Sono tornato. Malgrado l’Internet ci abbia donato l’ubiquità, negli ultimi giorni sono stato nella città più deprimente d’Europa per essere testimone di Patriots contro Colts. Credo ve ne siate accorti che ci fosse qualcosa di diverso dal solito dalla quantità spropositata di strafalcioni all’interno del riassunto di ieri: perdonatemi, l’ho scritto durante la late window ché la mattina dopo già sapevo che l’avrei sacrificata nell’aeroporto/giungla di Francoforte.
Di solito sono solo baggianate, non pure refusi.

Partiamo da un sintetico resoconto di Francoforte? Ma sì.
La NFL ha vinto. Sul serio, mi sento a mio agio a dire che entro il prossimo decennio la popolarità di questa lega nel Vecchio Continente – vecchio rispetto a chi, poi? – supererà quella della NBA. In due settimane, come nei fumetti, ha preso dalle caviglie centinaia di migliaia di appassionati per scuoterli fino a rivoltare completamente le tasche dei loro pantaloni: file a momenti chilometriche per ogni stand dell’NFL Store e, in generale, un apprezzamento incommensurabile per ogni loro idea. C’era pure fila per andare a giocare a cornhole: pure quello sono riusciti a rendere sexy.

La più grande differenza fra Monaco e Francoforte sta tutta nel fatto che bancarelle, stand gastronomici, allestimenti vari e chi più ne ha più ne metta fossero tutti all’interno dello stadio, non nel parcheggio – o quello che era – come a Monaco. Questo ha fatto sì che anche a ore di distanza dal fischio finale lo stadio fosse ancora tutto sommato pieno: uno stadio pieno implica tifosi ai quali mungere ancora qualche euro.
O, meno cinicamente, una fiumana umana in costante movimento che faceva da cornice a un impianto veramente favoloso.

Ho realizzato un piccolo sogno personale, ossia vedere dal vivo Bill Belichick – se iniziate a dire “bollito”, “finito” o “trainato da Brady” sappiate che siete un po’ odiosi, oltre che noiosi. Rinomato per entusiasmo e vitalità, Belichick mi ha fatto vivere l’esperienza più Belichick del mondo, ossia una conferenza stampa monosillabica e controvoglia: il ragazzo ha 71 anni, non cambierà modo di fare sicuramente per due perdigiorno a Francoforte. Penso avrebbe preferito sottoporsi all’operazione chirurgica per estrarre un dente del giudizio – senza anestesia – piuttosto che presentarsi davanti a decine di giornalisti a bocca aperta per il semplice fatto di respirare la sua stessa aria.

Parole mugugnate, muso lungo e un paio di schiaffi al microfono che secondo me più che aggiustarlo stava provando a farlo esplodere, dato che niente microfono niente conferenza stampa… vero?
Ai miei occhi, indipendentemente dall’atroce stagione che i Patriots stanno vivendo, resta il più grande di tutti i tempi. Naturalmente è uno dei principali responsabili di questo disastro, ma ciò che molti sembrano dimenticare quando tentano di farlo passare per la reincarnazione di Urban Meyer è che ogni grande ciclo in NFL sia stato seguito da un’era di desolante mediocrità.

Dall’addio di Lombardi al 1992 i Packers hanno vinto solamente una partita di playoff.
Dall’ultimo Super Bowl giocato a fine gennaio 1996 a oggi i Dallas Cowboys non sono mai andati oltre al Divisional Round.
Dall’inizio del secolo all’arrivo di Jim Harbaugh i San Francisco 49ers non hanno vissuto giorni particolarmente allegri.
Dopo aver dominato gli anni ’70 gli Steelers, nella decade seguente, hanno vinto solamente due partite di playoff.
I Patriots hanno dominato per due decenni e, ora che sono in caduta libera, è come se questi due decenni fossero stati rimossi dalla memoria collettiva di ogni appassion… ah, che sciocco, dimenticavo che la dinastia Patriots è esistita esclusivamente grazie a Brady.

