Ci sono voluti i Giants con la loro sterilità in red zone per consentire a Dallas di fermare la mini emorragia di due sconfitte consecutive e riportare in parità il bilancio divisionale. Con la stessa sobrietà non si può nemmeno parlare di ottima performance per quel che concerne la regia di Dak Prescott, chirurgico, mai sopra le righe e soprattutto non costretto ad epiche rimonte da difese coriacee nonché – ad oggi – competitor per la gloria finale.

E’ un po’ il riassunto di ciò che d’altronde emette finora il calendario dei Cowboys, perentori con i deboli (Browns e appunto NY) e distanti anni luce dal contendere.

Le montagne russe, già presenti nel pre McCarthy ed imputate all’equivoco Jason Garrett, sono tuttora stabili con l’ex Packers al timone di comando, persino visibili – e risibili – durante le ultime ed egregie tre campagne da 12 W, concluse tuttavia sempre con un pugno di mosche in mano. Il sogno Lombardi si era difatti infranto un paio di volte al cospetto dei Niners e soprattutto Green Bay, sconfitte brucianti senza sostanzialmente mai dare l’impressione di comando, il quarterback in primis, sparendo da un winner take all fin da subito, quando le redini di gioco e punteggio sono state cedute senza colpo ferire.

Dallas Cowboys: Jerry Jones agrees with fans who blame him | wfaa.com

Vedendo i primordiali Cowboys 2024/25 tutto appare certo tranne che possano raggiungere di nuovo quota 12, ed anzi molteplici crepe si intravedono nelle due fasi dell’azione, col confermato Brian Schottenheimer e il redivivo Mike Zimmer, “regredito” ad ennesimo DC qui in Texas dopo i fasti di Minnesota, che ne avranno di lavoro da svolgere nel futuro prossimo.

Un futuro che verrà messo subito alla prova, dato che vedrà l’attacco fronteggiare due satanassi quali Steelers e gli stessi 49ers in trasferta, ed all’AT & T quella formidabile macchina offensiva di Detroit, certamente orfani di Micah Parsons e forse del rigenerato DeMarcus Lawrence, top pass rushers del plotone, l’uno ad almeno 13 sack in ogni tornata di carriera e l’altro già a 3, leader difensivi della locker room assieme a Trevon Diggs ed eventuali drammatici forfait nel front seven, fin da subito in piena difficoltà nella run defense, ultima prima della gara a New York in yard totali, per tentativo e touchdown!

Quel che sta shockando l’ambiente finora sta proprio nei dettagli mancanti, quelli che se di fronte agli all in da playoff possono almeno avere una giustificazione emotiva di chi (brutto a dirsi ma ormai quasi certezza in questi lidi) non ha mentalità e freddezza vincenti, sorprendono invece agli albori di una stagione.

La difesa, per la quale intendiamo ognuno dei tre settori, sta infatti facendo acqua da tutte le parti specialmente a inizio gara, ponendo poi un’offense sì talentuosa ma anche imprevedibile come poche, nella scomoda situazione di dover segnare – e pertanto non sbagliare – obbligatoriamente, comportando quindi errori e penalità periodiche.

Non c’è un drive che passi liscio, con gli short pass in play action punto di forza avversario coi quali guadagnare facilmente terreno e mettere anche in crisi cornerback e retrovie, oltre come detto ai clamorosi fallimenti epici sulle le corse, in una linea dove la crisi nella posizione di tackle del primo giro Mazi Smith non accenna a diminuire, per la felicità di Kamara e dei molteplici corridori di stanza a Baltimore!

Haunted Mike Zimmer says he will fix Dallas Cowboys defense like he fixed it after pickle juice game - DLLS Sports

Il sei su sei in ogni drive dei Saints, team in rinascita ma negli ultimi anni scostante offensivamente, fa talmente scalpore quasi da legittimare l’embrionale 6-21 a tabellino contro dei macina campo quali i Ravens. Due partite/incubo dove su 116 azioni offensive totali il 44% (51) è terminato con almeno 7 yard di profitto o un touchdown corto, mentre su 84 corse combinate solamente in 25 si sono concesse 2 yard o meno: numeri clamorosi ed impietosi per Zimmer, che sperava in un rientro migliore nella NFL, ma che si ritrova invece tutta Dallas a puntargli il dito contro, rivalutando persino la penosa epoca in sella a Mike Nolan!

Su Prescott invece andrebbe scritto un articolo a parte, dato che, se presa a livello statistico, la sua permanenza in Texas con relativo contratto da sceicco, oltre che essere positiva appare pure sacrosanta. Col tre volte Pro Bowler in regia infatti il 50%+ è una formalità, così come i viaggi in postseason (ben 5 su 7 tornei) e un QBR di carriera in cinque circostanze superiore a 70.0! Quando però il quid che un campione immette per superare l’ostacolo è spesso assente, le critiche a Jerry Jones per averlo arricchito a vita si sprecano.

