Ogni settimana, prima di scrivere la guida, apro il calendario del weekend ché va da sé che debba copiarmi le partite per poi vivisezionarle insieme a voi.
Mercoledì scorso, dopo un’occhiata sommaria, noto qualcosa di così evidente da rendere inappropriato l’utilizzo del verbo “notare”: tutti e sei i quarterback coinvolti nelle prime tre partite proposte dal calendario sarebbero stati backup.

Il Thursday Night Football fra Chargers e Raiders avrebbe infatti visto affrontarsi Easton Stick e Aidan O’Connell, mentre le prime due partite del sabato ci proponevano i testa a testa fra Jake Browning e Nick Mullens e fra Mitch Trubisky e Gardner Minshew: Mullens, in particolare, può essere definito un backup alla seconda dato che è ufficiosamente il backup di Josh Dobbs.
Minshew, invece, è titolare da così tante giornate che pensarlo come backup può disorientarci.
Ma non è finita qui, poiché lo scontro divisionale fra Texans e Titans ha alzato a quattro il numero delle partite in cui entrambe le squadre in campo affidavano l’attacco al quarterback di riserva: un quarto degli incontri dello scorso weekend ha visto contrapposti due backup quarterback.

Immagino che una statistica del genere abbia sbiancato varie teste ai piani alti della NFL. Come dico spesso, viviamo nel mondo dei quarterback, non dei backup quarterback: Travis Kelce a parte, sono quasi sempre i quarterback a fare da ponte fra l’ermetico mondo NFL e il mainstream in modo da ampliare il bacino d’utenza.
Gran parte dei nostri discorsi verte attorno ai quarterback, vittorie e sconfitte sono spesso acriticamente imputate a loro e, in generale, una porzione ingiustamente consistente del nostro spazio mentale dedicato alla NFL è occupato da loro, dai maledetti quarterback.
È intuitivo che la NFL non abbia alcun interesse a trasformarsi nella lega dei backup quarterback, gli affari vanno decisamente meglio quando è semplicemente la lega dei quarterback.

Complessivamente, durante lo scorso weekend ben 14 backup quarterback sono scesi in campo come titolari.
In sostanza, nel mese più competitivo dell’anno, circa la metà delle squadre ha dovuto affidare le chiavi dell’attacco a un quarterback diverso da quello attorno a cui hanno costruito suddetto attacco.
La situazione è eterogenea. Troviamo infatti backup traghettatori come Easton Stick e Bailey Zappe, gente a cui sostanzialmente si chiede solo di portare a termine in modo – più o meno – decoroso una stagione buttata, per poi girarci dall’altra parte e imbatterci nei vari Gardner Minshew, Nick Mullens, Jake Browning e Joe Flacco che stanno giocando football estremamente importante dal momento che la loro squadra è invischiata in una serratissima lotta per qualificarsi ai playoff.

Credo che i front office delle squadre appena citate debbano tirarsi una collettiva pacca sulla spalla e crogiolarsi, almeno per qualche minuto, nella consapevolezza d’aver assemblato un buon roster dato che, normalmente, nessuno dovrebbe continuare a dimostrarsi competitivo nel momento in cui viene privato del proprio quarterback titolare.
Eppure se la stagione finisse oggi Browns, Vikings, Bengals e Colts sarebbero tutte qualificate ai playoff non sempre nonostante il proprio quarterback, ma in alcuni casi grazie a lui.

Minshew, malgrado tutto quello che ci sarebbe da dire sulla qualità dei suoi mustacchi, ha il grandissimo merito di aver tenuto competitiva Indianapolis dandole stabilità e leadership nel momento del bisogno.
Poi si sa, se si è affacciato alla regular season come riserva un motivo ci dovrà pur essere, ma nel caso dei Colts non stiamo parlando di una squadra tenuta in vita dall’eccellenza del proprio reparto difensivo. Se sono padroni del proprio destino dall’alto di un insperato 8-6 lo devono anche a Minshew che, seppur ben lontano dal poter essere considerato il nuovo Tom Brady, ha consistentemente giocato abbastanza bene da tenere a galla la propria squadra in una conference tremendamente competitiva.

