Ogni analisi della sconfitta è diversa dalla precedente e, ovviamente, dalla successiva. Tuttavia, almeno oggi, questo non è poi così vero perché due sconfitte – seppur arrivate con modalità completamente differenti – ci mettono davanti ad analisi non poi così dissonanti: dite che il teaser sia durato abbastanza? Posso partire?

I Texans non hanno assolutamente nulla da rimproverarsi per quanto accaduto a Baltimore. Anzi, il fatto che per metà partita abbiano messo Jackson e compagni davanti ai demoni del passato basterebbe di per sé a farci parlare di un successo.
Nessuno poteva aspettarsi che una squadra guidata da un’accoppiata quarterback-allenatore rookie terminasse la propria stagione a una partita di distanza dal Championship Game. Soprattutto, dopo anni di futilità, nessuno poteva aspettarsi che questa franchigia ci mettesse così poco a ritrovare rispettabilità e una parvenza di organizzazione smarrite nell’ultimo lustro.

Non si poteva chiedere di più a Stroud. Senza un gioco di corse – magnifico il lavoro del front seven di Baltimore che li ha limitati a 38 yard su 14 portate, di cui 16 arrivate tramite una singola galoppata di Singletary – e costantemente sotto pressione, la seconda scelta assoluta all’ultimo draft è stata messa davanti a un proprio limite più che comprensibile, ossia quello di non poter vincere una partita da solo. Va benissimo così, nessuno a settembre prevedeva che sarebbero arrivati al Divisional Round contro i Ravens a Baltimore. E infatti non erano costruiti per partite del genere.

La più grande perdita potrebbe arrivare dalla panchina, poiché l’offensive coordinator Bobby Slowik sta raccogliendo più consensi di Sabrina Ferilli in Curva Sud all’Olimpico, ma immagino riusciranno a trovare qualcun altro: quando si diventa una grande squadra la vita è anche questa, essere perennemente costretti a individuare nuovi membri per completare un coaching staff annualmente depredato da squadre che vogliono tornare a essere rilevanti.

Fra i free agent più importanti vi segnano Fairbairn, Greenard, Singletary, Nelson, Hughes, Cashman e Rankins. Hanno tutto lo spazio salariale necessario per rinnovare i contratti che vogliono davvero rinnovare, anche se dovranno cambiare il modus operandi con cui hanno costruito i roster negli ultimi anni: ora che hanno trovato quarterback e allenatore non è più sostenibile andare avanti a suon di contratti annuali dati a veterani a caccia di riscatto.
Mi aspetto un paio di mosse importanti nei prossimi mesi, sapete la storia della finestra del contratto del quarterback rookie, no? È iniziato il loro countdown.

Nemmeno Green Bay ha molto da rimproverarsi per quanto successo sabato notte… tuttavia i rimpianti, come l’appetito, vengono mangiando. O dopo mangiato: non lo so, ma credo abbiate capito.
Occorre dirlo: Green Bay è arrivata a tanto così da un più che improbabile Championship Game. Seppur in proporzioni diverse – e molto – la sconfitta rimediata per mano dei 49ers mi ha ricordato molto da vicino quella sofferta al Championship Game del 2014 contro i Seattle Seahawks: ogni possibile episodio ha punito inevitabilmente i Green Bay Packers che ha perso una partita che con un filo di malizia in più poteva assolutamente vincere.

Una sconfitta del genere, seppur al momento dolorosa, può tornare utile. Esattamente come nel caso dei Texans, nemmeno “dovevano” essere ancora in vita a questo punto della stagione. Certo è che in una partita del genere portarsi a casa solamente 21 punti da cinque viaggi in red zone difficilmente condurrà alla vittoria finale. Gli intercetti di Love, soprattutto il secondo, erano indubbiamente evitabili, ma potete stare sicuri che difficilmente riproporrà un errore di questo tipo.
Non voglio suonare più democristiano di quanto possa esserlo di solito – spoiler: tanto, ma ancora per poco, nelle prossime settimane vi parlerò di ENORMI novità -, ma Green Bay deve andare fiera del proprio cammino, soprattutto in luce delle risposte ottenute.

Non è infatti passato troppo da quando li davamo morti e, soprattutto, ci chiedevamo se Jordan Love potesse essere un quarterback titolare in NFL: direi che un paio di mesi dopo abbiamo trovato una risposta. È pressoché impossibile nominare tre quarterback che da novembre in poi abbiano giocato meglio di lui – che, va ricordato, operava in un attacco privo del proprio miglior offensive lineman e con una pletora di ricevitori rookie o, nella migliore delle ipotesi, sophomore.
Sono una squadra giovanissima, gli errori sono fisiologici – ciò non cambia il fatto che digerire una sconfitta del genere richiederà tempo.

