Durante la scorsa stagione nessuna delle quattro sorelle della NFC South è stata in grado di scollinare il 50% di vittorie, la soglia della sufficienza in questa lega: questo dovrebbe bastare a farci alzare collettivamente gli occhi al cielo e bollarla come entità immeritevole del nostro tempo.
Invece, guarda caso, è proprio l’incertezza a renderla irresistibile, una sorgente incontaminata che rinfranca menti bisognose di ragionare su qualsiasi cosa sia football americano. Chi può vincerla questa division? Apparentemente ogni squadra ha almeno una valida ragione per pensare di potercela fare e sì, tecnicamente tutte e trentadue le sorelle si approcciano al campionato convinte di potersi insediare sul trono divisionale, ma questo caso è diverso, la lampante mancanza di una netta favorita rende la NFC South la division più aperta della lega.
Vediamo insieme perché ognuna di loro ha legittimi motivi per crederci.

Come tradizione – quale? – vuole, partiamo dai campioni in carica, i Tampa Bay Buccaneers.
Parliamo immediatamente dell’invisibile elefante nella stanza, Tom Brady. Non credo che la sintassi italiana contempli proposizioni capaci di rendere giustizia alla drammaticità del cambiamento under center a cui andranno incontro i Buccaneers. Passare da Tom Brady a Baker Mayfield è come essere costretti a salutare il proprio chef personale a scapito di una dieta basata esclusivamente su cracker e acqua.
A onor del vero pure con Brady a dirigere l’orchestra boccheggiavano, quindi non abbiamo particolari ragioni per essere ottimisti, soprattutto se si considera che il coriaceo Ryan Jensen salterà tutta la stagione per l’infortunio patito durante la scorsa estate e dal quale deve ancora riprendersi.

Sapete che a me Baker Mayfield piace come giocatore, ma occorre essere lucidi: per rendere a buoni livelli necessita di un contesto che definire ideale sarebbe un eufemismo. Nel suo migliore anno, il 2020, Mayfield ha beneficiato immensamente dell’efficacia del gioco di corse dei Browns che concluse la stagione sul gradino più basso del podio per quanto concerne le rushing yard totali.
Non a caso i Marroni terminarono quell’anno nella parte destra della classifica per yard aeree lanciandone circa 220 a partita.
Ecco, non promette particolarmente bene il fatto che nel 2022 i Buccaneers abbiano sfoggiato il peggior gioco di corse della lega – con margine – guadagnando in media la miseria di 3.4 yard a portata, numero così deprimente che può essere visto come chiaro incentivo a lanciare quanto più possibile.

C’è ancora della carne attaccata all’osso, Mike Evans, Chris Godwin e Tristan Wirfs restano ottimi giocatori capaci di rendere a livelli altissimi, ma parliamoci chiaro, questo reparto non è neanche il lontano parente della macchina da guerra che non troppi anni fa vinse il Super Bowl.
Ma va bene così, questo è il rovescio della medaglia della tanto discussa win now mode: a differenza di moltissime altre squadre che hanno abbracciato questa filosofia Tampa Bay ha un memo a forma di anello che indubbiamente li aiuterà ad accettare questo netto ridimensionamento.
Mayfield si gioca tanto, se non tutto, credo che questa sia la sua ultima opportunità per confermarsi titolare in NFL – o anche solo garantirsi un futuro come backup di lusso. Malgrado non reputassi possibile che gli fosse concessa un’altra chance dopo i disastri del 2022, non mi sento particolarmente ottimista.

