Un titolo scontato per i nuovi Packers, che dal 1992 iniziavano la regular season ricchi di appeal, per la presenza in regia di due fra i più grandi quarterback della storia del football, quei Favre e Rodgers che negli anni si sono impossessati del destino della loro franchigia anche a livello psicologico, divenendo in pratica i due allenatori in seconda (o forse è meglio dire in prima) dell’intero reparto offensivo.
Argomento indubbio e banale che è meglio perciò trattare subito, visto che dopo 30 anni di magie e previsioni da contender la novella Green Bay affida il suo presente/futuro a un direttore d’orchestra tutt’altro che abituato a vincere e caricarsi sulle spalle un reparto da solo, ovvero sia Jordan Love da Utah State College.
Non a caso abbiamo sottolineato l’università di appartenenza, perché seguendo la NCAA ci sorprese e non poco la 26° scelta cheesehead nel draft 2020, quando Rodgers era ancora pienamente in sella e chiunque si sarebbe aspettato al primo giro un rinforzo in linea. Inoltre, il Love d’annata era forse l’unico prospetto presente fra i qb a – tentare di – incarnare più degli altri le movenze di sua maestà Patrick Mahomes, con molteplici fughe esterne dalla tasca e lanci qualitativi in corsa proprio alla A-Rod, palesando in campo una personalità fuori dal comune, che se gli permetteva un rate totale vicino al 138.0 era pure causa di intercetti forzati ed errori evitabili.
Insomma, la Mountain West gli permetteva quella maggiore autonomia di scelte che magari è stato il vero motivo che ha poi spinto Gutekunst e LaFleur a puntare sine die su di lui: un diamante grezzo da limare e affinare in sideline e da lanciare quando il focoso Aaron avrebbe detto stop.
Per questo Love si presenta venticinquenne al primo anno da titolare come una “matricola esperta”, dopo due anni a studiare le gesta fuori dal comune di Rodgers e gli insegnamenti di un coach forse un po’ troppo trattenuto dalle qualità offensive e carismatiche del vecchio leader, ma che adesso può sbizzarrirsi in quei numerosi ed inediti game plan che la dirigenza aveva promesso quando si insediò in sella alla franchigia, nel 2019.
Per di più, dopo gli ultimi anni del “negazionista” californiano passati ad intossicare l’ambiente, il gruppo squadra apparso nell’ultimo Training Camp ed asseverato persino dal grande Peyton Manning, ha dispensato sorrisi e fiducia verso il nuovo regista, anche per una più che ottimistica alchimia assieme ai colleghi di reparto, sia da parte sua che del quinto giro Sean Clifford, forse la più bella sensazione dell’estate.
E’ per l’appunto questo il comparto che farà da termometro ai Packers nella nuova avventura, dato che l’altra metà campo specialmente in retrovia si presenta ai nastri di partenza con delle certezze granitiche ratificate nelle antecedenti tornate, sebbene la carta d’identità sia sorridente in ogni ruolo e le performance verso le corse non abbiano soddisfatto.
Nessuna sorpresa dovrebbe difatti emergere in D-Line, con maggiori responsabilità dopo gli addii da free agency di Jarran Reed e Dean Lowry per Wyatt e Slaton di fianco al perentorio Clark da 4 sack e 53 placcaggi totali nella 3/4 base, loro due in grande spolvero contro la guardia destra Jon Runyan e il centro Josh Meyers durante il camping, mentre dietro il terzetto apertissima appare la sfida fra i giovanissimi Brooks, il rookie Wooden e il secondo anno Ford.
A proposito di O-Line approfittiamo per segnalare i progressi di Zach Tom, forse unico del gruppo a poter ricoprire tutti e 5 gli spot nonostante la poca esperienza, lui già sorprendente rookie da 5 partenze su 9 presenze lo scorso anno, quarto giro da Wake Forest che sembra aver vinto la resistenza di Nijman, pure grazie alla benedizione di Elgton Jenkins e David Bakhtiari, Pro Bowler e starter qui dal 2013.
Stessa situazione fra gli inside e outside linebacker, con l’acciaccato Campbell e Quay Walker (75 tackle e 3 fumble forzati nel 2022) intoccabili in partenza, seppur McDuffie abbia dimostrato di saper sopperire benissimo alle loro assenze, e tra Gary e Preston Smith, ai calcagni dei quali in caso di infortuni potrebbe essere confermato il debuttante undrafted Cox; attenzione al sophomore Enagbare, pupillo di Barry pronto a scalzare le gerarchie. Molta curiosità e simpatia imprime il nigeriano Kenneth Odumegwu, plausibile 54mo uomo a roster per il suo status internazionale.
