Il football americano è uno sport già meraviglioso di suo, giocato da atleti incredibili che fanno una serie di gesti tecnici e fisici che noi, la domenica sul nostro divano, neanche riusciamo a immaginare.

Ma l’apice di questo sport è quando gli atleti sovraumani in questione diventano “pedine” a disposizione di chi le muove, quando quella che dovrebbe essere una partita di football diventa una vera e propria partita a scacchi, giocata dalle menti offensive e difensive del gioco: ovvero i coaching staff che, grazie ai loro auricolari, mossa dopo mossa, chiamata dopo chiamata, indirizzano la partita tramite strategie, accorgimenti e intuizioni, muovono quarterback, runningback, difensori e ricevitori finché non fanno scacco matto.

Per questo motivo, mi sono autoimposto come regola di vedere più partite possibili dei Miami Dolphins.
Non voglio avventurarmi in pronostici già alla seconda uscita stagionale, anche perché non se questa squadra sia la favorita nella sua conference o se possa puntare ad un biglietto per il Super Bowl di Las Vegas, ma quello che mi intriga di questa squadra è proprio il suo coaching staff, in particolare per la presenza sia del defensive coordinator Fangio come mente difensiva, notoriamente una delle più
diaboliche della lega, sia per quella dell’Head coach McDaniel, capace di disegnare uno degli attacchi più coinvolgenti della lega già dalla scorsa stagione.

Miami è in generale partita fortissimo, ha vinto le prime due gare in trasferta battendo prima i Chargers e poi i Patriots.
In week 1 a Los Angeles, nella partita vinta dai Dolphins 36 a 34, si è visto quanto allo stesso tempo sia divertente da vedere e letale da affrontare l’attacco progettato da Mike McDaniel, che eredita l’uso di corse esterne e playaction dalle sue origini come assistente di Shanahan a San Francisco, a cui aggiunge la presenza costante di giocatori in motion prima dello snap.

Questi spostamenti, su tutti lo scivolare di Hill verso la side line, creano movimento e confusione nella difesa avversaria, che finisce così per perdere le coperture e concedere la possibilità di avere bersagli liberi a cui lanciare, non a caso Tagovailoa chiude la gara con 466 yards lanciate di solo 215 sullo stesso Hill.

Un altro aspetto brillante di questo attacco è stato il timing di Tua: la sua velocità di rilascio della palla lo ha reso praticamente intoccabile dalla difesa dei Chargers, che ha chiuso la partita con 0 sack messi a segno.

Rispetto alla prima giornata, però, nella partita del Sunday Night Football di Foxborough l’attacco è stato un po’ meno efficace, complice anche la buona prestazione difensiva dei Patriots, che ha giocato gran parte della partita con 3 safety in profondità per precludere al QB di Miami la possibilità di lanciare big play e trovare i suoi ricevitori in profondità; l’obiettivo di questa strategia era chiaramente
evitare di ripetere la debacle della secondaria di Los Angeles avvenuta la settimana precedente.

Nonostante l’ottima strategia di New England, capace anche di intercettare uno dei pochi lanci di Tua in profondità, i Dolphins vincono 24 a 17, grazie ad un game plan molto più paziente e conservativo, fatto soprattutto di corse e giocate “da corto yardaggio”, senza dunque forzare quasi nulla.

L’efficace running game della squadra della Florida è stato proprio una delle chiavidella partita, grazie anche alle 121 yards corse da Mostert, autore anche di due touchdown entrambi avvenuti grazie alla stessa dinamica di gioco: corsa interna su finta di corsa esterna, l’arma prediletta di quest’attacco, la cui finta è particolarmente verosimile e quindi produttiva.

Se week 1 era stata l’apoteosi offensiva del disegno tattico di coach McDaniel, week 2 è stata la rivincita del defensive coordinator Fangio; difatti, dopo le 233 yards concesse su corse ai californiani lo scorso fine settimana, per vincere in Massachusetts serviva sicuramente qualcosa di diverso.

Il game plan di Fangio è essenzialmente pressare e limitare le rushing yards dei Patriots, portando blitz con maggiore frequenza rispetto al solito, ma comunque senza snaturare troppo la natura conservativa della sua difesa grazie alla presenza delle 2 safety a copertura in profondità: il risultato sono solo 88 yards su corse per Stevenson e compagni!

In generale Miami gioca un grande primo tempo, non forza nulla dal punto di vista offensivo ma chiude sopra di 14 punti grazie al fruttuoso gioco di corsa e all’abbondante pressione portata su Jones (vittima nel computo totale della partita di 4 sack): parziale all’intervallo 17-3.

Nel secondo tempo la squadra di casa parte decisamente meglio, nei primi 4 drive difensivi forza due 3 and out, intercetta l’ovale e blocca un field goal grazie ad una giocata capolavoro dello special team in cui Schooler parte completamente esterno rispetto a tutti i suoi compagni, venendo dunque perso da qualsiasi bloccatore e riuscendo a mettere le mani sulla palla indisturbato, grazie al suo scatto felino.