La difesa, in realtà, ha conservato l’ossatura di quella arrivata sul tetto del mondo nel febbraio 2021, ma non la ritengo sufficientemente brillante per compensare a ogni plausibile tentennamento offensivo. Il 2023 potrebbe rappresentare l’ultimo ballo per l’accoppiata David-White poiché il primo non dovrebbe essere troppo distante dal ritiro mentre il secondo, dopo aver chiesto una trade non ottenuta, sembra essere in totale rottura con il front office.
Pure in questa circostanza fatico a palesare ottimismo ma, esattamente come nel caso dell’attacco, possono vantare individualità capaci di spaccare in due una partita che, non secondario, hanno sufficiente esperienza per tenere in riga i compagni più giovani nei momenti di difficoltà – che immagino non saranno pochi.

Personalmente avrei optato per una ricostruzione, il ritiro di Brady ha chiuso un ciclo tanto breve quanto esaltante. Avrebbero potuto provare a ricavare preziose scelte al draft spedendo alle contender le stelle rimaste a roster: così non è stato, vogliono provare a spremere un’altra corsa ai playoff da un roster veramente vicino al capolinea.
E, nel frattempo, salvare la carriera a Baker Mayfield.

A proposito di mancate ricostruzioni, che dire dei New Orleans Saints?
Ho ripetuto così tante volte che a mio avviso avrebbero dovuto ricostruire che non ho il coraggio di dirlo ancora, quindi limitiamoci ad analizzare le prospettive della squadra che ci troviamo davanti.
Dopo aver constatato il fallimento dell’esperimento Jameis Winston, New Orleans si è rivolta a Derek Carr, quarterback ben più affidabile dell’ex Buccaneers ma che non sono sicuro possa trascinarli fino in fondo. Il reparto offensivo di questi Saints non può essere paragonato al mostro d’efficienza guidato da Drew Brees, tuttavia non mancano playmaker capaci di sopperire ai limiti del quarterback.

Il backfield è stato galvanizzato dalle aggiunte di Jamaal Williams e del rookie Kendre Miller che, con Kamara sospeso per le prime partite del campionato, si divideranno le responsabilità e i tocchi. Una volta rientrato Kamara immagino che quello dei Saints tornerà a essere il suo backfield con Jamaal Williams che si renderà utile come ariete di sfondamento per chiudere i down o per valicare la goal line.
Qualora Michael Thomas dovesse finalmente riuscire a stare in campo, il pacchetto di ricevitori diventerebbe molto interessante. Garrett Wilson a parte, Chris Olave è consistentemente stato il ricevitore rookie più produttivo e brillante: per questa ragione immagino che Thomas non sarà il faro del gioco aereo ma piuttosto un prezioso pezzo complementare a Olave.

A proposito, mi aspetto giocate esplosive dall’elettrizzante Rashid Shaheen. E magari qualche touchdown da Jimmy Graham, sorprendentemente tornato ai Saints dopo un anno di inattività.
Molto però dipenderà dalla linea d’attacco, visibilmente calata nella scorsa stagione rispetto agli anni di Brees.
Quello che sta per partire sarà un campionato già fondamentale per Trevor Penning, tackle per cui New Orleans ha sacrificato veramente tanto. Penning sarà calato all’interno di una linea d’attacco che oramai si conosce a memoria, ottimo auspicio per un giovane tackle che suo malgrado si trova già sovraccaricato di pressione.

Per anni il front seven è stato il fiore all’occhiello dell’intero reparto difensivo e, sotto un certo punto di vista, pure dei New Orleans Saints in generale. Infatti, fra 2018 e 2021 si sono sempre posizionati all’interno della top five per rushing yard concesse erigendo consistentemente un muro che nessun gioco di corse era in grado di sfondare: quella che vedremo durante l’autunno sarà una defensive line completamente diversa all’infuori dell’inossidabile Cameron Jordan.
New Orleans negli ultimi mesi ha perso gran parte dei D-lineman che avevano contribuito a rendere invalicabile la linea di scrimmage, quindi almeno sotto questo punto di vista mi attendo un importante calo statistico.
Chi invece dovrebbe fare bene è la secondaria, sulla carta i nomi sono tutti di primissima qualità e nella fortunata eventualità in cui il pass rush dovesse trovare efficienza…

Li ritengo sufficientemente talentuosi e profondi per imporsi in division, ma se pensano di potersela giocare ad armi pari contro ‘Niners ed Eagles probabilmente sbagliano. Carr è sicuramente migliorativo rispetto a Winston, ma se i tanti anni trascorsi fra Oakland e Las Vegas ci hanno insegnato qualcosa è che Carr per arrivare fino in fondo abbia bisogno di un contesto perfetto intorno a sé, cosa che non credo questa versione dei Saints possa offrirgli.

