Ultimamente ho sviluppato il vizio di dedicare a un determinato giocatore la prima considerazione di giornata: ritengo sia il caso di trasformare questa scelta in abitudine.
Oggi è il turno di Mike Evans. Diciamocelo, i Tampa Bay Buccaneers quest’anno non sono poi un granché. Qualche vittoria se la portano anche a casa, ma l’unica ragione per cui sono ancora in corsa per i playoff risponde al nome di NFC South, non certo per meriti loro. Mayfield sta giocando abbastanza bene e, a mio avviso, ha dimostrato di poter ancora essere un quarterback titolare in NFL: vincente? No, titolare. Sono due cose diverse.

In tutto ciò abbiamo ricominciato a dimenticarci di Mike Evans. Il suo momento lo ha avuto nel triennio di Brady, quando gli dei del football hanno premiato la sua fedeltà regalandogli un anello. Il sigillo di qualità di un’ottima carriera.
Quella di Mike Evans, però, non è solamente un’ottima carriera. È stato sempre facile dimenticare di menzionare il suo nome durante le discussioni sul miglior ricevitore in attività.

È arrivato in NFL quando a dominarla c’erano i vari Julio Jones, Antonio Brown, Calvin Johnson, Dez Bryant e Jordy Nelson. È maturato coi vari Keenan Allen, DeAndre Hopkins, Tyreek Hill e Davante Adams.
Prima e dopo dell’anello noi ci stavamo concentrando su Stefon Diggs, Justin Jefferson, Cooper Kupp, Ja’Marr Chase, A.J. Brown e Amon-Ra St. Brown.
Lui nel frattempo, più o meno nell’ombra, sfornava stagioni da 1000 yard.

Occorre mettere in chiaro una cosa prima di discutere del record: trascinare la propria carriera fino al decimo anno è già di per sé un’impresa in NFL. Eccellere annualmente così a lungo è impossibile, soprattutto per un ricevitore: ci sono troppe variabili.
Ci sono gli infortuni. C’è da vedere chi si trova under center a lanciargli la palla. Se esiste qualcuno nel roster in grado di togliergli un po’ di pressione dalle spalle.
Prima di ricevere palloni lanciati da Winston si è dovuto sottoporre al supplizio di essere il go-to-guy di Josh Freeman, Mike Glennon e Josh McCown. Poi è arrivato Brady che lo ha catapultato nell’Olimpo: ora un brusco ritorno alla realtà con Baker Mayfield – con cui sembra trovarsi davvero bene. Mille yard in ogni caso.

Dieci stagioni consecutive oltre le mille yard di ricezione è un qualcosa di inconcepibile che ci mette davanti a un pregiato miscuglio di eccellenza, consistenza, affidabilità e disponibilità. Non importa a servizio di chi, Evans c’è stato, c’è e ci sarà – o almeno è quello che spero, sarebbe un crimine vederlo chiudere la carriera con una maglia diversa da quella dei Buccaneers.
Anche se tendiamo a escluderlo da discussioni in cui meriterebbe un ruolo più centrale, Mike Evans è uno dei più grandi giocatori di questa generazione nonché un futuro Hall of Famer. Mica per niente eccellenza rima con consistenza.

Che ci serva da lezione la “resurrezione” di Jordan Love: resurrezione da cosa, di preciso?
Chiudiamo tutti gli occhi. Alzi la mano chi dopo mezza dozzina di partite aveva già gettato la spugna con Jordan Love definendolo un bust. Non vi giudico. Alla fine è saltato fuori che dargli un po’ di tempo e beneficio del dubbio fosse la miglior soluzione possibile – nonché l’unica sensata – per formulare un giudizio anche solo lontanamente veritiero.