L’anno prossimo il front office non sarà costretto a operare con una sessantina di milioni di dead money e, non secondario, a preoccuparsi dei capricci psichedelici di Aaron Rodgers. Questa franchigia in non troppi mesi ha ritrovato la bucolica serenità che associamo automaticamente ai Packers pensando al contesto di Green Bay e, finalmente, il front office può operare in pace senza dover rendere conto di ogni loro decisione a Rodgers.
Soprattutto, hanno trovato un quarterback che potrebbe scrivere nuovi esaltanti capitoli in quella che è già una delle storie più belle dell’intero panorama sportivo mondiale. Voglio andarci cauto, ma dopo quanto fattoci vedere negli ultimi mesi mi sento di dire che Green Bay possa aver trovato il condottiero per i prossimi tre lustri.

Continuiamo con le analisi “sorridenti”: nemmeno i Tampa Bay Buccaneers potevamo aspettarceli protagonisti durante il Divisional Weekend. O almeno, non l’anno dopo il ritiro del più grande di tutti i tempi.
Credo che il risultato sia stato giusto. Tampa Bay ha lottato con le unghie e con i denti riuscendo a restare aggrappata alla partita ben più di quanto i Lions sperassero. Coerentemente a quanto dimostrato durante il campionato, la squadra di Bowles ha compensato ogni limite tecnico con la classica tenacia di chi non ha davvero nulla da perdere.
Alla lunga, non sono più riusciti a trovare risposte alla maggior qualità dei Lions.

Per fortuna che fra un po’ vi parlo dei Bills ché vi giuro non ne posso più di elargire complimenti a destra e a sinistra come stessi commentando una gara di corsa nei sacchi al grest estivo.
Tuttavia mi risulta veramente difficile restare imperturbabile davanti a quanto fatto da questa squadra e, soprattutto, da questo quarterback. L’intercetto che ha di fatto chiuso i conti è servito a ribadirci che Baker Mayfield non sia in alcun caso perfetto, ma dopo una ventina di settimane in Florida è chiaro che il ragazzo possa ancora giocare da titolare in questa lega.
Preferibilmente nei Buccaneers che sembrano averlo accettato come uno degli indiscussi leader nello spogliatoio.

A mio avviso il più grande contributo di Baker Mayfield alla causa dei Buccaneers è stato di tipo emotivo. Il suo bisogno di riscatto – sfumato con un pizzico di inconsapevole follia – ha galvanizzato uno spogliatoio che avrebbe avuto valide ragioni per sentirsi appagato e cadere vittima dell’inerzia. Il fugace ciclo dei Buccaneers sembrava essere stato chiuso dal definitivo ritiro di Tom Brady, ma è chiaro che il suo disperato – nonché indispensabile – entusiasmo abbia contagiato i compagni permettendo a chiunque di dare quel qualcosa in più che è valso loro la possibilità di giocarsi un posto al Championship Game.
Tampa Bay ha dato l’anima per – quasi – tutto l’anno e domenica, seppur frastornata dall’esplosività dell’attacco di Detroit, è riuscita a restare in partita per quasi tutto l’incontro.

Direi che Mayfield se lo sia guadagnato il rinnovo e il tanto agognato contratto della vita. Pensate a un qualcosa di simile a quanto fatto dai Seahawks con Geno Smith, un contratto non particolarmente lungo con gran parte dei soldi concentrati nei primi due anni. Le cifre? Direi qualsiasi cosa fra i 30 e i 40 milioni, dipende da quando firmerà: i contratti dati a Carr e Jones durante la scorsa primavera mi hanno insegnato che nessuna cifra è esagerata quando si parla di quarterback.
Il front office dovrà muoversi con estrema risolutezza e velocità visto che andranno in scadenza pure i vari Mike Evans, Lavonte David, Devin White e soprattutto Antonie Winfield Jr., uno dei migliori difensori in assoluto. Quelli appena menzionati sono veri e propri pilastri di questa squadra e perderne anche solo un paio li muterebbe profondamente

Non li reputo sufficientemente competitivi da poter ambire al Divisional Round ogni anno, tuttavia in una division così debole questi Tampa Bay possono tranquillamente dire la loro per poi, una volta ai playoff, cavalcare l’eventuale momento di forma ed eventualmente togliersi grandissime soddisfazioni prendendo lo scalpo a squadre trascinatesi ai playoff come Philadelphia.
Quella scritta da Mayfield è stata una delle storie più improbabili della stagione.