Con gli Atlanta Falcons il segreto è semplicemente andare oltre. Andiamo oltre i nostri preconcetti e pregiudizi – basati sul nulla – su Desmond Ridder, giocatore di cui al momento non sappiamo veramente niente e focalizziamoci su un roster che, a onor del vero, è più competitivo di quanto ci piaccia pensare.
Possiamo dire tutto sui Falcons di Arthur Smith, ma non che non abbiano un’identità. Ora che i Baltimore Ravens si sono liberati di quella piaga biblica che risponde al nome di Greg Roman, è lecito dire che nessuna squadra abbia abbracciato in modo più totalizzante la propria identità di quanto fatto dagli Atlanta Falcons negli ultimi mesi.
Atlanta vuole correre, correre e ancora correre. Credo che possano farlo senza troppi problemi.

Non ho molto da dirvi su Ridder, se non che Arthur Smith non sia in alcun modo un idiota: se gli dà un’opportunità è lapalissiano che abbia visto qualcosa in lui di sufficientemente incoraggiante da affidargli le chiavi dell’attacco. Non è affatto automatico che un a quarterback selezionato nei round centrali del draft sia data la maglia da titolare, la storia pullula di scelte al secondo, terzo o quarto round che il campo lo hanno assaggiato solamente durante il riscaldamento.
Appoggio la scelta di dare a Ridder un’opportunità di dimostrare il proprio valore, soprattutto perché abbiamo valide ragioni per aspettarci che non gli venga chiesto di mandare in orbita la palla 40/45 volte a partita. Come già detto, Atlanta vuole correre, correre e ancora correre.

E fanno bene a correre, soprattutto dopo aver investito così tanto su un running back generazionale come Bijan Robinson. Dietro una linea d’attacco così fisica e solida Robinson può veramente fare disastri, anche se non possiamo sottovalutare il contributo di Allgeier, strepitoso per tutta la scorsa stagione. La straripante fisicità della O-line potrebbe permettere loro di trovare successo via terra contro chiunque e, a quel punto, Ridder potrebbe fare razzie sfruttando i box pieni esasperati dal duo Robinson-Allgeier.
A Ridder non mancheranno mani di qualità verso le quali indirizzare il pallone: Pitts, London e Patterson sono playmaker di prima qualità che se imbeccati correttamente possono mettere in crisi qualsiasi secondaria.

Sono molto intrigato dalle prospettive del reparto difensivo, completamente rivoluzionato fra free agency e draft. La D-line, in particolar modo, appare completamente diversa da quella dello scorso autunno grazie agli innesti di Calais Campbell, Dub Dupree, David Onyemata e Kaden Ellis che daranno manforte al sempre brillante Grady Jarrett.
Pure lo stato della secondaria è sensibilmente migliorato, le acquisizioni di Jessie Bates e Jeff Okudah danno nuova linfa vitale a un reparto che all’infuori dell’eccellente A.J. Terrell ha spesso boccheggiato negli ultimi anni. Sono ottimista, credo che i neoarrivati possano rendere produttivo e temibile un pass rush spesso asettico.

