mantenere il possesso dell’ovale, allungando con un altro calcio da 37 yards.
Il turnover annullato sembra il classico segno del destino e invece di consentire a Los Angeles di trovare le forze per far pendere nuovamente l’ago della bilancia in suo favore, ne annichilisce lo slancio, con il già citato Justin Herbert che ricorda tantissimo il quarterback impersonato da Keanu Reeves ne “Le Riserve“, nella scena in cui cerca di spiegare la difficoltà nell’invertire il trend di una prestazione negativa utilizzando come metafora un tentativo di sfuggire alle sabbie mobili; e proprio nella ricerca spasmodica di evitare le pressioni dei vari Will Anderson, Danielle Hunter, Denico Autry, il prodotto di Oregon inizia ad inanellare una serie di lanci forzati, fuori bilanciamento, e decisioni sbagliate, o perlomeno molto discutibili, che indirizzano definitivamente il match.
Con un pass poco calibrato per McConkey, che salta ma non riesce a chiudere le mani in tempo, favorisce un nuovo touchdown dei Texans, che vanno a segno con un pick six dopo un ritorno da 38 yards di Eric Murray, e una volta rientrato in campo con l’attacco, dopo aver cercato di cancellare l’errore precedente servendo in due occasioni il rookie WR da Georiga, si fa nuovamente intercettare dalla difesa avversaria, complice un secondo, sanguinoso, drop del TE titolare Dissly, che non riesce a completare una presa all’apparenza piuttosto facile, consegnando l’ovale nelle mani di Derek Stingley Jr.
Con il field goal da 30 yds trasformato dal solito Fairbaim il vantaggio di Houston si fa decisamente consistente e l’unica distrazione che si concedono i ragazzi di coach Ryans è nel drive immediatamente successivo al calcio del 23 a 6, quando consentono al solito McConkey di ricevere a metà campo e involarsi verso la loro endzone realizzando un touchdown da 86 yards; il moto d’orgoglio che sembra poter dare nuova linfa ai californiani viene però smorzato sul nascere, grazie a D’Angelo Ross, che aggiunge ulteriori 2 punti sul tabellone dopo aver recuperato il pallone in seguito all’extra point bloccato, portando il risultato sul 25 a 12.
Demoralizzata dall’ennesimo tentativo di rientrare in partita e stanca dopo aver tenuto testa a lungo all’attacco avversario, la difesa dei Chargers molla leggermente la presa non riuscendo più ad arginare le corse di Stroud e Mixon, che completa la sua prima apparizione ai playoffs con la nuova divisa mettendo a segno un TD run da 17 yards che mette definitivamente fine alle speranze di rimonta degli ospiti; la corsa vincente del numero 28 diventa l’ultima segnatura del match pochi secondi più tardi, quando in seguito all’ennesimo lancio forzato del quarterback avversario, Stingley Jr. confeziona un altro intercetto.
Quarto turnover della serata per un Herbert che è stato autore di una prova ampiamente deludente, come da lui stesso ammesso al termine della partita, tra le quattro mura di uno spogliatoio in cui le parole di conforto dei compagni, ed in particolare del DL Morgan Fox, non sono state sufficienti a risollevare il morale di un ragazzo che era cresciuto e maturato parecchio nel corso della regular season, guidando, spesso in prima persona, la squadra attraverso le difficoltà affrontate lungo il cammino che l’ha portata fino al match di Houston, nonchè reduce da un finale di stagione piuttosto entusiasmante, condito da prestazioni di altissimo livello.
Prove che non saranno sicuramente cancellate dopo quest’eliminazione ma che apriranno ad un lungo dibattito sulle sue capacità di essere decisivo nei momenti che contano, una discussione che hanno dovuto affrontare molti quarterback di successo nel passato, più o meno recente, e dalla quale non sarà di certo esente il numero 10 dei Chargers, sempre supportato dal suo head coach Jim Harbaugh, pronto a prendere le sue difese già nelle interviste post partita, al termine di una stagione che ha segnato il suo ritorno comunque vincente in NFL, come dimostrano le 11 vittorie ottenute alla guida di una franchigia che aveva concluso la stagione 2023 con il pessimo record 5-12.
Un percorso per certi versi simile al collega, e avversario nella sfida del NRG Stadium, DeMeco Ryans, che ha raccolto i Texans reduci da 3 season deludenti e li ha trasformati in un team capace di vincere 20 partite e conquistare 2 titoli divisionali nell’ultimo biennio, diventando uno dei team più temuti all’interno dell’American Conference; trascinati da un reparto difensivo piuttosto solido, nel quale oltre ad emergere i veterani aggiunti durante l’ultima free agency, Azeez Al-Shaair, Autry, Hunter, la giovane coppia di cornerback composta da Stingley Jr. e Lassiter ha dimostrato, ancora una volta, di essere una delle più complete ed efficienti di tutta la lega, dovranno cercare di ritrovare un po’ di certezze in attacco per fare ulteriore strada in questi playoffs, viste le difficoltà comunque mostrate nel match vinto contro Los Angeles.
Folgorato sulla via del football dai vecchi Guerin Sportivo negli anni ’80, ho riscoperto la NFL nel mio sperduto angolo tra le Langhe piemontesi tramite Telepiù, prima, e SKY, poi; fans dei Minnesota Vikings e della gloriosa Notre Dame ho conosciuto il mondo di Playitusa, con cui ho l’onore di collaborare dal 2004, in un freddo giorno dell’inverno 2003. Da allora non faccio altro che ringraziare Max GIordan…