Immaginate di essere un Quarterback, di avere 24 anni, di avere una sola esperienza come starting QB in 3 stagioni di NFL e di essere il titolare del ruolo a inizio stagione, dopo che negli ultimi 30 anni questo incarico è spettato a due eroi di questo sport come Favre e Rodgers. Ora immaginate che tutto questo accada proprio all’interno di una delle rivalità più antiche e sentite di questa lega, infatti giocate per i Packers e all’opening day vi dovete presentare al Soldier Field per affrontare i Bears.

Immaginate di dominarla la partita, di vincere 38-20, di lanciare 245 yards e 3 touchdown.
Non ho appena descritto la sceneggiatura del sequel di Every Given Sunday, ma solo la domenica di Jordan Love, numero 10 e nuovo Quarterback titolare dei Green Bay Packers.
Adesso, tralasciando la caporetto di Chicago che comunque ha ancora un’intera stagione per adempiere a tutto ciò che di buono si era detto in off season, io credo che sia stata una giornata in cui nostalgia e malumori abbiano trovato poco spazio all’interno dei sentimenti dei tifosi del Wisconsin.

La partita di Love si apre nel migliore dei modi grazie un ottimo primo drive conclusocon un touchdown e caratterizzato da un paio di corse di Jones, arma fondamentale perché, oltre a muovere la catena e dare ritmo all’attacco, con le sue portate apre spazio alla play action, che, come ormai sappiamo, è una delle armi preferite di coach LaFleur.

I primi sette punti della partita arrivano, quindi, grazie ad una ricezione di Doubs, giocatore in quel caso accoppiato al centro della end zone con la safety EddieJackson, forse, in un primo momento, colpevole di aver seguito un taglio esterno di un altro ricevitore preso poi in carica dal linebacker Edmunds. I restanti 4 drive della prima metà di gioco non sono esaltanti: i Packers aggiungono solo altri 3 punti grazie ad un field goal di Carlson e chiudono il primo tempo con un parziale di 10-6.

Il secondo tempo è un monologo dei Packers, che segnano 3 volte sui primi 4 possessi e, grazie anche ad un intercetto di Walker riportato in end zone, chiudono la partita con un sonoro 38-20 a favore degli ospiti. Offensivamente i meriti del successo sono sicuramente di Love, capace non solo di interpretare al meglio il sistema tracciato da LaFleur di corse e play action, utilizzando spesso anche lo stesso Jones come scarico principale per il gioco di passaggio dopo la finta di corsa, ma anche di usare il suo atletismo per correre e, in alcuni casi, scappare dalla pressione portata dalla difesa dei Bears.

Oltre al numero 10 ex Utah State, i meriti vanno attribuiti anche alla sua offensive line, capace di concedere il tempo necessario al proprio quarterback nella tasca, di aprire lo spazio ai running back per il gioco di corsa e, talvolta, di sganciarsi e andare in pull per portare i blocchi giusti, come nel caso del big play di Jones a seguito della ricezione di uno screen play.

Nonostante i 38 punti segnati, forse Green Bay il meglio lo esprime difensivamente. Al di là dei 4 sack messi a segno (1 e mezzo da Wyatt, 1 da Van Ness, 1 da Brooks e mezzo da Clark) ciò che realmente ha fatto la differenza è stato il fatto che il reparto di Joe Barry sia arrivato a mettere pressione quasi sempre e solo con una pass rush a 4, non dovendo praticamente mai ricorrere all’uso dei blitz e utilizzando quindi i restanti uomini in fase di copertura, cosa che spiega la carenza di big play offensivi da parte dell’attacco di Chicago.

Altri due aspetti che mi hanno colpito di questo reparto sono la fisicità e solidità dei due linebacker Campbell e Walker, fondamentali nella difesa sul gioco di corse, e quelle del reparto dei cornerback, in particolare di Alexander e Douglas, due dei migliori colpitori della squadra. Se è vero che Green Bay ha fatto quasi tutto bene, non si può dire lo stesso per la squadra padrone di casa.

