Per un intervallo temporale oscenamente lungo, la NFC East è stata sinonimo di depressione, tant’è che non troppo tempo fa ci riferivamo a lei con l’eloquente nomignolo NFC Least. Figuratevi che fra 2019 e 2020 nessuna squadra fu in grado di vincere più di nove partite. Nello specifico, il nadir fu raggiunto nel 2020 quando ai Commanders bastarono sette vittorie per aggiudicarsi lo scettro divisionale.
Solamente due stagioni dopo, la stessa division ha spedito ai playoff ben tre squadre, o se preferite tre delle quattro protagoniste della NFC durante il Divisional Round weekend: come potete vedere di cose ne sono cambiate giusto un paio.
Ora che Washington si è finalmente liberata di quella piaga biblica che risponde al nome di Dan Snyder abbiamo buone ragioni per credere che pure loro, prima o poi, torneranno a essere consistentemente competitivi.

Al momento fatico a individuare un roster più completo, profondo e di livello di quello dei Philadelphia Eagles.
Howie Roseman negli ultimi anni ha assemblato un vero e proprio capolavoro, una perfetta miscela fra veterani di prima qualità e di giovani d’ottime prospettive – basti pensare al fatto che abbiano già individuato il successore di pressoché qualsiasi giocatore prossimo al ritiro.
Questa squadra non ha modo di nascondersi, sono stati costruiti per vincere e vincere deve essere il loro unico obiettivo, specialmente ora che sono pienamente consapevoli di aver trovato un quarterback capace di trascinarli fino in fondo.

Le novità in attacco sono poche e ben localizzate. L’irsutissimo Isaac Seumalo sarà rimpiazzato da Cam Jurgens, giocatore estremamente versatile selezionato al draft per succedere a Jason Kelce, mentre il duo Penny-Swift avrà il compito di rendere indolore l’addio del miglior Miles Sanders di sempre che, giustamente, è andato a battere cassa ai Carolina Panthers.
Sia Swift che Penny possiedono, loro malgrado, una cartella clinica piuttosto voluminosa, quindi non mi stupirei se la maggior parte dei tocchi del backfield fossero devoluti al sottovalutato Kenneth Gainwell. Ciò di cui sono sicuro è che questo gioco di corse si confermerà come uno dei più produttivi in assoluto perché coadiuvato da quella che potrebbe essere la miglior linea d’attacco della lega.

Non credo che l’attacco guidato da Jalen Hurts avrà particolari problemi a riconfermarsi come uno dei più produttivi e consistenti della lega, anzi, credo possano raggiungere nuovi livelli d’efficienza per il lapalissiano fatto che l’intesa fra quarterback e ricevitori può solo aumentare con il passare del tempo.
Il rinnovo contrattuale firmato recentemente da Hurts ci dice tutto quello che dobbiamo sapere sulla fiducia che questa franchigia nutre nei suoi confronti: il 2022 a mio avviso costituisce un semplice assaggio di quello che sarà in grado di fare in un futuro per niente lontano. Una rampa di lancio verso un domani ricolmo d’argenteria.

In difesa il discorso si fa decisamente più interessante poiché, almeno qui, di incognite non ne mancano.
Non esagero a definire fondamentale il contributo dato dall’esercito di giovinastri d’ottime speranze formato da Jordan Davis, Jalen Carter, Nakobe Dean e Kelee Ringo, poiché ad alcuni di loro sarà chiesto di non far sentire la mancanza dei vari Javon Hargrave e T.J. Edwards, svernati verso lidi più remunerativi durante la primavera.
La singola perdita che più mi spaventa – se così si può dire – è quella di C.J. Gardner-Johnson, forse il loro playmaker più prolifico durante il magico 2022, anche se mi rendo conto che isolare un singolo playmaker all’interno di una difesa capace di produrre 70 sack in una stagione suoni decisamente bislacco.

