Non possiamo che partire dalla partita dell’uomo della giornata e, probabilmente, pure della settimana. In circostanze che definire disastrose sarebbe un eufemismo, C.J. Stroud ha guidato i suoi Houston Texans a un’esaltante vittoria in extremis su dei combattivi Tampa Bay Buccaneers: 39 a 37 il punteggio finale.
Permettetemi immediatamente di stabilire le circostanze che ho definito “disastrose”. Ieri Stroud non ha potuto contare né su un gioco di corse anche solo lontanamente efficace – il leading rusher Singletary ha racimolato 26 yard in 13 portate – né sul proprio kicker poiché un infortunio ha estromesso Fairbairn dalla partita a fine primo tempo: insomma, si è dovuto arrangiare.

Quella andata in scena a Houston è stata una partita estremamente gradevole e combattuta nella quale le due squadre in campo si sono passate il testimone del vantaggio come fosse una patata bollente.
I Buccaneers si affacciano all’ultimo quarto sopra di un punto, ma purtroppo per loro la gioia dura davvero poco in quanto Stroud, privato del proprio kicker, è costretto a giocare un complicato 4&goal che si conclude con un touchdown di Schultz condito dalla conversione da due segnata proprio da Stroud: 30 a 23 per i Buccaneers.
Mayfield chiaramente non ci sta e in sei giocate impatta la contesa sul 30 pari catapultando i suoi sulla goal line, dove Rachaad White è bravo a trovare lo spiraglio per il secondo touchdown della propria domenica.

Palla a Stroud che con efficienza e nonchalance ricomincia a muovere le catene salvo poi, questa volta, chiamare in causa il kicker di emergenza, il running back Ogunbowale che da 29 yard trova il centro dei pali: 33 a 30 Texans, nuovo vantaggio.
Uno scambio di punt precede il drive della verità per un Mayfield che senza alcuna paura si carica sulle spalle il proprio reparto offensivo e, dopo aver convertito un quarto down, delibera che i tre punti e il pareggio gli stanno troppo stretti: con 46 secondi rimasti sul cronometro l’ex prima scelta assoluta trova in end zone Cade Otton per il touchdown del 37 a 33 che, teoricamente, dovrebbe chiudere i conti.

Neanche per sogno.
Stroud, con la tranquillità del più navigato dei veterani, ricomincia a muovere le catene fino a portare i suoi nella red zone dove con una manciata di secondi a disposizione trova le mani di Tank Dell in end zone per il touchdown dell’ultimo, decisivo, sorpasso.

Chapeau a Mayfield e ai Buccaneers protagonisti di una più che buona prestazione, ma contro uno Stroud del genere non potevano davvero niente. Il franchise quarterback di Houston non solo ha raccolto cinque touchdown, ma ha pure riscritto il record per yard lanciate in una partita da un rookie guadagnandone ben 470: non esaltarsi dopo una prestazione del genere risulterebbe difficile anche al più stoico dei tifosi.

Quanto successo ad Atlanta ha del clamoroso, anche se a questo punto dovremmo avere i mezzi mentali per non lasciarci impressionare dalle imprese dei Falcons: i Vikings, guidati da un Joshua Dobbs gettato nella mischia ben prima del dovuto, hanno fatto lo sgambetto all’ultimo respiro ai Falcons portandosi a casa un inestimabile 31 a 28.
Dobbs, arrivato a Minneapolis martedì, è stato chiamato a sostituire il rookie Hall estromesso anzitempo dalla contesa a causa di una concussion e, lì per lì, Minnesota sembrava spacciata in quanto i primi due drive con Dobbs under center si sono conclusi con un safety e uno strip sack riportato dalla difesa di Atlanta sulla goal line.

Ma Dobbs, come qualsivoglia gatto, ha sette vite.
Scrollatosi di dosso l’inizio traumatico ha cominciato a muovere consistentemente le catene dando vita a drive lunghi e fruttuosi: il suo primo touchdown in maglia Vikings lo ha ricevuto Mattison.
Atlanta, nel corso di tutta la partita, ha fatto affidamento più del dovuto sul kicker Koo che ha concluso la giornata con quattro piazzati che, sebbene abbiano tenuto in moto il punteggio, hanno permesso a Minnesota di restare in partita.