Proprio come ogni persona, ogni backup quarterback è diverso. Troviamo il backup quarterback apocalittico come Zach Wilson, uno che il campo avrebbe dovuto vederlo solo dalla panchina, ma interpellato a causa di un catastrofico infortunio occorso a chi avrebbe dovuto salvare i Jets proprio da lui. Troviamo i backup per caso come Tommy DeVito e Nick Mullens, ragazzi che in nessun caso sarebbero dovuti scendere in campo, ma che in virtù di molteplici infortuni/incompetenza di chi gli stava davanti sono stati mandati allo sbaraglio dai propri esasperati coaching staff.
C’abbiamo pure i backup provvisori come Keenum e Lock, backup rookie che sarebbero comunque – prima o poi – diventati titolari come Levis e veri e propri dinosauri come il mio amato Joe Flacco.
A voi una tabella riassuntiva.

Questa tabella è stata presa dall’articolo “Can NFL Do Even More To Protect Quarterbacks?” di Ross Tucker pubblicato su The 33rd Team. Link: https://www.the33rdteam.com/can-nfl-do-even-more-to-protect-quarterbacks/

Cosa può fare la NFL per ridurre sensibilmente il numero degli infortuni ai quarterback? A questo punto niente, non possono sicuramente metterli in una bolla trasparente come Bart Simpson nell’episodio in cui viene punto da una zanzara cinese, credo che da un punto di vista regolamentare abbiano già fatto tutto quello che potevano fare per minimizzare il rischio di infortuni, rischio intrinseco in uno sport di collisione come il football americano.
Toccare un quarterback è diventato sostanzialmente impossibile e, nel caso di Rodgers, non credo che con una penalità fischiata contro il terreno di gioco gli arbitri avrebbero potuto salvarlo dall’infortunio che gli è costato la stagione.

Ciò che le franchigie possono fare per tutelarsi è investire con sempre maggior convinzione sui backup, come fatto dagli Indianapolis Colts con Minshew, ragazzo che può vantare inestimabile esperienza – e moderato successo – da titolare che sa garantire perlomeno competenza e stabilità nella malaugurata ipotesi in cui dovesse succedere qualcosa al titolare.
Investire su veterani come Minshew, Brissett, Dalton, Huntley e Winston è quanto di più intelligente un front office possa fare, in quanto sarebbe sconveniente se il quarterback chiamato a rimpiazzare il titolare oltreché alla pressione portata dal pass rush avversario si trovasse pure costretto a sopravvivere alla NFL in quanto football professionistico.

Abbiamo ancora negli occhi la brillantezza di Chad Henne durante il Divisional Round contro i Jaguars, quando fu chiamato a rimpiazzare Mahomes per un drive dopo dopo che la caviglia del numero 15 dei Chiefs aveva ballato la tarantella sotto il pasciuto corpo di un pass rusher avversario: Henne concluse quel drive con un touchdown, mica male se si considera che Kansas City quel giorno la spuntò proprio di sette punti.
Il terzo posto a roster lo devolverei senza alcun problema a un giovane da sviluppare con pazienza e, eventualmente, elevare a backup dopo qualche anno di silenziosa maturazione in panchina.

Il valore assoluto dell’esperienza under center lo abbiamo intercettato nei movimenti dei Browns che, una volta costretti a rinunciare a Watson per tutta la stagione, hanno preferito rivolgersi a Joe Flacco che a Dorian Thompson-Robinson: l’upside è ovviamente dalla parte del rookie, ma Cleveland in quanto squadra in lizza per i playoff non poteva assolutamente permettersi un tirocinante, aveva bisogno di qualcuno capace di dirigere un attacco a dicembre quando la posta in palio va ben oltre la singola vittoria o sconfitta.

Poi, giusto per smentire quanto appena argomentato, troviamo il caso di Browning, dilettante allo sbaraglio che ha vinto tre delle quattro partite giocate da titolare perché sì, quella dei backup quarterback è tutto fuorché una scienza esatta. Per sbugiardare le mie tesi potreste anche puntare il dito verso Brock Purdy, gettato nella mischia come rookie irrilevante per poi elevarsi a favorito per l’MVP dodici mesi dopo.
Come sarebbe la NFL oggi se Kyle Shanahan si fosse rivolto a un veterano piuttosto che a Brock Purdy?