Nonostante ciò il reparto di Fangio resiste, grazie anche ad una super prestazione di Van Ginkel che accoppiato con il tackle avversario riesce spesso e volentieri ad avvicinarsi a Jones e, in un caso, a portarlo anche a terra mettendo a referto un sack.

Miami resiste e la chiude grazie ad uno dei due TD di Mostert, a cui seguono altri 7 punti dei Patriots che però non cambiano andamento ed esito del match: Miami vince la seconda partita di fila on the road e torna in Florida con un record di 2 vittorie e o sconfitte.

Senza entrare nel merito tecnico del valore della rosa dei Patriots, comunque inferiore a quella dei Dolphins, è stato veramente interessante come il coaching staff di New Englans abbia provato e, nonostante non abbia vinto la partita, sia riuscito a limitare l’esplosivo gioco di passaggi di Miami.

Ancor più interessante però è come l’attacco guidato da Tua, senza appunto utilizzare la sua arma più efficace, sia riuscita a portare a casa la partita, sicuramente grazie al fondamentale apporto difensivo, ma anche grazie un approccio diverso dal solito, che rende questa vittoria forse anche più importante di quello che può sembrare.

Frutto di tutti i ragionamenti tattici delle due squadre, sono state due ore di football entusiasmante che personalmente mi hanno dato il grande rimpianto di non averle viste in diretta di notte, ma la mattina appena sveglio: purtroppo lo sport più bello del mondo molto spesso non si gioca a orari a noi consoni, sta a noi rimediare a suon di caffè!

3 thoughts on “Miami Dolphins: la regina degli scacchi

  1. Miami ha un roster molto completo ed un coaching staff notevole, ha sfruttato bene lo spazio che concede il contratto da rookie di Tua. Ci vuole un po’ di fortuna con gente come Armstead, Mostert e più di tutti Tua perché restino sani una stagione intera.
    McDaniel è unico nel saper adattare il gioco ai giocatori a disposizione ed a quello che concede l’altra squadra.

  2. Dopo tantissimi anni di mediocrità assoluta, mi piacerebbe vedere i miei Dolphins vincere almeno una wild card ai playoffs…., non succede dal 2000 ormai!!! La squadra è sicuramente divertente e spettacolare, con ottimi coaches da entrambi i lati della palla, ma la mancanza di continuità è ancora molto preoccupante. Tutti esaltano i big plays (che obiettivamente ci sono), ma altrettanti dimenticano gli snaps con palla persa, i field goals sbagliati a nastro, gli intercetti, le palle perse e le amnesie difensive. Miami è 2-0, ha portato a casa due ottimi risultati, ma nell’arco di queste due partite ha avuto alti e bassi tanto sconcertanti quanto consueti. Se Tua può uscire dall’huddle e applicare alla lettera lo schema sul primo bersaglio deciso, non ci sono problemi mai perchè lui ha un rilascio velocissimo ed è preciso (e spesso sia Waddle che Hill si sono già liberati alla grande del marcatore di turno!); se Tua deve optare per un secondo bersaglio, ovverosia deviare dallo schema deciso, apriti cielo…iniziano i lanci assurdi, le forzature, le confusioni, i fumbles, gli interecetti mancati per un pelo e quelli invece presi. Insomma, in termini di solidità, di esperienza e di gestione dei momenti difficili, a partire dal QB, tutta la squadra ha ancora tantissimo da dimostrare. Lo spettacolo c’è e ci sono anche i big plays sia offensivi che difensivi, ma manca quella sicurezza e quella esperienza che nelle partite dure faranno la differenza vera. In ogni caso la linea offensiva è molto migliorata sia nella pass protection che nell’aprire varchi per le corse. La stella Armstead non gioca mai perchè è sempre rotto, ma adesso con i carneadi Wynn a guardia e Lamm a tackle sx, oltre a un finalmente decente Jackson a tackle dx abbiamo trovato una quadra. Non abbiamo una linea offensiva di fenomeni, ma almeno pare reggere e questo è fondamentale perchè se Tua si fa di nuovo male, non si chiude solo la stagione, ma anche l’ennesimo ciclo perdente di Miami (un ciclo orchestrato dal GM Grier che non ne ha azzeccate tantissime…). La squadra ha talento se tutti stanno bene, ma è anche zeppa di giocatori di cristallo (Mostert, Armstead, Tagovailoa su tutti) e quindi bisogna sperare nella dea bendata in quanto a salute. Tutti al completo e con grande determinazione, si può fare bene. Ma squadre come i 49ers, i Chiefs e gli Eagles mi paiono ancora su un altro pianeta quanto a forza, esperienza e capacità di vincere. Vedremo.

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