Sia quello che sia, Roseman ha svolto un lavoro minuzioso su entrambi i lati della linea di scrimmage andando a infondere nuova linfa vitale a un roster esperto, minimizzando così l’impatto di un ricambio generazionale già iniziato. Quella che stiamo attendendo con impazienza potrebbe infatti rappresentare l’ultima stagione fra i professionisti – o agli Eagles – per i vari Jason Kelce, Brandon Graham e Fletcher Cox, protagonisti durante la cavalcata che è valsa loro il primo Lombardi.
Philadelphia ha tutte le carte in regola per portare a termine quanto iniziato lo scorso anno e credo che nel mentre ci regaleranno football estremamente divertente ed esplosivo.
Con la speranza di non incrociare un’altra volta Patrick Mahomes al Super Bowl, chiaramente.

Sta diventando complesso affrontare l’argomento Dallas Cowboys senza risultare ripetitivi.
Penso di averlo reiterato almeno un centinaio di volte, i Cowboys possono vantare un roster eccellente e completo impreziosito da alcuni elementi immancabili nelle discussioni sui migliori giocatori in una determinata posizione.
Per un motivo o per l’altro, però, le loro colonne d’Ercole rispondono al nome di Divisional Round, turno che non superano dal lontano 1996: figuratevi che il loro ultimo NFC Championship Game è datato 14 gennaio 1996, una manciata di giorni prima del mio sbarco su questo pianeta.

Affinché Dallas possa anche solo sperare di competere, è imprescindibile che Dak Prescott tagli drasticamente il numero d’intercetti, vera e propria spada di Damocle durante tutta la scorsa stagione – conclusa lanciandone quindici in dodici partite, numero inaccettabile nel 2023.
Per aiutarlo a ritrovare sé stesso il front office non gli ha pagato un lungo viaggio in Asia, ma gli ha messo a disposizione valide alternative a CeeDee Lamb, nello specifico Brandin Cooks e il rookie tight end Luke Schoonmaker. La totale dipendenza di Dak nei confronti di Lamb si è manifestata prepotentemente durante gli ultimi playoff quando il quarterback gli ha rivolto 13 dei 37 lanci totali, o se preferite il 35.1% dei target: decisamente troppi.

Malgrado il passare del tempo Cooks resta uno dei più letali deep threat della lega e aggiungere velocità pura non è mai una cattiva idea di questi tempi. Velocità pura potrebbe essere il soprannome di Tony Pollard, anche se sarebbe quasi un disservizio lodarne solo la velocità: esplosivo e pericolosissimo a ogni tocco, Pollard godrà di un ruolo ancor più centrale poiché chiamato a rimpiazzare il dipartito Zeke Elliott. Ah sì, non dimentichiamoci del rookie Deuce Vaughn, altro elemento da tenere d’occhio.
Anche se non più dominante come poteva esserlo un lustro fa, la linea d’attacco resta abbondantemente sopra la media e non credo avrà problemi a garantire una tasca pulita a Dak Prescott, oltre che a creare tunnel per Pollard e Vaughn.

Non ho particolari novità da raccontarvi riguardo il reparto difensivo, anche se l’innesto di Stephon Gilmore mi intriga assai. Dallas ha voluto regalare a Diggs una spalla di livello e, sebbene non sia più il giocatore che non troppo tempo fa si portò a casa il Defensive Player of the Year, Gilmore non dovrebbe aver problemi a garantire stabilità e qualità.
Sono curioso di vedere che ruolo avrà il rookie Mazi Smith, selezionato per dare manforte in run defense, l’unica sorgente di “delusioni” dal reparto difensivo.
Quando puoi vantare uno dei migliori pass rusher della lega la vita tende a essere bella, specialmente in questo periodo storico, quindi finché Parsons giocherà come un uomo in missione per conto di Dio la difesa dei Cowboys non dovrebbe aver problemi a confermarsi come una delle migliori della lega.

