Si sa, tutte le cose belle finiscono, figuriamoci quelle assolutamente inutili.
Mi ci sono voluti anni per decidere come approcciare un record che, agosto dopo agosto, cresceva imperterrito. Per chi non avesse idea di cosa stia dicendo, era dal 3 settembre 2015 che i Baltimore Ravens non uscivano a testa bassa dal campo al termine di una partita di preseason… prima di stanotte: il record si ferma a 24 inutili, a loro modo storiche e senza ombra di dubbio divertenti vittorie consecutive in quel periodo dell’anno che non conta assolutamente niente.
Con un epico 29 a 28 i Washington Commanders hanno avuto modo di scrivere la parola fine a quello che è diventato a tutti gli effetti un meme.

Poter dire di aver fatto qualcosa senza eguali nella storia è intuitivamente lusinghiero, ma se si parla di preseason sorge spontanea una domanda: a che pro?
Vincere in questo periodo dell’anno è sì irrilevante, ma coccola orgoglio e autostima. Come vi ripeto – troppo – spesso, la carriera professionistica di una miriade di giocatori nasce e muore in preseason. Per innumerevoli giocatori quelle tre – un tempo quattro – partite agostane costituiscono la meritata ricompensa a una vita di sacrifici e duro lavoro: vedete, per qualcuno queste partite sono estremamente importanti, non sono “solo preseason”.
Quello della preseason è l’unico palcoscenico NFL che calcheranno nella loro vita e, anche se irrilevante per il vero campionato, snobbarla aprioristicamente non è corretto.

Per entrare nella storia, Baltimore ha prima dovuto vincere 19 partite consecutive, eguagliando così i Packers di Vince Lombardi: ci sono certamente compagnie peggiori. Lombardi, forse la persona più ossessionata dalla vittoria mai vissuta su questo pianeta, non ha mai preso sottogamba la preseason perché fino a prova contraria c’erano due squadre in campo a contendersi la vittoria e dal momento che fra le due squadre una era la sua perdere non era un’opzione.
Non credo che il fuoco dentro John Harbaugh bruci intensamente come quello di Lombardi, ma è fuori questione che per eguagliare un risultato del genere massima serietà e impegno siano prerequisiti minimi e che chiunque all’interno dei Baltimore Ravens abbia preparato e vissuto ogni singola partita come fosse stata giocata a ottobre.

Vedete, in un futuro non troppo lontano dozzine di giocatori punteranno il dito in direzione di questo bislacco record per raccontare alla propria progenie della loro avventura in NFL. Seppur inutile, hanno fatto qualcosa che fino a prova contraria nessun altro era – e probabilmente sarà – stato in grado di fare.
Siamo così in tanti su questo pianeta che poter rivendicare qualcosa di altrettanto esclusivo basta a riempire d’orgoglio anche il petto più disilluso e cinico. Dal quarterback “da training camp”, al kicker chiamato esclusivamente per dare riposo alla gamba destra di Justin Tucker, al ricevitore ricolmo di potenziale ma troppo discontinuo per far parte un roster NFL, alle orde di undrafted free agent purtroppo incapaci di ritagliarsi il proprio spazio in questa lega: dentro questo record troviamo le più disparate storie di vita legate indissolubilmente dal filo rosso di aver condiviso qualcosa di unico nel suo genere.
Seppur inutile.

Prima ho utilizzato la parola ‘meme’, lasciatemi chiarire.
La defunta serie di vittorie dei Ravens non è un meme, è una cosa seria – seppur inutile – processata come meme da tifosi estremamente confusi come il sottoscritto: ripeto, come interpreti qualcosa del genere? Come lo vivi? Come lo metabolizzi?
Intendiamoci, in nessun momento dal 2015 a oggi una vittoria in preseason è servita a rendere meno amara qualsivoglia sconfitta ai playoff – o anche solo in regular season – ma mica per questo l’impresa dei Ravens deve essere bollata come irrilevante, immeritevole del nostro tempo e parole.
Avete visto l’esultanza dei Commanders? Avete mai visto qualcuno esultare con così tanta passione per una vittoria in preseason? Non credo, e ciò ci dice tutto quello che dobbiamo sapere sulla percezione di questo inutile record: inutile, per carità, ma che onore potersi presentare come quelli che hanno saputo battere i Baltimore Ravens ad agosto.

Solamente Ronnie Stanley e Justin Tucker hanno vissuto per intero questa magica esperienza e ciò, teoricamente, dovrebbe rendere l’idea di quanto assurda sia stata: solamente due giocatori hanno vissuto in prima persona – dentro al campo o sulla sideline – questa follia non troppo distante dal festeggiare il decimo compleanno.
Concepita quando il franchise quarterback era Joe Flacco, si è conclusa nella stessa offseason in cui hanno dato il rinnovo contrattuale a Lamar Jackson cementandone lo status rubato a Flacco. Insomma, fra una sconfitta ad agosto e la successiva abbiamo visto un ciclo morire, uno nuovo nascere, trasformarsi in melodramma per poi, dopo mille affanni e tribolazioni, raggiungere il meritato “e vissero felici e contenti” – per almeno cinque anni.
Ne è passato veramente tanto di football sotto i ponti.

«This is the greatest preseason game I’ve ever been a part of», ha glossato entusiasta Troy Aikman, quarterback e personalità che di football americano ne ha vissuto giusto un po’. La maggior parte del nostro anno la trascorriamo sognando football americano, quindi ben venga se trivialità come il record dei Ravens riescono a conferire legittimità e interesse pure alla preseason che, mi piace sempre ribadirlo, fa ascolti televisivi che la quasi totalità delle partite di regular season NBA può solamente sognare.
I Commanders, reduci da annate che definire complicate sarebbe un eufemismo, molto probabilmente questa settimana si alleneranno con un filo d’entusiasmo in più del solito. Non che basti una vittoria in preseason a convincermi a dichiararli contender, per carità, ma ben venga qualsiasi cosa che possa regalare un sorriso alla loro bistrattata fanbase: sono convinto che, anche se soffocato dalle risate, questo sorriso permetterà loro di guardare a settembre con dell’ottimismo più tiepido del solito.

Inutile meme quanto volete, ma se non altro questo record ha saputo rendere interessante anche la preseason dandoci qualcosa di cui parlare, non una banalità di questi tempi.
Baltimore ha fatto qualcosa di mai visto prima in questa lega e, per questa ragione, la streak merita di essere celebrata.
L’arte deve avere un fine pratico? No, l’arte per essere tale deve essere disinteressata e generare bellezza, esattamente ciò che ha prodotto Baltimore in questi otto anni. Sto chiaramente esagerando – e sorridendo mentre digito -, ma non dobbiamo commettere l’errore di impuntarci a cercare un’utilità a qualcosa di intrinsecamente inutile: non corrompiamo qualcosa di così puro e innocente sottoponendolo a processi logici che finiranno inevitabilmente per renderlo asettico e vuoto.
Il cinismo, a volte, è una malattia.

Cara streak, sei stata stupenda nella tua inutilità e ti ringrazio di cuore per averci fatto vivere qualcosa di storico in momenti dell’anno in cui, dopo mesi di digiuno forzato, abbiamo disperatamente bisogno di football americano, tanto meglio se è storia del football americano. Grazie per aver donato qualcosa di unico a tutti quei giocatori che ne sono stati parte, qualcosa di immortale.
Non ti dimenticheremo mai.

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