Il football americano è uno sport terribilmente complicato, figuriamoci provare ad analizzarlo: tentare di interpretarlo appigliandosi a letture semplicistiche del genere «perdono, è colpa di…» o «vincono, è merito di…» mi sembra tanto sciocco quanto inutile. Ciò detto ben venga che ognuno abbia la sua opinione – più o meno colorita – su un individuo come Belichick in quanto vuol dire che in un modo o nell’altro ci ha costretti a formularne una.  Questa è prerogativa solamente dei grandissimi.

Anche se credo che, a questo punto, la sua avventura ai Patriots sia giunta al capolinea, non ha alcun senso allungare l’agonia. Devono ripartire da capo e sono convinto che per farlo sia meglio affidarsi a uomini nuovi con idee e approcci nuovi, individuare come GM un homo novus à la Brad Holmes che con coraggio e scelte non convenzionali costruisca le fortune dei Patriots di domani.
Questo, però, non cambia di una virgola il fatto che questo Grinch abbia scritto pagine di storia del gioco che tanto amiamo.

Cleveland ha di che sorridere. Una rondine non fa primavera e tutte le banalità del caso, ma nella seconda metà di partita di Deshaun Watson troviamo incapsulato tutto quello che ha spinto il front office a lanciarsi in quella trade. Contro una delle migliori difese della lega Watson non si è scomposto, è salito in cattedra e snap dopo snap ha sempre e comunque fatto quello che doveva fare. Spesso per un quarterback è più difficile limitarsi a “fare quello che deve fare” che estrarre dal cilindro il lancio del secolo: la consistenza, come spesso vi dico, è la virtù cardinale più elusiva di tutte per un quarterback.

Quando per convertire un terzo down bastavano un paio di yard ha lanciato passaggi nella flat al proprio running back, quando invece erano necessari gli straordinari ha indossato il mantello come nei giorni migliori eludendo consistentemente la pressione dei pass rusher avversari.

Ripeto, scegliete il cliché che preferite su quanto una rondine non faccia primavera, ma una vittoria come quella contro Baltimore non può che dare vitale consapevolezza a una squadra che a questo punto potrebbe essere ben più di un semplice reparto difensivo oltremodo dominante.
A proposito di difesa, cara NFL – devo taggarti? In tal caso, cara @NFL – assegna immediatamente il Defensive Player of the Year a Myles Garrett, direi che dopo tutti questi anni di attesa abbia dimostrato di meritarlo. Malgrado sia il nemico pubblico numero di ogni linea d’attacco, il numero 95 continua a trovare un modo di spaccare in due una partita di football molto più di quanto possano suggerire le comunque ottime statistiche.

Ho il cuore a pezzi per i Los Angeles Chargers. Ve lo dico spesso perché è una cosa in cui credo davvero: una squadra che segna più di 35 punti in nessun piano del reale può uscire dal campo sconfitta.
Soprattutto se si sta parlando di una squadra allenata da un signore che sul curriculum, come reparto di competenza, ha proprio quello difensivo. Non so più come dirlo, Staley deve essere cacciato, in tre anni non si sono visti progressi sufficienti a giustificare la sua permanenza sulla panchina di una squadra che secondo me resta davvero talentuosa.

Trovo emblematica una statistica. La difesa di L.A. è riuscita a limitare Goff e colleghi a un mesto 4 su 13 su terzo down, ottimo dato che però si svuota completamente di valore se affiancato al 4 su 5 concesso su quarto down: una squadra che sa anche fare trenta ma, purtroppo, non fa mai trentuno.
Eppure il talento ci sarebbe. Certo, mettere le mani addosso a Goff è particolarmente difficile se si tiene presente di quanto forte sia O-line dei Lions, ma domenica, in quello che fino a non troppo tempo fa era il suo stadio, Goff ha avuto la libertà di vivisezionare un reparto che a mio avviso è molto più talentuoso di quanto stia facendo vedere.

Sono sul 4-5 – una partita dietro i Las Vegas Raiders di cui sto per parlarvi – e malgrado il calendario non appaia sicuramente proibitivo con i Chargers non ha alcun senso buttarsi avanti e dire gatto prima di averlo nel sacco.
Non è esente da colpe, ma Justin Herbert meriterebbe di più. Perlomeno, più del solito Staley.