Ho come l’impressione che stiamo parlando di due giocatori diversi. Il Jordan Love visto nella prima parte di stagione non ha nulla a che fare con quello che sta incantando la NFL a suon di upset. Se il sorprendente successo contro i Lions poteva essere visto come un urlo di battaglia, lo sgambetto reale ai Chiefs è un doppio dito medio a chiunque: Love è qua per restare.
O almeno così pare.
Nelle ultime cinque partite ha lanciato 11 touchdown a fronte di due miseri intercetti completando due terzi dei lanci tentati. Di queste cinque partite ne ha vinte quattro, arrivando a tanto così dall’en plein – contro Pittsburgh, in ogni caso, aveva giocato una buonissima partita.

Love è in controllo, tranquillo e consapevole nella tasca e sempre più preciso. Constatando l’eleganza con cui completa i passaggi e spedisce in orbita il pallone si può intercettare una consapevolezza nei propri mezzi paurosa, forse la vera forza motrice di questo portentoso cambio di passo. Love appare più a suo agio di gente in NFL da molto più tempo.
Mi sta impressionando la sua capacità di elevare chiunque gli stia attorno. La batteria di ricevitori dei Packers è un mezzo disastro, non sicuramente per la qualità dei giocatori ma per la bassissima età media: tre dei sei ricevitori sono rookie, l’altra metà è sophomore. È difficile chiedere al proprio quarterback di avere successo in mezzo a tutta quell’inesperienza senza un veterano affermato su cui poter contare.

I vari Watson, Reed, Doubs e Wicks si danno il turno a essere il suo punto di riferimento, il porto sicuro nel quale rincasare nei momenti di massima difficoltà. Aaron Jones, per vari infortuni, quest’anno non c’è mai stato. Sappiamo tutti quanto un gioco di corse produttivo possa aiutare per un quarterback alle prime armi.
Green Bay è sul 6-6 e, al momento, ai playoff. Il calendario, con Giants, Buccaneers e Panthers in programma, è tutt’altro che proibitivo.
Indipendentemente da come finirà la stagione, mi sento di dire che Love si sia vinto il diritto di essere il titolare pure per il 2024: solo per questo il suo campionato è definibile come successo.

Non so più cosa dire degli Indianapolis Colts. Anzi, è da settembre che non ho mai saputo cosa dire di loro e su di loro.
Nel preciso momento in cui sto digitando Indianapolis risiede al sesto posto in AFC, il buffo girone dantesco travestito da conference di football americano. Sono sul 7-5 con Gardner Minshew under center e un roster non particolarmente diverso dalla versione 2022, anno concluso con sette sconfitte consecutive. Quello che sarebbe dovuto essere il loro salvatore, Anthony Richardson, ha giocato giusto una manciata di snap.
Eppure attualmente sono ai playoff e hanno buone possibilità di andarci.

Bengals, Steelers, Falcons, Raiders e Texans non rappresentano sicuramente banchi di prova proibitivi. Texans a parte, mi sentirei di dire che partano favoriti contro ognuna delle squadre appena sciorinate. Ah sì, quasi dimenticavo, i Texans li avrebbero già battuti. Ok, Stroud allora non era quello di oggi, però possono farlo.
Ma come fanno a vincere questi Colts? Battendo perlopiù squadracce, tutto qua. La striscia di vittorie consecutive domenica è arrivata a quattro: il record cumulativo delle quattro avversarie battute è un eloquente 12-36. Dodici-barretta-trentasei.

Ciò nonostante, meritano i playoff. È moralmente accettabile “limitarsi” a sfruttare il calendario per strappare un pass per i playoff, soprattutto in una griglia a sette squadre.
Malgrado dubito fortemente che una volta dentro possano fare strada, con tre vittorie potrebbero garantirsi una wild card che certificherebbe la buona qualità media di un roster che, con Richardson al comando dell’attacco, potrebbe togliersi grandi soddisfazioni prima del previsto.
Indipendentemente dalla qualità delle loro vittorie, il fatto che stiano arrivando grazie al duo Minshew-Moss e non a Richardson-Taylor ci potrebbe bastare a vederli con il filtro Instagram “Giants 2022”.