Un paio di sciagurati turnover consecutivi – fumble di Bijan Robinson e intercetto di Heinicke – hanno aiutato i Vikings a completare il sorpasso e a portarsi su un insperato 24 a 21, ma con poco meno di due minuti da giocare Atlanta ha abbassato la testa e, corsa dopo corsa, ha imposto la propria volontà sul front seven dei Vikings trovando il touchdown del +4 con Allgeier: con due minuti rimasti da giocare e un quarterback che probabilmente doveva ancora imparare i nomi di tutti i compagni nella huddle pretendere la rimonta non avrebbe avuto alcun senso.

Naturalmente sbaglio.
Dobbs ricomincia a fare quello che sa fare meglio, ossia trasformare snap apparentemente persi in guadagni importanti come quando su 4&7 tramuta un sack sicuro in una corsa da 22 yard che catapulta Minnesota in red zone con circa 40 secondi rimasti da giocare.
Naturalmente, a una ventina di secondi dal fischio finale, Dobbs connette con Brandon Powell in end zone per il touchdown del definitivo 31 a 28 che regala a Minnesota una vittoria che definire inaspettata non renderebbe idea di quanto fosse inaspettata.

Il valore di una vittoria del genere va ben oltre il semplice +1 sotto la colonna delle doppievù, immagino che ora chiunque nell’organizzazione sia convinto che la stagione non sia assolutamente persa e, sebbene vincere così sia insostenibile sul lungo termine, i Vikings almeno per oggi possono festeggiare con la consapevolezza di essere ancora in corsa per un posto ai playoff: con Dobbs, in un modo o nell’altro, si può vincere.

Per una volta non si può rinfacciare nulla a Dak Prescott: magra consolazione, ne sono consapevole, ma il 28 a 23 con cui gli Eagles hanno regolato i Cowboys non può sicuramente essere imputato al quarterback che le ha provate letteralmente tutte per condurre i suoi alla vittoria.
Dopo una prima metà assai equilibrata Philadelphia ha creato il vuoto con un un terzo quarto da 14 a 0 che li ha lanciati sul 28 a 17, ma Dallas – contrariamente a quanto succede di solito – non ne voleva sapere di gettare la spugna.

Prima Prescott ha trascinato i suoi sulla goal line salvo poi vedere il proprio tight end Schoonmaker completare la ricezione su 4&goal un paio di centimetri fuori dalla end zone. Poi, ricevuta nuovamente la palla dopo il three n’ out di Philly, ha portato a termine il lavoro lanciando un touchdown ricevuto da Tolbert. Pure in questo caso, però, un paio di centimetri hanno tolto punti a Dallas poiché la conversione da due punti si è conclusa con un nulla di fatto dopo che una frazione del piede di Dak è stata sorpresa dal campo dalla telecamera sui piloncini nella end zone.
Con questa conversione Dallas sarebbe andata sul -3 ed eventualmente avrebbe potuto pareggiarla con un piazzato.

L’attacco di Philadelphia, oramai uscito dalla partita, non riesce a muovere le catene quel tanto che basta per permettere al cronometro di esibire i quattro zeri e Dallas, di nuovo, ha il possesso: questa volta però il loro drive si conclude con un nulla di fatto, con un turnover on downs.
Philly, tanto per cambiare, restituisce il pallone ai Cowboys che per vincerla hanno a disposizione una quarantina di secondi e nemmeno un timeout: nessun problema. Mossa da una gentilezza a cui fatico a trovare spiegazioni, la difesa degli Eagles inizia a commettere penalità su penalità e Dallas, dal nulla, si trova nuovamente in red zone… dove però decidono di ricambiare il favore cominciando a restituire yard. Sempre su penalità.

Dopo un paio di lanci a vuoto Dak, a tempo scaduto su quarto down, trova le mani dell’ottimo Lamb – quasi 200 yard per lui – che viene però assalito da un’orda di aquile che lo tengono fuori dalla end zone: Philadelphia è sopravvissuta.
Come vi dicevo, non si può rinfacciare molto a Prescott che con 374 yard e tre touchdown il suo lo avrebbe anche fatto. Una prestazione del genere solitamente non coincide con una sconfitta, ma si sa, il football è un game of inches.

Torniamo al pomeriggio, dove a Francoforte i Chiefs sono sopravvissuti ai Dolphins portandosi a casa un prezioso 21 a 14. Quella andata in scena al Deutsche Bank Park non è stata propriamente una bella partita poiché dopo l’ottimo drive d’apertura dei Chiefs – concluso con un touchdown di Rice – i tifosi del Vecchio Continente sono stati messi davanti a un lectio magistralis di punt.
Kansas City, opportunista e apprezzabilmente cinica, si è recata negli spogliatoi sopra 21 a 0 dopo un touchdown di McKinnon e un elaborato fumble riportato in end zone da Bryan Cook.