Non voglio rovinare la festa, ma leggo troppa esaltazione attorno ai Las Vegas Raiders: calma.
Antonio Pierce ha sicuramente restituito entusiasmo a uno spogliatoio sull’orlo della rivolta, ma occorre restare lucidi: le due vittorie in altrettante partite sotto la sua guida sono arrivate contro le newyorkesi. O, se preferite, contro Tommy DeVito e Zach Wilson, i comandanti dell’ultimo e terzultimo reparto offensivo della lega per quanto concerne i punti fatti.
La settimana prossima, contro Miami, credo potremo farci un’idea più realistica sullo stato dell’arte in casa Raiders.

A Pierce riconosco il merito di aver ridato speranza a quello che solamente un paio di settimane fa sembrava essere un cimitero. Da mesi, il linguaggio del corpo dei giocatori più rinomati – e non – era eloquente e a momenti quello verbale stava per fare il suo per chiarire ogni possibile dubbio.
Molto lucidamente Pierce ha deciso di rimettere la chiesa al centro del paese e costruire i propri gameplan attorno a Jacobs e Adams, i suoi giocatori più talentuosi di cui McDaniels – soprattutto nel caso di Adams – sembrava essersi dimenticato.
Las Vegas ora lotta, gioca nuovamente per qualcosa di diverso dal gettone per la partita e, sul 5-5, è assolutamente padrona del proprio destino.

Che rappacificante vedere gli Arizona Cardinals ricominciare a essere una squadra di football americano grazie a Kyler Murray. E alla non trascurabile collaborazione dell’attacco dei Falcons, ma questo è un altro discorso.
L’ondata di odio che ha travolto Murray nell’ultimo anno non l’ho veramente compresa, quella presunta clausola sull’alternanza studio-videogiochi l’ha reso il perfetto capro espiatorio per la porzione di tifosi per cui i videogiochi sono sinonimo di fallimento nella vita e affidabilissimo indicatore di sfigataggine – che poi, siamo tornati alle medie? Mai giudicare gli hobby altrui, è la regola d’oro.

Quello ammirato domenica è il Kyler Murray che abbiamo imparato ad amare, la trattola impazzita che per prendere un primo down non ha alcun problema a correre una mezza maratona pur di eludere la pressione avversaria. Non l’ho visto assolutamente limitato né da un punto di vista fisico né da un punto di vista mentale e questa è un’ottima notizia, più di quanto lo possa essere un’anonima vittoria di metà novembre per una squadra in ricostruzione.

Credo sia pienamente consapevole dell’importanza di questa seconda metà di stagione che, di fatto, altro non è che una competitiva audizione per convincere un front office con cui non ha nessun legame a dargli fiducia.
L’inizio è estremamente incoraggiante, soprattutto perché con lui under center i Cardinals sono dannatamente divertenti da vedere.

Una settimana era perché i Rams non sono nulla di che, quella dopo non contava nulla perché se la tua squadra non vince i numeri individuali non hanno alcun valore, questa perché contro i Giants: possiamo finirla di trovare scuse per non apprezzare CeeDee Lamb?

Da dopo la debacle con i 49ers Lamb è salito di colpi fino ad arrivare a fare concorrenza ai vari Hill e Brown: nelle ultime quattro partite ha ricevuto 39 palloni per 651 yard – 15.82 yard per ricezione – afferrando il 76.5% dei lanci indirizzatigli da Dak. Una percentuale del genere non ha alcun senso se rapportata alle yard per ricezione.
Domenica è diventato il primo giocatore nella storia della lega a concludere tre consecutive con almeno 150 yard e 10 ricezioni, numeri che lasciano poco all’immaginazione: Lamb si sta definitivamente consacrando come uno dei migliori cinque ricevitori della NFL e domenica prossima contro i Panthers vorrà tenere in vita la sua personalissima streak.

Per questa settimana è tutto, perdonatemi il numero piuttosto ridotto di considerazioni, la prossima torno con la carrellata.