Immagino sia arrivata l’ora di parlare dei Buffalo Bills. Non so più cosa dire perché, negli anni, è stato detto tutto.
Non c’è niente da fare, i Bills non possono battere i Chiefs ai playoff. Hanno fatto tutto quello che dovevano fare, ossia tenere Patrick Mahomes e l’attacco il più possibile fuori dal campo continuando a tartassare una difesa che, teoricamente, si sarebbe dovuta sciogliere nell’ultimo quarto.
L’esatto contrario. Nel momento più importante della partita – e ovviamente della stagione – la difesa dei Chiefs ha ingranato una marcia che ha colto impreparato l’attacco di Buffalo, ovviamente calato sulla distanza.

I vari Cook, Kincaid, Shakir hanno fatto quello che dovevano. Ancora una volta, l’assente ingiustificato è stato Stefon Diggs – che tra l’altro si è pure lasciato scivolare dalle mani un possibile touchdown all’inizio del drive potenzialmente decisivo. Nelle ultime tredici partite giocate dai Bills, Diggs non ha mai ricevuto per più di 90 yard. Giusto per rendere l’idea, nella regular season del 2022 concluse nove delle sedici partite giocate oltre quella cifra.
Nella seconda metà di stagione Diggs non solo ha smesso di essere imprescindibile, ma è diventato quasi deleterio. Contro i Chiefs, a dicembre, ricevette solamente 4 degli 11 lanci indirizzatigli per 24 yard. Domenica ha replicato il disastro con un 3 su 8 per 23 yard. Numeri inaccettabili per un WR1 nel 2023, soprattutto se risponde al nome di Stefon Diggs. Mai come domenica Allen ha avuto bisogno di Diggs che, inspiegabilmente, gli ha voltato le spalle.

È da tempo che covo l’inesplicabile impressione che il 2023 passerà alla storia come l’ultimo anno di Diggs ai Bills. Negli ultimi mesi l’ho visto sempre più alienato e insofferente e il mesto epilogo di domenica sera appare, a suo modo, appropriato.
Buffalo, per un motivo o per l’altro, non sembra essere in grado di battere i Chiefs ai playoff. Forse è proprio un problema di marce, Kansas City a gennaio ne ingrana puntualmente una non presente nel motore dei Bills.
Possiamo elevare Bass a capro espiatorio, ma mi preme ricordarvi che Mahomes avrebbe avuto a disposizione circa due minuti per mettere Butker nella posizione di vincerla.

Il fattore campo, le enormi difficoltà dei Chiefs degli ultimi mesi, la prima in trasferta di Mahomes ai playoff e l’impressione generale che per qualche motivo questo fosse l’anno giusto: insufficienti. Nemmeno il regalino di Mecole Hardman – a mio avviso ben peggiore dell’errore di Bass – è bastato.

La partita si stava incanalando su binari più che favorevoli, ma i Chiefs, come d’incanto, si sono riscoperti esplosivi e letali. Quelli che il campo te lo percorrono in tre/quattro snap, per intenderci. E Buffalo, troppo rattoppata in difesa per opporre resistenza a Patrick Mahomes quando ha (ri)cominciato a essere il Mahomes che abbiamo avuto modo di adorare in questi anni, ha riposto il proprio destino nelle mani del reparto offensivo.
Sciaguratamente, questo è uscito dalla partita proprio nel peggior momento possibile. Quei due three n’ out ci hanno nuovamente messo davanti all’incapacità di questa squadra di fare trentuno. Ed è un peccato, soprattutto se si considera da quanti anni sia inchiodata a trenta.

I Bills hanno percorso tutti gli scalini necessari per arrivare al successo. È da un paio di anni che sono pronti a vincere, ma per un motivo o per l’altro non vincono mai – soprattutto se dall’altra parte c’è Mahomes.
Quindi ora che si fa? Si prova a tenere il più possibile unita la banda sperando in un anno più fortunato sul versante infortuni? Si ringiovanisce il roster? Deve arrivare anche per loro il momento in cui i conti smettono di tornare e, purtroppo, si è costretti a rinunciare a veterani fuori dal proprio budget.
Di Diggs vi ho già parlato. Von Miller, di anni trentacinque, quest’anno non è mai stato un fattore. Hyde e Poyer sono entrambi trentatreenni e Hyde sarà free agent. Floyd, Jones, Lawson, Phillips, Joseph, Epenesa e Settle o saranno free agent o avranno più di trent’anni. Milano e White non sono più giovanotti e rientreranno da infortuni gravissimi.

