Giocare il passaggio del turno di playoff su gara secca, davanti a stadi gremiti, sapendo che il mondo intero ti sta guardando ed essendo consapevole che l’andamento di una singola serata sancirà l’esito di una stagione intera, deve essere un’esperienza mistica, capace di far tremare le gambe a quarterback alle prime armi e non.

Mi sento di escludere da questa categoria Patrick Mahomes che, avendo ottenuto domenica scorsa il pass per il quarto Super Bowl in 5 anni, ha ormai ampiamente dimostrato che la pressione del football che conta non lo tocca minimamente.

Da questo punto di vista, la finale della AFC di domenica scorsa è stata emblematica, avendo visto trionfare i Chiefs a mio avviso non solo per meriti tecnici, ma anche per calma, lucidità nelle scelte e freddezza nei momenti cruciali, a differenza dei padroni di casa che, sicuramente complice la forte pressione e la mancata esperienza, hanno giocato al di sotto delle aspettative, dimostrando immaturità e poco sangue freddo.

Kansas City rispetto a Baltimora era la squadra sfavorita, giocando in trasferta, contro una delle migliori difese della lega e avendo l’arduo compito di dover arginare il probabile MVP della NFL Lamar Jackson, la cui stagione trionfale lo rendeva un protagonista atteso di questi playoff.

Nonostante ciò i Chiefs, giocando una partita solida dal punto di vista offensivo con poche sbavature e meravigliosa dal punto di vista difensivo, riescono ad accaparrarsi uno dei due posti disponibili per il match dell’anno di Las Vegas ormai tra poco più di una settimana.

Come ho già detto, i fattori che hanno fatto la differenza sono stati maturità e controllo. Le numerose penalità (su tutte quella dopo la recezione di Flowers o quella del colpo di Smith sull’offensive lineman), gli errori di esecuzione di Lamar Jackson o le sue letture sbagliate (in particolare l’intercetto di Bush nel 4° quarto derivante da un lancio effettuato in direzione di una triple coverage), la rapidità con cui coach
Harbaugh ha abbandonato il running game dopo il suo scarso successo sono tutti elementi che testimoniano ed evidenziano il nervosismo e la trepidazione che hanno pesato sulla franchigia di Baltimora nel corso della gara.

Detto questo, però, sintetizzare la partita nel fatto che uno QB fosse nervoso e l’altro no non darebbe il giusto credito al lavoro fatto dalla difesa ospite e dal suo defensive coordinator Steve Spagnuolo che, più in generale nel corso della stagione, ha saputo sopperire ad alcune difficoltà offensive, posizionandosi secondo per sack, per pressioni e per minor numero di yards concesse.

Il reparto di Spagnuolo, tramite una super pass rushing e talvolta l’uso dei blitz, è riuscito nel corso della partita di domenica in primis a imprigionare Lamar Jackson nella tasca, limitando al minimo le scorribande del numero 8 in maglia viola, in secundis a costringere l’attacco avversario ad abbandonare il suo eccellente gioco di corse, avendo reso i pochi tentativi fatti poco produttivi, vista la massiccia presenza
di difensori vicino la linea di scrimmage.

La partita di Mahomes, invece, non è stata la più esaltante della sua carriera (nonostante una giocata da capogiro nel secondo quarto su un 3 and 5 che ancora non mi sono stancato di vedere), ma è bastata, grazie al già citato apporto della difesa, a portare la sua squadra al quarto Super Bowl in 5 anni.

A questo punto, i dati del giocatore con la maglia numero 15 ai playoff sono impressionanti. Nelle 17 partite disputate, numero perfetto poiché combacia con le partite di regular season di una squadra e quindi, avendo come misura l’andamento di un QB durante una stagione, ci permette di avere un’idea della portata di tali statistiche, Mahomes ha lanciato per 4802 yards, 39 TD, 7 intercetti e una percentuale di
completi del 67%.

Si può affermare che l’ex Texas Tech abbia in queste partite prese a campione un andamento che varrebbe il premio di MVP se si trattasse di una regular season; per di più sarebbe ottenuto in condizioni più difficili di quelle in cui un quarterback gioca durante una stagione regolare, essendo le partite di playoff disputate con una posta in palio più alta e contro altre squadre qualificate.

È per questo che Mahomes è l’uomo di ghiaccio, a cui non tremano le gambe e anzi, come dicono i numeri, proprio nel momento decisivo compie un ulteriore step-up, non cadendo vittima di aspettative o pressione ed esprimendo al meglio le sue infinite qualità.

