Una delle cose che più odio di questa lega è che si tenda a gettare forzatamente nel dimenticatoio qualsiasi stagione con un epilogo diverso dal Super Bowl. Questa è una cosa che invidio da morire al calcio, in quanto lì fra salvezza, piazzamenti utili per le coppe e lotta scudetto ci vengono costantemente regalati validi motivi per ricordare il campionato di qualsivoglia squadra.
Dico questo perché l’eventualità che il 2023 dei Minnesota Vikings possa perdere colore – nella nostra mente – fino a scivolare in un indefinito passato in bianco e nero mi fa innervosire.

Avete presente il pendolo di Foucault? Se ai due estremi ci collocate “redenzione” e “caduta” potrete constatare che questa similitudine abbia una sua dignità se si vuole parlare della stagione dei Minnesota Vikings.
Sono partiti nel peggiore dei modi scivolando sull’1-4 a suon sconfitte serrate rese tali da una pletora di errori assolutamente gratuiti – ricordate quando sembravano incapaci di tornare negli spogliatoi senza commettere almeno due fumble? Le partite punto a punto, quelle che solamente dodici mesi fa erano diventate la specialità della casa, si sono velocemente trasformate nel loro più grande incubo.

L’indiscussa stella, Justin Jefferson, rimedia un infortunio che gli costa il primo viaggio in IR in carriera: mentalità next man up e tutto quello che volete, ma non è possibile rimpiazzare la produzione – o anche solo la semplice presenza – di un giocatore così talentuoso.
Loro, noncuranti,  continuano a risalire la china e con una vittoria sui Packers si portano sul 4-4, posizione tutt’altro che scomoda in cui trovarsi, soprattutto in questa NFC. A pochi minuti dal termine, però, salta il tendine d’Achille a Kirk Cousins.

Allora li avevamo dati definitivamente per morti, Cousins stava giocando davvero bene. Arrivati a questo punto, siamo abbastanza navigati da poter parlare di stagione finita ogni qualvolta un quarterback titolare rimedi un infortunio che gli costerà il resto del campionato. Tranne alcune eccezioni, forse.

Sia quello che sia, decidono di affidarsi a Joshua Dobbs. La ratio era piuttosto semplice, Dobbs ha inestimabile esperienza da titolare e più prima che poi sarebbe stato in grado di dirigere con – perlomeno – competenza un reparto offensivo fra i professionisti. Ai Cardinals, in un contesto desolante, aveva mostrato buone cose.
Malgrado il record di squadra – anche se solo menti irraggiungibili possono giudicare un giocatore in funzione del rendimento di una squadra in dichiarata ricostruzione.

Il suo esordio in viola è già entrato nella leggenda NFL. Sì, non ho problemi a scomodare una parola così impegnativa visto che è semplicemente inconcepibile che un giocatore vinca una partita in NFL senza essersi mai allenato con i compagni che è stato chiamato a dirigere.
Una partita del genere mi ha detto molte cose su Kevin O’Connell che, di fatto, ha preso per mano e guidato il proprio nuovo quarterback anticipandogli l’esito di ogni snap. Il resto, ovviamente, lo ha messo Dobbs con un coraggio che compete solamente agli incoscienti.

In questa lega, però, non c’è spazio per la magia e domenica contro i New Orleans Saints tutti i nodi sarebbero dovuti venire al pettine: una difesa consistente e arcigna come quella della squadra di Allen avrebbe dovuto sbranare vivo Dobbs.
Avrebbe dovuto.
Non scrivo questo articolo per celebrare una vittoria, i Saints non sono sicuramente i Chiefs e indipendentemente da tutto solo le piccole squadre possono esultare per una W a metà novembre, ma per constatare che i Vikings, alla fine dei conti, possano riuscire a sgattaiolare ai playoff. Alla faccia della stagione finita.

Al momento Minnesota è ai playoff. Sono al settimo posto della NFC sul 6-4, a due vittorie di distanza dai Tampa Bay Buccaneers ottavi, un margine tutto sommato rassicurante. Soprattutto se si considera che attualmente alle spalle dei Bucs ci siano Commanders, Falcons, Packers e Rams, non sicuramente tre corazzate.
Nel loro futuro prossimo troviamo Broncos, Bears e Raiders, tutte partite assolutamente alla loro portata. È vero che hanno all’orizzonte ben due impegni con i Lions, ma limitandosi a vincere le partite che “devono” vincere possono arrivare in doppia cifra: in NFC, nel 2023, dieci vittorie dovrebbero bastare per i playoff.