Dopo la partita, ho sentito Mike, mio ex padrone di casa a Chicago e fan sfegatato dei Bears, che mi ha dato la sua interpretazione sui fischi ricevuti dalla squadra: il problema non è perdere, ma giocare senza l’identità tipica di questa franchigia, abituata a correre più degli altri e a picchiare in difesa più degli altri; la gente, secondo la sua opinione, non era arrabbiata perché la loro squadra non aveva vinto, ma perché aveva giocato in maniera “molle”!

I numeri confermano quello che dice: Herbert, Johnson e Foreman collezionano 19 portate e sole 63 yards, troppe poche per una squadra che ha in questa stagione come principale obiettivo far correre di più i propri running back e meno il proprio QB. Difatti, nonostante la buona annata di Fields dello scorso anno, uno dei dati più preoccupante era la disparita tra yards corse (1143) e quelle lanciate (2242). Per alzare il numero di quelle lanciate e ridurre gli sforzi su corsa dell’ex Ohio State è stato aggiunto al roster DJ Moore, arma pericolosissima, in particolare per la sua capacità di correre e guadagnare terreno dopo la ricezione.

L’ex Panthers ieri è stato cercato solo 3 volte e la sua partita si è chiusa con 2 ricezioni valide per 25 yards, mentre Claypool chiude addirittura con 0 ricezioni. Dunque, Chicago ha corso male, i ricevitori sono stati poco cercati e la linea non ha protetto come doveva visti i 4 sack concessi; l’unico aspetto che io salverei è il lavoro fatto da Fields per ridurre il tempo in cui il QB ha la palla in mano nella tasca: durante la scorsa stagione l’attesa estenuante del big play era costata 55 sack, mentre ieri lo scarico veloce sul running back in uscita mi è sembrata un’ottima soluzione per limitare almeno questa problematica.

Il grande problema dei Bears è che sono una franchigia che ha alle spalle la fase di “full rebuild”, in cui hanno cambiato coaching staff e GM, hanno trovato il proprio QB che è ancora nella fase del contratto da matricola e per questo ha potuto investire in offseason e permettersi di cedere la prima scelta assoluta, rinforzando ulteriormente la squadra. Vista la situazione, si presume che questa possa essere la stagione in cui si iniziano a vedere i risultati del lavoro fatto e avvenga un upgrade rispetto all’ultimo posto della lega raggiunto lo scorso anno.

Per fare ciò, sicuramente uno dei passaggi fondamentali è la maturazione definitiva del QB su cui la franchigia dell’Illinois ha deciso di credere ciecamente, non prendendo Young con la prima scelta assoluta. Ricordiamoci, però, che il terzo anno è stato spesso quello cruciale negli ultimi anni per alcuni colleghi di Fields: le storie di Jalen Hurts e Josh Allen possono confermarlo; quello che Fields deve fare rispetto all’anno scorso è correre meno ed essere un miglior “pocket QB”, cercando al tempo stesso meno la big play e senza tener troppo la palla in mano, che come abbiamo già detto, ha causato parecchi danni la scorsa stagione.

È una banalità dire che la prima giornata conta fino ad un certo punto e che niente di irrimediabile sia già successo, ma è così.
I Packers hanno un record di 1-0 e qualche certezza in più visto quello che Love ha fatto vedere e il modo in cui l’attacco ha performato con lui in campo; mi sento di dire invece che, rispetto alla difesa, vi erano meno perplessità, vista anche le recenti scelte utilizzate per arricchire il reparto negli ultimi anni.

I Bears hanno iniziato male, ma il record è solo 0-1. Quello su cui occorre riflettere però è quanto poco il front seven di Chicago abbia infastidito la linea di Green Bay, nonostante i soldi spesi e quanto invece la linea abbia sofferto la pressione dei 4 difensori avversari, aspetto su cui occorre sicuramente migliorare se si vuole insistere sulla maturazione completa di Fields.

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