Sui 49ers non ho molto da dire perché non sono poi così stupito. Certo, non avevo sicuramente pronosticato un risultato roboante come un 42 a 19, ma arrivato a questo punto non ho più né voglia né tempo di dubitare di loro.
Esattamente come ogni squadra hanno dimostrato di poter scivolare e inanellare sconfitte, ma trovatemene una nella storia della NFL che non abbia mai perso qualche partita consecutivamente.

Finiamola di nasconderci dietro narrative pigre e inappropriate, non sono naturalmente underdog per la posizione in cui hanno selezionato Brock Purdy al draft, sono una vera e propria corazzata diretta da un quarterback che sa quello che deve fare e lo fa a un livello veramente alto.
Così alto da essere – al momento – il favorito per l’MVP secondo i bookies americani.

Per coerenza non posso dichiarare lo stato d’emergenza a Philadelphia, poiché si sta pur sempre parlando di una sconfitta. La seconda in un campionato iniziato tre mesi: accettabile, direi. Sbaglio?
È innegabile che fino a questo punto non abbiano mai convinto del tutto, ma forse uno sveglione del genere era tutto quello di cui avevano bisogno per trovare la consistenza in tutte e tre le fasi del gioco che li ha elusi finora.

Sono invece rimasto affascinato – e a tratti cringiato, vero Big Dom? – dall’intensità e dal nervosismo esibiti da entrambe le squadre. Queste due compagini non si piacciono affatto e sembrano consapevoli di essere destinate a darsi battaglia per anni nei piani alti della NFC: che stia per nascere una nuova grande rivalità sotto i nostri occhi?
Ne riparliamo fra qualche mese.

Vi prego, togliete i New York Jets dal mio schermo. Non ne posso più, davvero: assistere a una partita dei Jets a questo punto è puro masochismo. O una conseguenza di NFL Red Zone. Se non altro abbiamo avuto modo di deliberare che il problema non sia Zach Wilson, dato che sia con Tim Boyle che con Trevor Siemian l’attacco resta il più putrido – assieme a quello dei Patriots – della lega. Convertono a malapena il 23% dei terzi down giocati: serve aggiungere altro?

Anzi, forse esiste un problema se un quarterback selezionato con la seconda scelta assoluta al draft non si rivela essere più dannoso di gente come Boyle e Siemian: un problema bello grosso oserei dire. Non è sicuramente per questo che vai a investire così tanto su un quarterback.
Voci delle ultime ore sosterebbero che il coaching staff stia valutando il reinserimento di Zach Wilson che, però, non sembra volerne sapere: ci mancava giusto un ulteriore strato di drama per rendere ancora più Jets questo disastro di stagione.

Spero che i Baltimore Ravens mandino un cesto per Natale ai Rams e ai Cardinals: dal comfort del divano Baltimore ha inaspettatamente dato uno strappo per la volata che decreterà la vincitrice della AFC North.
Se i Browns sono in un certo senso giustificati, gli Steelers non possono dire altrettanto. Con Kyler Murray Arizona non è sicuramente una squadra da 3-10, ma ciò nonostante Pittsburgh non avrebbe dovuto avere problemi a imporsi su un’avversaria del genere davanti ai propri tifosi.
Una settimana di cauto ottimismo per la ritrovata fluidità offensiva è stata cancellata dall’ennesima prestazione deludente della stagione, questa volta contro una difesa che era appena stata umiliata da Kyren Williams e Matthew Stafford.

Non sono sicuro che patiranno più di tanto l’assenza di Kenny Pickett – sapete benissimo cosa pensi di lui -, soprattutto perché giovedì saranno impegnati contro dei Patriots che proprio non riescono a segnare punti.
La AFC è una tonnara e una squadra con le difficoltà di Pittsburgh non può permettersi di sprecare occasioni contro gli Arizona Cardinals di turno, non con sei squadre appaiate a 6 o 7 vittorie.