A mio avviso, il più recente miglioramento compiuto da questo atleta fenomenale, è la sua non più costante ricerca del big play come accadeva in passato, ma la capacità di essere in alcune occasioni più conservativo e consapevole della grandezza della sua squadra, limitandosi maggiormente nel prendere determinati rischi.

Aggiungo un’ultima considerazione su Mahomes: al momento è uno degli atleti più emozionanti sulla terra per la capacità di essere concreto e glaciale quando serve, ma allo stesso tempo conservando sempre quel suo estro e quella sua fantasia che lo rendono uno dei migliori interpreti possibili del ruolo del quarterback.

Appurato che i Chiefs di coach Red siano una dinastia che entrerà nella storia del gioco, il momento più verosimile per una loro caduta dal trono della AFC era proprio questo, vista le difficoltà della stagione regolare e la portata dell’avversario.

È proprio questo il grande rimpianto che i Ravens devono avere: il non aver approfittato del miglior momento possibile per spodestare i campioni in carica e consacrarsi come l’altra vera grande forza della conference di questi anni. In particolare, Lamar Jackson, visti i miglioramenti da pocket QB fatti e la sua capacità quindi di essere devastante anche solo rimanendo nella tasca, si approcciava ai playoff più pronto che mai a guadagnarsi il tanto desiderato anello, essendo sembrato durante tutto l’anno per le difese avversarie un’incognita
impossibile da decifrare.

Invece lo stop inaspettato di domenica scorsa, che ferma la cavalcata verso il Nevada della squadra del Maryland per soli 7 punti, riporta Jackson e compagni nella condizione di incompiuti, lasciandoci comunque la gioia di averli seguiti in questo cammino iniziato a settembre e caratterizzato da tanta dominanza quanta bellezza.

L’uomo di ghiaccio, invece, continua la sua corsa che lo porterà all’Allegiant Stadium, dove domenica 11 febbraio affronterà i 49ers, in quello che rappresenterà il re-match della finale di Miami di 4 anni fa. Stiamo parlando del primo trofeo della dinastia di Kansas City che probabilmente ne ha permesso l’affermazione, lasciando a noi in futuro l’arduo compito di raccontare le imprese del QB con la maglia rossa e il numero 15 sulla schiena e dei suoi compagni… senza fretta nel farlo però, per il momento godiamoceli e basta!

15 thoughts on “Patrick Mahomes: l’uomo di ghiaccio

  1. Nella vita c’è il dolce (Mahomes) e c’è Lamaro.

    Proprio per quello vedo un immediato futuro migliore per i Lions rispetto ai Ravens.

    • Lo staff dell attacco dei Ravens non ci ha capito un cavolo.. aggiungo..
      .. Per che diavolo è stato preso dalvin Cook? Per fare lo spettatore?
      Su lamar non so che dire, io trovo folle questa tendenza ormai dettata dal mercato a strapagare i QB (in generale)
      prima che abbiano vinto una beneamata…mah

      • Esatto. Secondo me lo fanno per i tifosi e per le magliette ma insomma… Molto poco professionale, da un punto di vista manageriale. I Ravens oltretutto avevano già il precedente di Flacco (il quale però aveva vinto, e pure alla grande, appena prima di firmare).

        • No, lo fanno perché è la lega dei qb e quando ne trovi uno che riesce a stabilizzarti la posizione più complessa e delicata che esista, nn solo nel football, ma nello sport in genere (nn esiste un singolo sport di squadra in cui un ruolo è così tanto più importante rispetto a tutti gli altri), allora lo paghi qualsiasi cifra chieda e anzi, cerchi di firmarlo il prima possibile e il più a lungo possibile perché ogni anno che ritardi ti costa di più, soprattutto alla luce del fatto che, lasciandolo andare, il rischio di 10 anni di oblio è un ipotisi al limite della certezza

          • Sappiamo benissimo che questa è la realtà ma la trovo assurda

  2. Mi ripeto, ma non posso farne a meno. Mahomes gioca in pratica senza ricevitori, ma gli avversari lo temon9,a prescindere e i piani di gioco saltano per paura delle sue invenzioni. I Chiefs quest’anno come squadra erano inferiori secondo me ai Bills e ai Ravens, ma anche quest’anno sono al Superbowl. Incontreranno i 49ers sulla carta molto più forti , ma con Mahomes non si sa mai. Spero che l’anno prossimo i Chiefs prendano qualche buon ricevitore nel draft e se il salary cap lo permette dovrebbero offrire un contratto a Mike Evans che andrebbe di corse a giocare con Mahomes.