Miami nella seconda metà ha risalito la china portandosi sotto solamente di un possesso, ma purtroppo per loro il drive della verità si è concluso nel modo più beffardo possibile, ossia con uno snap non controllato da Tagovailoa che ha restituito il pallone ai Chiefs quando ormai era troppo tardi.
Partita non particolarmente esaltante, c’è da dirlo, ma il lavoro fatto dalla difesa di Spagnuolo ci mette davanti all’incontrovertibile verità che, quest’anno, il successo di Kansas City non dipenda esclusivamente dall’attacco.

I Browns festeggiano il ritorno di Deshaun Watson con un agevole 27 a 0 ai danni dei poveri Cardinals affidati al rookie Tune: certo, dopo quanto visto ad Atlanta sorge naturale chiedersi come mai abbiano scaricato così frettolosamente Joshua Dobbs.
Come ampiamente prevedibile la difesa non ha dato scampo al povero Tune causando tre turnover e, soprattutto, costringendolo ad assorbire ben sette sack: Arizona ha concluso la giornata con 58 yard di total offense.
Dall’altra parte l’attacco ha fatto quello che doveva fare senza alcuna difficoltà e Watson, finalmente in campo, con un paio di touchdown ha creato un vantaggio insormontabile per questi Cardinals.

Forse, dico forse, devo cominciare a essere meno cinico con i Baltimore Ravens che un paio di settimane dopo aver ridimensionato i Detroit Lions hanno umiliato i Seattle Seahawks con un 37 a 3 che lascia poco spazio all’immaginazione.
Quella dei Ravens è stata una partita pressoché perfetta – nonostante i due immancabili fumble – nella quale Lamar Jackson ha mosso le catene con efficienza supportato da un gioco di corse che ha chiuso la giornata poco sotto quota 300 yard, mentre dall’altra parte la difesa seppelliva Geno Smith a suon di sack.

In sessanta minuti di football americano i Seahawks hanno raccolto la miseria di sei primi down convertendo solamente uno dei 12 terzi down giocati.
Attenzione che i Ravens potrebbero aver trovato qualcosa in Keaton Mitchell, running back undrafted free agent a cui sono bastate nove misere portate per raccogliere 138 yard e un touchdown. Segnalo anche il solito, inevitabile intercetto di Geno Stone che ha permesso a Jim Nantz di apparire come la persona più simpatica d’America urlando «Geno to Geno»: immagino se la fosse preparata.
Impressionanti, davvero.

Prosegue il buon momento di forma dei Saints che, forse soffrendo più del dovuto, regolano i Chicago Bears 24 a 17 trascinati da un grandissimo Taysom Hill che ha concluso la propria giornata con due touchdown, uno su corsa e uno su lancio. Menziono Hill poiché il factotum dei Saints sembra essere la soluzione ai problemi in red zone che tanto hanno fatto soffrire questa squadra nella prima metà di campionato.
Bagent, dopo un buon inizio coinciso con due touchdown lanciati a Kmet, è stato sopraffatto dalla sempre arcigna difesa dei Saints che ha causato cinque turnover, numero difficile da digerire in una partita persa solamente di un possesso.

Non sicuramente la partita più esaltante della giornata, ma una vittoria resta una vittoria. Dopo un’eternità, ritornano al successo i Green Bay Packers con un buon 20 a 3 ai danni dei Los Angeles Rams orfani di Matthew Stafford.
A Lambeau Field è andata in scena una partita piuttosto bruttina e mai veramente in discussione: l’attacco dei Rams – per l’occasione guidato da Brett Rypien – non è stato capace di generare nemmeno 200 yard di total offense.
A tenere in vita Los Angeles ci ha pensato la sciatteria di Green Bay in red zone – 1 su 4 nelle venti yard più importanti del campo – che, occorre dirlo, per una volta non ha avuto particolari difficoltà a muovere le catene.
Una partita del genere potrebbe essere tutto quello di cui Love aveva bisogno per recuperare un minimo di autostima.