9 thoughts on “Considerazioni (il più possibile) lucide su Week 10 del 2023 NFL… e sulla NFL a Francoforte

  1. E’ ufficiale i Broncos sono una squadra. I Bills non più. sconfitta dolorosissima di Buffalo la seconda consecutiva che poteva tranquillamente essere la 5° visto le vittorie contro Giants e Buccaniers.
    che dire, partita divertente con errori e strafalcioni da una parte e dall’altra conclusasi, che ve lo dico a fare, con un FG allo scadere, che Lutz dapprima sbaglia. Poi ricalcia perchè i Bills erano in campo con 12 giocatori ( sob!)
    Partita che i Broncos avrebbero potuto mettere in ghiaccio prima se non avessero sbagliato due FG da 1 punto, tragicomica il secondo tentativo di trasformazione, ma decisa anche da 2 penalità nell’ultimo minuto fischiate contro i Bills.
    Bene Wilson 24/29, 2 TD 0 int., è sembrato sempre sul pezzo. Male Allen con 15/26 1 TD e ben 2 Int.
    Ora la corsa ai PO si fa dura per i Bills. 2 partite dietro i Dolphins e 1 dietro Bengals e Texans per le WC.

    PS. A Francoforte , in quel contesto, per vivere quella atmosfera , sarei andato a vedere pure Dolphins Taranto- Achei Crotone. Figuriamoci Colts – Patriots.

    • Ma un commento su astro-Dobbs? Vero che la seconda metà’ di partita e’ stata sofferta ma i primi due quarti sono stati esaltanti almeno quanto l’esordio . Non credi?

      • Credo che dipenda dal fatto che essendo stato a Francoforte abbia potuto vedere poche partite. Infatti si è scusato.

      • Ne ho già parlato la settimana scorsa, provo a ruotare il più possibile le squadre in modo da “coprirle” tutte, o quasi!

    • Quattro palle perse. Dodici uomini in campo nell’azione decisiva della partita. Prima sconfitta in casa. Sconfitti da Zach Wilson, da Mac Jones e dall’unica squadra Nfl che abbia subìto 70 punti nell’ultimo mezzo secolo. Allen che lancia più di un intercetto a partita (11 in 10 gare). 2-5 nelle partite con meno di sette punti di scarto. E, come ha già detto Mattia, record del 50% nonostante un differenziale punti di +78 (migliore di quello di Philadelphia). C’è di che mettersi le mani nei capelli.

      Il tutto con un calendario piuttosto agevole, che sulla carta avrebbe dovuto portare almeno un 8-2: cosa succederà nella parte finale della stagione, quando dovremo incontrare Philadelphia, Kansas City, Dallas e Miami? Mai dare alcunché di scontato in Nfl, ma al momento direi che le possibilità di qualificazione ai playoff non vadano oltre il 20%: oltre a dover vincere le tre partite sulla carta più agevoli (Jets, Chargers e Patriots), cosa tutt’altro che scontata, servirebbe vincere almeno due delle quattro partite difficili sopra citate, in modo da arrivare a un 10-7 che potrebbe garantire un 7° posto (ma anche questo non è scontato, leggevo ieri sulla app di Espn che con un 10-7 le possibilità di qualificazione ai playoff si aggirerebbero attorno al 65%).

      Obiettivi per la prossima stagione? Recuperare gli infortunati, sperare che Von Miller torni quello di un tempo, trovare un coordinatore difensivo e, anche se mi dispiace dirlo, sostituire il coordinatore offensivo. Leggo in rete di qualche tifoso Bills che vuole la testa di McDermott, ma a mio parere lui non si tocca: non bisogna mai dimenticare cos’erano i Bills prima dell’arrivo di McDermott. Voglio che McDermott diventi per i Bills ciò che Connie Mack è stato per i Philadelphia Athletics.

  2. Ma questo perché, soprattutto al giorno d oggi, vale solo il momento. Quando si ritirerà, parlo di Bill, verrà ricordato per gli anni di vittorie ai patriots e nessuno si ricorderà neanche l anno in cui ha chiuso.

  3. A proposito di difese, io la penso un po’ al contrario nel senso che forse TJ Watt meriterebbe il premio per le diverse giocate che spaziano tra sacks , FF e FR, pd e quando capita TD. Quel mostro di Garrett è più da collezione di QB nel suo cimitero, e penso che dovesse arrivare primo in questa graduatoria gli daranno il premio e quindi ti chiedo Mattia: dovesse TJ fare più sack a fine stagione, chi meriterebbe il premio?

  4. C’è una cosa su cui non si può che essere d’accordo con te. Francoforte è la città più brutta d’Europa, talmente brutta che l’ho scritto anche sotto un post che non c’entra niente :)

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