    • Tutto vero, va anche detto che la difesa ha fatto il vero salto di qualità ed è il principale motivo per cui sono lì. Poi aggiungi Mahomes

  3. Per me la mossa “geniale” di Spagnuolo che ha costretto LJ nella tasca è stata di aver messo spesso una spia che vista dallo stesso non lo ha costretto a correre

  4. La verità è che i Chiefs hanno un livello di football che torna sempre nei momenti che contano!!! Mi ricordano i Patriots dei bei tempi e anche dei meno belli: magari in regular season non strabiliavano, ma una volta giunti nei playoffs ….si trasformavano! Onestamente i Chiefs quest’anno non mi hanno mai impressionato davvero in regular season e tanto meno Mahomes. L’attacco ha spesso balbettato nonostante il solito Kelce e in difesa sembravano aver perso più di un colpo. Piano piano, senza fare meraviglie, si sono riportati sotto nella AFC dopo una partenza tristissima e anche Mahomes si è messo a giocare. Sia chiaro, meno big plays, meno meraviglie, ma concretezza a mille e solidità bestiale. Mahomes anche se gioca male, sguscia per evitare i sacks nella tasca, sa fare letture rapide in caso di opzioni coperte, non ti regala nulla. A mio parere, questi non sono sicuramente tra i suoi migliori palyoffs come gioco espresso eppure è al Superbowl e non ha regalato più niente a nessuno: i Ravens arrivavano da una stagione migliore, da un momento migliore e con un QB più in palla. Eppure hanno perso. Questo perchè le grandi squadre e i grandi giocatori, nelle partite che contano (playoffs) sanno mantenere livelli altissimi di football, anche se magari non sono nel massimo stato di forma. Purtroppo questa qualità la sviluppi solo giocando spesso e volentieri partire durissime e importantissime… e squadre come i miei Dolphins non ne giocano da millenni ormai!

    • Concordo, e spero che non ci siano anni di soli chiefs perché mi ammorberei.

    • Concordo un po’ su tutto, ma non sul fatto che quella qualità la sviluppi giocando partite importanti. O meglio, può darsi che questo sia vero per i ruoli che possono “confondersi” nella squadra. Per i ruoli guida, penso ad esempio a coach e QB, o quella caratteristica di giocare bene certe partite, e certi momenti della partita, o la hai o non la hai. Poi ognuno è diverso quindi magari ci sono eccezioni, ma in generale è una cosa con cui ci nasci.

      Prendendo l’esempio di Mahomes, lui i primi PO in carriera li ha giocati alla grande. Ha perso il championship contro i Patriots futuri campioni per 37 a 31, lanciando tre TDs. Alla fine di quella partita il coordinatore difensivo dei Chiefs venne congedato. Insomma, Mahomes era già Mahomes fin dagli esordi ai playoff. Ma lo si vede anche nella vita quotidiana: io mi stupivo di tanti che andavano nel pallone a un esame all’università. Tranquillo e sicuro secondo me soprattutto ci nasci.

      • Esatto ed è questa la differenza tra i fuoriclasse, passami il termine calcistico, e tutti gli altri tipi di giocatori

      • Concordo. E oltre alla prima apparizione ai playoff aggiungo facilmente come ha vinto il primo SB. C’è chi subisce la pressione dei grandi palcoscenici e chi non vede l ora di essere lì. È anche una questione di carattere nella vita come hai detto tu

    • Anche perché ci terrei a sottolineare che in questo sport i playoff equivalgono a 2/3 partite

  5. Mahomes ha quella classe, quella grinta, quella capacità di giocare bene le partite che contano che solo i top players veri possono esibire. Anche quando è appannato perchè la forma non può essere smagliante sempre (e quest’anno spesso non è stato brillantissimo), ha quella dote da fuoriclasse di sapere essere sempre tosto e consistente nei momenti davvero decisivi. Certo che è una qualità che hai o non hai dalla nascita! Nessuno te la può insegnare di sicuro! Ma se non giochi mai ai massimi livelli (vedi playoffs) non sai mai come potrai reagire! Non ti testi, non sai come potresti essere! Nei playoffs tutto conta doppio o triplo e quindi chi è già un fenomeno (perchè se sei nella NFL sei comunque già un fenomeno) deve dimostrare a sè stesso e al mondo del football intero di essere ulteriormente fenomeno anche in questi momenti. Io credo che questa cosa valga per tutti i ruoli: un kicker nei playoffs scopre davvero quanto vale, un uomo di linea offensiva anche, un ricevitore pure…. tutti hanno una sola partita che conta per volta e devono dare tutto in quel momento. Non è davvero cosa per tutti!

Commenta

This site uses Akismet to reduce spam. Learn how your comment data is processed.