11 thoughts on “Considerazioni (il più possibile) lucide su Week 13 del 2023

  1. Bella la digressione su Mike Evans. Cosa vuoi che ti dica io, si vede che ci sono alcuni che sono “protagonisti fantasy” ed altri che sono semplicemente onesti mestieranti da un decennio a 1000 yard e un posto a Canton😊

    Adesso scherzo un po’ sui Niners, mi sembra di capire che più di un elemento qui presente possa avere iniziato ad apprezzare il football quando a SF c’era Montana. E va bene, può capitare di avere Montana in squadra. Il suo backup era Steve Young. E via via con una squadra così, il WR1 si chiamava Jerry Rice, avevamo uno che ogni tanto si vedeva in difesa, un certo Ronnie Lott. A dirigere la banda, un tale Bill Walsh. Da New York ci davano delle ballerine, perchè applicavamo gli schemi con una certa convinzione. Purtroppo quella squadra lì era particolare, e siamo diventati un po’ originali anche noi così haha😂

    • Lux mi fai scassare, giuro!
      Comunque sì, sono anch’io un “figlio di Montana” :-))))))) e anche di Dan Peterson, perchè senza di lui non sapremmo nulla di sport americani e gliene sarò eternamente grato. A New York ci davano delle ballerine, ma la West Coast Offense è una pietra miliare della NFL. E credo di poter dire, senza essere coperto di contumelie, che nessuno come Joe stava nella tasca e sfoderava lanci teleguidati per Rice. Poi….. Poi c’era anche un certo Roger Craig! Penso che a Miami, se lo nomini, qualcuno ancora adesso si spaventi.

      Parliamo di attualità, ieri sera i Jaguars non hanno solo perso una partita, ma forse, con Lawrence, anche le speranze di fare strada in post season. Comunque grande onore a dei Bengals che per una sera non hanno rimpianto l’assenza di Burrow e una partita dove i kickers si sono presi la scena solo alla fine per andare in OT e vincere; 4 TD per ciascuno e 4 per tempo, squadre sempre incollate, ben MN.

    • SF 1984 15 1.Volevo fare la saputella poi mi dimentico della stagione migliore della mia squadra. Scusate sono sopra i 50.Scusa scassare sinonimo di?

  2. “scassare”…..dalle risate! 😂 Non pensavo di aver abbreviato un modo di dire sconosciuto a noi boomers @Kl audia, anche perché mi sto inesorabilmente avvicinando ai 60 😉😱

    • 👍 Grazie. Anche x aver ricordato Peterson. Le prime finali nba le ho seguite con il suo commento. Avevo 18 anni. 😁🖐️

  3. Avevo una vecchia VHS… ” qui da Palo Alto stadio della Stanford University vi salutano Dan Peterson e Guido Bagatta… Superbowl 1985 49ers Dolphins. Sono vecchio

    • Conta lo spirito 👍😁 Io ricordo il memorabile mamma butta la pasta di Peterson e F Tranquillo che disse nel SB XXIV zero x quattro fa zero riferendosi alla statistica del Grande Joe riguardo gli intercetti lanciati. Io avevo parecchi zero ma a scuola. 😔😁🖐️

  4. Solo Jerry Rice ne ha fatte 11 di fila, ma partendo dal secondo anno. Come Evans 10/10 nessun altro (correggimi Mattia se sbaglio)

    • Esattamente! Il record all-time per stagioni consecutive oltre le 1000 yard – in qualsiasi punto della carriera – è di Rice, mentre quello delle 10 consecutive “to start a career” è suo e pure con margine dato che nessuno è andato oltre le sei.

  5. Anch’io ho iniziato a tifare SF in quella meravigliosa stagione con Joe Montana conclusasi con il Super Bowl vinto contro Cincinnati. Spezzerei una lancia per quella difesa dei 49ers che ha più voltre bloccato, in un momento topico del match, l’attacco dei Bengals ad una yard dal TD. Immensi.

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