Top ten per yard su passaggio e sesta in intercetti, la secondaria di Green Bay è un’elite, con strong e free safety del calibro di Ford e Savage e il veterano Douglas e la superstar Jaire Alexander agli angoli: tanta roba. Quest’ultimo poi, second-team All Pro da 56 tackle, 5 intercetti (primato personale) e 14 passes defensed nonché a suo dire miglior cornerback NFL, è stato molto spesso utilizzato in pressing sulla linea di scrimmage in estate dal nuovo def-passing coordinator Greg Williams, per completarne la grandezza.
Il restante reparto andrà rivisitato in base alle scelte sugli special team, seppur Valentine dia l’idea di valere ben più del settimo giro, mentre Anthony Johnson e Jonathan Owens verranno certamente combinati secondo le esigenze. Se il piede di Eric Stokes darà finalmente garanzie, insieme al nickel Nixon, il gruppo diverrebbe profondo come pochi.
L’addio a Rodgers da un lato permetterà a tutto il front office di non avere pressioni e obblighi da vertice, ma dall’altro non giustificherà errori ed incertezze a livello tattico, dato che le migliorie dell’attacco che permisero – almeno per un anno e mezzo – ad A-Rod di avere meno stress e maggiore “visione” offensiva, dovranno ora essere sfruttate da un reparto omogeneo e senza leader.
LaFleur avrà infatti carta bianca su ogni decisione e sull’impostazione dei playbook, soprattutto nei momenti chiave, e le poliedriche “invenzioni” di Adam Stenavich passeranno esclusivamente sulla sua scrivania senza che nessun GOAT possa modificarle estemporaneamente!
La stagione della franchigia nel Wisconsin inizia dunque con convinzioni radicate, sia positive che negative. La prima è che il core ben strutturato per un futuro da vertice avrà quale aiuto primario una division sulla carta non proibitiva, e che un settore difensivo roccioso e ricco di possibili miglioramenti in linea, dietro di essa ed eccellente nelle retrovie non dovrebbe avere problemi ad affrontare anche le super corazzate, garantendo quindi un istantaneo ritorno ai playoff.
L’altra però riporta con i piedi per terra tutto l’ambiente, ed è relativa a una mentalità vincente probabilmente da acquisire tabula rasala, una capacità ad ammazzare partite che una offense sostanzialmente inedita non sarà di sicuro in grado di assimilare nel primo campionato a disposizione.
I Big play saranno ridotti al lumicino, e le corse avranno senza dubbio un peso specifico maggiore al pari di trick e screen pass, per tutelare oltre all’immaturo qb pure i giovanissimi ricevitori, dei quali oltre a Doubs, Watson e Samouri Toure nessuno può vantare più di uno snap in regular season.
Con Doubs divenuto per caso miglior target di Rodgers l’anno passato, prima di perdersi per una distorsione alla caviglia senza più ritrovarsi, va bensì segnalato il sensazionale feeling estivo fra Love e Christian Watson, sophomore dalle potenzialità esplosive, a suo agio nei matchup uno contro uno sugli slot cornerback ed abilissimo a creare separazione, provato spesso dinanzi a Jaire Alexander per testarne le marcature a velocità supersonica.
Terzo spot sarà Jayden Reed, eccellente nelle tracce da deep ball in quel di Michigan State 2021, ma che per i discorsi fatti finora dovrebbe ridimensionare il suo stile e adattarsi a percorsi più brevi.
A togliere ansia al giovane signal-caller verranno perciò sicuramente incrementate le portate di Aaron Jones e AJ Dillon, dinamici corridori che almeno all’inizio saranno i suoi due principali sfoghi offensivi, una volta liberati dalla “gabbia” Rodgers; il primo ha ristrutturato il contratto e il secondo sarà libero a fine torneo.
Se la carenza in tight end position dopo il saluto a Lewis e Tonyan non verrà sistemata, magari con qualche pesca nei waivers, e se gli eventuali stenti da debutto al lancio si dovessero protrarre un po’ più a lungo, il brillante undrafted Emanuel Wilson e l’acciaccato Goodson verranno velocemente gettati nella mischia.
Atletismo, abilità dual-threat e potenza sono caratteristiche che comunque fanno felice l’NFL odierna, e che il regista mette a disposizione dell’head coach, al quale va dunque ors ogni responsabilità, visto che il “diavolo” con la casacca 12 non è più presente.
Chiosa finale e personale per il vostro scriba, che taglia il traguardo dei 300 articoli per Play.it: ciò non poteva che avvenire parlando degli amati guerrieri del Lambeau Field!
“Malato” di sport a stelle e strisce dagli anni 80! Folgorato dai Bills di Thurman Thomas e Jim Kelly, dal Run TMC e Kevin Johnson, dai lanci di Fernando Valenzuela e dal “fulmine finlandese”. Sfegatato Yankees, Packers, Ravens, Spurs e della tradizione canadese dell’hockey.