Dallas vuole vincere il Super Bowl ed è costruita per vincere il Super Bowl e, a mio avviso, ha il materiale umano necessario per riuscirci: resta però da vedere se Mike McCarthy sia l’uomo giusto per condurre alla terra promessa un roster così completo e talentuoso.
In caso di ulteriore fallimento non escludo che possa essere messo in discussione – dal front office, non dagli analisti che già sbrodolano a criticarlo – pure Dak Prescott che, arrivato a questo punto, non ha più scuse per impantanarsi un’altra volta al Divisional Round.
Come potete vedere il 2023 sarà un anno molto delicato per i ragazzi di Jerry Jones.

Che gioia poter parlare dei miei pupilli New York Giants.
Se nell’ultimo anno avete letto anche solo un mio articolo avrete notato piuttosto facilmente quanto sia affezionato a questa loro versione. Il Cupido ad avermi centrato in fronte con la freccia è stato Brian Daboll, allenatore che nel 2022 ha compiuto un’impresa ben più straordinaria di quanto lo possa essere vincere un Super Bowl.
In fretta e furia Daboll ha cambiato completamente la cultura restituendo rispettabilità e disciplina a una squadra senz’anima invischiata in una mediocrità che a lungo ha elevato l’apatia a unica possibile salvezza: tutto ciò con un roster “non suo”.
Quando la vita ti dà limoni, chiama Brian Daboll.

Sono convinto che a separarci dal miglior Daniel Jones ci siano ancora un paio di anni di sviluppo, ma ciò va più che bene se si considera che solamente dodici mesi fa parlavamo di lui come di un dead man walking con un piede e mezzo fuori dalla lega – o perlomeno dal ruolo di titolare in qualsivoglia squadra.
Daboll non si è limitato a riabilitare il proprio quarterback, ma pure Saquon Barkley, il giocatore più importante dell’intero reparto offensivo: Jones ha ricevuto il contratto della vita, Barkley potrebbe imitarlo la prossima primavera – a patto che riesca restare sano pure quest’anno.
Forti di un margine di manovra e una flessibilità inesistente durante la prima offseason, Schoen e Daboll si sono messi al lavoro e il risultato ottenuto è estremamente promettente.

In una manciata di settimane hanno completamente rivoluzionato il reparto offensivo mettendo a disposizione di Daniel Jones i vari Jalin Hyatt, Parris Campbell, Cole Beasley e il mio pupillo Darren Waller – che sembra già aver sviluppato una discreta chimica con Jones: non stiamo parlando di fenomeni, ma per innalzare drasticamente il livello medio dell’attacco non sono stati costretti a rompere il salvadanaio e già questa è un’ottima notizia. Nonché sintomo di competenza.
La linea d’attacco resta ancora traballante, ma confido che la cura Daboll sortisca effetti miracolosi pure su Evan Neal, perennemente in apprensione da rookie.
Credo che il loro successo passerà ancora una volta dalle gambe di Barkley, ma guai a sottovalutare un gioco aereo che si preannuncia perlomeno competente e variegato.

Chi dovrà battere un colpo è invece il reparto difensivo, anche se non ha particolarmente senso soffermarsi su delle statistiche mai esaltanti in quanto ci troviamo davanti al più classico esempio di difesa che si piega ma non si spezza.
Pure in questo caso sono molto curioso di tenere traccia dell’andamento di giovani come Thibodeaux, Banks e Hawkins, ossia i pilastri attorno ai quali – insieme a Lawrence – è costruito questo reparto. L’ago della bilancia potrebbe proprio essere Thibodeaux che qualora dovesse trasformarsi in un pass rusher d’élite… che ve lo dico a fare. E giusto mentre stavo per chiudere il paragrafo hanno aggiunto Isaiah Simmons via trade con i Cardinals: se sanno trovargli un ruolo può tornare utile, molto utile.

È chiaro che dopo una stagione così spettacolare ci si aspetti un miglioramento, ma vi invito alla calma, già solo riconfermarsi costituirebbe un traguardo da celebrare per i Giants che, fa bene ricordarlo, sono solo agli stadi iniziali di un progetto tecnico più che promettente.
Sono stati così favolosi nel 2022 che pretendere di più mi sembra ingiusto, anche in luce dei tanti miglioramenti.