Il titolo dell’articolo è fuorviante perché vi parlo del 2023 come dell’anno dei backup… esattamente come lo era stato il 2022, quando scesero in campo come titolari ben 69 quarterback diversi – record assoluto per una stagione senza lockout.
Un ruolo determinante nella proliferazione degli infortuni lo ha giocato l’introduzione della diciassettesima partita, è naturale che scendere in campo una volta in più aumenti il rischio d’infortuni: nel 2020, l’ultima stagione da sedici partite, vedemmo “solamente” 58 quarterback titolari diversi. Nel 2021, il numero aumentò fino a 63 per poi schizzare a 69 l’anno dopo. Una settimana fa eravamo già a 55, dato destinato naturalmente a crescere visto che durante il weekend hanno “esordito” i vari Keenum e Stick.

Immagino che pure la moda del quarterback mobile abbia giocato un ruolo determinante, ma questa rivoluzione non è sicuramente cominciata ieri dato che l’anno zero può essere individuato nel 2011, quando Cam Newton riscrisse il paradigma. Nel 2010, l’anno precedente allo sbarco di Newton in NFL, i quarterback accumularono complessivamente 1377 portate, circa la metà di quelle dello scorso anno – più di 2400: queste corse spesso terminano con un tackle e, breaking news, i tackle aumentano esponenzialmente il rischio d’infortunio.

Credo che quello di individuare e allevare quanti più backup quarterback di qualità possibile sarà uno sforzo congiunto, alla fine dei conti chi ha più da perderci è la NFL come lega che, immagino, stia ancora faticando a digerire gli ultimi due Thursday Night Football: proporre in prima serata – consecutivamente – Zappe contro Trubisky e Stick contro O’Connell difficilmente riuscirà a creare nuovi tifosi dai quali mungere quanto più denaro possibile.

Ammetto che, però, almeno a noi osservatori disinteressati assistere a tutto ciò piaccia. Se facciamo una veloce cernita degli argomenti affrontati negli ultimi mesi constateremo piuttosto velocemente la ricorsività dei backup quarterback, portatori di imprevedibilità e di storie da raccontare.
Una qualificazione ai playoff renderebbe epica la stagione dei Cleveland Browns e di Joe Flacco, tutto quello che possiamo chiedere a uno sport in cui, anno dopo anno, tendiamo a far scivolare nell’oblio la stagione delle trentuno squadre che non sono riuscite a riempire di ditate il Lombardi.
Perdonatemi il romanticismo.

2 thoughts on “Questa stagione NFL la ricorderemo come quella dei backup quarterback

  1. La mia versione ideale della stagione Nfl sarebbe di 16 settimane, con 14 partite giocate e 2 bye week, con l’abolizione della partita del giovedì e l’abolizione del supplementare (tranne ovviamente nei playoff).

    Però, obiettivamente, non so quanto abbia influito la stagione a 17 partite su questi infortuni: si sono infortunati presto, uno addirittura dopo due minuti dall’inizio della stagione, quindi si sarebbero fatti male anche in una stagione da 14 partite.

    Non so di preciso quanti infortuni ci siano stati nelle partite del giovedì: mi pare che l’anno scorso qualcuno ci sia stato (se non ricordo male, Tagovailoa).

    Comunque è vero che viviamo nel mondo dei quarterback: il mio più grande problema con il football è che fatico a memorizzare i nomi dei giocatori; però i quarterback me li ricordo praticamente tutti.

    P. s. Ottimo articolo. Lo sono tutti, ma questo ancor più degli altri 😃 !

  2. Mattia c’è da aggiornare la lista dei QB di riserva in campo: anche Heinicke sarà titolare per la prossima, e nonostante Ridder goda di un’ottima salute.
    Hai idea del perché? Io non riesco a capacitarmene… Sarà mica stata colpa di quell’intercetto tirato in end zone nei minuti finali dell’ultima partita?

Commenta

This site uses Akismet to reduce spam. Learn how your comment data is processed.