Non so quanto sensato sia aspettarsi settimanalmente da Dobbs prestazioni come quella di domenica contro New Orleans, ma con Justin Jefferson non troppo distante dal rientro è lecito aspettarsi che la sua vita diventi più facile.
Dopotutto, oltre a Jefferson può sempre contare sui vari Hockenson – con cui ha esibito già ottima intesa – e Addison, gente che ha dimostrato di poter essere il punto di riferimento di un gioco aereo funzionale. Ecco, la parola chiave è funzionalità, se l’attacco di Minnesota saprà dimostrarsi consistentemente funzionale le partite sopracitate dovrebbero vincerle senza eccessivi patemi d’animo, anche se mai come quest’anno conti del genere lasciano il tempo che trovano.

Finalmente, il reparto difensivo sta tornando a esprimersi a livelli più che accettabili. Concedono poco più di 20 punti ad allacciata e non sfigurano sotto nessuna voce statistica. Ulteriori miglioramenti su terzo down e in red zone potrebbero abbassare ulteriormente il numero di punti concessi, ma non è questo il punto: la difesa di Minnesota sta giocando molto meglio di quanto dovrebbe grazie al solito, sottovalutato Brian Flores.
Pur con materiale umano apparentemente limitato, Flores sta cavando sangue dalle rape grazie continuando a piegarsi senza mai spezzarsi.

Lo abbiamo visto domenica contro i Saints. Dopo una prima metà eccellente, l’attacco avversario è progressivamente ritornato in partita fino a portarsi sotto di un possesso. A quel punto, senza scomporsi, la difesa ha abbassato la saracinesca con i due intercetti che hanno messo in ghiaccio la vittoria finale.
Danielle Hunter sta giocando a livelli da All-Pro, Harrison Smith e Jordan Hicks – vediamo per quanto ne avrà – sono due certezze e giovani come Camryn Bynum, Josh Metellus e Ivan Pace Jr. stanno tutti contribuendo in maniera determinante.

Sarebbe sciocco annoverarla fra le migliori difese della lega, ma proprio come l’attacco questo si sta dimostrando essere un reparto funzionale, un reparto in grado di fare quello che serve per vincere partite.
Flores sta confondendo chiunque, analisti in primis. Nessuna squadra ha giocato più snap con almeno sei pass rusher a portare pressione al quarterback… così come nessuna squadra ha giocato più snap mandandone solamente tre. Con la difesa dei Vikings dall’altra parte non puoi sapere a cosa andrai incontro, se non dopo lo snap. I vari Love, Bagent – o Fields? – e O’Connell potrebbero essere sopraffatti dai trucchi di Flores.

Gli impegni con Lions e Bengals al momento appaiono proibitivi, ma potevamo dire altrettanto di quello di domenica scorsa. Sappiamo tutti com’è finita.
Non sto in alcun modo dando per scontato che si qualificheranno ai playoff, ma dopo aver constatato il decesso della loro stagione a seguito dell’infortunio di Cousins sono costretto a fare retromarcia e affermare che ci sia ancora speranza. Già di per sé questo è straordinario.

Sia quello che sia, mentre scrivo Minnesota può vantare una striscia di cinque vittorie consecutive, la più longeva della lega al momento. Li avevamo dati per spacciati: in due partite ci hanno seccamente smentito.
Non ho idea di cosa possa riservare loro il futuro, non saprei dirvi se e quando arriverà il rintocco della mezzanotte che farà svanire definitivamente la magia, ma non credo abbia senso crucciarsi troppo per il futuro, viviamola settimana per settimana. Esattamente come stanno facendo loro che, in un modo o nell’altro, trovano continuamente modi per evitare quella che sarebbe una morte più che legittima.

4 thoughts on “A questo punto siamo costretti a credere nei Minnesota Vikings

  1. Bellissimo articolo, Mattia. Scritto davvero bene. inoltre sono totalmente in accordo con te sulle considerazioni espresse.

  2. ma di watson che ha fatto il miglior secondo tempo da tre anni a questa parte con una frattura alla spalla, ne vogliamo parlare? probabile altra stagione buttata al cesso per i marroni

    • I browns si sono venduti l anima per watson ma ,causa sfortuna, hanno preso un bel pacco

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