Sono sinceramente convinto che si siano mossi sufficientemente bene da poter competere per il trono divisionale, anche se chiaramente molto dipenderà da Ridder. Non credo che gli sarà chiesto di caricarsi consistentemente la squadra sulle spalle, ma oltre che a non commettere sciocchi turnover ci saranno momenti in cui dovrà dare qualcosa in più, come per esempio quando saranno costretti a rimontare.
Nel caso in cui Ridder dovesse dimostrarsi affidabile e concreto Atlanta potrebbe rivelarsi una squadra capace di mettere in crisi chiunque. Sicuramente sarà una squadra antipatica da affrontare, specialmente per i front seven avversari.

Concludiamo questo articolo – e questa serie – con i Carolina Panthers, squadra inevitabilmente sotto il microscopio a causa della presenza di Bryce Young.
Non sono particolarmente entusiasta davanti alla loro scelta di schierarlo subito titolare, ma non dobbiamo – non devo – dimenticare che a comando di questa squadra ci sia Frank Reich, allenatore più che capace di mettere a proprio agio il suo quarterback.
È complicato enfatizzare a sufficienza il rischio di bruciare l’autostima di un quarterback mandandolo immediatamente allo sbaraglio, ma mi sembra che l’infrastruttura costruitagli attorno sia sufficientemente solida da evitare disastrosi patatrac.

La linea d’attacco sulla carta è estremamente solida e qualora Ekwonu si rendesse protagonista di un netto salto di qualità Young potrà dormire sonni tutto sommato tranquilli. Mi attendo buone cose pure dal rookie Chandler Zavala, costretto a una maglia da titolare a causa dell’assenza dell’esperto Austin Corbett.
Il supporting cast a disposizione di Young non è sotto nessun punto di vista esaltante, ma senza ombra di dubbio è solido. Gli espertissimi Thielen e Chark dovrebbero garantirgli produttività e affidabilità, ovvero tutto ciò che un quarterback rookie sogna la notte, mentre se anche solo uno fra i giovani Mingo e Marshall dovesse trovare modo di produrre… anche se mi rendo conto che a questo punto definire giovane Marshall non abbia poi chissà quanto senso. Avete capito cosa intendo.

Chi invece dovrebbe garantire brillantezza è Miles Sanders, acquisto di lusso arrivato dopo la miglior stagione della carriera a Philadelphia. Certo, poter contare sulla linea d’attacco degli Eagles metterebbe pure me nella posizione di ambire a una stagione da mille yard, però reputo improbabile che non dia continuità a quanto di buono fatto vedere lo scorso anno in Pennsylvania.
Quello dei Panthers è a mio avviso un attacco bilanciato e ben costruito, anche se Young potrebbe patire l’assenza di un vero go-to-guy à la Davante Adams, giusto per citarne uno: abbiamo tutti presente quanto sia importante per un quarterback giovane poter contare su un ricevitore di primissima qualità a cui rivolgersi nei momenti di massimo bisogno.

La difesa forse mi piace più di quanto possa piacere all’appassionato medio. Immagino sia “colpa” dei nomi, vedere militare nello stesso reparto Brian Burns, l’immarcescibile Justin Houston, Derrick Brown, l’iperattivo Frankie Luvu e una secondaria estremamente interessante coi vari Jeremy Chinn, Vonn Bell e Jaycee Horn può indurre a strani pensieri.
Molto probabilmente quest’anno riusciranno a rendere a livelli più alti rispetto alle passate stagioni quando, sciaguratamente, l’insipienza del reparto offensivo li condannava a vere e proprie maratone in campo. Prestate attenzione alla secondaria, può fare veramente grandi cose.

Accostare una squadra guidata da un quarterback rookie al titolo divisionale può suonare blasfemo, tuttavia mi preme ricordarvi che lo scorso anno siano arrivati a tanto così da spodestare i Bucs malgrado l’alternanza Mayfield-Darnold-Walker.
Ciò nonostante vi invito a tenere le aspettative basse, la loro priorità deve essere garantire la miglior crescita possibile a Bryce Young e si sa, gli errori sono una tappa obbligatoria in qualsiasi percorso di crescita.

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