Vincono anche i Commanders, ma che sofferenza: un ultimo quarto particolarmente brillante ha permesso a Washington di scamparla su New England e mettere in saccoccia il 20 a 17 che ha regalato loro la quarta vittoria in stagione.
Sotto di sette punti all’inizio dell’ultimo quarto, Washington prima ha riportato la contesa in parità con un touchdown di Dotson e poi, a meno di due minuti dal termine, si è portata sul +3 grazie a un piazzato di Slye.
A onor del vero New England stava riuscendo a mettersi nelle condizioni di pareggiarla con un piazzato, ma uno sciagurato intercetto di Jones con trenta secondi rimasti da giocare ha chiuso definitivamente i conti.
Buona pure ieri la prestazione di Howell, protagonista di una partita davvero solida nella quale l’attacco di Washington ha tenuto il possesso per più di 37 minuti muovendo brillantemente le catene – 9 su 17 su terzo down.

Tornano al successo i Colts, tornano a essere Panthers i Panthers. Il 27 a 13 con cui Indianapolis ha liquidato la pratica Carolina porta un nome, un cognome e un volto, quello del cornerback Kenny Moore che si è elevato a hombre del partido grazie a non una ma ben due fondamentali pick six.
Dopo l’incoraggiante prestazione contro i Texans, Young è tornato a palesare enormi difficoltà commettendo turnover che hanno permesso a Indianapolis di muovere il punteggio in una giornata in cui l’attacco guidato da Minshew ha faticato enormemente, basti pensare al fatto che abbia concluso con meno di 200 yard di total offense.

Esattamente quello che aveva prescritto il dottore: non c’è stata partita fra Raiders e Giants, il 30 a 6 con cui Las Vegas ha regalato la prima vittoria in carriera ad Antonio Pierce descrive efficacemente quanto esibito dalle due squadre.
New York, tanto per cambiare, si è trovata costretta a mandare in campo il backup quarterback Tommy DeVito dopo che una serie di strane torsioni al ginocchio ha messo fuori dai giochi Daniel Jones. Il poveretto ha sì lanciato il primo touchdown della carriera, ma è stato anche costretto a metabolizzare ben sei sack – sugli scudi il solito Crosby che ne ha racimolati ben tre.
La prima metà si è conclusa con un eloquente 24 a 0 in favore dei Raiders – due touchdown del redivivo Josh Jacobs -, passivo che il povero Tommy DeVito non può nemmeno sognare di colmare.

Il 24 a 18 con cui i Bengals hanno avuto ragione dei Bills ci permette, neanche troppo timidamente, di parlare di crisi per Buffalo: in metà campionato Josh Allen e compagni hanno già perso più partite di quanto fatto nell’intero 2022.
A costare la partita ai Bills ci ha pensato una prima metà oltremodo sciagurata conclusa sotto 21 a 7, passivo che una squadra come Cincinnati difficilmente troverà modo di dilapidare. Quando Buffalo sembrava avesse finalmente trovato ritmo Kincaid ha commesso un sanguinoso fumble in red zone che ha permesso a Cincy di aggiungere tre punti e bruciare ben otto minuti. A nulla è servito il touchdown del -6 di Diggs – seguito da conversione da due punti firmata sempre da Diggs – poiché Burrow e compagni hanno guadagnato i primi down necessari a chiudere la contesa.

A questo punto si può ufficialmente dire che Cincinnati sia definitivamente guarita, quella contro i Bills è la quarta vittoria consecutiva e anche solo vedendo Burrow gestire l’attacco appare evidente che questa sia una squadra radicalmente diversa da quella che abbiamo visto a settembre. Al momento tutte e quattro le squadre della AFC North sarebbero qualificate ai playoff.
Buffalo, invece, è in netta difficoltà su tutte e tre le fasi del gioco. Sono curioso di vedere come McDermott gestirà quello che per forza di cose deve essere il periodo più buio della sua fortunata tenuta come allenatore dei Bills.

12 thoughts on “Il riassunto della nona domenica del 2023 NFL

  1. i Ravens sono dopo i chiefs la migliore squadra della AFC.
    Oltre la difesa, loro marchio di fabbrica, anche l’attacco gira bene.

  2. Dallas parla prima della partita.
    Philadelphia vince.

    As simple as that

  3. Dopo le premesse, non mantenute, sulle gare di Chiefs e Eagles, week 9 ci ha esaltato con le vittorie di Minnesota e Houston. Come cantava il buon Faber, a volte succede che: dai diamanti non nasca niente mentre dal letame nascano i fior…
    La bellezza del Football Americano.