Pur senza essersi mai veramente mossa, Buffalo ora si trova davanti a un bivio. Età e scadenze contrattuali sembrano volerci suggerire la conclusione di un ciclo che non è mai iniziato, o meglio, che è stato stroncato sul nascere da Patrick Mahomes e i soliti Kansas City Chiefs.
Al momento l’unica certezza risponde al nome di un Josh Allen oggi più solo che mai.

8 thoughts on “NFL: lo stato di salute delle perdenti al Divisional Round Weekend 2023

  1. Ho trovato la soluzione : Allen lascia i Bills e corre a Miami da Tyreek nostro :)))

  2. Allen grandissimo, 2 Td eccezionali, tanta potenza e abilità ed un cuore infinito. Nei prossimi 6-8 anni un anello assolutamente dovrà esserci anche per lui. A Buffalo? Speriamo di si, anche per i tifosi che, per chi le ha vissute per chi le ha sentite dire, sono in sofferenza per le 4 sconfitte consecutive al SB degli anni ’90. Norwood, percheeeeè?

  3. Josh Allen mi ricorda sempre di più Chris Pratt. Non quello di The List ma piuttosto di Parks And Recreation… Scambio Hardman/Diggs? Tanto Mecole dovrebbe trovarsi un altro lavoro: non è la prima frittata che combina.
    Baker è simpatico (ottimo attore, tra l’altro) ma i Bucs nonostante lui sono una squadra residuale, che frequenta i playoff giusto per il regolamento delle division. Packers e Texans hanno nettamente più ‘punch’.

  4. Mattia chiede: quindi ora che si fa? Si prova a tenere il più possibile unita la banda, sperando in un anno più fortunato sul versante infortuni?

    La mia risposta è sì: a mio avviso, bisogna ripartire da questo gruppo che ha vinto sei delle ultime sette partite e sperare di arrivare al prossimo gennaio non dico del tutto integri (nella Nfl è impossibile), ma almeno senza mezza difesa titolare fuori.

    McDermott, per quanto mi riguarda, non si tocca: è arrivato in una squadra che da 17 anni non si qualificava ai playoff e l’ha trasformata in una pretendente al titolo. Diggs sembra secoli che è in Nfl, ma in realtà ha solo 30 anni: può ancora dare molto. Pure Bass, nonostante gli ultimi errori, mi sembra un kicker abbastanza affidabile: non avrà statistiche impressionanti, ma tenete conto che a Buffalo ci sono spesso partite ventose; persino Tucker, in una partita di playoff del 2020, sbagliò due field goal da 41 e 46 yard. L’unica scommessa persa credo sia Von Miller, ma dargli un contrattone di sei anni m’era parsa sin da subito una follia.

    Allen è alla sua sesta stagione: Manning ha vinto il suo primo “Super bowl” alla nona stagione, Elway addirittura alla quindicesima. Non facciamoci prendere dall’ansia e dalla fretta: calma e pazienza. L’importante è stare sempre lì tra le migliori: prima o poi l’anno buono arriverà. E se non arriverà, amen: grazie comunque per le emozioni che ci avete dato. Non credo che Marv Levy e Jim Kelly siano meno amati perché non sono riusciti a vincere il “Super bowl”: anzi, avendo avuto sfortuna, forse li si ama ancora di più 😃 !

    • Nick, grazie per il bellissimo commento. Tifo Bills dalla prima cavalcata persa con i Giants e non posso che sottoscrivere quanto hai detto. Tifare Bills è come tifare per Paperino, ogni volta si spera che la jella finiscae invece questa continua anno doo anno. Guardiamo perà il bicchiere mezzo pieno, siamo considerati contender, abbiamo vinto più volte la Division scalzando i Patriots e stiamo partecipando anno dopo anno ai playoff, fino a un po’ di tempo fa avremmo fatto carte false per una situazione del genere e molte squadre ci invidiano per i risultati che abbiamo ottenuto negli ultimi anni. Prendiamoci quello che di buono verrà finché ci sarà Allen a dirigere l’orchestra insieme a McDermott e se non vinceremo il SB, pazienza.

      • Grazie! Io tifo Bills dalla rimonta del 2011 su New England, da 7-21 a 34-31, con Tom Brady che lanciò quattro intercetti. Però poi ho recuperato tutti i video delle cavalcate degli anni ’90 e anche quelli dei trionfi in Afl degli anni ’60 😃 !

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