Con i Commanders il discorso è diverso – il “circa” nel titolo è naturalmente rivolto a loro.
Questo è l’unico caso nel quale non sono tanto interessato a quanto succederà in campo, poiché recentemente Washington si è aggiudicata la più grande vittoria del proprio ventunesimo secolo: Dan Snyder non è più il proprietario di questa franchigia.
Non posso enfatizzare a sufficienza l’importanza di questo momento, dopo quasi 25 anni di inettitudine e tossicità la squadra della capitale si preannuncia pronta a riabbracciare la rilevanza e, soprattutto, a restaurare la rispettabilità di quella che non troppo tempo fa era fra le più importanti franchigie della lega.
Il mio più sincero augurio di buona fortuna a Josh Harris.

Credo che il 2023 sarà un anno di transizione e ciò lo si intercetta facilmente nell’investitura di Sam Howell come quarterback titolare. Per quello che ci è dato sapere Howell potrebbe essere qualsiasi cosa, dalla reincarnazione di Tom Brady a quella di Nate Peterman, tuttavia ritengo saggio dargli un’opportunità di dimostrare il proprio valore.
Ciò che mi dà fiducia è che non sia mandato allo sbaraglio, il reparto offensivo di Washington lascia ancora a desiderare ma non è sicuramente quello con cui ha dovuto operare un DeShone Kizer qualsiasi a Cleveland: le armi, in questo attacco, non mancano.
McLaurin, Brown, Dotson, Samuel, Thomas e Gibson danno vita a un supporting cast di livello e ben assortito. Restano tuttavia parecchi dubbi sulla linea d’attacco che, fra neoarrivati e cambi di posizione, potrebbe mutare per quattro quinti da quella del 2022. Questo non è obbligatoriamente un male.

In difesa la storia della stagione ha un nome e cognome, Chase Young.
Dopo un’annata rookie esaltante, lo sviluppo dell’ex seconda scelta assoluta è stato rallentato da una miriade di infortuni che, in due anni, gli hanno permesso di prendere parte solamente a dodici partite nelle quali ha messo a segno la miseria di un sack e mezzo: comprensibilmente, Washington si è rifiutata di esercitare la fifth year option.
Un’altra stagione deludente lo estrometterebbe definitivamente dal progetto tecnico dei Commanders e questa sarebbe una vera e propria disgrazia, soprattutto se si tiene presente il fatto che dopo di lui siano stati selezionati, fra gli altri, Justin Herbert, Andrew Thomas e Tua Tagovailoa.

All’interno dell’esaltante D-line dei Commanders Young è diventato quasi ridondante, inutile, dato che chiunque fra Allen, Payne e Sweat è stato infinitamente più produttivo di lui. La speranza è che riesca a rimettere in carreggiata una carriera non più così promettente.
Young o meno, abbiamo valide ragioni per aspettarci un sensibile miglioramento da parte di questo reparto, specialmente nel caso in cui Emmanuel Forbes dovesse affermarsi come uno shutdown corner, l’unica cosa che manca alla loro difesa per compiere il definitivo salto di qualità.

Non ho particolari aspettative per la loro stagione, ma li ritengo decisamente troppo competitivi per tankare – anche perché il tanking non esiste in NFL – per Caleb Williams, prospetto generazionale che, indovinate un po’, tifa proprio Commanders.
In definitiva, qualsiasi successo sul campo passerebbe in secondo piano dopo quanto successo negli ultimi mesi: per la prima volta da una vita – nel mio caso quasi letteralmente – il futuro a Washington merita di essere atteso con trepidazione.

2 thoughts on “NFL Preview 2023: In NFC East l’obiettivo comune è riconfermarsi, circa

  1. Caro Mattia, per i più distratti o quelli che solo di recente hanno scoperto il sito, potresti fare una puntata di riassunto su questo tale Don Snyder:) Sempre grazie comunque.

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