  4. ho trovato l’ultimo drive di Miami allucinante comme errori… e nel secondo tempo i chiefs sono stati molto fallosi regalando yard gratis a miami. peccato perché la difesa ha arginato molto bene l’attacco dei dolphins

  5. In questo sport i dettagli fanno la differenza e a livello di dettagli i Dolphins sono messi maluccio. TD di Mckynnon allucinante col difensore più vicino a 10 yards; fumble di Hill a pochi secondi dalla fine del 1 tempo inspiegabile; ultimo drive da manicomio fra lanci sballati e snap dilettanteschi. Così al massimo batti i Panthers non certo i campioni. Basta vedere i 40 punti di media segnati contro le squadre con record perdente e i 17 contro le altre. Al momento sono dietro Chiefs Ravens e Bengals in AFC e solo perché i Bills sono sottoterra

    • Concordo pienamente. I Dolphins a questi livelli sono una barzelletta. Non è un caso che Eagles, Bills e Chiefs li abbbiano massacrati (spesso oltre quanto detto dal punteggio finale). Errori su errori, gestione dei momenti critici davvero ridicola e tanta confusione anche dell’head coach. Il livello della squadra è questo. Manca fisicità in generale e soprattutto sangue freddo. Il livello è questo, nonostante i titoloni dei giornali. Tua non è un condottiero e Mc Daniel compie ancora errori da prima elementare. Si badi bene che gli errori visti ieri (fumbles pazzeschi, snaps errati e penalità continue) continuano dall’anno scorso, mascherati dai risultati contro le piccole squadre. Se Miami va ai playoffs, esce dritta dritta al primo turno (o wild card che sia): non c’è esperienza, nè capacità, nè organizzazione, nè fegato per gestire i momenti caldi delle partite davvero importanti. E i big plays ….nei playoffs sono molto più rari!!!

  6. Buffalo è 4-0 in casa e 1-4 in trasferta/Londra. Gli infortuni alla difesa li conosciamo, ma non capisco perché l’attacco stia avendo queste difficoltà. Mi rimane comunque la consapevolezza che si tratta di un attacco forte e se ingrana la stagione può ancora essere salvata: certo non mi aspettavo di arrivare a metà stagione 3° nella division e 9° nella conference.

    Buffalo deve restare a una gara di distanza da Miami, per poi giocarsi la division nello scontro diretto dell’ultima giornata, ma al momento, dando un’occhiata al calendario, non sembra una cosa così facile: sulla carta, Miami potrebbe perderne solo una, mentre Buffalo ha due trasferte consecutive a Philadelphia e Kansas City. Vero che fare di questi calcoli è aleatorio, perché le sorprese sono all’ordine del giorno, ma per il momento Miami non ha ancora perso una sola partita sulla carta abbordabile.

    Sennò bisogna guardare alla wild card, sperando che, con i tanti scontri diretti, qualcuna della Afc North scenda di posizione. Al momento, Cincinnati si è ripresa e Baltimore è la grande rivelazione della stagione: bisogna guardare più che altro a Cleveland e Pittsburgh. Entrare ai playoff come 6^ o come 7^ non è il massimo se non sei capace di vincere in trasferta, ma vista la situazione attuale ci metterei la firma. Poi ai playoff tutto è possibile: non dimenticherò mai che il primo campionato Nfl che ho visto è stato vinto da una squadra che aveva chiuso la stagione 9-7.

  7. Prima della Caporetto/Baltimore avevo già messo le mani avanti con una settimana di anticipo, ovvero Geno Smith è questo e non quello che ha sovraperformato la scorsa stagione. Non dico che bisognava fare “trade up” per C.J. Stroud (tutti bravi a parlare dopo), ma almeno tutelarsi un attimo. Molto discutibile anche la lettura della partita, che i Ravens siano dei cagnacci è noto, ma non aver trovato nessuna contromossa lascia perplessi, si sarebbe almeno evitato di apparecchiare la tavola.

  8. Con la mia squadra in bye week mi sono goduto in relax una serie di partite molto interessanti. Tanto più che dei grandissimi Ravens ci hanno pure fatto un favore strapazzando Seattle. Partita più divertente e pazzesca (non per gli arancioni) quella vinta dai Texans. Sul loro QB rookie hai già detto tu tutto quello che c’era da dire.

    • Ho l’impressione che appena Tee Higghins prende palla si elevino dagli spalti tanti tanti buuuuu. Ma è per l’incidente con Hamlin? Spero di no. Conoscete il motivo? Ma gli idioti ci sono anche la?

      • No, ciò che senti è un “TEEEEEEEEEEEEEE” collettivo molto simile a quello che facevano i tifosi dei Panthers con Kuechly urlando LUUUUUUUUUUUKE o quelli dei Seahawks con il BRUUUUUUUUUUCE per Bruce Irvin

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