Ed è così che se in stagione regolare Dallas ha una partenza sprint che le consente di gestire il vantaggio e garantire quasi in anticipo una presenza al tabellone, Prescott si scatena, forte – è bene ricordarlo – di un arsenale che pochi registi possono vantare, ultimo dei quali quel prodigio di CeeDee Lamb, che seppur sovente lamentino dinanzi le telecamere, è reduce da quasi 1800 yd su 135 ricezioni (numero 1 NFL) e 12 TD. Inoltre, se Cooks fatica ad ingranare e Tolbert è atteso alla crescita conclusiva, l’altra freccia nell’arco di Prescott su cui indirizzare l’ovale prende le sembianze del TE Jake Ferguson, vero diamante che anche al terzo anno si sta confermando un breakout!

Con tutte queste bocche di fuoco non sorprendono perciò i primati del QB su passaggi completati (400 e oltre) e percentuale (69.5).

Quando tuttavia in postseason o negli odierni momenti di difficoltà gli spazi si restringono, l’impressione è che il profilo da Mississippi State si sciolga come neve al sole, non aiutato dagli allenatori in sideline con giocate coraggiose, sparando in continuità lanci spericolati oppure rimanendo bloccato in fughe disperate fuori dalla tasca, senza mai dare l’idea di riuscire nell’intuizione istantanea.

Dallas Cowboys' Dak Prescott Ranked: Top-Tier Quarterbacks Entering 2024 NFL Season

Pure qui le medie rientrano poi nella norma, ma soltanto perché sotto nello score le difese concedono campo breve per non rischiare i big play. Gli esempi più pratici recenti nella debacle del Divisional Round 2023 verso Green Bay (ben 403 yard totali ma a 6.7 per tentativo, con un penoso 43.7 QBR e arrivate dopo due intercetti) e la scorsa week contro i Ravens, dominatori in largo e in lungo prima di permettere al regista 24 giochi da 230 yd in short/middle pass nei 6 minuti di possesso Cowboys dell’ultimo periodo, condito per di più da un onside kick recuperato.

Anche la leadership sulle yard al lancio in questo iniziale 2024, avvenute per di più senza un 8 volte Pro Bowler come Tyron Smith a proteggergli in lato cieco, appare quindi uno specchietto per le allodole, che pone bensì l’attacco dei Cowboys sotto esame già nelle imminenti e come detto terribili prossime uscite.

A giustificare, e non poco, le difficoltà odierne del regista, ci sono le problematiche immani sulle corse, che oltre alla difesa attanagliano pure l’offense, con Elliott più una minestra riscaldata che il possente procacciatore di terreno e solido bloccante del tempo che fu, e Dowdle sinora deludente come RB1. La coppia ha un minus 46 nelle aspettative sulle yard via ground e 1.63 per attempt, nonostante solo 58 portate, fonte NEXT GEN stats. A causa di ciò i Cowboys sono tristemente ultimi per iardaggio totale e terzultimi per quello a partita, rispetto all’onorevole 14mo posto dello scorso anno, utile diversivo alle predilezioni aeree di Schottenheimer.

Un dato, questo a marchio 2024/25, che affossa, responsabilizza e soprattutto costringe ancor di più il quarterback a rischiare ed improvvisare in autonomia quando la pass rush rompe i blocchi e gli si presenta dinanzi!

Se quella attuale viene vista da molti come l’all in season per McCarthy, non ci sembra che le premesse siano celestiali.

Ad aiutare l’America’s Team e il suo skipper c’è comunque una division abbastanza equilibrata e livellata verso il basso, soprattutto dopo lo shockante Super Bowl perso dagli Eagles, che li aveva catapultati verso un limbo carico di incertezze che sembra tuttora essere rimasto tale.

Dallas Cowboys: Mike McCarthy tests positive for COVID, out vs. Saints

Immaginare però che migliorie da qui fino alla fine possano concedere ai Cowboys un alone talmente vincente da arrivare a ridosso della finale NFC, ci sembra altresì utopistico, in primis proprio per le evidenti discrasie manageriali, che culminano spessissimo in una sideline confusa e senza la benchè minima coesione, nella quale perciò non sorprende mirare i volti tesi e delusi dei vari Lamb o Lawrence.

Se McCarthy era da più parti – il vostro scriba fra i primi – stato giustificato sui mancati crack a Green Bay per un atteggiamento un po’ troppo folkloristico riservatogli da Rodgers, oggi non pare avere più scuse vista la mancanza totale di leadership dei suoi uomini di punta, decisamente talentuosi ma in attesa costante di essere imbeccati da un game plan vincente, che come detto delude invece sempre sul più bello.

Se sarà fallimento pagherà quindi di tasca sua, dato che gli investimenti annuali di Jerry Jones e i 200 e passa milioni impegnati sul roster attivo, Prescott su tutti, non ammetterebbero mai la parola bust!

Commenta

This site uses Akismet to reduce spam. Learn how your comment data is processed.